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LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA IN VENETO
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- Martedì, 16 Febbraio 2016 09:02
Relazione di Alessandro Naccarato per il
Forum Sicurezza regionale del PD Veneto
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Introduzione
La presenza stabile della criminalità organizzata in Veneto è dimostrata con evidenza da numerose indagini. Si tratta di una presenza economica e finanziaria all’interno del tessuto imprenditoriale che non esercita il controllo militare del territorio. L’obiettivo prevalente dei gruppi criminali è il riciclaggio del denaro proveniente da diversi reati attraverso l’inserimento in attività commerciali e d’impresa. La Direzione Nazionale Antimafia ha sottolineato “la sempre più significativa operatività, in Veneto, di gruppi criminosi originari del Sud Italia, il cui insediamento, principalmente legato a motivi economici, di investimento in profitti o di procacciamento di affari, tende a diventare sempre più stabile, pur senza assumere connotazioni simili a quelle proprie delle organizzazioni delle regioni di provenienza”. (Relazione 2014) Le mafie stanno ripetendo ed estendendo una tendenza espansiva già evidenziata nei primi anni ’90 e mai analizzata e contrastata in profondità. La Commissione parlamentare antimafia nel 1994 lanciò un allarme preciso: un “settore di particolare interesse per la criminalità organizzata è quello alberghiero nel quale le forze dell’ordine locali registrano in preoccupante aumento il “turn over” delle proprietà con acquisti, che avvengono per contanti, a prezzi giudicati molto elevati. Oltre Venezia è interessata al fenomeno, che è da ascrivere all’esigenza di investire le grandi masse di denaro che provengono dalla commissione di reati, anche Abano Terme, particolarmente appetibile per la sua catena di alberghi, al momento in crisi”; e spiegò che: “Le forze dell’ordine e la magistratura inquirente si dichiarano certe della presenza di complesse attività di riciclaggio, di operazioni economiche sospette, di negoziazioni di decine di miliardi non compatibili con le dimensioni delle aziende che vi sono interessate, di ricchezze improvvise e sospette”. (Commissione parlamentare antimafia, Relazione sulle risultanze dell’attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali, relatore senatore Carlo Smuraglia, approvata il 13.1.1994).
In quell’occasione la Commissione scrisse con preoccupazione che “se si pensa che c’è ancora chi ritiene che il Veneto sia da inserire fra “isole felici”, c’è da restare davvero sbalorditi”. Purtroppo quell’allarme è rimasto a lungo inascoltato e per anni i gruppi criminali hanno operato introducendosi nel tessuto economico veneto. Per almeno 20 anni gran parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica ha escluso la presenza della mafia in Veneto perché cercava segnali di estorsioni o di azioni violente e non si interrogava sulla provenienza di ingenti risorse che hanno sostenuto operazioni immobiliari e imprenditoriali improbabili. Non c’è da restare solo sbalorditi; bisogna approfondire le origini delle “ricchezze improvvise sospette” denunciate dalla Commissione antimafia e i percorsi del denaro investito dalle mafie nelle imprese venete per un periodo così lungo: le risorse dei gruppi criminali quanto hanno inciso sulle dinamiche imprenditoriali? Quali settori e in che misura sono stati alterati? Quanta ricchezza è stata prodotta? Le banche che ruolo hanno svolto? Quanto hanno inciso i capitali mafiosi nella bolla immobiliare esplosa con la crisi?
La presunta ostentata assenza e la conseguente sottovalutazione delle mafie hanno favorito l’iniziativa dei gruppi criminali e hanno determinato un ritardo nella prevenzione e nel contrasto dei reati. Il Veneto presenta caratteristiche economiche e sociali che hanno consentito alla criminalità organizzata di entrare in relazione con numerosi imprenditori e professionisti: è diventata una regione dove i gruppi mafiosi ripuliscono e riciclano i proventi delle attività illegali investendoli per conquistare nuovi mercati. Alcuni imprenditori, con il concorso di dirigenti di banca e professionisti, e associazioni criminali hanno incrociato reciproci interessi: i primi hanno cercato aiuto, facili guadagni o, semplicemente, acquirenti in grado di rilevare le attività; i secondi, mimetizzando le proprie caratteristiche criminali, hanno investito risorse nell’economia legale.
I dati sui provvedimenti interdittivi antimafia indicano che le imprese coinvolte hanno sede soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, e confermano la propensione delle mafie all’espansione nelle aree più ricche e sviluppate. La criminalità organizzata è entrata nell’economia legale in modo silenzioso e regolare senza farsi individuare evitando il controllo militare del territorio e, in genere, il ricorso alla violenza. L’azione delle mafie ha prodotto i seguenti effetti: intervento nell’economia di soggetti in grado di conquistare le aziende in difficoltà grazie al ricorso a risorse consistenti; alterazione della libera concorrenza; capacità di diversificare gli investimenti in settori tradizionali e innovativi: smaltimento rifiuti, sanità, gioco on line, ristorazione, contraffazione, florovivaistico, energie alternative.
Secondo la Direzione Nazionale Antimafia l’investimento delle risorse derivanti dalle attività illecite svolte in altre regioni avviene attraverso “l’acquisizione di beni immobili e cespiti aziendali da intestare a prestanomi incensurati” e con “il diretto investimento in specifici comparti del mercato (edilizia, lavori pubblici, ecc.)”. Numerose indagini confermano che questo fenomeno si è verificato grazie all’esistenza di rapporti continuativi tra imprenditori locali, una vasta area di professionisti, soprattutto consulenti e commercialisti, e operatori finanziari. Tali rapporti, finalizzati a commettere reati di natura fiscale o patrimoniale come la bancarotta fraudolenta, e il riciclaggio hanno assicurato per anni consistenti guadagni illeciti a tutti i protagonisti. In questo contesto si è realizzata una convergenza di interessi, finalizzata al guadagno, tra investitori riconducibili alle organizzazioni mafiose, professionisti, imprenditori e istituti di credito coinvolti. Le relazioni tra imprenditori locali e gruppi mafiosi sono favorite dall’azione di mediazione che la Direzione Investigativa Antimafia ha così descritto: “una vasta area collusiva nella quale personaggi dell’imprenditoria, della finanza, della pubblica amministrazione, della politica e delle professionalità più elevate si prestano con diverso grado di intensità alla cura degli interessi mafiosi, traendo a loro volta cospicui vantaggi”.
Le recenti indagini confermano che la criminalità organizzata è entrata in Veneto sostanzialmente senza violenza e senza imposizioni o minacce, e ha costruito relazioni solide con imprenditori, professionisti e operatori finanziari locali con l’obiettivo condiviso di assicurare guadagni reciproci. La crisi economica ha favorito le attività già in atto dei gruppi criminali. Diversi imprenditori hanno cercato o hanno accettato le risorse dei gruppi criminali; diversi importanti istituti di credito hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini alla criminalità organizzata senza approfondire la provenienza delle risorse; diversi professionisti hanno partecipato alla costituzione di società e alla stesura di contratti seguendo gli interessi di persone legate alle associazioni mafiose. Questi modi di procedere, al di là delle responsabilità e dei singoli rilievi penali, sono emersi in numerose indagini e si sono evidenziati soprattutto in relazione a procedure di fallimenti o di liquidazioni di società e alla costituzione di imprese per aggiudicarsi importanti lavori.
Nel ambito del crimine organizzato va registrata l’iniziativa di alcune persone già appartenenti alla Mala del Brenta, che, dopo essere tornate in libertà, hanno ripreso a delinquere in particolare nel campo delle rapine e del traffico di droga. Queste persone costituiscono spesso, come in passato, un punto di contatto con esponenti mafiosi.
In particolare nel 2012 due operazioni hanno portato all’arresto di alcuni ex membri della “Mala del Brenta”. In un caso i criminali avevano costituito una banda per rapinare supermercati e negozi con l’uso di esplosivo e armi. Nell’altro è stata smantellata un’associazione, composta da almeno 18 persone, finalizzata al traffico di stupefacenti con stabili contatti con gruppi camorristi casalesi: il Veneto era la base logistica dell’associazione dove c’era piena disponibilità di armi ed esplosivi. Nel 2014 sono state arrestate 16 persone accusate di aver assaltato con armi da guerra decine di banche, centri commerciali e laboratori orafi in varie località del nord est. Il gruppo era guidato da alcuni ex esponenti di spicco della Mala del Brenta. Nell’ottobre dello stesso anno le forze dell’ordine hanno arrestato a Padova e Venezia 9 persone, tra cui alcuni ex membri della Mala del Brenta, che avevano organizzato un traffico internazionale di stupefacenti tra Colombia, Lombardia e Veneto.
Infine si conferma la presenza di gruppi criminali di origine straniera che gestiscono in forme più o meno articolate specifiche attività legate ai traffici di stupefacenti (albanesi, nordafricani, nigeriani) e di persone per la prostituzione (albanesi, rumeni, cinesi).