INIZIA L'ESAME DELLA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE ALLA CAMERA
Terminata l'analisi in Commissione, inizia oggi alla Camera la discussione della riforma della Costituzione: il testo proposto affronta temi irrisolti da anni con l'obiettivo di rendere più efficace il procedimento legislativo, correggere l’eccessivo ricorso alla decretazione d’urgenza e superare i molti limiti presenti nel titolo V sui rapporti tra Stato e autonomie locali. In particolare il ddl supera il bicameralismo perfetto e disegna un sistema legislativo monocamerale. Il Senato diventa un organo di secondo grado con 100 senatori, eletto dai consigli regionali, che rappresenta le istituzioni territoriali. Il Senato è escluso dalla compartecipazione all’indirizzo politico e dalla relazione fiduciaria con il Governo che è assegnata alla sola Camera dei deputati. Sul piano politico questo impianto programmatico ricorda il Senato delle autonomie al centro della proposta della coalizione dell’Ulivo del 1996. La riforma, inoltre, migliora il procedimento legislativo che resta bicamerale paritario solo per i disegni di legge costituzionali. Le altre leggi sono approvate dalla Camera. Per i disegni di legge non costituzionali il Senato è esclusivamente organo di seconda lettura, di proposta eventuale di modifiche. Rispetto al procedimento legislativo inoltre vengono costituzionalizzate le previsioni introdotte dalla legge n. 400 del 1988 sulla decretazione d'urgenza. Così il decreto legge non potrà intervenire nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma, della Costituzione e cioè non sarà possibile reiterare disposizioni di decreti legge non convertiti o regolare rapporti giuridici sorti sulla loro base, né ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale per vizi non attinenti al procedimento. La riforma rafforza il ruolo del Governo nel procedimento legislativo, riconoscendogli una duplice potestà di richiesta, sui disegni di legge, di iscrizione con priorità all’ordine del giorno della Camera e di esame e voto finale entro un termine determinato. Infine la riforma del titolo V. Alla luce della riforma del 2001 è necessario correggere i limiti profondi emersi in 14 anni d’esperienza che hanno rallentato e in alcuni casi bloccato importanti decisioni. Tre gli aspetti principali. Primo, la confusione nell’attribuzione delle funzioni e delle materie tra Stato e regioni e i conseguenti ricorsi alla Corte costituzionale aumentati dal 7,6 al 45,7% dei giudizi in via principale. Tale confusione ha prodotto la moltiplicazione delle leggi regionali in diverse materie, generando costi crescenti, incertezze e ostacoli per le attività economiche. In secondo luogo è bene intervenire per evitare i risultati economici negativi di molte regioni e delle autonomie locali. Sul punto l’analisi della Corte dei Conti ha evidenziato che, dal 2001, i bilanci delle regioni presentano difficoltà crescenti e un ricorso eccessivo all’indebitamento. Ancora, il ddl intende superare la paralisi nell’assunzione di decisioni strategiche su materie fondamentali come la politica energetica e le infrastrutture, dove i veti incrociati delle regioni e degli enti locali hanno bloccato la realizzazione di opere decisive per lo sviluppo del Paese. La riforma risponde all’esigenza di affidare allo Stato temi fondamentali per lo sviluppo economico e sociale e, dunque, assegna alla competenza esclusiva dello Stato le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto e di navigazione, i porti e gli aeroporti, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell’energia. Inoltre la riforma affronta in modo risolutivo la questione delle province, che scompaiono dalla Costituzione, cancella la legislazione concorrente e introduce una clausola di supremazia statale. Si supera finalmente l'impostazione propagandistica sin qui affidata al federalismo che è stato realizzato male e in modo superficiale. Il provvedimento contiene gli elementi per riprendere con coraggio il percorso verso uno Stato composto da un sistema di autonomie che cooperano e collaborano tra loro, rafforzando le regioni con competenze ben definite e attraverso il superamento della finanza derivata, con effettive entrate proprie e controlli più incisivi in un quadro di maggiori responsabilità. Questa riforma assicura maggiore capacità di intervento, adegua la velocità nelle decisioni e riduce la conflittualità tra istituzioni.
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Dossier di approfondimento Gruppo PD
SULLA DELEGA FISCALE IL GOVERNO SBAGLIA
Dopo la polemica scoppiata questa settimana in seguito all'inserimento dell'articolo 19 bis nella delega fiscale è utile cercare di ricostruire quanto accaduto per fare chiarezza e offrire una visione corretta del punto di vista del PD sulla vicenda. In attuazione di una delega ricevuta dal Parlamento, il Ministero dell'Economia ha presentato un provvedimento che serve a dare certezza al diritto tributario con una legge delega di revisione del sistema sanzionatorio penale. Nel corso del Consiglio dei Ministri del 24 dicembre è stata inserita una ulteriore norma - l'articolo 19 bis - estranea alla delega parlamentare. L'inserimento dell'articolo 19 bis è un errore grave e dannoso. Infatti la norma prevede che le frodi fiscali possano essere risolte attraverso una transazione con una semplice sanzione amministrativa pari al 3% dell’evasione accertata: questa norma crea una franchigia di depenalizzazione non solo per i reati di dichiarazione infedele ma per le vere e proprie frodi fiscali. L'articolo introdotto dal Governo è di fatto un condono per il passato e una licenza ad evadere per il futuro. E' evidente che la scelta del Governo è in aperto contrasto con i principi più volte affermati dal Partito Democratico sulla lotta all'evasione fiscale e il rispetto della legalità. Un conto è concepire un fisco amico e non vessatorio verso i contribuenti, altra cosa è depenalizzare le frodi fiscali. Il Presidente del Consiglio ha annunciato la sospensione dell'approvazione del provvedimento e il suo rinvio a dopo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. In questo modo, anziché risolvere la questione, si conferma la pessima sensazione che la norma sulla frode fiscale sia stata oggetto di trattativa tra le forze politiche. Ciò che è accaduto in Consiglio dei Ministri è un episodio poco chiaro e preoccupante di fronte al quale l'unica soluzione possibile è il ritiro dell'articolo 19 bis e l'approvazione di un testo efficace contro l'evasione fiscale in coerenza con la delega ricevuta dal Parlamento.
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la Repubblica - 8 Gennaio 2015
LA UE PROMUOVE L'ITALIA SULLE PENSIONI
La Commissione Europea, nel report sulla sostenibilità dei sistemi di welfare ha valutato positivamente il sistema pensionistico italiano giudicandolo sostenibile nel lungo termine. Si tratta di un risultato apprezzabile rispetto al quale molto hanno contato le riforme sin qui operate dal nostro Paese.
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Corriere della Sera - 8 Gennaio 2015
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