IL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2013
Martedì 7 maggio 2013 la Camera dei Deputati ha approvato il Documento di Economia e Finanza (DEF) per l'anno in corso: si tratta del principale documento di programmazione economica e di bilancio che definisce impegni e indirizzi per il rispetto del Patto di Stabilità e per il raggiungimento degli obiettivi di crescita definiti nella Strategia Europa 2020. Il DEF predisposto dal precedente Governo ha natura transitoria e verrà aggiornato con una Relazione aggiuntiva, dentro il quadro finanziario definito e concordato con l’Unione Europea. È un documento fondamentale per comprendere i margini di flessibilità per il nostro Paese e per definire gli indirizzi del nuovo Governo.
LA SITUAZIONE MACROECONOMICA Mentre tutti i Paesi industrializzati hanno ripreso un sentiero di crescita, l’Europa resta il fanalino di coda mondiale, in parte per ragioni strutturali, in parte perché le politiche europee non hanno dato risposte all'altezza delle sfide poste dalla crisi. L'Europa è più fragile perché ha ritardato colpevolmente il completamento della sua costruzione istituzionale, lasciando emergere un rischio sistemico, che ci ha condotto sino al punto di mettere in discussione la sopravvivenza dell’euro. Oggi non siamo al riparo dalla speculazione e sbaglieremmo se scambiassimo l’evoluzione positiva dei tassi d’interesse con nuove condizioni di stabilità, che dipendono invece dall’afflusso di capitali extra europei, attratti dagli elevati rendimenti offerti dai titoli europei e dai guadagni sul lato del cambio.
IL RUOLO DEL NUOVO GOVERNO IN EUROPA Il nuovo Governo dovrà lavorare per costruire insieme agli altri Paesi un’Europa con maggiore coscienza di sé con l'obiettivo della crescita e dell’occupazione. In particolare occorre una politica monetaria attenta ai prezzi, alla stabilità finanziaria e soprattutto alle condizioni dell’economia reale. Vanno rafforzate le politiche europee di contrasto alla disoccupazione, in particolare giovanile e va rafforzato il ruolo del Fondo Sociale Europeo. La Germania è un esempio utile a capire perché si presenta oggi come punto di riferimento europeo per un federalismo efficace, per una transizione tecnologica e industriale di successo, per un buon funzionamento della macchina istituzionale, per diritti civili più avanzati dei nostri. Però occorre far funzionare le istituzioni europee su questo modello senza scambiare i temi di natura geopolitica con richiami nazionalistici o addirittura protezionistici del tutto inutili. Per avere un’Europa federale, con un bilancio federale e qualche strumento di condivisione dei rischi connessi ai debiti sovrani esistenti, dobbiamo prevedere qualche cessione di sovranità in materia di programmazione e controllo dei bilanci pubblici nazionali, e cioè il percorso stabilito dalle nuove regole di coordinamento dei bilanci pubblici. Inoltre occorre evitare le semplificazioni delle posizioni anti-Euro. L’instabilità del cambio, tipica dei regimi di cambi flessibili, è uno dei fattori di maggiore incertezza per l’economia, e per una piccola economia aperta come l’Italia implica la sudditanza alla speculazione valutaria e finanziaria. Le svalutazioni del cambio hanno effetti transitori e di breve periodo, generano inflazione, dannosa per i ceti più deboli, e comunque vanno gestite con attente politiche dei redditi, come quelle effettuate nel 1993. Se il problema è la competitività, e in Italia questo è il problema, dopo anni di stagnazione della produttività, i redditi reali e i consumi sono inevitabilmente destinati a soffrire. Cavalcare il disagio sociale provocato dalla crisi strutturale non serve a nulla. Chi critica la linea di condotta seguita dall’Italia dopo la crisi del 1992, sostenendo che tutto quello che è stato fatto negli ultimi venti anni è sbagliato, dimentica che il vero cappio al collo del nostro sistema, il debito pubblico, è esploso durante gli anni ’80.
GLI OBIETTIVI DI FINANZA PUBBLICA La seconda parte del DEF si occupa della possibilità di ricontrattare i tempi di raggiungimento degli obiettivi a medio termine per la finanza pubblica italiana. Questo punto sarà oggetto della futura Relazione di aggiornamento del Ministro dell'Economia. Gli attuali obiettivi furono concordati, fra il marzo e il settembre del 2011, dal Governo Berlusconi, in condizioni di crisi di credibilità e di indebitamento. Subito dopo il Governo Monti si è preso la responsabilità di attuare tali obiettivi, vista l’incapacità della precedente maggioranza di raggiungerli. Nella fase attuale è utile dare al Governo un mandato pieno per un tentativo di ricontrattazione, sulla base della nuova solidità strutturale del bilancio e delle preoccupazioni, ormai anche europee, per gli effetti sistemici della recessione italiana. Il primo obiettivo è l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo, su cui si concentra il DEF predisposto dal precedente Governo, ma se l'obiettivo verrà centrato non si otterrà automaticamente maggiore flessibilità. Si tratta di impostare una trattativa politica, e di essere sufficientemente credibili e autorevoli per spuntare un risultato, come ha fatto la Francia.
IL PROGRAMMA NAZIONALE DELLE RIFORME Il terzo ambito del DEF è in stretta relazione al programma del nuovo Governo. Il Governo ha predisposto un programma che non si esaurisce nell’emergenza, ma intende affrontare numerose questioni anche di medio termine. Cassa integrazione in deroga, esodati, contratti di servizio pubblici, precariato della pubblica amministrazione, missioni, Imu, Tares, Iva, sgravi fiscali per i nuovi assunti, piano straordinario per l’occupazione giovanile. Come Partito Democratico riteniamo positivo questo approccio, e pensiamo che queste misure vadano inserite in un quadro di coerenza e di valutazione complessiva. La Relazione di aggiornamento al DEF annunciata per le prossime settimane può essere la sede propria per questo esercizio, preliminare ad ogni decisione attuativa di tipo operativo.
L'IMU Una questione su tutte riguarda il tema dell’Imu: per il PD è plausibile un aggiornamento dell’Imu sulle prime case (escluse quelle di maggior pregio). Si tratta peraltro di una questione presente in tutti i programmi dei partiti e dei movimenti che si sono presentati alle elezioni. Questa riforma, però, deve muoversi con criteri di razionalità e di ragionevolezza, e non diventare terreno per scorciatoie propagandistiche. L’Imu così com'è oggi è già stata oggetto di più proposte emendative del PD, fin dal dicembre del 2011: difficile la relazione fra stato e comuni, peraltro avviata a parziale soluzione con le modifiche già apportate in legge di stabilità 2013; la detrazione sulla prima casa è troppo rigida e la sua uniformità sul territorio nazionale la rende inefficiente, laddove invece sarebbe meglio differenziare, anche restituendo maggiore spazio di autonomia ai regolamenti comunali, come accadeva per l’Ici, puntando all’esenzione di una vasta platea di famiglie anche utilizzando l’Isee (tra l’altro, il decreto che rinnova l’Isee è pronto per essere definitivamente varato); non convince il trattamento non differenziato fra appartamenti in affitto e case a disposizione, anche alla luce delle modifiche tributarie introdotte sull’Irpef (per gli affitti la cedolare secca, che non ha avuto gli sperati esiti di emersione; per le case a disposizione, l’eliminazione dell’Irpef e il suo conglobamento con l’Imu, con un risparmio di 1,6 miliardi per i contribuenti). Infine l’Imu, come qualsiasi altra imposta su base immobiliare, ha mostrato limiti sul piano dell’equità e su quello dell’efficienza, e richiede per questo interventi in profondità sull’aggiornamento dei valori catastali. Un importante intervento in questa direzione è contenuto nella legge delega fiscale, approvata all’unanimità dalla Camera e dalla Commissione finanze del Senato nella passata legislatura, che il nuovo Governo dovrebbe riprendere, poiché già frutto di un’ampia condivisione fra le forze politiche. Accanto alla riforma del catasto, la delega affronta altri importanti temi di riforma e di manutenzione dei meccanismi di funzionamento del sistema tributario, quali la semplificazione, la certezza del diritto in materia di elusione fiscale, il miglioramento degli strumenti per la lotta all’evasione fiscale, la tassazione ambientale.
Ciò premesso occorre ricordare alcuni punti: a) un’imposta locale basata sugli spazi occupati e sul loro valore esiste in tutti i paesi avanzati; b) sul piano del federalismo è indispensabile un’imposta comunale, ed anzi sarebbe importante averne una sola, abolendo l’addizionale Irpef comunale e completando così la riforma del federalismo fiscale; c) sul piano della progressività e degli effetti redistributivi, l’imposta sul possesso degli immobili ha impatti positivi, anche se è reale e non personale, se solo si pensi che il 70 per cento del gettito deriva dal 20 per cento delle unità immobiliari di maggior pregio; d) la nuova incertezza sul regime delle entrate tributarie proprie dei Comuni può, se non viene rapidamente gestita, mettere a rischio non solo la finanza comunale, ma la stessa operazione di iniezione di liquidità nel sistema tramite il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione, bloccando i pagamenti degli stessi Comuni; e) l'imposta sugli immobili è più difficile da evadere rispetto a quella sui redditi.
CONCLUSIONI L’eccesso di recessione e l’instabilità politica in Italia danneggia l’Europa. Anche all’Europa serve un’Italia stabile, e la soluzione di compromesso da cui è nato il governo italiano dopo lo stallo derivante dai risultati delle elezioni di febbraio è un fatto positivo per l’intera Unione. Le priorità per l'Italia sono avviare un percorso di crescita e di innovazione e nel frattempo pensare a riforme del sistema istituzionale e politico.
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