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Il Pd deve opporsi all’autonomia secessionista per svolgere una funzione nazionale e costruire l’alternativa alla Lega

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Lunedì, 15 Luglio 2019 12:42

I continui rinvii stanno dimostrando che l’autonomia secessionista di Veneto e Lombardia non è sostenibile, nemmeno per il governo giallo-verde che sopravvive tra bugie e promesse. La situazione economica è sempre più grave: il debito aumenta, c’è la recessione tecnica, la spesa pubblica è fuori controllo e importanti servizi, come sanità e istruzione, subiscono tagli a danno della parte più debole della società. L’autonomia serve alla Lega per distrarre l’opinione pubblica dai fallimenti del governo nazionale e regionale. La crisi economica ha evidenziato la necessità di rafforzare l’Unione europea e gli stati nazionali. Il modello federalista introdotto nel 2001 ha provocato danni economici: ha aumentato i centri di spesa contribuendo all’aumento del debito pubblico; ha moltiplicato i luoghi istituzionali creando nuove strutture burocratiche improduttive e allungando i tempi delle decisioni. Basta pensare a quante inutili agenzie regionali sono state costituite e all’incapacità delle Regioni, compreso il Veneto, di utilizzare i fondi messi a disposizione dall’Unione europea. Per queste ragioni il Pd deve cambiare posizione sull’autonomia, abbandonando la sciocchezza del “sì critico” che ha aiutato Zaia, e deve contrastare con forza il disegno secessionista della Lega. In Veneto per uscire dalla marginalità e dal consociativismo che hanno causato le pesanti sconfitte degli ultimi anni il Pd deve iniziare a svolgere un ruolo di opposizione rigorosa e determinata riprendendo una funzione nazionale e rappresentando tutte le forze contrarie alle politiche leghiste. Nonostante l’assoluta prevalenza mediatica e l’occupazione sistematica di tutti gli spazi di informazione e istituzionali, la Lega non ha convinto i cittadini. Esiste una vasta area di persone che non si è piegata all’ideologia secessionista e chiede scelte diverse in settori fondamentali: sanità, ambiente, lavoro, istruzione, ricerca, infrastrutture, lotta alla criminalità, equità fiscale. L’esistenza di uno spazio per un’iniziativa politica alternativa alla Lega è dimostrata dai dati del referendum farsa dell’ottobre 2017. Il 55,9% dei veneti ha votato sì: un risultato modesto dopo una campagna a senso unico sostenuta da tutti i mezzi di informazione regionale, da quasi tutte le forze politiche, dalla totalità dei sindaci e delle associazioni di categoria. Infatti Zaia aveva fissato al 60% la soglia per definire un successo la consultazione. Inoltre nei capoluoghi di provincia il quorum è stato raggiunto soltanto a Vicenza (52%), Belluno (51,1%) e Treviso (50,4%). Padova si è fermata al 46%, Venezia al 44,9%, Verona al 45,5%, Rovigo al 47,6%. Il messaggio leghista non è passato nelle tre città più grandi e più dinamiche: Venezia, Verona e Padova. Se il Pd vuole proporsi come credibile forza di governo a livello regionale deve fare opposizione sul serio, costruire uno schieramento alternativo alla Lega e rappresentare il 44% di cittadini che non ha partecipato al referendum ritenendolo inutile e dannoso.