«La fondamentale differenza tra il Pd e gli altri partiti»
MATTINO DI PADOVA 12 GENNAIO 2013
In questi giorni le forze politiche stanno definendo le liste per le elezioni del 24 e 25 febbraio e si rincorrono le più disparate ipotesi sui nomi dei candidati. Da questa discussione risulta completamente assente ogni riferimento a programmi e alleanze, tanto che è difficile per i cittadini capire cosa faranno realmente i partiti dopo il voto. L’unico soggetto politico che ha già svolto questo compito è il Partito democratico, con un percorso lineare e trasparente definito dalle primarie. E’ questa la differenza fondamentale tra il Pd e tutti gli altri, e costituisce un elemento di diversità da rivendicare. A questo risultato il Pd è giunto coinvolgendo direttamente i cittadini. Con le primarie del 25 novembre e del 2 dicembre hanno indicato il “Capo della coalizione”, come prevede il cosidetto Porcellum, la legge 270/2005 che otto anni fa il centrodestra e l’Udc imposero al Parlamento per impedire al centrosinistra di vincere le elezioni. Le primarie per la scelta del leader dello schieramento sono state consultazioni “aperte”, alle quali hanno potuto partecipare tutti gli elettori del centrosinistra. I candidati, così come i votanti, si sono impegnati a rispettare, sottoscrivendolo, il documento Italia Bene Comune che definisce il programma di governo della coalizione. Un documento sintetico e concreto, con proposte precise per uscire dalla crisi e aiutare chi è in difficoltà: una politica industriale nei settori strategici (chimica, manifattura, edilizia, energie rinnovabili) per riprendere a crescere e creare nuova occupazione, integrazione europea, legalità, lotta alla criminalità organizzata e all’evasione fiscale, innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni e maggiori investimenti nella scuola e nell’università. Alle primarie hanno partecipato più di tre milioni di persone che, in maggioranza, hanno scelto Bersani. In questo modo gli elettori hanno indicato anche la coalizione formata da Pd, Sel e dal movimento di Tabacci. Poi, il 29 o il 30 dicembre, a seconda della regione, per superare l’ostruzionismo del centrodestra che non ha voluto cambiare la legge elettorale, il Pd ha organizzato le primarie per scegliere i parlamentari, mentre le altre forze politiche tuttora compilano le liste in modo poco chiaro, talvolta organizzando consultazioni, come nel caso del M5S, di cui non si conosce ancora il numero dei votanti. Questo risultato è stato possibile grazie allo straordinario sforzo di migliaia di volontari, che hanno predisposto quasi 10 mila seggi in tutta Italia nel pieno delle festività natalizie. Così il Pd ha interpretato il senso dell’articolo 49 della Costituzione che individua i partiti come strumento attraverso cui i cittadini si associano «per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Alla base di questa convinzione c’è il principio della politica come servizio alle persone, e non intesa come luogo dove praticare gli interessi personali o, peggio, il malaffare. Questa differenza, tra il Pd e gli altri partiti nella scelta di programma, alleanza e candidati, costituisce un elemento fondamentale per riformare la democrazia nel nostro Paese. Dopo vent’anni di soluzioni miracolistiche, suggestioni populiste, propaganda e demagogia, deve essere chiaro che all’Italia non servono partiti “personali”, bensì forze politiche aperte, trasparenti, a servizio dei cittadini, strumenti per partecipare e decidere. Questo è l’impegno del Pd, e lo siamo mettendo in pratica sul serio.
Alessandro Naccarato
Deputato Gruppo Pd
«Quote latte, blitz in casa della Lega i magistrati indagano per bancarotta»
LA REPUBBLICA 16 GENNAIO 2013
Fiamme gialle negli uffici di via Bellerio per l'inchiesta sulle irregolarità delle fatturazioni. Presenti anche Bossi e Maroni. In alcuni uffici i finanzieri sarebbero stati fermati dalla richiesta di immunità parlamentare, ma la circostanza è stata smentita da Maroni: "Querelo chi lo afferma". Verifiche anche nelle abitazioni dell'assistente del Senatur e della responsabile dell'amministrazione della sede torinese. Sentito anche Renzo Bossi. Maroni da Cernobbio: "L'inchiesta riguarda una società che non c'entra niente con noi. E questo caso è chiuso". Un'inchiesta nata dalla bancarotta, da oltre 80 milioni di euro, di una cooperativa milanese di produttori di latte e che ora ipotizza un giro di mazzette ricavate dalle operazioni irregolari della stessa società. E intascate da funzionari pubblici e politici che avrebbero dato appoggio alla causa degli allevatori che non volevano pagare le multe all'Ue sulle quote latte per eccesso di produzione. E' nell'ambito di questa indagine - anche se formalmente per il filone della bancarotta - che la guardia di finanza, su ordine del pm milanese Maurizio Ascione, è entrata nelle sedi della Lega Nord di Milano e Torino, a caccia di documenti relativi all'attività di Daniela Cantamessa e Loredana Zola, l'una segretaria particolare di Umberto Bossi e l'altra segretaria amministrativa della sede torinese. La difesa di Maroni. "La Lega non c'entra, l'inchiesta riguarda una società che non c'entra niente con la Lega. Non hanno trovato nulla e noi siamo terzi (rispetto all'indagine) e quindi la questione è chiusa", è stata la reazione di Roberto Maroni al blitz della Finanza. Lo stesso segretario del Carroccio, così come Umberto Bossi, era presente martedì sera in via Bellerio quando gli investigatori, con in mano un 'decreto di perquisizione presso terzi', hanno iniziato a cercare documenti cartacei e informatici nella disponibilità delle due segretarie, sentite anche a verbale come persone informate sui fatti fino a tarda notte. Nelle scorse settimane, fra l'altro, il pm aveva ascoltato anche Renzo Bossi, al quale avrebbe fatto domande sul ruolo del padre.L'immunità parlamentare. E mentre i finanzieri erano nelle sedi del partito - dove erano presenti anche Roberto Calderoli e il governatore del Piemonte, Roberto Cota - è stata anche sollevata la questione dell'immunità parlamentare, perché alcuni rappresentanti del Carroccio hanno fatto presente che in determinati uffici non si poteva entrare e che certi file non potevano essere acquisiti, in quanto di pertinenza di deputati e senatori. E' intervenuto telefonicamente il capo della Procura, Edmondo Bruti Liberati, che ha chiarito a inquirenti e investigatori che, secondo le prerogative costituzionali dei parlamentari, si dovevano fermare. E' successo anche, da quanto si è saputo, per alcuni file che riguardavano rapporti tra Cantamessa e parlamentari leghisti e che interessavano ai finanzieri. Il crac della Lombarda. L'indagine è nata la primavera scorsa dopo il fallimento della cooperativa La Lombarda, di cui era titolare Alessio Crippa, chiamato dai suoi colleghi il 'Robin Hood' del latte perché, a loro dire, rubava alla ricca Europa per dare ai poveri allevatori lombardi. E' stato condannato a cinque anni e mezzo nel 2011 per peculato, per essersi appropriato dei soldi non versati all'Ue sulle quote latte, e per aver truffato, assieme ad altri produttori, l'agenzia governativa che si occupa di agricoltura (Agea) per 100 milioni di euro. Ora è indagato per bancarotta in uno dei filoni dell'inchiesta, che si è arricchita nel tempo anche del capitolo corruzione, con decine di persone sentite a verbale (atti secretati) tra esponenti del Carroccio - partito da tempo sensibile alla causa degli allevatori anti Ue - e funzionari ministeriali. Le intercettazioni telefoniche. Agli atti ci sono anche intercettazioni come quella tra Antonio Vizzaccaro, ex consulente legislativo della commissione Agricoltura della Camera, e Gianluca Paganelli, responsabile di un'altra cooperativa. Con il primo che avrebbe detto al secondo: "Il sistema è stato costruito per (...) non versare il prelievo (...) Aspettiamo che esca qualche provvedimento sulle quote latte, che fa decadere anche i vizi pendenti". Un "sistema" che, secondo gli inquirenti, avrebbe coinvolto cooperative lombarde e piemontesi e funzionari pubblici a libro paga che dovevano intervenire con provvedimenti per ritardare il versamento delle multe. Quei 350 milioni di euro non pagati. Al centro dell'indagine ci sono 350 milioni di euro di sanzioni non pagate (la Ue ha un credito nei confronti dello Stato che si aggira sui quattro miliardi di euro). Nel maggio scorso il pm aveva ascoltato anche Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo e compagna dell'ex ministro Calderoli. Sentiti anche due ex ministri dell'Agricoltura, Luca Zaia e Giancarlo Galan, oltre a Marco Paolo Mantile, ex vicecomandante del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari, all'ex presidente dell'Agea, Dario Fruscio, e all'ex capo di gabinetto del ministero delle Politiche agricole, Giuseppe Ambrosio. E' possibile che alcuni politici siano stati iscritti nel registro degli indagati, ma al momento non sono state notificate informazioni di garanzia.
Quote Latte: il caso in Parlamento fin dal 2010
ECCO L'INTERROGAZIONE DEL PD
Interrogazione a risposta scritta presentata da Alessandro Naccarato il 22 settembre 2010
Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 24 febbraio 2010 l'ex ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia con atto di protocollo n. 001731 ha assegnato al Comando carabinieri politiche agricole e alimentari con sede in via Torino a Roma il mandato di effettuare accertamenti sullo splafonamento delle quote latte affidate all'Italia dall'Unione europea;
il 15 aprile 2010 il sopra citato Comando carabinieri ha trasmesso al Mipaaf la relazione conclusiva sulle quote latte (numero di protocollo 73/7). Secondo tale rapporto i dati sulla produzione di latte italiano utilizzati dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura e dalle regioni per il calcolo delle sanzioni comminate dall'Unione europea risulterebbero superiori alla realtà. In particolare, la relazione dei carabinieri giunge alla conclusione secondo cui «raffrontando il numero di capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale dell'Associazione italiana allevatori, pur aumentata del 10 per cento in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media rispetto alla produzione totale italiana dichiarata talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello stato italiano e quindi il prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995-96 fino al 2008-09»;
a giugno 2010, la Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali del Ministero ha trasmesso all'attuale Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Giancarlo Galan il «Documento di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare», ovvero i risultati dell'indagine sullo sforamento delle quote latte ordinata dallo stesso ministro Galan. Secondo gli accertamenti svolti dal Dipartimento delle politiche europee del Mipaaf non sussisterebbe alcuna sovrastima della produzione di latte;
nel dettaglio, la relazione del Mipaaf giunge alle seguenti conclusioni: «Per quanto concerne l'ipotesi di sovradimensionamento della produzione dichiarata rispetto a quella reale allo stato si ritiene di poter concludere che gli elementi esaminati non confortano tale ipotesi. L'assunto di considerare insussistente o quanto meno sospetta tutta la produzione dichiarata in esubero rispetto alla resa media dell'Aia aumentata del 10 per cento non appare fondato. Anche per tale aspetto, pertanto, nessun elemento oggettivo contenuto nella relazione può supportare l'ipotesi che negli anni scorsi si sia verificata, nel quadro di applicazione del regime delle quote latte, un errata quantificazione della produzione nazionale». Di conseguenza, secondo la relazione ministeriale, «Applicando la normativa comunitaria (Reg. CE N.3950/92) risulta che per tutte le campagne dal 1995-96 al 2003- 04 e per la campagna 2006-07, l'Italia ha pagato il prelievo sulla base del quantitativo consegnato, in quanto il quantitativo rettificato risulta essere inferiore al consegnato. Ciò, secondo la relazione dei carabinieri, avrebbe comportato "un aumento del prelievo dovuto". Quest'ultima affermazione non risulta fondata»;
il 30 ottobre 2009 l'ex ministro delle Politiche agricole Zaia ha inviato una lettera ufficiale al commissario europeo per l'agricoltura Mariann Fischer Boel, lamentando la crisi del settore lattiero e che «in aggiunta alle difficoltà generali talune aziende italiane devono fare fronte agli impegni connessi all'applicazione della decisione del Consiglio sulla compatibilità con il mercato comune di un aiuto della Repubblica italiana ai produttori di latte». Nella sopra citata missiva il ministro Zaia sosteneva che «sarebbe giusto concedere ai produttori la sospensione del pagamento della sesta rata», indicando due possibili alternative: «il relativo importo verrebbe ripartito in parti uguali sulle restanti annualità applicando gli interessi dovuti per il rinvio del pagamento. In via subordinata potrebbe essere previsto uno slittamento del versamento della sesta rata che potrebbe essere rinviato al secondo semestre 2010»;
il 20 novembre 2009 il commissario europeo all'agricoltura Fischer-Boel ha risposto ufficialmente alla richiesta del Ministro Zaia dichiarando, a nome dell'UE, di comprendere le difficoltà degli allevatori italiani, ma rammentando, tuttavia, come sia «incontestabile che il debito deve essere interamente rimborsato», prima di concludere la risposta al Ministro Zaia precisando «di non poter accedere alla Sua richiesta» -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti e quale delle due relazioni conoscitive sulla produzione lattiera italiana risulti attendibile al fine di verificare la misura dello splafonamento delle quote latte assegnate dall'Unione europea all'Italia. (4-08694)
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