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La Commissione d’inchiesta parlamentare: «Le mafie hanno scelto Veneto e Friuli per investire»
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- Venerdì, 23 Febbraio 2018 14:08
GAZZETTINO 23 FEBBRAIO 2018
«É la prima volta che la Commissione parlamentare d’inchiesta contro lemafie dedica un capitolo al Nordest dividendolo fra Veneto, Trentino e Friuli». Alessandro Naccarato, deputato del partito democratico che di quella commissione è membro, analizza la fresca relazione conclusiva che getta uno sguardo lucido sulle infiltrazioni. A partire dai fatti: 7.841 operazioni finanziarie sospette in Veneto nel 2016. «Lemafie hanno scelto il Veneto per investire risorse e per nascondere latitanti» si scrive nel report. Ma anche per “lavorare”: 27 incendi ai danni di aziende che operano nel settore dei rifiuti. Decine di camion e capannoni bruciati. E poi i gruppi di Gioia Tauro in combutta con un imprenditore veronese per acquisire i beni di una grossa procedura fallimentare, banche che hanno sostenuto operazioni finanziarie di soggetti vicini alla criminalità organizzata, fino all’ultima indagine della Dia di Padova a inizio anno che ha rivelato un sistema di riciclaggio dei proventi del traffico di droga attraverso false fatturazioni. In Friuli invece l’allarme è per l’interazione con le organizzazioni criminali dell’est. I campi di impiego? La droga con lamafia albanese, i trasporti dalla Moldavia con estorsioni e usura. Poi il ciclo del cemento, la ristorazione, il commercio all’ingrosso, i rifiuti, il gioco d’azzardo, i lidi balneari e lo sport. Mettono soldi freschi in società in liquidazione, riciclano denaro con prestiti bancari e poi le chiudono. «Per molti anni questa situazione è stata sottaciuta», commenta Naccarato.
CONTRO LE MAFIE A PADOVA SI USI ANCHE IL 416 BIS
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- Sabato, 10 Febbraio 2018 21:54
MATTINO DI PADOVA 10 FEBBRAIO 2018
Mafie in Veneto: perché utilizzare l'articolo 416 bis del Cp. Due inchieste recenti impongono una riflessione sull'utilizzo degli strumenti di contrasto alle mafie in Veneto. A fine dicembre il tribunale di Catanzaro ha disposto l'arresto di 179 persone, tra le quali Vincenzo Giglio, Antonio Bar- tucca e Giovanni Spadafora, attivi a Padova, per il reato di associazione mafiosa di cui all'articolo 416 bis del Cp. I tre sono accusati di appartenere alla 'ndrangheta, alla cosca Giglio di Strongoli, articolazione di una più vasta organizzazione. Gli arrestati si sono avvalsi del metodo mafioso, ovvero della forza d'intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e di omertà diffusa che ne deriva, per rafforzare ed estendere il controllo della loro cosca anche in Veneto. Bartucca, Spadafora e Giglio sono accusati di aver rappresentato il gruppo a Pa- dova: di aver garantito il sup- porto logistico ed economico a dei detenuti; di aver investito denaro per l'apertura o l'acqui- sizione di nuove attività im- prenditoriali, una immobiliare, una che fornisce security, una della panificazione; di aver cercato di inserirsi in lavori pubblici fornendo i mezzi d'opera. A fine dicembre il tribunale di Padova ha arrestato per traffico di stupefacenti e reati economici 16 persone, tra le quali i sopra citati Vincenzo Giglio, Antonio Bartucca e Giovanni Spadafora. Secondo l'autorità giudiziaria si era costituita un'associazione a delinquere per commettere di- versi delitti come la gestione illecita di imprese, l'emissione di false fatture, il riciclaggio e l'autoriciclaggio.L'associazione, con base a Vigonza, operava tramite la locale filiale della Banca popolare di Vicenza, ed era composta da Bartucca e Spadafora, da un loro uomo di fiducia, dal direttore della citata filiale, da un suo collega e da un imprenditore.
Per combattere le mafie serve collaborazione delle imprese
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- Lunedì, 29 Gennaio 2018 09:49
MATTINO DI PADOVA 27 GENNAIO 2018
La recente operazione della Dia di Padova, unita alle inchieste della Dda di Catanzaro, conferma in modo inequivocabile la presenza della'ndrangheta nel nostro territorio e contiene quattro aspetti da analizzare. 1. Le indagini hanno portato alla luce gravi reati, commessi da persone che hanno rapporti con organizzazioni criminali di stampo mafioso. Per alcuni di loro sono in corso altri procedimenti penali per reati analoghi. Tra gli arrestati spiccano le figure di Bartucca, Spadafora, Giglio, e Giardino, al centro di inchieste per traffico di droga e per i legami con la'ndrangheta. Alcuni membri della famiglia Giardino, legata alla cosca Grande Aracri, sono indagati a Verona per estorsione e usura e, come evidenziato da precedenti indagini, hanno sostenuto alle elezioni la vecchia amministrazione del sindaco Tosi. In Veneto le mafie hanno utilizzato la strategia già realizzata in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna e si sono radicate in due settori: riciclaggio di denaro e traffico di droga. Le mafie fin dai primi anni'90 hanno scelto il Veneto come zona dove investire risorse e dove nascondere latitanti e quindi evitano il controllo militare del territorio e cercano di non ricorrere alla violenza.
Naccarato: «Le banche l'anello debole del sistema»
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- Martedì, 23 Gennaio 2018 09:18
GAZZETTINO 23 GENNAIO 2017
Sono almeno tre le anticipazioni che aveva fatto nei mesi scorsi. Innanzitutto sulla tecnica utilizzata dalla ndrangheta per infiltrarsi nel Veneto, cioè quella delle false fatture. Poi, sulla presenza e sui ruoli delle famiglie Giardino e Spadafora, confermata dagli arresti di ieri. Infine sul ruolo delle banche locali, venuto fuori anch'esso da questa ultimissima inchiesta del Centro Operativo della Direzione antimafia. Alessandro Naccarato, onorevole del Pd e membro della Commissione antimafia, da anni si batte per segnalare la presenza della cosca calabrese, che ha definito una sorta di holding criminale e che è stata oggetto di diverse interrogazioni parlamentari da lui stesso presentate. Di questo parla pure nel suo ultimo libro Le mafie in Veneto - Presenza e attività della criminalità organizzata (ed. Il Poligrafo), in cui descrive quanto moderna, radicata e tenace sia ormai la mafia al Nord. «Certo - spiega il deputato padovano - da tempo è stato lanciato l'allarme per la presenza della mafia calabrese sul nostro territorio. E non era difficile dedurre che queste figure che lavoravano in Emilia e a Verona, fossero arrivate fin qui per commettere reati. L'indagine ha messo in luce l'attenzione dell'autorità giudiziaria e degli organi di polizia, e ha confermato le modalità operative della ndrangheta che ha come fulcro delle sue attività lo spaccio. Per riciclare i proventi gli ndranghetisti usano le aziende, dove producono false fatture avvalendosi della collaborazione di alcuni funzionari delle banche. Troppo a lungo queste ultime sono state delle zone d'ombra». Ed è proprio questo per Naccarato uno degli aspetti più interessanti del blitz di ieri della D.I.A.
Rischio mafia: Caporalato e sofisticazioni inquinano l'agricoltura
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- Domenica, 21 Gennaio 2018 10:36
MATTINO DI PADOVA 21 GENNAIO 2017
Padova è la dodicesima provincia italiana per penetrazione della malavita organizzata in agricoltura. Nella classifica stilata dal quinto rapporto dell'Osservatorio sulle Agromafie per il 2016 sono ben tre le provincie venete tra le prime 20 d'Italia: Verona, dopo Reggio Calabria e Genova è addirittura terza, mentre Treviso si classifica diciassettesima dopo una provincia, la nostra, che vede nel fenomeno della contraffazione alimentare e nel caporalato una delle principali criticità. A ricordarlo è stato, in occasione del congresso provinciale della Cia Padova, l'on. Alessandro Naccarato, membro della commissione Antimafia della Camera dei Deputati. «L'osservatorio, coordinato da Giancarlo Caselli, oltre alle indagini giudiziarie» spiega Naccarato «per la prima volta ha voluto inserire fenomeni indicativi come caporalato, lavoro irregolare, contraffazione, relazioni tra agricoltura e gestione illecita dei rifiuti,... I nostri territori sono risultati particolarmente permeabili alla contraffazione alimentare nel settore dei suini e in quello degli alcolici come vini e grappe, ma pure al fenomeno del lavoro irregolare e del caporalato che, nel settore, riguarda quasi un lavoratore su 4». Ma pure se il tema delle contraffazioni, delle truffe alimentari e dello sfruttamento del lavoro sembrano poco attinenti con il fenomeno mafioso per come lo conosciamo dalle serie tivù e dalle grandi inchieste del passato, il membro della commissione Antimafia della Camera ricorda che la realtà rischia di essere ben diversa. «L'agricoltura veneta e padovana è sana, ricca e poco avvezza a riconoscere un fenomeno culturalmente lontano come quello della mafia» ha continuato Naccarato «ma proprio per le sue caratteristiche il settore è nelle mire della criminalità organizzata. È noto poi che uno degli strumenti di penetrazione della criminalità è proprio quello della gestione del lavoro irregolare, che si regge su una complessa filiera internazionale dello sfruttamento. Nel rapporto poi che si instaura tra agricoltura e ciclo dei rifiuti, spesso si evidenziano fenomeno eclatanti come nel caso, attualissimo, della Coimpo di Rovigo. Le mafie oramai hanno volti celati e modelli di azione difficili da identificare al primo sguardo. Per questo credo che sia nell'interesse degli stessi agricoltori lavorare su un sistema più avanzato di controllo del territorio, perché le mafie alterano nei fatti il regime di concorrenza, penalizzando le aziende oneste fino a prosciugarne le risorse».
Ospedale, malumori nel Pd: «È un accordo irrealistico». Le scelte di Giordani non piacciono ad una parte degli esponenti dem padovani Il deputato Naccarato: «Non ci sono né soldi né progetto, va cambiato in Regione»
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- Venerdì, 29 Dicembre 2017 10:54
MATTINO DI PADOVA 29 DICEMBRE 2017
Acque agitate nel Pd padovano dopo l'accordo sul "doppio polo" tra il sindaco Sergio Giordani e il governatore Luca Zaia, che porterà alla cessione gratuita dell'area di Padova Est (quella individuata dall'ex sindaco Bitonci) per la realizzazione del polo sanitario d'eccellenza e innovazione. Se il neo-segretario Vittorio Ivis si è subito affrettato a comunicare la benedizione ufficiale del Pd all'accordo, in casa dem non mancano le irritazioni. C'è chi come il consigliere regionale Claudio Sinigaglia, sostenitore della soluzione Padova Ovest, mastica amaro ma rimane in silenzio. E chi, come il parlamentare "orlandiano" Alessandro Naccarato, non esita a definire l'accordo «confuso e generico». «La premessa che nessuno fa mai è quella che il sistema attuale, utilizzando al meglio Giustinianeo, Sant'Antonio, Colli e Iov, eroga servici di altissima qualità e attira pazienti da tutta Italia - ragiona il deputato - Poi bisogna dire che Giordani ha raggiunto un risultato importante nel difendere l'ospedale attuale e non è stato per nulla arrendevole rispetto a Zaia come invece era Bitonci». Dal canto suo però Naccarato evidenzia anche tutti i nodi critici dell'accordo. E lo fa a partire dal "metodo democristiano" rivendicato proprio dallo stesso Giordani: «Come nelle scelte sbagliate degli anni '80 (tribunale e stadio per tutte) ci sono previsioni superiori alle esigenze reali, progettazioni carenti, assenza di coperture finanziarie, iter amministrativi approssimativi e contraddittori», sottolinea.Tante le domande cui l'accordo non dà alcuna risposta: «Quanto costa l'area di San Lazzaro? Per fare una cessione gratuita serve una perizia che ne stabilisca il valore - osserva il parlamentare Pd - Quanto costano riqualificazione e rigenerazione dell'attuale ospedale? E quanto costa la bonifica dell'area del Parco Mura? La regione come sosterrà queste spese?». «Non è realistico proporre di realizzare nella stessa città due nuovi ospedali e di aumentare i posti letto», prosegue Naccarato che propone una soluzione alternativa: «Sarebbe stato più serio e meno costoso accordarsi su tre aspetti urgenti: proseguire la ristrutturazione dell'attuale ospedale, riportare a Padova lo Iov e rafforzare il presidio territoriale del Sant'Antonio».Da qui l'appello a «implementare» l'accordo in consiglio regionale: «I padovani dovrebbero muoversi di più, come fanno i leghisti - è la conclusione - Giordani non è aiutato da nessuno in Regione».