speciale
LA RIVOLTA DEI SINDACI PD IN VENETO: «DISERTIAMO L’INCONTRO SUI PROFUGHI»
- Dettagli
- Domenica, 19 Aprile 2015 17:02
CORRIERE DEL VENETO 19 APRILE 2015
Settecento profughi in viaggio verso il Veneto. Sindaci sul piede di guerra. E un partito, il Pd, che rischia di andare in corto circuito. Il primo cittadino di Vicenza, il dem Achille Variati, ha già fatto sapere che lunedì non parteciperà al vertice in prefettura a Venezia sul tema dell’immigrazione. Il suo collega di Belluno, Jacopo Massaro, pure lui di centrosinistra, si limiterà a mandare un assessore. E quello di Treviso, il pd Giovanni Manildo, sta valutando il da farsi. La rivolta monta nel partito di Renzi, complice anche il clima elettorale delle Regionali con una Lega che non perde occasione per soffiare sul fuoco dell’emergenza immigrazione e solidarizza con la sollevazione dei sindaci pd.
Alle prefetture viene rivolta l’accusa di non coinvolgere i primi cittadini, imponendo soluzioni dall’alto in assenza di adeguati processi d’integrazione. Un malessere che rischia di arrivare ai vertici del Pd: i parlamentari veneti hanno chiesto la convocazione di una direzione nazionale per fissare una linea comune, paventando «pericoli» in una campagna elettorale che vede impegnata la renziana Alessandra Moretti in una complicata sfida con il governatore uscente leghista, Luca Zaia, e il sindaco di Verona, Flavio Tosi. E che la pratica sia delicata, lo ha ammesso lo stesso segretario regionale pd, Roger De Menech, che ha fatto sapere di voler sottoporre la questione direttamente al premier. La scintilla che ha riacceso un malessere peraltro presente da tempo in Veneto è stata l’annuncio del sindaco pd di Vigodarzere (Padova), Francesco Vezzaro, di rinunciare alla fascia tricolore per protestare contro la prefettura che giovedì scorso, «senza il minimo coinvolgimento», aveva individuato in una caserma dismessa dell’Aeronautica un potenziale centro di accoglienza per un centinaio di profughi. La minaccia di dimissioni di Vezzaro, poi rientrata dopo una serie di chiarimenti e sollecitazioni giunti dal Pd veneto, è stata colta al volo dalla Lega: Zaia ha parlato di «sindaco coraggioso» e il primo cittadino di Padova, Massimo Bitonci, di «monito per Renzi e Alfano». Per il Pd, una ferita aperta. Variati, sindaco di Vicenza, da tempo fortemente critico sulle politiche governative in materia di distribuzione dei profughi, ha motivato la sua assenza al vertice di domani a Venezia, riproponendo una lettera scritta nel febbraio scorso al prefetto nella quale si diceva «contrario a un modus operandi che non affronta i problemi e non tiene conto del disagio sociale dei cittadini: nessun progetto d’integrazione, solo una mera accoglienza a carico dello Stato, che poi si trasforma in clandestinità con tutte le conseguenze che questo comporta». Altrettanto perentorio il sindaco di Treviso Manildo: «Questa volta siamo intenzionati a dire no, basta. Abbiamo fatto di tutto per fronteggiare l’emergenza, non possiamo continuare a svolgere un ruolo di supplenza nei confronti dello Stato e dell’Europa. Ci mancano strutture e mezzi». Il tema è esplosivo e il Pd cerca un punto d’equilibrio. Lo chiedono ai vertici nazionali i parlamentari veneti (il senatore Santini e i deputati Naccarato, Camani, Miotto e Narduolo) secondo i quali il problema non è tanto il numero dei profughi («Estremamente ridotto –— scrivono —: 380 in provincia di Padova e circa 2.800 in tutto il Veneto») quanto «il clima di ingiustificata paura e di strumentalizzazione messa in atto dalla Lega». Che non molla la presa. Il governatore Zaia ha ribadito il suo no «a flussi selvaggi», aggiungendo: «In Veneto ci sono 511 mila immigrati, di cui 42 mila senza lavoro: non siamo in grado di accoglierne altri». In salita il compito della candidata pd, Alessandra Moretti, stretta tra i malumori della base e le esigenze di governo: «I profughi? Pronta ad accoglierli se da Roma garantiscono adeguate risorse: altrimenti, direi di no anche a Renzi…».