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E' allarme riciclaggio. Padova al primo posto. Alessandro Naccarato: «Per 20 anni gran parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica ha escluso la presenza della mafia nella nostra regione».
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- Domenica, 28 Giugno 2015 07:46
MATTINO DI PADOVA 28 GIUGNO 2015
Allarme criminalità organizzata in Veneto con Padova capitale del riciclaggio del denaro sporco. Il primato emerge dai dati della Banca d’Italia relativi alle “segnalazioni di operazioni sospette” di riclaggio inviate dagli istituti di credito della nostra regione. Padova e la provincia sono passate dalle 281 operazioni sospette del 2009 alle 1.375 operazioni sospette di riciclaggio del 2014, con un vero e proprio boom di aumento di quasi il 400 per cento. Al secondo posto c’è Verona con 1.082 operazioni, seguita da Vicenza (923), Treviso (954), Venezia (932), Rovigo (214) e Belluno (143). Il dato complessivo del Veneto è passato dalle 1.244 segnalazioni del 2009 alle 5.623 del 2014. «Purtroppo questi dati confermano che negli anni passati il fenomeno è stato sottovalutato se non ignorato», denuncia Alessandro Naccarato, deputato del Pd e componente della Commissione Antimafia nel presentare la relazione semestrale sulla criminalità organizzata in Veneto per il Forum Sicurezza del Pd regionale. «L’allarme - spiega Naccarato - è rimasto a lungo inascoltato e per anni i gruppi criminali hanno operato introducendosi nel tessuto economico veneto. Per almeno 20 anni gran parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica ha escluso la presenza della mafia in Veneto perché cercava segnali di estorsioni o di azioni violente e non si interrogava sulla provenienza di ingenti risorse che hanno sostenuto operazioni immobiliari e imprenditoriali improbabili».
A conferma della denuncia del parlamentare del Pd c’è la relazione della Commissione parlamentare antimafia che già nel 1994 lanciò un allarme preciso a proposito di infiltarzioni mafiose in Veneto e nel Padovano, in particolare: «Un settore di particolare interesse per la criminalità organizzata è quello alberghiero nel quale le forze dell’ordine locali registrano in preoccupante aumento il “turn over” delle proprietà con acquisti, che avvengono per contanti, a prezzi giudicati molto elevati. Oltre Venezia è interessata al fenomeno, che è da ascrivere all’esigenza di investire le grandi masse di denaro che provengono dalla commissione di reati, anche Abano Terme, particolarmente appetibile per la sua catena di alberghi, al momento in crisi. Le forze dell’ordine e la magistratura inquirente si dichiarano certe della presenza di complesse attività di riciclaggio, di operazioni economiche sospette, di negoziazioni di decine di miliardi non compatibili con le dimensioni delle aziende che vi sono interessate, di ricchezze improvvise e sospette». Anche nella relazione preparata da Naccarato per il Forum Sicurezza del Pd, sono analizzate e spiegate le dinamiche che riguardano il fenomeno delle infiltrazioni mafiose a Padova e nel Veneto. «La nostra regione presenta caratteristiche economiche e sociali che hanno consentito alla criminalità organizzata di entrare in relazione con numerosi imprenditori e professionisti. Qui i gruppi mafiosi ripuliscono e riciclano i proventi delle attività illegali investendoli per conquistare nuovi mercati». L’analisi di Naccaro, inoltre, conferma come «la criminalità organizzata è entrata nell’economia legale in modo silenzioso e regolare senza farsi individuare, evitando il controllo militare del territorio e, in genere, il ricorso alla violenza. Alcuni imprenditori, con il concorso di dirigenti di banca e professionisti, e associazioni criminali hanno incrociato reciproci interessi: i primi hanno cercato aiuto, facili guadagni o, acquirenti in grado di rilevare le attività; i secondi, mimetizzando le proprie caratteristiche criminali, hanno investito risorse nell’economia legale». Negli anni, diverse indagini hanno confermato l’esistenza di rapporti continuativi tra imprenditori locali, una vasta area di professionisti - soprattutto consulenti e commercialisti - e operatori finanziari. In questo modo anche qui, come in altre regioni, si è realizzata una convergenza di interessi, finalizzata al guadagno, tra investitori riconducibili alle organizzazioni mafiose, professionisti, imprenditori e istituti di credito coinvolti. La relazione sottolinea come la crisi economica ha favorito le attività già in atto dei gruppi criminali. Imprenditori hanno cercato o hanno accettato le risorse dei gruppi criminali. Importanti banche hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini al crimine organizzato senza approfondire la provenienza delle risorse. Professionisti hanno partecipato alla costituzione di società seguendo gli interessi di persone legate alle associazioni mafiose.
Riciclare denaro, beni ed altre utilità vuol dire investire capitali illecitamente ottenuti in attività lecite: in tal modo i beni che sono frutto di reato (sequestri, traffico di stupefacenti, rapine, evasione fiscale e qualsiasi altro reato non colposo) sono “ripuliti” e reimmessi nei circuiti economici e finanziari legali. In inglese il termine “riciclaggio di denaro” si traduce con money laundering che letteralmente significa “lavaggio di denaro”. Nell'ordinamento italiano il riciclaggio è un reato previsto dall'articolo 648 bis del codice penale. È punito con la reclusione da quattro a dodici anni. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. Il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 è una norma finalizzata a prevenire e reprimere il riciclaggio di denaro e beni.