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MAFIE IN VENETO, CATENA DI ROGHI PER CONDIZIONARE IL BUSINESS DEI RIFIUTI

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Lunedì, 24 Ottobre 2016 15:09

MATTINO DI PADOVA 24 OTTOBRE 2016

Ecco di seguito la relazione del parlamentare Alessandro Naccarato sulla criminalità organizzata in Veneto per il Forum sicurezza del Partito Democratico, datata ottobre 2016. In Veneto le organizzazioni mafiose sono radicate e attive con particolare intensità in due settori: riciclaggio di denaro e traffico di droga. Numerosi reati economici sono commessi da soggetti legati da vincoli familiari o da relazioni professionali con esponenti della criminalità organizzata. Le mafie fin dai primi anni ’90 hanno scelto il Veneto come zona dove investire risorse e dove nascondere latitanti e quindi evitano il controllo militare del territorio e cercano di non ricorrere alla violenza. Questa strategia ha consentito alle organizzazioni criminali di mimetizzarsi, di crescere e di costruire rapporti con diverse realtà economiche locali.


Il processo è stato favorito dalla sottovalutazione delle istituzioni politiche, dalle complicità di alcuni imprenditori, professionisti e istituti di credito e dall’assenza per molti anni di un’efficace iniziativa di prevenzione e di contrasto da parte delle autorità competenti. Basti pensare che lo strumento delle interdittive dei prefetti, salvo qualche lodevole eccezione recente, è stato poco utilizzato consentendo a diverse imprese collegate ai gruppi mafiosi di inserisi in importanti appalti pubblici.
L’azione dei gruppi criminali si avvale di rapporti continuativi con imprenditori locali, professionisti -soprattutto consulenti e commercialisti- e operatori finanziari. Questi rapporti, basati su una convergenza di interessi, sono funzionali a commettere reati economici, come l’evasione fiscale, la bancarotta fraudolenta, le truffe, per riciclare denaro, investire risorse, alterare la concorrenza e il mercato. Così la criminalità organizzata è riuscita ad entrare e a condizionare l’economia legale in modo silenzioso e senza farsi individuare.
In Veneto negli utlimi anni le mafie, oltre alle tradizionali attività nel narcotraffico, nel riciclaggio, nell’edilizia e nel turismo, stanno cercando di condizionare il settore dei rifiuti che offre consistenti opportunità di guadagno. La relazione sul Veneto della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati”, approvata lo scorso settembre dalla Camera, descrive una situazione di illegalità diffusa dove gruppi criminali hanno stretto rapporti di alleanza con imprenditori locali. Il crescente numero di incendi dolosi ai danni di imprese di rifiuti è un segnale inequivocabile dell’azione di oragnizzazioni a delinquere che finora non è stato contrastato con efficacia.
Sintesi della situazione delle singole province
In provincia di Venezia le indagini hanno evidenziato interessi criminali di soggetti campani legati alla camorra nella zona orientale: San Donà di Piave, Portogruaro, Caorle, Bibione, Jesolo, Eraclea. La ‘ndragnheta è attiva soprattutto nel traffico di cocaina; mentre cosa nostra è presente nella cantieristica e ha stabilito contatti con imprese del settore edile.
In provincia di Padova si registra la presenza di elementi riconducibili alle organizzazioni criminali di tipo mafioso, in particolare calabresi, che reinvestono nel territorio i proventi delle loro attività illecite spesso mediante la collaborazione di imprenditori e professionisti. Risultano di particolare importanza due operazioni di contrasto: l’arresto di due avvocati, uno padovano e uno veneziano, nell’inchiesta, denominata “gambling”, contro gruppi della ‘ndrangheta che riciclavano denaro attraverso il gioco lecito e illecito; l’arresto di una banda di narcotrafficanti guidata da un esponente della ‘ndrangheta.
In provincia di Verona si evidenzia il radicamento di gruppi mafiosi attirati dagli investimenti nell’edilizia e interessati all’usura, al riciclaggio e ai reati contro la pubblica ammnistrazione. Sono presenti imprenditori legati alla ‘ndrangheta, attivi nell’edilizia, nei trasporti, e nel turismo della zona del Garda, con ramificazioni nelle province di Parma, Modena, Cremona, Mantova e Reggio Emilia.
In provincia di Vicenza, in particolare nella zona meridionale, sono attive diverse imprese edili che vedono la presenza di soggetti collegati alla ‘ndrangheta.
Anche in provincia di Treviso si rileva la presenza di elementi riconducibili a soggetti siciliani e calabresi responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso.
Nel ambito del crimine organizzato va registrata l’iniziativa di alcuni criminali già appartenenti alla mafia del Brenta, che, dopo essere tornati in libertà, hanno ripreso a delinquere in particolare nel campo delle rapine e del traffico di droga. Queste persone costituiscono spesso, come in passato, un punto di contatto con esponenti mafiosi e si segnalano per i gravi reati contro il patrimonio: rapine, anche con armi da guerra, furti aggravati, traffico internazionale di droga e riciclaggio.
Infine si conferma la presenza di gruppi criminali di origine straniera che gestiscono in forme più o meno articolate specifiche attività legate ai traffici di stupefacenti (albanesi, nordafricani, nigeriani) I bonifici da paesi a fiscalità privilegiata sono in diminuzione a Verona, Venezia, Vicenza e Treviso; stabili nelle altre province.
Numerosi episodi confermano la presenza di soggetti collegati a gruppi mafiosi. Queste sono le principali evidenze emerse dal 2015 a oggi.
Arresti di mafiosi e di pericolosi latitanti
2015
Il 28 gennaio la Dda di Bologna dispone l’arresto di 117 persone e 46 fermi in tutta Italia e il sequestro di beni per circa 100 milioni. Tra gli arrestati ci sono 8 residenti in Veneto che svolgevano attività economiche nella regione: Salvatore Cappa, domiciliato ad Arcole (Vr), Andrea Bighignoli, residente a Verona, Salavatore Grossetti, residente a Montecchia di Corsara (Vr), Francesco Gullà, residente ad Arcole (Vr), Salvatore Lerose, residente a Oppeano (Vr), Raffaele Oppido, domiciliato a Roverchiara (Vr), Sergio Bolognino, residente a Rosà (Vi), Francesco Frontera, residente a Orgiano (Vi). Bolognino, Cappa, Gullà, Lerose e Frontera sono accusati di associazione di stampo mafioso; Grossetti, e Lerose di estorsione e usura, Oppido, Cappa e Bolognino, di riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.
La famiglia Bolognino è stata protagonista di un precedente tentativo di inserirsi in un’azienda di Galliera veneta in provincia di Padova. Al centro dell’indagine della Dda c’è il fallimento della Rizzi costruzioni di Verona che vide coinvolto per reati contro il patrimonio Giovanni Barone, nel 2011 socio per alcuni mesi della società Faber costruzioni srl di Padova nell’ambito del fallimento-liquidazione della Edilbasso spa.
Il 3 agosto a Conche di Codevigo, in provincia di Padova, viene arrestato Giovanni Loretta, autotrasportatore, accusato di favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa per avere agevolato la latitanza di Matteo Messina Denaro. Loretta era in viaggio verso il mercato ittico di Chioggia e si era fermato a Codevigo per una sosta in un albergo locale.
Il 5 novembre a Treviso sono stati arrestati il titolare, Pierluigi Dal Ben, e l’amministratrice, Cosima Gigantiello, dei magazzini Dal Ben Tre. Nell’indagine per bancarotta fraudolenta, collegata al fallimento della società, è coinvolto anche Paolo Signifredi, già detenuto con l’accusa di riciclaggio nell’ambito di inchieste sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta a Reggio Emilia, Brescia e Mantova.
2016
Il 20 gennaio la procura di Palmi (Rc) ha ordinato l’arresto a Cortina d’Ampezzo di Daniele Misiano per gravi reati contro il patrimonio e lesioni. L’arrestato è considerato un affiliato alla ‘ndrangheta.
Il 14 aprile la Dda di Trieste ha arrestato Antonio Bartucca, Giovanni Spadafora e Lorenzo Ceoldo con l’accusa di spaccio di droga e false fatturazioni. I tre utilizzavano come copertura e magazzino un’impresa di Vigonza (Pd). Secondo l’accusa Bartucca e Spadafora sono collegati con la ‘ndrangheta. Il 13 ottobre 2016 il tribunale di Padova ha condannato Bartucca e Spadafora a 4 anni e 10 mesi, Ceoldo a 2 anni e 11 mesi e Pasquale Pullano, di Crotone a 3 anni e 1 mese.
Il 27 aprile il tribunale di Brescia ha condannato Paolo Signifredi a 6 anni di reclusione per estrosione e associazione di stampo mafioso nell’ambito del processo Pesci contro il gruppo della ‘ndrangheta attivo in Emilia, Lombardia meridionale e Veneto.
Il 28 aprile la procura di Treviso ha arrestato per bancarotta fraudolenta Paolo e Stefano Zanatta e Paolo Signifredi, già detenuto. I tre sono accusati nell’indagine sul fallimento delle officine Zanatta di Falzè di Trevignano (Tv). Signifredi è un elemento di rilievo nelle strategie della ‘ndrangheta per operare in Veneto: ha svolto ruoli di amministratore e liquidatore in 20 società della regione con l’obiettivo di favorire gli affari di persone collegate alla criminalità organizzata.
Il 9 giugno a Sant’Angelo di Piove di sacco (Pd) un attentato di origine dolosa ha distrutto il centro commerciale “Sorelle Ramonda”.
Il 24 giugno 2016 la Guardia di finanza di Verona ha eseguito un'operazione contro un'associazione criminale di 25 persone per truffa, estorsione e riciclaggio. Il tribunale di Verona ha disposto gli arresti per Rosario Capicchiano, Alfonso Giardino (1976), Michele Pugliese, Domenico Mercurio e Alfonso Aloisio, l'obbligo di dimora per Francesco Giardino (1968) e Gaetano Garofalo.
Inoltre sono indagate dalla procura della Repubblica di Verona altre 18 persone tra cui Maurizio Aloisio, numerosi appartenenti alla famiglia Giardino ed Eliseo Ventura.
L'operazione, denominata dagli inquirenti «premium deal», ha ottenuto il risultato di reprimere gravi reati e costituisce una decisiva conferma degli allarmi sulle attività delittuose nel territorio veronese di soggetti aventi relazioni con la ’ndrangheta, in particolare con il gruppo guidato da Nicolino Grande Aracri. Infatti, alcune delle persone indagate risultano avere significativi precedenti penali e sono coinvolte nell'indagine Aemilia della direzione distrettuale antimafia di Bologna contro la ’ndrangheta. In particolare, i Giardino, i Pugliese e Capicchiano appartengono a famiglie con diversi esponenti associati alla criminalità organizzata.
Alcuni indagati svolgono da tempo in provincia di Verona attività imprenditoriali che, alla luce dell'inchiesta e dei collegamenti con gruppi della ‘ndrangheta, potrebbero risultare funzionali a favorire il ruolo della criminalità organizzata e a commettere reati economici. Risulta di particolare rilievo il fatto che alcuni indagati si sono resi latitanti evitando l'arresto: Capicchiano e Alfonso Giardino per un mese, Pugliese addirittura per tre mesi. La circostanza indica la presenza di una rete di protezione organizzata.
Il 4 luglio il tribunale di Padova ha condannato per bancarotta fraudolenta nella gestione della Tpa trituratori di Santa Giustina in colle (Pd) Franco Caccaro a 4 anni e 6 mesi di reclusione e Cipriano Chianese a 3 anni. La condanna conferma le realzioni criminali tra Caccaro e Chianese, che è considerato uno degli inventori delle ecomafie legato alla camorra casalese.
Indagini principali
2015
Il 30 gennaio la Dda di Venezia dispone il sequestro di beni per 130 milioni gestiti, secondo l’accusa da Francesco Manzo, residente a Padova, con diversi precedenti penali per furto, truffa in concorso, associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, porto illegale di armi, e sospettato dagli inquirenti di avere relazioni con gruppi legati alla camorra campana e con appartenenti alla ex mafia del Brenta. Tra i beni sequestrati ci sono 350 unità immobiliari tra cui 40 appartamenti nel grattacielo Belvedere davanti alla stazione di Padova, la torre direzionale in costruzione nella zona industriale di Padova, diversi appartamenti e un castello a Ponte nelle Alpi. La vicenda indica la facilità con cui persone sospettate di legami con la criminalità organizzata entrano in relazione con l’economia e l’impresa locale. Un pregiudicato, apparentemente privo di capitali a lui riconducibili, è riuscito a farsi erogare ingenti prestiti da istituti bancari, ad acquistare a prezzi elevatissimi numerosi beni e ad avviare la realizzazione tramite l’Interporto di Padova di una struttura immobiliare molto onerosa che, fino a quel momento, non aveva attratto l’interesse delle principali imprese di costruzioni.
In maggio il tribunale di Padova ha revocato il sequestro dei beni riferibili a Manzo. Gli accertamenti dell’autorità giudiziaria sono ancora in corso.
La relazione della Dia del I semestre 2015 descrive così il caso Manzo: “Il 23 gennaio 2015 il tribunale di Padova ha emesso il decreto di sequestro di un ingente patrimonio costituito da società, beni mobili ed immobili, conti correnti, facente capo ad un soggetto, residente a padova, legato ad un gruppo criminale dell’agro nocerino sarnese, provincia di Salerno, indiziato di riclare denaro per conto di diverse organizzazioni di quella zona (operazione “Grattacielo”). I beni, intestati a diversi soggetti, molti dei quali originari dell’agro nocerino sarnese, sono risultati ubicati sia in Veneto che in altre regioni (Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio, Campania)”.
In aprile viene sciolto il Consiglio comunale di Caorle viene sciolto in seguito alle dimissioni di più di metà dei consiglieri comunali. Alla base delle dimissioni vi sono anche le pesanti minacce ricevute da alcuni consiglieri comunali per stralciare dal programma di governo della Giunta il punto che stabiliva la possibilità di rivedere le previsioni urbanistiche del progetto “Villaggio le terme di Caorle”. Tale progetto, promosso dalla Caorle investimenti srl, amministrata da Claudio Casella, riguarda la realizzazione di una struttura di notevoli dimensioni e prevede un consistente aumento della cubatura edificabile in una zona del comune da 60 mila a 241 mila metri cubi. In seguito alla denuncia dei consiglieri comunali il Prefetto di Venezia ha sollecitato le forze dell’ordine ad aumentare l’attenzione e i controlli per prevenire le intimidazioni della criminalità organizzata nel territorio del Veneto orientale. Sulla vicenda è in corso una indagine. Nell’ambito dell’inchiesta è stato coinvolto l’amministratore della Caorle investimenti, che, insieme ad altre persone, avrebbe messo in atto un tentativo di denigrare il comandante della locale stazione dei carabinieri per ostacolare le indagini in corso.
In maggio sono stati sequestrati beni per 10 milioni, compresi alcuni appartamenti a Portogruaro, Jesolo e San Donà, in un’indagine a carico di Michele Pezone, accusato di avere rapporti con la camorra.
In luglio nell'ambito dell'inchiesta, denominata operazione Gambling, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, sono stati eseguiti due provvedimenti cautelari nei confronti degli avvocati veneti Andrea Vianello e Marco Colapinto, con l'accusa di associazione a delinquere, esercizio abusivo di attività di gioco e di scommessa e truffa ai danni dell'Agenzia delle entrate. I due sono considerati dagli inquirenti gli artefici di un complesso sistema costruito per ripulire il denaro di provenienza illecita della ’ndrangheta facendolo transitare da Malta e da altri paradisi fiscali come Antille olandesi, Panama e Romania, tramite società estere di diritto maltese per esercitare abusivamente l'attività di gioco e delle scommesse in Italia eludendo la normativa fiscale e anti-riciclaggio. Per l’accusa i legali sarebbero tra i fautori di avventure societarie intraprese sfruttando le normative di favore, appoggi istituzionali e il coinvolgimento di personaggi legati alle cosche di riferimento come le famiglie di ‘ndrangheta Ficara, Alvaro e Pesce.
Il 10 agosto a Spresiano (Tv) il ristorante “Divino gourmet” viene colpito da un attentato incendiario: prima un’auto rubata ha sfondato una vetrata e poi gli interni del locale sono stati cosparsi di benzina e incendiati.
Il 28 settembre, nell’ambito di un’operazione della Dda di Reggio Calabria che ha emesso 48 misure cautelari per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, è stato arrestato il padovano Massimo Dalla Valle, con precedenti per truffa.
In ottobre nell’ambito dell’indagine “Aemilia” vengono sequestrate due aziende situate in provincia di Verona: Secav sr, con sede a Roverchiara e Sime srl. con sede a Sant’Ambrogio di Valpolicella. Le imprese sono considerate sotto il controllo di esponenti criminali. Risulta di particolare interesse la vicenda della Sime. Due arrestati nell’operazione “Aemilia” avevano trasferito l’impresa dalla provincia di Reggio Emilia a quella di Verona per continuare a delinquere. La scelta era stata motivata dalle caratteristiche del territorio veronese: minori controlli e presenza di una rete di relazioni favorevoli per proseguire le attività criminali.
Nei mesi precedenti il nuovo prefetto di Verona, entrato in carica a luglio, ha emanato diverse interdittive, in particolare nei confronti della Nico.fer e della Gri.Ka, imprese da tempo ritenute in contatto con esponenti della ‘ndrangheta arrestati nell’indagine “Aemilia”.
Nel mese di novembre il prefetto di Verona ha emesso due interdittive antimafia nei confronti di Francesco Piserà, titolare della Gfa di Bardolino e gestore di diversi locali nei comuni della zona del lago di Garda e degli impianti di risalita a San Giorgio di Bosco Chiesanuova e di Maria Anna Vaccaro, titolare di una tabaccheria a Verona.
Il 27 novembre sono stati confiscati beni per 7 milioni di euro a società di proprietà di Giuseppe Faro e dei suoi familiari. I beni erano già stati posti sotto sequestro nel febbraio 2013 nell’ambito di un’indagine della Dia di Catania Tra i beni confiscati ci sono quote della Edil Guizza srl di Padova, della Teolo Residence e della 3MG Immobiliare di Albignasego (Pd) e della Ediladriatica srl di Cona (Ve).
Il 5 dicembre la Dda di Venezia ha smantellato un’organizzazione gestita da esponeneti della ‘ndrangheta che gestiva il traffico di cocaina tra Colombia, Calabria, Lombardia e Veneto. Tra le 9 persone arrestate ci sono Attilio Vittorio Violi, residente a Marcon (Ve) e Santo Morabito, considerati i capi del gruppo criminale.
2016
In gennaio la Dda di Brescia, nell’ambito dell’inchiesta contro la presenza della ‘ndrangheta nelle province di Mantova, Cremona e Verona, ha chiesto il rinvio a giudizio per 27 persone tra le quali  il commercialista Attilio Fanini di Bussolengo (Vr) e Moreno Nicolis, l’imprednitore della Nicofer al centro dell’indagine Aemilia. Nicolis è accusato di tentata estrosione e di avere esercitato esplicite minacce avvalendosi della forza d’intimidazione derivante dall’apparetenenza a un’associazione mafiosa per farsi cedere gratuitamente degli appartamenti.
Nello stesso mese la prefettura di Treviso ha emesso un’interdittiva antimafia nei confronti di Gerardo Palumbo, imprenditore campano attivo a Vedelago (Tv), accusato di avere rapporti con la criminalità organizzata casalese.
Il 4 marzo è stato arrestato a Chioggia Luigi Cimmino, capo dell’omonimo clan camorristico di Napoli.
Il 12 aprile il Comune di Padova interrompe il contratto con la Pi.Ca Holding srl che sta realizzando l’asilo in via del Commissario. L’impresa infatti ha avuto l’interdittiva antimafia dalle prefetture di Milano e Modena nell’ottobre 2015.
Il 23 aprile la sentenza con rito abbreviato nel processo “Aemilia” conferma l’insediamento della ‘ndrangheta in diverse zone dell’Emilia e del Veneto. Infatti tra i condannati ci sono anche quattro criminali residenti e attivi nella nostra regione: 9 anni e 4 mesi a Salvatore Cappa, domiciliato ad Arcole (Vr), 4 anni a Francesco Gullà, residente ad Arcole (Vr), 8 anni e 10 mesi a Francesco Frontera, residente a Orgiano (Vi), 2 anni e 9 mesi a Raffaele Oppido, domiciliato a Roverchiara (Vr). Tra i condannati ci sono anche Giulio (4 anni) e Giuseppe (12 anni e 6 mesi) Giglio, collegati con i fratelli Bolognino nella gestione della Gs scaffalature di Galliera veneta.
In maggio la Dda di Napoli ha arrestato Marco Cascella, ex amministratore della Lande spa, e altre 8 persone nell’ambito di un’indagine per corruzione e turbativa d’asta per agevolare la camorra casalese. Lande spa gestisce in Veneto gli appalti per il Passante verde di Mestre e per le bonifiche del petrolchimico di Marghera.
In giugno il prefetto di Verona ha emesso due interdittive verso imprese collegate con la ‘ndrangheta: Albi service e noleggi di Sommacampagna, AGL group srl di Nogarole Rocca.
Il 17 ottobre è stata arrestata a Malta, dove era latitante, Donatella Concas, condannata a 4 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso nel processo contro l’organizzazione guidata da Mario Crisci che utilizzava la società “Aspide” per controllare diverse imprese venete.
Approfondimenti
Incendi
Dal 2015 in Veneto ci sono stati almeno 21 incendi di natura dolosa a impianti che operano nel settore dei rifiuti. Il fenomeno, già in crescita nei due anni precedenti (in particolare vanno segnalati i due attentati incendiari a distanza di pochi giorni nel febbraio 2014 a San Biagio di Callalta (Tv) contro la Bigaran servizi ambientali, azienda che si occupa di trattamento e recupero di rifiuti) indica un’attività criminale, dotata di notevoli capacità operative e organizzative, finalizzata a condizionare il mercato della raccolta e smaltimento rifiuti.
In sintesi ecco l’elenco dei principali episodi.
2015
Il 15 gennaio a Bressanvido (Vi) un incendio ha colpito l’azienda agricola De Antoni. L’azienda era già stata danneggiata da un incendio nel settembre del 2013.
L’11 marzo a Bussolengo (Vr) è scoppiato un incendio all’interno dello stabilimento industriale della Sogetec, azienda che si occupa di gestione e smaltimento di rifiuti industriali.
Il 21 marzo a Sant’Angelo di Piove di Sacco (Pd) un incendio ha colpito un magazzino della Intercommercio di Coccarielli Guerrino & C, azienda che si occupa di riciclo di rifuti.
Il 26 maggio a San Pietro di Legnago (Vr) è scoppiato un incendio all’interno della ecologica Tredi, azienda che si occupa di rifiuti speciali.
Il 4 giugno a Este (Pd) un incendio ha colpito un nastro trasportatore all’interno dell’impianto di compostaggio della Sesa, azienda che si occupa della raccolta, trattamento e smaltimento rifiuti.
L’11 giugno a Ponte di Piave (Tv) è scoppiato un incendio in un deposito di materie plastiche.
Il 4 luglio a Zevio (Vr) un incendio è scoppiato in un capannone contenete rifiuti industriali presso l’azienda Transeco, controllata da Amia e Agsm, che si occupa di trattamento di rifiuti.
L’1 agosto ad Aviano (Pn) è stato incendiato un capannone della Snua, azienda che si occupa di raccolta e smaltimento rifiuti. Snua era già stata danneggiata da un incendio nel dicembre 2014.
Il 25 settembre a Villa Bartolomea (Vr) un incendio è scoppiato all’interno dello stabilimento della Fertitalia srl, azienda di compostaggio rifiuti.
Il 26 settembre a Castelfranco (TV) un incendio ha colpito un capannone della Ceccato Recycling, azienda che si occupa di recupero e riciclaggio di rifiuti.
Il 3 ottobre a Bovolone (Vr) un incendio ha colpito l’area esterna della Alf, azienda specializzata nello stoccaggio di materiale di scarto delle acciaierie.
Il 4 ottobre a Calvene (Vi) un incendio ha colpito un’azienda agricola.
Il 5 ottobre a San Pietro di Legnago (Vr) un incendio ha colpito la Ecologica Tredi, azienda che si occupa di rifiuti speciali. L’impresa era stata danneggiata da un incendio alla fine del mese di maggio.
2016
Il 26 gennaio è stato incendiato il capannone della Euro Italia, azienda di Piombino Dese (Pd).
Il 17 luglio a Fossò (Ve) due uomini a volto coperto hanno incendiato all’interno del parcheggio 4 autoarticolati della Nuova ecologica 2000 srl di Lorenzino Candian, azienda che si occupa di trasporto rifiuti.
Il 27 luglio a San Bellino (Ro) un incendio doloso ha danneggiato all’interno del deposito per i mezzi due autoarticolati dell’impresa Zeggio che si occupa di recupero di materiali ferrosi.
Il 30 luglio a Motta di Livenza (Tv) è scoppiato un incendio all’interno dello stabilimento “centro risorse” specializzato nel trattamento di rifiuti industriali.
Il 15 agosto a Castelguglielmo (Ro) un incendio doloso ha colpito un trattore e tre semirimorchi dell’impresa (Zeggio).
Il 16 settembre a Mogliano (Tv) un incendio doloso ha distrutto tre camion della Veritas all’interno del deposito aziendale.
Il 25 settembre a Caorle (Ve) un incendio doloso ha distrutto il capannone e un camion della ditta Fe.mar ambiente di proprietà di Debora Gnan e Diego Giro.
Nella notte tra il 4 e il 5 ottobre a Monselice (Pd) un incendio doloso ha distrutto il capannone della Nek, società che raccoglie e tratta rifiuti.
A questi episodi vanno aggiunti gli incendi dolosi con una chiara finalità intimidatoria contro importanti aziende. L’11 luglio del 2015 un incendio ha colpito i mezzi parcheggiati all’interno della Mangimi Veronesi a Ospedaletto euganeo (Pd). L’11 agosto 2015 a Spresiano (Tv) il ristorante Divino gourmet è stato colpito da un attentato incendiario: prima un’auto rubata

ha sfondato una vetrata e poi gli interni del locale sono stati cosparsi di benzina e incendiati. Il 9 giugno 2016 a Sant’Angelo di Piove di sacco (Pd) un attentato di origine dolosa ha distrutto il centro commerciale “Sorelle Ramonda”.