PERCHE’ IL PD SOSTIENE IL GOVERNO LETTA
Per il Pd il governo Letta rappresenta una necessità per risolvere la crisi economica e un’opportunità per fare le riforme istituzionali attese da anni. Le elezioni politiche di febbraio hanno eletto un Parlamento con quattro gruppi principali: centrosinistra, centrodestra, 5 stelle e Monti. Nessuno ha la maggioranza per governare. Per questo il centrosinistra ha cercato il sostegno del movimento 5 stelle per formare un governo di cambiamento. Il movimento di Grillo ha rifiutato qualsiasi accordo e ha mantenuto le proprie posizioni contro l’Unione Europea e contro la democrazia rappresentativa. L’impossibilità di governare è esplosa durante le elezioni per il Presidente della Repubblica. In quella circostanza il Pd ha cercato un accordo per un candidato in grado di raccogliere i 2/3 dei voti come prevede la Costituzione e ha proposto, dopo un voto a maggioranza tra i grandi elettori, Franco Marini. Il movimento 5 stelle ha scelto il candidato con una consultazione on line aperta a 28 mila sostenitori di Grillo. I primi due classificati, Gabanelli e Strada, hanno rifiutato; il terzo, Rodotà, ha accettato. Questa candidatura è stata proposta in modo antidemocratico e poco trasparente con l’evidente obiettivo di dividere il centrosinistra. La Costituzione infatti stabilisce che il Presidente non è eletto dai cittadini, come nei sistemi presidenziali, ma dai grandi elettori (deputati, senatori e rappresentanti delle regioni). Sel ha rotto la coalizione di centrosinistra e ha scelto di votare Rodotà. Il Pd si è diviso: una parte ha votato Marini e un’altra non lo ha votato sostenendo in alcuni casi Rodotà. Chi non ha votato Marini lo ha fatto per contrastare le “larghe intese” tra Pd ePdl ma ha ottenuto il risultato opposto di favorire la nascita di un governo sostenuto da Pd, Pdl e lista Monti. In questo frangente è emersa la fragilità del Pd che ha proposto Prodi senza avere i numeri per eleggerlo. Quando al IV scrutinio Prodi ha raccolto 395 voti sui 496 a disposizione di tutto il centrosinistra la crisi del Pd è esplosa. Bersani si è dimesso e si è trovato un accordo tra Pd, Pdl, Lega e Monti per rieleggere Giorgio Napolitano. A questo punto è risultato evidente a quasi tutti che per fare un governo l’unica strada possibile era quella di trovare un’intesa programmatica tra le forze che avevano eletto Napolitano. Così è nato il governo Letta. L’unica alternativa possibile a questo esecutivo sono le elezioni anticipate che renderebbero ancora più instabile la situazione politica aggravando la crisi e bloccando a tempo indeterminato le istituzioni. Il governo si presenta con un programma e con ministri che trasmettono fiducia nella riuscita del difficile tentativo. Il programma del nuovo governo prevede misure immediate per finanziare la cassa integrazione in deroga e per gli esodati, allentamento del patto di stabilità per realizzare infrastrutture necessarie come la messa in sicurezza delle scuole, riduzione della pressione fiscale sulle famiglie, interventi per l’occupazione giovanile come il reddito di inserimento e la detassazione per i neo assunti, lotta all’evasione fiscale, rientro graduale del debito pubblico e riduzione della spesa delle pubbliche amministrazioni. Inoltre l’accordo tra le forze a sostegno del governo prevede la riforma del bicameralismo con la trasformazione del Senato in camera delle autonomie, la riduzione del numero dei parlamentari, una nuova legge elettorale, il completamento della riforma delle province e degli enti locali. La composizione del governo contiene numerose novità e molti ministri competenti che assicurano energie e impegno necessari per realizzare il programma. In particolare per Padova, la presenza del sindaco Zanonato è un elemento di garanzia sulla serietà, la sobrietà dei comportamenti e la capacità amministrativa.
Alessandro Naccarato, deputato PD
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: PERCHE’ IL PD HA SOSTENUTO MARINI, PRODI E NAPOLITANO
In questi giorni alcuni elettori del Pd ci chiedono perché non abbiamo sostenuto Rodotà come Presidente. Penso che la questione vada rovesciata spiegando perché abbiamo votato Marini, Prodi e Napolitano. Abbiamo sostenuto Marini perché, come prevede la Costituzione per le prime 3 votazioni, abbiamo cercato l’intesa con le altre forze su un nome condiviso. Inoltre Marini è un rappresentante competente e autorevole del mondo del lavoro e da sempre attento alle questioni sociali. Fallito il tentativo di Marini per le divisioni del Pd, abbiamo sostenuto Prodi, pur non avendo i numeri per eleggerlo senza intese con altri, per provare a ricompattare i democratici su un nome rappresentativo di tutto il centrosinistra e per cercare l’appoggio del movimento 5 stelle che, puntualmente, non è arrivato. Fallito anche questo tentativo, sempre a causa delle divisioni del Pd, abbiamo cercato la soluzione più autorevole in grado di avere il massimo dei consensi: Napolitano. A differenza di questi nomi Rodotà è stato scelto con un metodo antidemocratico e poco trasparente dal movimento 5 stelle per dividere il centrosinistra; Rodotà si è prestato a questo obiettivo. Per la Costituzione il Presidente è eletto da deputati, senatori e delegati delle regioni perché non siamo una repubblica presidenziale ma parlamentare. Il movimento 5 stelle in aperta violazione dei questa regola ha indetto una consultazione on line tra i propri sostenitori per individuare il candidato. In 28 mila persone, senza alcuna trasparenza, hanno scelto Gabanelli, Strada e, solo terzo, Rodotà. Avremmo dovuto sostenere una persona scelta così e che accetta di farsi scegliere in questo modo? La strumentalità della sua candidatura è dimostrata dal fatto che fino a pochi mesi fa Rodotà era descritto da Grillo come un “maledetto” esponente della casta da abbattere a causa dei suoi numerosi precedenti incarichi ( 4 legislature in parlamento, 1 al parlamento europeo e 7 anni come garante della poco utile e molto costosa autorità per la privacy) e dei conseguenti numerosi vitalizi. La candidatura di Rodotà è stata scelta con un metodo non trasparente e antidemocratico ed era funzionale al principale obiettivo di Grillo: indebolire e dividere il Pd. Per questo abbiamo preferito sostenere Marini, Prodi e Napolitano.
NASCE IL GOVERNO LETTA: LA FIDUCIA ALLE CAMERE LA STAMPA 30 APRILE 2013
Letta incassa la fiducia alla Camera Fiducia scontata per il neonato governo Letta, ma con grandi numeri: 453 a favore, 153 contro, 17 astenuti. Ma non era così sicura solo pochi giorni fa. Il presidente del Consiglio stesso è quasi senza fiato dal precipitare degli eventi. Lo dice alla Camera: «Sono passati cinque giorni oggi da quando il Presidente della Repubblica mi ha telefonato per chiedermi di tentare di fare questo servizio al Paese...». Ed eccolo Enrico Letta seduto al banco del governo che illustra i punti programmatici del suo nuovo esecutivo. Elenco lungo. Si va dalle misure sul lavoro agli esodati, dall’Imu sulla prima casa che viene sospesa, all’Iva da tenere ferma, alle promesse sul reddito di cittadinanza, a una ennesima riforma delle pensioni, alle riforme costituzionali. La citazione biblica Il suo discorso resterà nelle cronache parlamentari per il riferimento a Davide, il personaggio biblico. «Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero». Intendeva dire che occorrerà spogliarsi del sovrappiù di ideologia che ha piombato le ali della Seconda Repubblica e avviarsi alla pacificazione. Per essere assolutamente esplicito, a costo di far arrabbiare ancora di più i Vendola o i Grillo, il quarantenne Letta fa l’elogio del compromesso in politica. Ovvero «l’opportunità di dimostrarci degni del ruolo che la Costituzione ci riconosce come rappresentanti della nazione. Degni di servire il Paese – attraverso l’esempio, il rigore, le competenze – in una delle stagioni più complesse e dolorose della storia unitaria». E il compromesso è alla base di questo governo di destra-centro-sinistra. L’economia va male Sono ancora tempi di emergenza, esordisce il neopremier. Innanzitutto emergenza sociale. «La prima verità è che la situazione economica dell’Italia è ancora grave». Scontato l’omaggio a Mario Monti, però questo nuovo governo nasce sulla convinzione trasversale che occorre mollare sull’austerità e spingere sulla crescita. «Di solo risanamento l’Italia muore. Dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente: non c’è più tempo». Il resto è una lunga litania di emergenze da far tremare i polsi: l’enorme debito pubblico, l’Ilva di Taranto come emblema delle difficoltà dell’industria italiana, i vincoli europei, la disoccupazione dilagante, specie tra giovani e donne, le tasse che gravano sul lavoro, la corruzione, i bassi tassi di crescita demografica che s’accompagnano ad altrettanto bassi tassi di istruzione, la burocrazia, i sacrifici. Non dimentica nulla. Nemmeno lo sport, che significa «prevenzione dalle malattie, lotta contro l’obesità, formazione a stili di vita sani, lealtà e rispetto delle regole». L’Europa L’Europa di Enrico Letta merita un discorso a parte. Annuncia che partirà immediatamente per un giro tra le capitali: Berlino, Parigi, Bruxelles. «Dare subito il segno che il nostro è un governo europeo ed europeista». Ma così com’è, l’Europa non va. Sogna un presidente unico europeo eletto dai cittadini. Un Obama del nostro Continente. Bossi bofonchia Letta termina il discorso e già Umberto Bossi bofonchia: «È un libro dei sogni. I soldi dove li trova?». Già, ma intanto la Lega annuncia che si astiene ed è un altro piccolo successo. Il sostegno di Pd e Pdl, invece, è scontato. «A che serve avere le mani pulite se le teniamo in tasca?», dice il capogruppo Pd, Roberto Speranza, rivolto all’intransigenza del M5S. «Pacificazione deve essere la forza del governo», gli fa eco il collega Pdl, Renato Brunetta. Chiaramente non si amano, ma sono costretti alla coabitazione. Rientra il dissenso E per un giorno scompaiono persino i mugugni. Il famoso dissenso del Pd alla fine si trasforma nell’astensione del solo Pippo Civati. Esulta Lorenzo Dellai, capogruppo di Scelta civica: «Non si parli di inciucio conservatorista, bensì di nuovi riformismi». Restano contrari quelli di cui si sapeva. Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia: «Lei non ci porta nella Terza Repubblica, ma nella Prima». Nichi Vendola: «L’abbraccio con Berlusconi è il peccato originale di un governo che danzerà sul fantasma del conflitto d’interessi». Fa un discorso durissimo, invece, l’onorevole-cittadino Andrea Colletti, M5S: «Il vostro governo è una mano di vernice su una parete ammuffita. La scelta di Alfano fa sì che sembri il governo della trattativa Stato-mafia, il governo del bavaglio alla magistratura. Presidente Letta, questo è il governo del salvacondotto a Berlusconi». Si becca un paio di rispostacce da Ettore Rosato, Pd, e da Barbara Saltamartini, Pdl. Uniti nel rimbrotto anche al vicepresidente (grillino) Luigi Di Maio, emozionatissimo, che presiedeva per la prima volta, perché non l’ha bloccato per tempo.
Letta, fiducia anche in Senato: “L’emergenza non finisce qui” Dopo il voto alla Camera il governo di Enrico Letta incassa la fiducia anche al Senato con 233 sì, 59 no e 18 astenuti. Hanno votato a favore Pd, Pdl e Scelta Civica. La Lega si è astenuta, mentre hanno votato contro i 5 Stelle e Sel. L’appello del Premier «Non ci sono alternative a quello che stiamo facendo», ha affermato in Aula Letta chiudendo il dibattito prima del voto con una forte difesa delle larghe intese. Solo chi teme di avere «una identità debole», sostiene il premier, può avere «paura» dell’alleanza tra poli normalmente alternativi, paura di «mescolarsi». «Non penso che Berlusconi abbia un’identità debole, se ho capito bene il personaggio. Ma anch’io faccio parte di un partito che è orgoglioso della sua identità E se siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto non dobbiamo avere timore». L’IMU Durante il dibattito il Pdl ha chiesto al premier di chiarire sull’Imu. Immediata la risposta. Il ministro Graziano Delrio ha detto che «il presidente Letta ieri ha detto chiaramente che la rata di giugno verrà sospesa in attesa del nuovo regime che possa aiutare le famiglie meno abbienti», sottolinea il ministro per gli Affari regionali. «C’è un problema di liquidità dei Comuni che affronteremo in queste ore con il ministro Saccomanni, per evitare di metterli in crisi», spiega Delrio, che non azzarda previsioni su cosa in concreto accadrà alla tassazione sulla prima casa: «È una revisione da fare con il Parlamento, non possiamo prevedere il punto di approdo. Certamente c’è il nostro impegno ad alleggerirla». Ma Berlusconi ha ribadito il suo aut aut al governo: «Sono fiducioso sia sull’abrogazione dell’Imu» per il 2013, sia «per la restituzione» di quello del 2012. «Abbiamo preso un impegno con i nostri elettori su questo e intendiamo rispettarlo. Non potremmo essere parte di un governo che non attuasse queste misure, né lo sosterremmo dall’esterno». E aggiunge: «Mi chiedete se mi vedo bene come presidente della Convenzione per le riforme. Io sono sempre più bravo in tutto, è certo che mi vedo bene» anche in questo ruolo. Realpolitik a Palazzo Madama L’invito di Letta è di non limitarsi ad «alzare le proprie bandiere e i propri stendardi» (servono solo a «coprire la debolezza della propria identità »), ma ad accettare i dati di fatto e a confrontarsi con le politiche concrete, su cui sono possibili «soluzioni comuni». Una sorta di lezione di realpolitik, quella del nuovo premier a Palazzo Madama. «La realtà è quella che abbiamo di fronte, non quella che vorremmo. Anch’io avrei voluto trovarmi seduto a questo tavolo con un governo diverso da questo. Ma la realtà è qualcosa che un politico deve mettere al centro; altrimenti ci raccontiamo delle favole per stare tranquilli e metterci in pace la coscienza». Ma Letta non vuole che il suo governo, con i suoi numeri a prova di bomba, possa dare l’impressione che l’Italia è già fuori dalla crisi. «Ho letto i giornali e ho ascoltato le cose dette in Senato. Il carico delle aspettative è eccessivo», ammonisce il presidente del consiglio . «Se c’è la sensazione che tutti problemi sono già risolti perché c’è un governo fortissimo, allora stiamo sbagliando: perché non è così. La situazione è di grandissima difficoltà e emergenza, e se siamo qui è per far fronte a questa emergenza». La ricetta anticrisi Letta è tornato ad indicare nella riforma del sistema politico uno dei cardini del suo governo (l’altro è la politica economica). Già nella scorsa legislatura, ha ricordato , sono s tati registrati «tanti punti di convergenza» tra le forze politiche. I 18 mesi indicati come scadenza per le riforme non vogliono essere uno sgarbo al Parlamento: ma la vita del governo sarà «legata» all’approvazione delle riforme necessarie a far sì che l’Italia abbia «istituzioni in grado di decidere». Sulle riforme sarà importante il concorso di tutti. E in questo senso Letta giudica importante l’atteggiamento della Lega: «Ho ascoltato l’apertura di credito della lega, l’ho colta con grande attenzione». Passando alle politiche anti-crisi Letta ha detto che sul lavoro e sul welfare l’impegno del governo e del ministro Giovannini sarà di «applicare in Italia le migliori esperienze che si sono fatte in Europa». Per la ripresa economica si tratterà soprattutto di stimolare una ripresa della fiducia: «Si è creato un clima per cui anche chi non ha perso il lavoro ha abbassato investimenti e consumi. Ma a ridare fiducia non sarà una legge o un comma, bensì la nostra responsabilità comune», ha aggiunto Letta . Il tour europeo Centrale, per il premier, il tema dell’ancoraggio dell’Italia in Europa. Un Europa che però deve cambiare: «Un continente come il nostro non può essere unito solo dalla moneta: il nostro destino o è comune o è un destino di singoli stati che decadranno». Letta ne parlerà nel suo tour nelle capitali europee: «Cercherò innanzitutto di presentarmi, di aprire un canale di comunicazione e di spiegare che cosa è successo in Italia negli ultimi cinque giorni». Ma Letta avverte: «La scelta che tutti insieme qui abbiamo fatto è figlia di una situazione d’emergenza, che noi affrontiamo con determinazione, buona volontà, energia e consapevolezza dei nostri limiti. Ma c’è un’emergenza, che non scompare con il voto di fiducia». «Se non c’è la consapevolezza dell’oggettiva fragilità di quanto fatto e di quanto stiamo facendo e si pensa che tutti i problemi si siano risolti facendo un governo io credo che abbiamo sbagliato. La situazione rimane di grandissima difficoltà». «I cittadini hanno il diritto di esigere da noi, la situazione di difficoltà necessita istituzioni che siano in grado di decidere». E invece «è chiaro che le nostre istituzioni non funzionano». Dalla Merkel «Nel giro delle capitali europee cercherò innanzitutto di presentarmi e di aprire un canale di comunicazione anche per spiegare cosa è successo in Italia in questi ultimi cinque giorni», ha affermato Enrico Letta nel suo discorso di replica al Senato. Dopo la fiducia alla Camera, Angela Merkel era stata tra i primi leader stranieri che si sono complimentati con Letta. I due premier si incontreranno oggi alle 17,30 a Berlino. Dopo la tappa a Berlino, Letta ha in programma una sosta a Parigi e una visita a Bruxelles giovedì. L’obiettivo di questi viaggi è quello di presentare ai partner europei la politica che intende perseguire il nuovo esecutivo: l’Italia intende proseguire nel cammino di riordino dei conti pubblici ma chiede all’Unione europea di pensare alle politiche per la crescita e non solo a quelle di austerity. «L’Italia rischia di morire di austerità», ha spiegato ieri Letta. Al presidente francese Francois Hollande il premier chiederà- come ha già fatto Mario Monti durante il suo mandato di primo ministro - di fare asse per chiedere maggiore impegno dell’Unione europea per la crescita. A Bruxelles il premier incontrerà Manuel Barroso, presidente della Commissione europea. E’ probabile che in questa occasione Letta faccia presente che l’obiettivo del risanamento è raggiunto e che il suo governo si attende che l’Italia esca dalla procedura d’infrazione. La convenzione per le riforme Il presidente del Consiglio è stato criticato perché nel suo impegnativo discorso di ieri ha parlato di piano straordinario per la ricerca, di soluzione del problema esodati, di reddito minimo per le fasce sociali più disagiate, di nuove politiche industriali, di rilancio degli investimenti pubblici, di congelamento dell’Imu e dell’Iva senza spiegare dove verranno trovate le risorse per fare tutto questo. E’ probabile che le visite a Berlino, Parigi e Bruxelles servano a Letta per saggiare quali sarebbero le reazioni europee alla richiesta da parte italiana di poter usufruire, come e’ accaduto a Francia e Spagna, di una dilazione di due anni per il rientro dal deficit, soluzione che permetterebbe di muoversi con più agio nella spesa pubblica. C’e’ intanto polemica sulla proposta di Letta di varare la Convenzione per le riforme come un organismo autonomo che deve lavorare in parallelo all’attività del governo pur avendo proprio il presidente del Consiglio legato una prima verifica del suo governo fra 18 mesi, quando si prevede che le prime riforme costituzionali possano essere approvate in base alle norme dell’articolo 138 della Costituzione. Gennaro Migliore, capogruppo di Sel, nella dichiarazione di voto, ha annunciato che il suo partito proporrà Stefano Rodotà come presidente della Convenzione. Ieri Silvio Berlusconi aveva annunciato che lo stesso Letta gli avrebbe chiesto di presiedere questo nuovo organismo e che lui aveva finito per accettare. Mentre il premier sarà impegnato a Berlino, Parigi e Bruxelles a Roma si lavorerà a sbrogliare la matassa della nomina dei viceministri e dei sottosegretari che di solito scatena la lotta tra le varie componenti dei partiti. L’obiettivo di partenza del governo è di avere un numero sobrio di sottosegretari.
IL DISCORSO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ENRICO LETTA
Signora Presidente
Onorevoli Deputati,
appena una settimana fa il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, pronunciava il suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. A lui consentitemi di rivolgere nuovamente un sincero ringraziamento per lo straordinario spirito di dedizione alla nostra comunità nazionale con il quale ha accettato la rielezione per il secondo mandato.
Voglio inoltre ringraziare i Presidente del Senato, Pietro Grasso, e della Camera, Laura Boldrini, per la collaborazione offerta nella fase di consultazione in questo primissimo avvio dell’esperienza di governo.
Quella del presidente Napolitano è stata – lo sappiamo – una «scelta eccezionale». Eccezionale perché tale è il momento che l'Italia e l’Europa si trovano a vivere oggi. Di fronte all'emergenza il presidente della Repubblica ci ha invitato a parlare il linguaggio della verità. Ci ha chiesto di offrire in extremis, al Paese e al mondo, una testimonianza di volontà di servizio e senso di responsabilità. Ci ha concesso un'ultima opportunità. L’opportunità di dimostrarci degni del ruolo che la Costituzione ci riconosce come rappresentanti della nazione. Degni di servire il Paese – attraverso l'esempio, il rigore, le competenze – in una delle stagioni più complesse e dolorose della storia unitaria.
Accogliendo il suo appello intendo rivolgermi a voi proprio con il linguaggio “sovversivo” della verità. Confessandovi che avverto, fortissimi in questo momento la consapevolezza dei miei limiti e il peso della mia personale responsabilità, ma impegnandomi a fare di tutto affinché le mie spalle siano larghe e solide al punto da reggere, nelle vesti di presidente del Consiglio di un Governo che richiede, qui e oggi, la fiducia del Parlamento.
Infine, non potrei iniziare questo discorso, in un passaggio cosi impegnativo, senza un accenno personale ed esprimere un senso di gratitudine profonda verso chi con generosità e senso antico della parola “lealtà” mi sostiene anche in questo difficile passaggio: Pierluigi Bersani.
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IL GOVERNO LETTA: LA LISTA DEI MINISTRI IL FATTO QUOTIDIANO 27 APRILE 2013
Alfano al Viminale, Cancellieri alla Giustizia, Saccomanni all’Economia, Bonino agli Esteri. Era ed è l’unico governo possibile, ha spiegato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Enrico Letta (“il vero artefice di questo governo” l’ha definito il capo dello Stato) ha sciolto la riserva ed è il nuovo presidente del Consiglio. Domani alle 11,30 giurerà insieme al resto della squadra di ministri, mentre tra lunedì e martedì chiederà la fiducia alla Camera e al Senato. Nasce, dunque, il governo di Enrico Letta. Un governo “politico”, con “record di presenza femminile”: 21 ministri, tra cui sette donne. Nove vanno al Pd, 5 al Pdl, 3 a Scelta civica e quattro sono i nome di alto profilo, anche a livello internazionale, come aveva auspicato il presidente della Repubblica. La lista dei ministri conferma solo in parte le voci che sono girate nelle ultime ore sulla bozza con la quale Letta si è presentato nel pomeriggio al Quirinale. Ci sono molte donne, l’età dei ministri si è considerevolmente abbassa. Ci sono il primo ministro di colore della storia della Repubblica e la prima olimpionica ministro, Josefa Idem. Ci sono tre personalità che non sono state scelte dalle file dei partiti che concorreranno a sostenere il governo: il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni e la radicale Emma Bonino.
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Zanonato: Vogliamo ridurre le tasse rivedendo il patto di stabilità con Bruxelles LA REPUBBLICA 30 APRILE 2013
Evitare crociate sull'Imu e lavorare piuttosto per trovare le risorse necessarie a ridurre il carico fiscale e rilanciare la crescita, sapendo che l'austerità non è la ricetta giusta e che va rinegoziato con l'Europa il patto di stabilità. Flavio Zanonato, neo ministro dello Sviluppo del Pd e sindaco di Padova, lancia questo messaggio al nuovo alleato di governo, il Pdl, che morde il freno per abolire l'imposta sulla casa.
Con l'invito a tener presente che «non c'è alternativa a questo esecutivo, una necessità da trasformare in virtù».
Ministro, Letta ha annunciato la sospensione della rata Imu di giugno in attesa di una riforma complessiva. Ma tra Pdl e Pd gli accenti sul tema già divergono.
Brunetta vuole l'abolizione tout court, per la Bindi la priorità sono gli esodati. La nuova maggioranza è già in tensione? «Non è che il governo sia felice di far pagare l'Imu, non c'è un braccio di ferro tra chi vuole che i cittadini paghino e chi no. Se si riesce a rimodulare l'imposta sulla casa in base al reddito, per agevolare quelli più bassi, saremo i primi ad esserne soddisfatti.
Ovviamente trovando le compensazioni per i Comuni. Ed è chiaro che gli esodati sono una priorità cui dare assolutamente soluzione. Ma il problema è dove si trovano i soldi».
Anche perché oltre all'Imu il premier ha indicato altri interventi a breve: la rinuncia all'aumento dell'Ivaa luglio, il rifinanziamento della cassa integrazione, la soluzione per gli esodati.
Serviranno non meno di 10 miliardi. Dove pensate di trovare la copertura finanziaria? «La direzione è chiara: vogliamo ridurre le tasse senza tagliare i servizi o aumentare il debito.
Quindi non c'è nessuna crociata che contrappone chi vuol far pagare le tasse e chi no. Ma il lavoro più difficile sarà proprio quello di reperire le risorse. Ci sono diverse leve su cui si può agire: migliorare la lotta all'evasione fiscale, ottenere un rendimento maggiore del patrimonio pubblico, ridurre la spesa. Sapendo che sono interventi che non si fanno dalla sera alla mattina, ma anche tenendo ben presente che la soluzione non può essere l'austerità». Questo significa anche rinegoziare i patti con l'Ue? Letta ha in programma già per questa settimana incontri a Bruxelles, Berlino e Parigi.
«Se noi vogliamo mantenere in Europa una reputazione che ci consenta di tenere basso lo spread e quindi non pagare maggiori interessi sul debito, dobbiamo avere una politica economica credibile. Ma ci interessa anche ricontrattare con l'Unione il patto di stabilità. È una esigenza manifestata anche da altri Paesi, Francia compresa. Soprattutto deve esserci la possibilità di sfilare dal patto la spesa per investimenti. Senza questa possibilità non si rimette in moto la crescita, lo sviluppo. Non possiamo risparmiare sulle sementi, perché poi non sapremmo cosa seminare l'anno prossimo» Nella direzione di marcia una tappa importante sembra la riduzione del costo del lavoro. Come pensare di agire? «Intanto chiariamo che ridurre il costo del lavoro non significa abbassare i salari. Anche qui bisogna usare la leva fiscale e contributivae puntare ad un sistema più efficiente, perché il costo del lavoro si c o n t i e n e anche tagliando i costi energetici. Ma la cosa più importante è fare in modo che chi assume, chi crea lavoro e quindi ricchezza, abbia dei vantaggi fiscali».
Letta ha introdotto anche il tema del reddito minimo, uno dei pochissimi punti su cui è riuscito ad ottenere l'applauso dei deputati 5Stelle. Come pensate di realizzarlo? «Io credo che chi ha un reddito debba avere anche un'attività produttiva. Il lavoro non è solo un modo per avere dei soldi, è anche appartenenza ad una comunità, è dignità. Quindi occorre trovare dei meccanismi per collegare il reddito minimo a delle attività di pubblica utilità».
Il premier siè dato un orizzonte di 18 mesi, legandolo alla realizzazione delle riforme istituzionali. Ma in quest'arco di tempo esiste la possibilità, come Berlusconi sembra temere, di una alleanza del Pd con i grillini e quindi di un cambio di maggioranza? «Io non credo che i 5Stelle cambieranno atteggiamento. Le cose da fare richiedono una visione istituzionale che loro oggi non hanno. Il Pd ha provato ad aprire un dialogo per far nascere un governo di forte innovazione, ma si sono chiamati fuori. Adesso è automatico che le forze che sentono una responsabilità istituzionale affrontino la situazione. Non c'è alternativa a questo governo. È una necessità, facciamone una virtù».
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