Le sottovalutazioni del fenomeno mafioso ieri e oggi
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- Lunedì, 10 Aprile 2023 17:17
Durante il processo contro la camorra in Veneto orientale numerose cariche istituzionali, ultimo il presidente Zaia, preceduto da prefetti, questori, rappresentanti dello Stato ai vari livelli, hanno affermato di avere ignorato la presenza della camorra a Eraclea fino agli arresti del febbraio 2019. Un copione simile si è verificato nel corso dei processi contro la ‘ndrangheta a Verona. Sono affermazioni che indicano la sottovalutazione del fenomeno mafioso in Veneto e che servono a giustificare a posteriori ritardi, incomprensioni, errori. Il pretesto dell’assenza delle mafie in Veneto è stato l’alibi per imprenditori e professionisti locali che operano in società con i gruppi mafiosi.
Eppure la presenza mafiosa era stata denunciata molto tempo prima del 2019 in documenti ufficiali e pubblici. Nel 2015 la Relazione del Ministro dell’interno al Parlamento sull’attività delle forze di polizia segnalò che “Molteplici attività investigative hanno documentato, nel tempo, l’operatività di soggetti riconducibili ad organizzazioni criminali campane, pugliesi, calabresi e siciliane” e che in provincia di Venezia “Trascorse attività investigative hanno evidenziato l’esistenza di interessi criminali di soggetti campani, a vario titolo legati alla criminalità organizzata della regione di origine, presenti, in particolare, nella zona orientale della provincia (San Donà di Piave, Portogruaro, Caorle, Bibione, Jesolo, Eraclea).” Lo stesso documento descrisse le attività della ‘ndrangheta nelle province di Padova e di Verona.
Dal 2016 le relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento hanno denunciato la presenza prima, e il radicamento poi, dei diversi gruppi mafiosi in Veneto.
La Relazione finale della commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi ha spiegato con precisione il processo di radicamento mafioso in Veneto: “In questi territori la lotta alle mafie non è stata per molti anni considerata una priorità. (…) In realtà, fin dai primi anni ’90, le mafie hanno scelto il Veneto per investire risorse e per nascondere latitanti. (…) Diversi imprenditori hanno cercato o accettato più o meno consapevolmente le risorse dei gruppi criminali. (…) Importanti istituti di credito hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini alla criminalità organizzata senza approfondire la provenienza delle risorse; diversi professionisti hanno partecipato alla costituzione di società perseguendo gli interessi di persone legate alle associazioni mafiose.”
Alla luce di questi documenti le testimonianze di molti rappresentanti istituzionali nel processo contro la camorra di Eraclea evidenziano la sottovalutazione che per anni ha consentito alle mafie di radicarsi nella nostra regione. La vicenda risulta utile per evitare oggi di ripetere lo stesso errore. In Veneto sono destinate ingenti risorse pubbliche per i progetti del PNRR, per infrastrutture ferroviarie e stradali, per nuove strutture sanitarie e per le Olimpiadi invernali del 2026. Bisogna essere consapevoli che le mafie in Veneto sono radicate e che si sono strutturate proprio per partecipare alla realizzazione di queste opere attraverso accordi corruttivi con funzionari pubblici e accordi criminali, soprattutto per le false fatturazioni e per lo sfruttamento di manodopera, con professionisti e imprenditori locali. Per prevenire e contrastare le attività dei gruppi mafiosi serve la collaborazione degli enti locali e servono procedure di gara trasparenti e concorrenziali, senza affidamenti diretti, e maggiori controlli delle prefetture e delle forze dell’ordine che devono avere mezzi e strumenti per intervenire in modo efficace.
Alessandro Naccarato, membro della Commissione antimafia 2013-2018
Aumentare i controlli sugli appalti per garantire trasparenza
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- Lunedì, 02 Maggio 2022 16:08
Le ingenti risorse stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rischiano di essere sprecate e di favorire irregolarità negli appalti. Quattro casi recenti non possono essere sottovalutati perché indicano l’impreparazione di molte amministrazioni nella realizzazione di opere pubbliche.
Il primo caso riguarda il centro congressi. L’enfasi per la sua inaugurazione prova a nascondere i gravi problemi che ne hanno contraddistinto la costruzione. Il progetto preliminare venne approvato nel maggio del 2012 e il contratto d’appalto, gestito da Fiera Immobiliare, fu sottoscritto nell’agosto del 2014. I lavori vennero avviati il 31 luglio 2015 per terminare in 670 giorni. Le imprese si aggiudicarono l’appalto per un importo di 19,3 milioni con un ribasso del 25%, percentuale che la legge ritiene “anomala” perché eccessiva. Questa “anomalia” è esplosa negli anni seguenti. L’opera è costata 27 milioni ed è stata realizzata in 2436 giorni. In pratica il prezzo è aumentato del 40% e i tempi sono quasi quadruplicati. La vicenda dovrebbe essere approfondita per individuare le cause e i responsabili che hanno determinato l’aumento di costi e tempi.
Il secondo caso riguarda il tram che dovrebbe collegare la stazione e Voltabarozzo. Il bando, predisposto da Aps holding, assegnava grande peso all’offerta economica con il risultato che alla gara hanno partecipato soltanto due raggruppamenti di imprese con un evidente riduzione della concorrenza. Inoltre dai controlli effettuati a posteriori sono emerse delle omissioni nelle dichiarazioni di alcune aziende vincitrici. Il caso è già stato oggetto di una pronuncia del Tar e sono molto probabili contenziosi legali e rallentamenti.
Il terzo caso riguarda il nuovo ospedale di Padova, definito con un preaccordo di programma del dicembre del 2017. Dopo quattro anni e mezzo non c’è ancora il progetto. Infatti l’esito dell’appalto per la progettazione preliminare è stato pubblicato nel novembre dello scorso anno e da allora non è stato aggiudicato per le verifiche determinate da segnalazioni relative a procedimenti giudiziari in corso nei confronti dei vertici di alcune aziende coinvolte.
Il quarto caso riguarda la professionista assunta dalla Regione e inviata presso il Comune di Padova come elemento di supporto per la gestione dei fondi del PNRR. L’architetta si è dimessa dall’incarico perché è emerso che è stata rinviata a giudizio in un’indagine della Dda di Catanzaro.
I quattro casi evidenziano errori e ritardi, che, oltre ad aumentare i costi e a rallentare i tempi di realizzazione delle opere, danneggiano la concorrenza e possono favorire così la diffusione di irregolarità e di reati.
La legislazione sugli appalti è rigorosa e, se ben applicata, assicura tempi e costi adeguati. I problemi derivano dall’incapacità delle amministrazioni di predisporre i bandi di gara in modo efficace e, spesso, di eseguire i controlli, e dalla volontà di numerose imprese di evitare la concorrenza per speculare sulle risorse pubbliche.
Per queste ragioni servono più controlli e l’applicazione delle norme che prevedono l’esclusione dagli appalti delle imprese coinvolte in procedimenti giudiziari o in presenza di situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite.
Alessandro Naccarato, ex deputato e componente della Commissione antimafia
Per la Legalità contro le mafie
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- Lunedì, 25 Aprile 2022 14:01
Il Partito democratico del Veneto, venerdì 29 aprile riunisce a Padova il Forum legalità contro le mafie. Nel corso dell’iniziativa il PD presenterà una serie di proposte per prevenire e contrastare la criminalità organizzata negli enti locali.
Intervengono alla riunione Alessandro Naccarato, coordinatore del Forum Legalità del Pd Veneto; Nicola Pellicani, deputato membro della Commissione antimafia; il senatore Andrea Ferrazzi, vicepresidente della Commissione sul ciclo illecito dei rifiuti; Vanessa Camani, vice capogruppo del Pd Veneto in Consiglio regionale; Davide Gianella, coordinatore del Forum Amministratori locali del Pd Veneto; Marco Lombardo, coordinatore di Libera Veneto; Pierpaolo Romani, coordinatore Avviso Pubblico del Veneto; Silvana Fanelli, responsabile legalità della Cgil del Veneto; Andrea Micalizzi, vice sindaco di Padova; Chiara Iuliano, assessore del comune di Dolo.
Chiude i lavori il segretario regionale, Andrea Martella
Riciclaggio, aumenta il numero delle segnalazioni bancarie
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- Domenica, 21 Giugno 2020 09:31
MATTINO DI PADOVA 21 GIUGNO 2020
«Le organizzazioni mafiose hanno sempre utilizzato le situazioni di emergenza, caratterizzate da procedure semplificate, per riciclare risorse e condizionare il tessuto economico. In questi mesi è necessaria la massima attenzione». Così Alessandro Naccarato, esponente del Pd ed ex componente della commissione anti-mafia, commenta la crescita delle segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio in Veneto. Nel 2019 Padova ha superato Verona ed è diventata la provincia veneta con il maggior numero di segnalazioni all’ ufficio di controllo di Bankitalia. Ma la provincia con l’aumento più consistente (più 24,4%) rispetto al 2018 è Venezia.
Il Veneto con 8.788 casi è la quarta regione italiana per numero di segnalazioni, dopo la Lombardia (20.934), la Campania (12.929) e il Lazio (10.567). «Questi numeri confermano la presenza in Veneto di attività criminali insediate nel tessuto economico» osserva Naccarato «Molte di queste attività sono organizzate e condotte da gruppi mafiosi in collaborazione con imprenditori e professionisti locali per evadere il fisco e per investire capitali di provenienza illecita nell’economia legale». Una situazione aggravata dalla crisi economica dovuta alla pandemia: «È concreto il rischio che gruppi criminali, già radicati nel nostro territorio, possano rafforzarsi attraverso due strumenti» avverte l’esponente dem «Da una parte l’acquisto e l’affitto di imprese e società, in particolare nei settori immobiliare, alberghiero e turistico. E poi l’accesso a finanziamenti pubblici erogati senza adeguate verifiche, in particolare nel settore socio-sanitario». Le segnalazioni di operazioni sospette arrivano soprattutto dalle banche (ma anche da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori). Attraverso il filtro dell’Uif di Banca d’Italia possono trasformarsi in dossier sui tavoli della Guardia di finanza e della Dia.
Il Pd deve opporsi all’autonomia secessionista per svolgere una funzione nazionale e costruire l’alternativa alla Lega
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- Lunedì, 15 Luglio 2019 12:42
I continui rinvii stanno dimostrando che l’autonomia secessionista di Veneto e Lombardia non è sostenibile, nemmeno per il governo giallo-verde che sopravvive tra bugie e promesse. La situazione economica è sempre più grave: il debito aumenta, c’è la recessione tecnica, la spesa pubblica è fuori controllo e importanti servizi, come sanità e istruzione, subiscono tagli a danno della parte più debole della società. L’autonomia serve alla Lega per distrarre l’opinione pubblica dai fallimenti del governo nazionale e regionale. La crisi economica ha evidenziato la necessità di rafforzare l’Unione europea e gli stati nazionali. Il modello federalista introdotto nel 2001 ha provocato danni economici: ha aumentato i centri di spesa contribuendo all’aumento del debito pubblico; ha moltiplicato i luoghi istituzionali creando nuove strutture burocratiche improduttive e allungando i tempi delle decisioni. Basta pensare a quante inutili agenzie regionali sono state costituite e all’incapacità delle Regioni, compreso il Veneto, di utilizzare i fondi messi a disposizione dall’Unione europea. Per queste ragioni il Pd deve cambiare posizione sull’autonomia, abbandonando la sciocchezza del “sì critico” che ha aiutato Zaia, e deve contrastare con forza il disegno secessionista della Lega. In Veneto per uscire dalla marginalità e dal consociativismo che hanno causato le pesanti sconfitte degli ultimi anni il Pd deve iniziare a svolgere un ruolo di opposizione rigorosa e determinata riprendendo una funzione nazionale e rappresentando tutte le forze contrarie alle politiche leghiste. Nonostante l’assoluta prevalenza mediatica e l’occupazione sistematica di tutti gli spazi di informazione e istituzionali, la Lega non ha convinto i cittadini. Esiste una vasta area di persone che non si è piegata all’ideologia secessionista e chiede scelte diverse in settori fondamentali: sanità, ambiente, lavoro, istruzione, ricerca, infrastrutture, lotta alla criminalità, equità fiscale. L’esistenza di uno spazio per un’iniziativa politica alternativa alla Lega è dimostrata dai dati del referendum farsa dell’ottobre 2017. Il 55,9% dei veneti ha votato sì: un risultato modesto dopo una campagna a senso unico sostenuta da tutti i mezzi di informazione regionale, da quasi tutte le forze politiche, dalla totalità dei sindaci e delle associazioni di categoria. Infatti Zaia aveva fissato al 60% la soglia per definire un successo la consultazione. Inoltre nei capoluoghi di provincia il quorum è stato raggiunto soltanto a Vicenza (52%), Belluno (51,1%) e Treviso (50,4%). Padova si è fermata al 46%, Venezia al 44,9%, Verona al 45,5%, Rovigo al 47,6%. Il messaggio leghista non è passato nelle tre città più grandi e più dinamiche: Venezia, Verona e Padova. Se il Pd vuole proporsi come credibile forza di governo a livello regionale deve fare opposizione sul serio, costruire uno schieramento alternativo alla Lega e rappresentare il 44% di cittadini che non ha partecipato al referendum ritenendolo inutile e dannoso.
L'anomala situazione della Bassa padovana prima e dopo il fallimento di Padova tre. Posizione dominante e gestione dei rifiuti ottenute senza gara
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- Mercoledì, 19 Giugno 2019 09:10
MATTINO DI PADOVA 19 GIUGNO 2019
La gestione dei rifiuti nella Bassa padovana è di nuovo al centro di polemiche e indagini. Per anni il servizio rifiuti è stato caratterizzato da diversi elementi negativi: il conflitto di interessi, l'assenza di controlli, le pratiche irregolari e truffaldine di molti amministratori. Tutto parte dalla violazione delle regole del mercato e della concorrenza. La situazione è aggravata dalla presenza di gruppi criminali che operano nel settore commettendo reati ambientali e riciclando denaro sporco. Nel 2010 il Bacino rifiuti della Bassa padovana ha affidato il servizio a un'associazione di imprese promossa da una propria società, dopo una gara con un unico partecipante. Infatti Padova tre srl, di proprietà del Bacino dei comuni della Bassa, e Sesa, di proprietà al 51% del Comune di Este, hanno costituito un'associazione con le società De Vizia transfer e Abaco e hanno ottenuto il servizio. I privati, De Vizia e il gruppo Mandato, socio privato di Sesa, e Abaco, sono così riusciti a farsi affidare un appalto importante grazie all'associazione di impresa con l'affidatario.Inoltre tali società, e alcuni soggetti ad esse collegati, hanno poi beneficiato dell'affidamento successivo di numerosi servizi aggiuntivi senza gara. Le modalità di affidamento, unite a incapacità gestionali e a condotte irregolari, hanno determinato notevoli difficoltà economiche e un consistente indebitamento della Padova tre che, dopo avere scaricato le perdite sui Comuni soci, è fallita. A quel punto Sesa ha ereditato la concessione, che vale circa 30 milioni all'anno, sempre senza misurarsi con il mercato. Il conflitto di interessi ha creato un monopolio di fatto a vantaggio di Sesa che, anche grazie alla incapacità di numerosi amministratori locali, è diventata il soggetto in grado di condizionare la gestione del servizio.Questo monopolio oggettivo ha favorito la costruzione di una rete di relazioni con imprese, professionisti, associazioni più o meno "profit", cooperative più o meno sociali che ricevono lavori e incarichi senza gara da Sesa e dagli enti gestori.Tutti questi elementi, aldilà delle eventuali responsabilità penali, delineano uno scenario dove l'assenza di concorrenza ha favorito condotte irregolari e interessi illeciti a scapito dei cittadini e dell'ambiente.