SI DEFINITIVO AL DECRETO SULLA GIUSTIZIA CIVILE
La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione in legge del decreto 12 settembre 2014, n. 132, che contiene misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile. Questa riforma è un passo importante verso una giustizia civile più efficiente e più vicina al cittadino.Tempi certi per i processi; dimezzamento dell’arretrato; chiusura del primo grado di giudizio entro un anno, e non tre come purtroppo è oggi; un processo più lineare e comprensibile. Questi sono i risultati attesi con la riforma. I processi civili pendenti sono oggi 5 milioni. Questo provvedimento si basa su una triplice strategia: aggredire direttamente l’arretrato agevolando il trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti anche in appello; favorirne lo smaltimento con l’introduzione del nuovo istituto della negoziazione assistita; rendere più veloce il processo esecutivo. L’obiettivo è di migliorare la vita ai tanti cittadini da anni bloccati nelle lunghe procedure della giustizia civile, garantire maggiore attenzione ai diritti della persona, dei minori e della famiglia, dare una spinta agli investimenti attraverso una giustizia veloce ed efficace.
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Testo del provvedimento
Dossier di approfondimento
NACCARATO INTERROGA ALFANO: "SITUAZIONE PREOCCUPANTE PER LA POLIZIA DI STATO IN VENETO
“Garantire la sicurezza dei cittadini è un lavoro delicato” – esordisce l'onorevole Naccarato – “e in Veneto la situazione della Polizia desta più di qualche preoccupazione dopo l'allarme dettagliato lanciato, nelle scorse settimane, dal Silp – Cgil del Veneto, che ha condotto un'importante ricerca sullo stato delle dotazioni e dell'organico della Polizia di Stato nella nostra regione. Il risultato di questo sforzo ci consegna un dossier con il quale è bene fare i conti – continua il deputato PD – perché fotografa in modo realistico le conseguenze dei pesantissimi tagli al comparto sicurezza operati dai governi Berlusconi - Tremonti”. In Italia nonostante la crescita della popolazione e dei flussi migratori il personale della Polizia di Stato, dal 2006 al 2013, è passato da 103.000 unità a 95.000 con una contrazione dell'8 per cento causata principalmente dal blocco del turn-over che riduce progressivamente gli organici di tutte le sedi territoriali rischiando di lasciare scoperte intere aree del Paese. “In Veneto – prosegue Naccarato – lavorano circa 5300 dipendenti della Polizia suddivisi, nelle sette provincie tra questure, commissariati, polizia postale e delle telecomunicazioni, polizia ferroviaria e stradale, tra uffici a vocazione burocratica, strumentali all'efficienza complessiva, e altri, come il reparto mobile e reparto prevenzione crimine, che per vocazione sono destinati ad impieghi operativi. In totale rispetto alle sette province sono impiegati 265 agenti a Belluno, 1.600 a Padova, 330 a Rovigo, 480 a Treviso, 1360 a Venezia, 810 a Verona e 455 a Vicenza: è un dato allarmante se si pensa che è parametrato alle piante organiche stabilite dal Ministero dell'interno nel 1989. In questi venticinque anni il Veneto è stato nel mirino delle organizzazioni criminali che hanno eletto la nostra regione come terra di insediamento prima e ora di espansione e radicamento. Garantire la sicurezza significa partire da questo dato e comprendere l'urgenza di arrivare ad una riorganizzazione che tenga conto della professionalità e delle condizioni di lavoro delle forze dell'ordine. Per questo motivo ho informato il Ministro dell'Interno della situazione chiedendo un suo intervento per offrire risposte concrete al Veneto”. “L'età media dei nostri agenti è la prima questione che va affrontata insieme a quella dell'accesso alla Polizia di Stato e alla situazione dell'organico delle diverse sedi: secondo la ricerca del SILP in alcuni commissariati non ci sono le condizioni per garantire la normale attività mentre in alcune località da tempo la Polizia è impossibilitata ad ottemperare ai servizi di aggiornamento e addestramento del personale che in alcuni casi non superano il 60 per cento delle giornate annue previste per tali attività. La situazione degli immobili soffre da anni condizioni di forte difficoltà in molte questure provinciali che, per lo più, risultano inadeguate a rispondere alle esigenze degli uffici e dell'utenza. Dal rapporto emerge con nettezza il problema dei mezzi e delle dotazione di fondi per manutenzione e uso degli strumenti fondamentali per gli agenti. In più, nello scorso mese di febbraio il Ministero dell'interno ha formulato un progetto di riorganizzazione territoriale che prevede, in Italia, la chiusura di diversi presidi: secondo l'ultima versione di tale progetto ministeriale, in Veneto sono destinati alla chiusura 16 uffici. Di fronte a questo scenario abbiamo dato una prima risposta in Parlamento con i provvedimenti contenuti nel Decreto Stadi che garantiscono fondi per la dotazione degli agenti e ora proseguiremo il lavoro con la Legge di Stabilità, in discussione in questi giorni, con l'obiettivo di sbloccare gli stipendi per delle forze dell'ordine. Naturalmente questo non basta e ed è insieme al Ministero che vogliamo affrontare le questioni del comparto sicurezza per garantire il controllo del territorio e la sicurezza dei cittadini, tutelando, in primis, il prezioso lavoro che quotidianamente viene prestato dai lavoratori delle forze dell'ordine”.
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IL PD BOCCIA LA MOZIONE DI SFIDUCIA AD ALFANO
Il PD ha votato contro la mozione di sfiducia al Ministro Alfano per tre ragioni: si basa sul presupposto falso che il Ministro dell'interno avrebbe impartito le disposizioni di caricare alcuni manifestanti il 29 ottobre, cerca di strumentalizzare le rivendicazioni, giuste e legittime, dei lavoratori e sfrutta in maniera demagogica la crisi economica e sociale, costituisce un attacco alle forze di polizia e getta discredito sulla professionalità e sull'indipendenza delle forze dell'ordine, che risponderebbero, secondo il testo della mozione di sfiducia, agli indirizzi del Ministro dell'interno picchiando i lavoratori e i loro rappresentanti sindacali. Il 30 ottobre il Ministro dell'interno è venuto in Parlamento e ha chiarito in modo trasparente la dinamica dei fatti di mercoledì 29 ottobre. È evidente che non c’è stato alcun ordine dell'Esecutivo di picchiare i manifestanti. Lo scontro, che ha causato il ferimento di quattro lavoratori della pubblica sicurezza e di quattro manifestanti, è stato determinato da diversi elementi, in parte evitabili con il dialogo ed il confronto preventivo e in parte evitabili superando il clima di tensione e di rabbia per una vertenza occupazionale che deve essere risolta con l'intervento del Governo . C’è stata forse una sottovalutazione di quella manifestazione. L'incontro preliminare con i sindacati doveva essere più approfondito e dettagliato; andava evitata la sovrapposizione di più manifestazioni in luoghi vicini; era necessario l'impiego di più personale. Ma chiarito questo, chi parla di ordini e di indirizzo politico per manganellare i lavoratori mente in malafede, alimenta la tensione e lo scontro sociale in modo irresponsabile, specula sulle disgrazie dei lavoratori. Infatti, c’è un dato oggettivo che indica la volontà politica del Governo ed è il numero delle manifestazioni con incidenti e scontri: dal 10 agosto 2013 al 31 luglio 2014 ci sono state 9.774 manifestazioni di piazza, un terzo per ragioni legate a crisi occupazionali; si sono verificati scontri in 573 di queste, meno del 6%. Da quando si è insediato il Governo in carica a oggi, le manifestazioni sono state quasi 6.000, e quelle con incidenti sono state pochissime. Questo dimostra che non c’è alcun nuovo corso impartito dall'Esecutivo per picchiare i lavoratori e che l'indirizzo politico del Governo è di garantire il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni e di manifestare le proprie idee. La mozione, oltre ad essere infondata, sfrutta la disperazione e la rabbia dei lavoratori. Attenzione, perché così non si aiuta la soluzione delle vertenze aziendali e si danneggiano i lavoratori stessi prestando il fianco all'estremismo parolaio in cerca di clamore mediatico. Nella crisi serve responsabilità, bisogna abbassare i toni, evitare le battute e le dichiarazioni sopra le righe. Ci aspettano mesi difficili sia per la crisi economica sia per il clima di tensione sociale crescente. I cittadini hanno il diritto di manifestare nel rispetto della legge e le Forze dell'ordine devono, come stanno facendo, operare per garantire l'esercizio di questo diritto. Per effettuare davvero una prevenzione efficace serve anche un maggiore investimento nelle Forze dell'ordine e finalmente nella Legge di stabilità c’è un segnale in controtendenza: è la prima volta da anni che aumentano gli stanziamenti per le Forze dell'ordine e le maggiori risorse sono destinate per la formazione e per strumenti operativi idonei a prevenire gli scontri nel corso delle manifestazioni. Dobbiamo essere tutti consapevoli, proprio perché abbiamo l'esperienza del passato e perché vediamo i segnali in corso tra i gruppi eversivi, che ci sono forze e movimenti estremisti sia a sinistra, nell'area antagonista e anarchica, sia a destra, che provano ad inserirsi nelle crisi aziendali per cercare di riprendere un ruolo e per conquistare aderenti e visibilità. Ci stanno provando alcuni gruppi antagonisti come si vede negli scontri di Brescia dell'altro giorno, si vede nell'azione di alcuni reduci del terrorismo, si vede addirittura nell'azione di alcuni gruppi ultras del calcio. Commette un errore tragico chi cerca la polemica e lo scontro con le organizzazioni sindacali. Non si tratta neppure di occupare le fabbriche, che resterebbero comunque chiuse. Il sindacato deve essere rispettato ed aiutato a svolgere la sua funzione che ha sempre consentito di isolare l'estremismo e di costruire percorsi di dialogo per risolvere la crisi senza violenze e in modo costruttivo. I pericoli di infiltrazione vengono da chi specula sugli scontri in modo irresponsabile, da chi mira a incendiare le piazze e ad alimentare la rabbia, da chi vuole ridimensionare la mediazione sindacale per spingere le vertenze verso derive estremiste. Chi ha evocato il manganello facile e il ruolo repressivo di una polizia che picchia i lavoratori eseguendo gli ordini del Governo non conosce le Forze dell'ordine. La polizia è al servizio della Costituzione e della legge e opera per garantire ai cittadini l'esercizio dei diritti fondamentali. Attenzione ai messaggi contro le Forze dell'ordine perché nelle teste di qualcuno quei messaggi si trasformano e le divise diventano obiettivi da colpire. Ci vuole poco a innescare questa minaccia, ci siamo già passati e ci sono voluti anni per ricostruire con fatica un clima di collaborazione tra le Forze di polizia e i cittadini. Non dimentichiamolo perché non si deve buttare con attacchi e polemiche sconsiderati il patrimonio democratico costituito dalle Forze dell'ordine che lavorano al servizio dello Stato. Grazie a questo patrimonio la Repubblica ha superato prove difficilissime, non dobbiamo mai dimenticarlo: le trame eversive, il terrorismo, l'aggressione della criminalità organizzata. Delegittimare ingiustamente la Polizia di Stato è un errore drammatico, perché ne mette in discussione la funzione e il ruolo e indebolisce uno strumento a tutela dei soggetti più deboli e indifesi.
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