LA CAMERA APPROVA LA LEGGE DI STABILITA' 2015
Questa notte con 307 voti favorevoli la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la Legge di Stabilità 2015. Il provvedimento affronta con determinazione molti nodi centrali con la volontà di offrire strumenti al Paese per uscire dal periodo di stagnazione conseguente alla crisi economica di questi anni. Come anticipato nelle precedenti letture, il Governo ha investito molto in questa legge e ha prodotto un insieme di interventi convincenti in molti settori. Tuttavia occorre segnalare che il passaggio in Senato ha parzialmente snaturato la portata del provvedimento inserendo una serie di disposizioni che poco hanno a che fare con la volontà generale di far ripartire l'economia. Di fatto nel testo licenziato dal Senato sono entrate norme di dettaglio che appaiono destinate a favorire alcuni interessi particolari a danno di altri. Un esempio su tutti è l'aumento dell'Iva sul Pellet che di certo disincentiva questo metodo di riscaldamento. Vi è poi la norma che consente ai gestori di scommesse di regolarizzare la loro posizione con una somma di appena 10 mila euro. Decisamente negativo il rinvio al 2019 sul taglio del 15% del credito di imposto per gli autotrasportatori. Appare difficilmente comprensibile, specialmente dopo i recenti scandali sulla corruzione, la decisione di permettere a Expo di fare gare d'appalto senza il passaggio in Consip. E così paiono poco convincenti le norme sulle frequenze TV e alcuni stanziamenti a favore del Ministero delle Infrastrutture. Infine vi sono alcuni interventi mirati su Sicilia, Molise e Sardegna che appaiono talvolta troppo generosi rispetto alle materie oggetto delle disposizioni, così come, ad esempio, il finanziamento per il porto di Molfetta. Queste circostanze riproducono un vecchio vizio, che era stato abolito dai governi Monti e Letta, della legislazione italiana che consente l'ingresso di norme particolari in provvedimenti che per loro natura sono generali: si tratta di una cattiva abitudine che lascia pensare che sia davvero giunto il momento di procedere senza indugi alla riforma del Senato e al superamento del bicameralilsmo perfetto.
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Dossier di approfondimento Gruppo PD
Testo della Legge di Stabilità e Dossier di approfondimento
LA RIFORMA DELLE PROVINCE VA AVANTI
La riforma delle Province procede entrando nella fase operativa di attuazione della Legge Del Rio. Di fronte a questo processo di riordino dell'organizzazione dello Stato stupiscono alcune dinamiche che, troppo spesso, nel nostro Paese, hanno accompagnato i momenti di cambiamento. Il primo tentativo di riforma fu del Governo Monti che aveva previsto l'accorpamento delle Province. Per noi avrebbe significato la nascita della tanto attesa città metropolitana di Padova-Venezia-Treviso, ma quella proposta venne affossata da un fronte di opposizione trasversale alle forze politiche che determinarono un sostanziale nulla di fatto. Tuttavia, anche in quel momento storico, il comune sentire era decisamente orientato alla cosiddetta soppressione delle Province. E, fino a ieri infatti, si registravano da tutti i soggetti in campo voci unanimi orientate al taglio di questo grado di governo dei territori. Così, lo scorso aprile, il Parlamento ha varato la legge n. 56 del 2014 che prevede la riforma a partire dal riordino delle funzioni. Oggi, nel momento in cui si apre la fase operativa di questa legge, iniziano a sorgere le posizioni conservatrici, i soggetti coinvolti si accorgono dei problemi connessi alla riforma e non si registra più il coro delle voci favorevoli al taglio delle Province. Si tratta di un atteggiamento curioso, tutto italiano, per cui prima si solleva un problema e poi non si accettano le conseguenze della soluzione del problema stesso. In realtà le polemiche di questi giorni sul personale delle Province, che sarebbe in pericolo, sono motivate dal clamoroso ritardo di Governo e Regioni, che, dallo scorso luglio, dovevano giungere ad un accordo per la ridefinizione delle funzioni. Per questa ragione il Parlamento, con la legge di Stabilità, è stato costretto ad intervenire per colmare il detto ritardo e ha previsto per questi lavoratori un regime ancora più tutelato nella fase di transizione, che durerà fino all'aprile 2019, per completare il ricollocamento dei lavoratori presso le altre amministrazioni pubbliche. Infatti, la legge prevede che alcune funzioni provinciali transitino verso Regioni e Comuni e il personale che si occupava di dare corpo a quelle funzioni seguirà la medesima sorte. Nessun dipendente delle Province perderà il posto di lavoro e gli stipendi rimarranno invariati. Il ricollocamento sarà favorito dal divieto per Stato, Regioni ed enti locali di assumere altro personale al di fuori di quello proveniente dalle Province. Le norme della Legge di Stabilità finanziano i centri per l’impiego per tutto il 2015, in attesa dei decreti di attuazione della delega sul lavoro. Per garantire la prima fase della transizione, la Legge di Stabilità rende più flessibili i bilanci delle Province, con una rinegoziazione dei mutui che consentirà di non pagare gli oneri per il 2015. Il processo di riforma, dunque, va avanti e si inserisce nel complessivo disegno di riordino dello Stato che prevede anche il superamento del bicameralismo perfetto.
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Processo di applicazione della riforma
Procedure di mobilità dei lavoratori
MAFIA, 10 AZIENDE SOTTO OSSERVAZIONE GAZZETTINO 20 DICEMBRE 2014
Esiste un pericolo di infiltrazioni mafiose nel tessuto economico di Padova e del suo territorio. Lo provano le relazioni del Ministero dell'Interno, le indagini delle forze dell'ordine, gli arresti, l'attività della magistratura. In un momento in cui le aziende sono sempre più indebolite dalla crisi economica la mafia ha buon gioco nell'insinuarsi dentro il cuore imprenditoriale, sia comprando imprese, sia facendo riciclaggio di denaro. Proprio per questo sarebbero una decina le aziende sulle quali in questo periodo si stanno facendo controlli incrociati, prima di far scattare le segnalazioni in Procura. Già la relazione del Ministero dell'Interno sui risultati conseguiti dalla Dia nel primo semestre del 2012 lanciava allarmi sulla criminalità organizzata, A Padova, i dati sulle segnalazioni sospette mostravano un incremento per quelli pervenuti da intermediari finanziari: 431 in provincia nel primo semestre del 2012 a fronte di 281 nel 2009, 327 nel 2010 e 535 nel 2011. Rimaneva basso il numero di quelle pervenute da intermediari non finanziari, appena 3 nel periodo di tempo in esame. L'ultimo episodio, legato a Mafia capitale, riguarda Riccardo Mancini, ex Nar ed ex amministratore pubblico che attraverso il figlio aveva costituito due società consortili con sede legale a Limena che con denaro pubblico dovevano costruire opere per lo smaltimento di rifiuti a Terni e Palermo. Uno dei più attenti osservatori delle infiltrazioni mafiose è da sempre il deputato del Partito democratico, Alessandro Naccarato. «Questa storia somiglia a quella che nel 2012 portò all'arresto di un camorrista, al sequestro di alcuni beni dei casalesi e al coinvolgimento di Franco Caccaro, 40 anni, di Campo S. Martino per il dissesto finanziario della tps trituratori spa società attiva nel riciclo dei rifiuti e con sede a Santa Giustina in Colle". Quella delle ecomafie sembra una delle attività preferite della malavita. Il 22 luglio la Procura antimafia di Reggio Calabria ha fatto arrestare 24 persone tra cui l'imprenditore padovano nel settore dei rifiuti Sandro Rossato che negli anni ha organizzato una vasta rete di società operanti nel trattamenti dei rifiuti sia in Veneto che in Calabria. La vicenda è emblematica perché la mafia si serve di imprenditori apparentemente estranei al giro. Nell'operazione "Scacco matto" del 2011 fu arrestato Cesare Longoro per associazione a delinquere di stampo mafioso. Abitava a Torreglia. Ma non è tutto. Lo stesso Naccarato in un convegno pubblico dell'ottobre scorso ad Abano Terme notava il caso dell'Hotel Caesar di Montegrotto, passato di mano dalla famiglia che lo gestiva a una società lussemburghese e poi di altre che lo hanno portato al fallimento. «Con 10.400 euro di capitale sociale sono arrivati a superare i 5 milioni di euro di debiti», segnalando in una interrogazione al ministro Alfano molte compravendite sospette dopo le chiusure degli hotel, legate al clan Lo Piccolo. Stessa tecnica per le truffe nell'edilizia per due srl La Fornace e l'Acquamarina. «Acquistano terreni, cominciano a costruire raccolgono risorse con fidejussioni e poi falliscono. E la truffa va quasi sempre a finire in Campania o Sicilia».
TANGENTI, 5 ANNI A GIACINO CORRIERE DEL VENETO 22 DICEMBRE 2014
VERONA L’ex vicesindaco di Verona, Vito Giacino, è stato condannato a cinque anni di reclusione per corruzione. Il Gup, Giuliana Franciosi, ha accolto in pieno la richiesta del pubblico ministero Maria Beatrice Zanotti, che aveva chiesto appunto cinque anni per l’ex braccio destro di Flavio Tosi, arrestato lo scorso 17 febbraio assieme alla moglie, Alessandra Lodi, a sua volta condannata a quattro anni. Il pm aveva chiesto cinque anni di carcere anche per la donna. L’indagine, sfociata poi nel processo, era partita in seguito alla denuncia dell’imprenditore immobiliare, Alessandro Leardini, che aveva raccontato di avere pagato presunte tangenti per 600mila euro a Giacino, in parte camuffate sotto forma di consulenze legali alla moglie, in cambio di favori per concessioni edilizie e varianti urbanistiche. Giacino, che si era dimesso da vicesindaco il 15 novembre del 2013 quando era già indagato e il suo ufficio in municipio era stato perquisito, si trova ancora ai domiciliari e ha sempre proclamato la sua innocenza.
«Sono dispiaciuto per questa sentenza. Ma è vero anche che – come ha ribadito lo stesso presidente del consiglio Renzi – tutti vanno considerati innocenti fino a sentenza definitiva. Questo processo si è basato sulle dichiarazioni di un imprenditore contro quelle di Vito Giacino, non ci sono vere prove delle dazioni. Il giudice ha ritenuto più credibile l’imprenditore. Io mi auguro che Giacino riesca a dimostrare la sua innocenza nei prossimi gradi di giudizio». Queste le prime parole del sindaco di Verona Flavio Tosi, dopo la condanna. (...)
INTERROGAZIONE AL MINISTRO DELL'INTERNO SUL CASO VERONA
PRESENTATA IL 17 APRILE 2014
Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: Negli ultimi mesi alcuni amministratori del comune di Verona e delle sue società partecipate sono stati coinvolti a vario titolo in inchieste della magistratura per reati contro la pubblica amministrazione; Il 23 ottobre 2013 la procura della Repubblica di Verona ha disposto, per i reati di peculato, corruzione, abuso d’ufficio, gli arresti del direttore generale, due dirigenti e cinque funzionari della società Azienda Gestione Edifici Comunali (Agec) del Comune di Verona e di un imprenditore; Il 17 febbraio 2014 la procura della Repubblica di Verona ha disposto l’arresto di Vito Giacino e, nell’ambito della stessa inchiesta, gli arresti domiciliari di Alessandra Lodi, avvocato e moglie di Giacino. A Giacino, vicesindaco e assessore all’urbanistica del comune di Verona, viene contestato il reato di concussione continuata dal 2008 al 2013; Il 4 marzo 2014 la procura della Repubblica di Verona ha chiesto il rinvio a giudizio per i vertici di nove aziende partecipate del Comune di Verona e per due componenti del Consiglio d’amministrazione di AMT (Azienda Mobilità Trasporti). Le persone coinvolte sono: Ennio Cozzolotto (Transeco e Amia - Azienda Multiservizi di Igiene Ambientale), Maurizio Alfeo (Amia e Ser.I.T.), Alfonsino Ercole (Amia), Carlo Alberto Voi e Germano Zanella (Amt), Francesco Barini (Amt), Carla Sarzi (Amia e Amt), Stefano Zaninelli (Atv - Azienda Trasporti Verona), Giampietro Cigolini (Agsm - Azienda Generale Servizi Municipali, Amia), Giuseppe Canestrari e Riccardo Delfanti (Amt); Il provvedimento, che ipotizza il reato di abuso d’ufficio, è stato assunto al termine delle indagini sulle assunzioni di parenti e conoscenti degli amministratori all’interno di aziende partecipate dal comune; Il 1° aprile 2014, in seguito a polemiche su presunti illeciti amministrativi e rapporti con esponenti di famiglie vicine alla criminalità organizzata, si è dimesso Marco Giorlo, assessore del comune di Verona con deleghe a sport, casa, turismo; Ai fatti sopra riportati in estrema sintesi si deve aggiungere che la trasmissione televisiva “Report”, andata in onda lunedì 7 aprile, ha documentato i rapporti tra il sindaco di Verona Franco Tosi e la consigliera comunale Katia Forte e il presidente della provincia di Crotone Stanislao Zurlo e l’imprenditore Raffaele Vrenna. Le quattro persone sono state immortalate mentre partecipano a una cena a Crotone per raccogliere fondi per la fondazione del sindaco Tosi “Ricostruiamo il Paese”. Per Zurlo è stato chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa; Vrenna, condannato in primo grado e poi assolto, è stato definito dal capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro un “imprenditore border line”; Nel corso della stessa trasmissione, come riportato dal quotidiano “L’Arena” in data 9 aprile 2014, sono emerse ulteriori notizie inquietanti. Un collaboratore di giustizia, Luigi Bonaventura, definito “reggente del clan Vrenna-Bonaventura”, nel corso della citata trasmissione, ha raccontato di un incontro nel 2006 tra esponenti della criminalità organizzata e “imprenditori del nord venuti appositamente da Verona”, al quale avrebbe partecipato “un componente della famiglia Giardino”. Il citato articolo de “L’Arena” ha descritto una situazione dove esponenti politici dell’amministrazione comunale di Verona e alcuni imprenditori, “i Giardino, i Paglia, i Marziano”, si sarebbero scambiati appoggi e favori in cambio di appalti e assunzioni nelle società partecipate dal comune; Agli interroganti appaiono strane e incomprensibili le ragioni per cui il sindaco di Verona, esponente di un movimento politico che, almeno in apparenza, sostiene che le regioni del nord Italia debbano avere maggiori risorse rispetto a quelle del sud, e che, in alcuni periodi, ha sostenuto la secessione delle regioni settentrionali dal resto del Paese, abbia deciso di organizzare una cena per raccogliere fondi a Crotone, in Calabria, zona ad alta densità mafiosa e abbia accettato la partecipazione di persone in contatto con la criminalità organizzata; In data 20 novembre 2013 gli interroganti avevano chiesto con interrogazione n. 4-02606 al Ministro dell’interno chiarimenti sulle relazioni tra la criminalità organizzata e l’impresa veronese Soveco spa; Si ricorda che tale ditta, con sede a Verona in via Cà di Cozzi 41, è una società di costruzioni di proprietà di Sabina Colturato e di Francesco Urtoler. Soveco è una delle principali imprese operanti negli appalti pubblici del territorio di Verona e partecipa alla realizzazione del traforo delle Torricelle, del filobus, di tre impianti di biogas, di parcheggi e centri commerciali e della ristrutturazione dell’ospedale di Peschiera. Antonio Papalia, ex marito della Colturato, secondo notizie pubblicate dai quotidiani veronesi, si occuperebbe degli affari immobiliari della Soveco in Romania. Papalia è stato coinvolto nel 1989 in un’indagine per traffico di esplosivi dal sud al nord Italia, ha precedenti penali e sembrerebbe essere il socio occulto della Soveco. Gli interroganti in particolare hanno chiesto se corrispondeva al vero il fatto che l’informativa del nucleo di polizia tributaria di Verona numero 6164 del 16 luglio 2009 individuava legami tra Antonio Papalia e la Soveco spa. Gli interroganti non hanno ancora ricevuto risposta; La situazione dell’amministrazione comunale di Verona appare condizionata dall’azione dei diversi soggetti sopra indicati e ora oggetto delle indagini dell’autorità giudiziaria. Inoltre la preoccupazione nell’opinione pubblica veronese per i fatti citati è aumentata dai rischi di una presenza di gruppi criminali in città e più in generale dalla cattiva amministrazione del comune;
Se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; Se intenda rispondere all’interrogazione n. 4-02606 e in caso contrario per quali ragioni; Se la Soveco Spa sia in possesso della certificazione antimafia prevista dalla normativa; Se non ritenga il Ministro di sollecitare un intervento del Prefetto di Verona ai fini di verificare in maniera approfondita e scrupolosa, con gli strumenti previsti dalla legge, la presenza di rilevanti infiltrazioni criminali in grado di condizionare l’attività amministrativa.

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