NACCARATO (PD): "CON I CONTI 2012 ATTIVA E' FALLITA" DEBITI, CATTEDRALI NEL DESERTO, VENDITE SENZA GARA "SPETTA AL TRIBUNALE CERTIFICARE LA LIQUIDAZIONE" MATTINO DI PADOVA 4 GIUGNO 2013
Da almeno cinque anni, ha acceso i riflettori sull’eredità del Cosecon senza far sconti agli amministratori locali (ex Ds compresi). Alessandro Naccarato, deputato del Partito democratico, alla vigilia dell’assemblea dei soci di Attiva Spa fissa un punto di non ritorno: «La situazione dei conti impone finalmente il fallimento, la liquidazione del patrimonio e lo scioglimento della società. Con una strada semplice e lineare: il Tribunale, che ha la responsabilità di avere omologato il piano di ristrutturazione del debito più di due anni fa, deve prendere atto che Attiva non ha rispettato gli impegni assunti e non è in grado di stare in piedi». Il concordato. Naccarato non ha dubbi: «Il ricorso al concordato preventivo previsto dalla legge fallimentare anziché garantire i creditori e tutelare la concorrenza favorisce spesso operazioni speculative. Un esempio che fa riflettere è proprio quello di Cosecon-Attiva». I numeri in rosso. Il Cosecon era stata un’esperienza catastrofica. Comuni del Conselvano, Provincia, Veneto Sviluppo nel 2007 erano alle prese con 117 milioni di debiti e una perdita di poco più di 4 milioni. «Nonostante la situazione fallimentare i soci privati decisero di aumentare il capitale sociale da 15 a 21,5 milioni con l’obiettivo di rilanciare la società e l'unico risultato di acquisire il controllo della stessa. Cambiarono il nome in Attiva. Ma nel 2008 il debito raggiunse 132 milioni e la perdita 7,8 milioni; nel 2009 il debito fu di 123 milioni e la perdita di 18,3 milioni» contabilizza il deputato Pd. Cogeneratore scandalo. Naccarato ha seguito passo passo la vicenda della cattedrale nel deserto fra Conselve e Bagnoli: «Uno scandalo,un’opera inutile, costata circa 13 milioni, rispetto ai 9 preventivati, con un contributo europeo di 2 milioni, progettata nel 2006 dalla Regione, dai Comuni di Conselve e di Tribano e dal Cosecon. Il cogeneratore, terminato nel 2008, non è mai entrato in funzione e da 5 anni in ogni bilancio viene presentato come un prezioso investimento». L’agonia di tre anni. La storia recente di Attiva è a senso unico. Nel 2010, stato di crisi ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare e presentazione in Tribunale del piano di ristrutturazione del debito. «Omologato nell’ottobre 2010 e nel febbraio 2011, il piano ha stabilito la rinuncia da parte delle banche a crediti e interessi per quasi 5 milioni; la capitalizzazione degli interessi maturati e non corrisposti nel 2008 e 2009 e la loro dilazione a partire dalla fine del 2013; la concessione di un prestito di 14,2 milioni da rimborsare in otto rate annuali a partire da fine 2013» ricorda Naccarato. L’agonia di tre anni coincide con vendite: «La partecipazione in Veneto distribuzione, la società del gas, al socio privato Enerco, scelto senza gara pubblica. Come i magazzini generali di Conselve a una società controllata dal consigliere regionale Pdl Padrin» ricorda il deputato democratico. A fine mese, Attiva Spa sarà con le spalle al muro. E senza più alternative.
ATTIVA SPA, PROFONDO ROSSO ORA A RISCHIO IL PATRIMONIO MATTINO DI PADOVA 7 GIUGNO 2013
Attiva è al capolinea. La società per azioni - erede del Consorzio per lo sviluppo del Conselvano - può soltanto ratificare il fallimento nella prossima assemblea dei soci. Il 28 giugno spetta al presidente Gian Michele Gambato relazionare a nome del Consiglio di amministrazione (Antonio Leonardo Cetera, Federico Grigoli, Antonio Ruzzon, Massimo Zanardo e Alessandro Maritan). Ma i numeri sono impietosi, tanto più che la ristrutturazione del debito non fa più sconti nè dilazioni. Profondo rosso. Nella tabella qui a fianco sono evidenziate le voci-chiave dei bilanci certificati di Attiva Spa dal 2006 al 2011. In particolare, l’indebitamento della società erede di Cosecon si dimostra sostanzialmente sul ciglio del codice. La punta massima si registra nel corso del 2008 con oltre 132 milioni di euro. In sostanza, la gestione di Attiva era già subordinata alle banche. E il successivo triennio ha fatto esplodere l’insostenibilità della normale amministrazione. Relazione esplicita. Il revisore contabile Alberto Dalla Libera, nella sua relazione allegata al bilancio 2011, evidenziava: «La società nell’esercizio concluso non ha raggiunto, soprattutto in termini di ricavi, gli obiettivi stabiliti con l’accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis Legge Fallimentare. L’andamento 2012 fa ragionevolmente ritenere che non saranno raggiunti nemmeno nell’esercizio in corso». Quest’esplicita certificazione agli atti conferma la già grave situazione di Attiva Spa. Ma Dalla Libera il 12 giugno 2012 scriveva ancora: «La mancanza delle entrate finanziarie preventivate nel Piano renderà complessa la continuazione dell’attività a partire dall’esercizio 2013 quando il periodo di moratoria dei finanziamenti giungerà a termine. In mancanza dell’adozione di opportuni e tempestivi provvedimenti diretti ad affrontare e risolvere questi aspetti, la continuità aziendale da tale momento risulterà compromessa». Cassa e patrimonio. A cavallo fra 2010 e 2011, il vertice di Attiva provvede alla dismissione delle quote di Veneto Distribuzione e dei magazzini. In cassa entrano 13,5 milioni per la vendita della società gas, mentre Servizi Logistici Srl garantisce altri 4 milioni per gli spazi di Conselve. Il patrimonio conferito all’epoca dai Comuni del Conselvano e della Bassa, a questo punto, è «esposto» alle conseguenze fallimentari. I bilanci di alcuni municipi (Bagnoli, Conselve, Anguillara, Bovolenta, Maserà, Tribano) hanno già risentito pesantemente del valore patrimoniale delle azioni in portafoglio «diluite» per l’aumento di capitale del 2007. I sindaci guardano, quindi, con legittima preoccupazione alla presentazione del bilancio 2012 di Attiva Spa.
EVAPORATI ALTRI 14 MILIONI, SPA VERSO IL CONCORDATO IN BIANCO MATTINO DI PADOVA 2 GIUGNO 2013
Con una perdita di bilancio di oltre 14 milioni di euro nel 2012 e altri 900 mila euro nei primi tre mesi di quest’anno il destino di Attiva, l’ex Cosecon, è segnato e non resta altra strada che la messa in liquidazione della spa attraverso il concordato “in bianco”. La decisione spetta all’assemblea dei soci, convocata il 28 giugno, in testa i sindaci e le banche, ma al momento è difficile pensare ad altre soluzioni. L’eventualità di ricorrere a un nuovo aumento di capitale è improponibile soprattutto per i Comuni i quali, dopo aver visto evaporare il patrimonio azionario, non hanno certo l’intenzione né la possibilità di investire nuovo denaro nella società. Il peso di debiti per 100 milioni di euro e la paralisi del mercato immobiliare hanno messo alle corde la spa che scontava anche gli effetti delle burrasche del passato. Senza contare poi operazioni ardite come il cogeneratore a olio vegetale da 8 milioni di euro, mai entrato in funzione e ora iscritto fra le perdite per almeno 7 milioni di euro. Le settimane scorse il consiglio d’amministrazione ha già fatto un passo avanti, depositando dal notaio la richiesta di concordato “in bianco” per scongiurare eventuali istanze di fallimento da parte dei creditori. Ieri i sindaci soci storici di Attiva hanno incontrato i responsabili delle banche, nella doppia veste di soci e creditori, per capire quale sarà il destino della società e del suo patrimonio. Secondo la recente stima di uno studio indipendente il valore del “portafoglio” di Attiva si aggira sui 129 milioni di euro fra terreni, fabbricati e proprietà. Quindi le banche faranno il possibile per rendere meno traumatica questa fase e pare che siano anche disposte a una ulteriore iniezione di contante per scongiurare il fallimento e preparare il piano previsto dal concordato. Dopo il via libera dei soci ci saranno 120 giorni di tempo per mettere a punto il concordato e la fase successiva della liquidazione, che durerà circa 4-5 anni. Una lunga fase, necessaria soprattutto in questo periodo di crisi per evitare un’eccessiva svalutazione del patrimonio accumulato negli anni dalla società. Fra i creditori ci sono anche alcuni comuni, in testa Tribano, Anguillara e Bagnoli, che aspettano di riscuotere delle obbligazioni. Anche questo sarà oggetto di discussione fra i soci. Quel che è certo è che tutti gli altri sindaci si dovranno accontentare di non rimetterci altro denaro dopo aver visto evaporare il valore delle azioni in questi anni.
APPROVATA DALLA CAMERA LA LEGGE ISTITUTIVA DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA ANTIMAFIA
Ieri mercoledì 12 giugno, la Camera dei Deputati ha approvato la proposta di legge istitutiva di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali. Di seguito riportiamo l'intervento in aula di Alessandro Naccarato:
Signor Presidente, colleghi, la proposta di legge in discussione, istituisce per questa legislatura una Commissione di inchiesta sulle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. Il provvedimento ha l’obiettivo di proseguire in modo sistematico e continuativo il lavoro svolto nelle precedenti legislature, come ha illustrato il relatore, per approfondire le conoscenze raggiunte, aggiornare l’analisi e verificare l’efficacia degli strumenti legislativi e istituzionali di prevenzione e contrasto. La proposta assegna alla Commissione di inchiesta due compiti di particolare rilievo e attualità: quello di accertare e valutare la natura e le caratteristiche delle trasformazioni del fenomeno mafioso nelle regioni del centro-nord e quello di accertare le forme di accumulazione dei patrimoni illeciti di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali. Queste sono attività che si svolgono, sempre più spesso, nelle regioni settentrionali. Proprio sulla presenza della criminalità organizzata nell’Italia del nord credo serva il lavoro della Commissione di inchiesta. Infatti, le mafie cambiano in continuazione assetti e modalità di intervento, si adattano alle mutate situazioni economiche e sociali e cercano di entrare nel tessuto produttivo e finanziario delle zone più ricche e più dinamiche d’Italia e d’Europa, inserendosi nel sistema imprenditoriale, bancario e istituzionale perché cercano le migliori condizioni per realizzare le loro finalità di arricchimento. In molte aree del nord Italia, siamo già oltre il concetto di infiltrazione e le organizzazioni mafiose sono in una fase, favorita dalla crisi, di radicamento e di ulteriore conquista. La crisi sta aprendo nuove opportunità per le organizzazioni criminali che, dopo essersi insediate in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia, ora sono presenti anche in Veneto e in alcune aree del Friuli Venezia Giulia. Recenti inchieste delle forze dell’ordine e della magistratura stanno portando alla luce elementi che evidenziano la presenza delle organizzazioni criminali nel nordest, l’arresto di pericolosi latitanti, che indica l’esistenza di una rete di protezione e assistenza logistica, il frequente sequestro di beni di proprietà di mafiosi, l’infiltrazione in appalti pubblici importanti, l’inserimento in attività economiche e imprenditoriali. Questi fatti risultano indicativi del rischio che sodalizi criminali possano trovare in Veneto un terreno fertile e favorevole per insediarsi stabilmente. In particolare, le indagini confermano l’esistenza di rapporti continuativi tra imprenditori locali e una vasta area di professionisti, soprattutto consulenti fiscali e commercialisti, anch’essi veneti, finalizzati a commettere reati di natura fiscale o operazioni illecite, quali la bancarotta fraudolenta. Si tratta di un modus operandi attivo da tempo e di un sistema che in alcuni casi cerca e trova relazioni con la criminalità organizzata, per continuare a funzionare. In questo contesto, si realizza la convergenza di interessi delle organizzazioni criminali, che dotate di un’enorme disponibilità di denaro, ritengono funzionale supportare le attività di cui sopra al fine di riciclare i proventi acquisiti illecitamente. Si determinano così due conseguenze: l’alterazione del regime di libera concorrenza nel mercato, attuata mantenendo l’operatività di aziende economicamente decotte, con l’unico fine di tenere in piedi assetti societari che permettono l’attuazione di reati fiscali e contributivi; e l’inserimento, nel tessuto economico-sociale della regione, delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, a cui si rivolgono, più o meno consapevolmente, i titolari di piccole e medie imprese per ottenere risorse. Tali azioni sono favorite – e in alcuni casi organizzate – da un’area grigia di professionisti insospettabili, che tecnicamente costruiscono gli assetti societari funzionali alle attività illecite descritte. Per queste ragioni serve la Commissione d’inchiesta, per avere una maggiore conoscenza dell’evoluzione del fenomeno mafioso e per predisporre norme in grado di prevenire e contrastare la presenza e l’espansione delle organizzazioni criminali nel tessuto economico e produttivo dell’Italia settentrionale. In questa fase istitutiva della Commissione, mi sembra importante segnalare alcuni ritardi da recuperare e alcune scelte sbagliate del passato da correggere rapidamente sui reati finanziari ed economici, indicando cinque priorità di intervento: eliminare la norma approvata nel 2002 e ripristinare la punibilità del falso in bilancio, per garantire la trasparenza e favorire la libera concorrenza; introdurre, nel nostro ordinamento, il reato di autoriciclaggio; migliorare e rendere più incisiva la legislazione contro le frodi fiscali; cambiare la legge fallimentare, per tutelare meglio i creditori e prevenire il crescente fenomeno dei fallimenti pilotati per favorire l’ingresso delle organizzazioni criminali nelle imprese fallite, fenomeno che inizia a diffondersi in modo preoccupante anche in molte regioni dell’Italia del nord; e, infine, aumentare le risorse e gli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine, per controllare il rispetto delle norme sull’assegnazione e sulla realizzazione degli appalti per lavori e servizi pubblici. In conclusione, l’obiettivo è quello di impedire che risorse proveniente da attività illegali possano essere utilizzate e investite dalle organizzazioni criminali per conquistare posizioni dominanti nel tessuto produttivo e finanziario danneggiando e uccidendo, in modo definitivo, le imprese sane. Con questi obiettivi, ritengo molto opportuno e urgente istituire la Commissione d’inchiesta oggetto della proposta di legge.
Per saperne di più scarica i seguenti documenti:
Dossier Servizio Studi della Camera dei Deputati
Testo della proposta di legge istitutiva della commissione
|