SCACCO ALLA 'NDRANGHETA NEL NORD MATTINO DI PADOVA 29 GENNAIO 2015
Otto arresti nel Veneto in un’operazione antimafia definita “storica” per il nord Italia, con oltre 160 in manette - tra i quali due nel Vicentino e sei nel Veronese, tutti calabresi - 200 indagati, 189 capi di imputazione, con il coinvolgimento di politici, imprenditori, forze dell’ordine e giornalisti. Beni per 100 milioni, tra cui un intero quartiere di un comune del Parmense, sono stati sequestrati. La Dda di Bologna e i carabinieri hanno sgominato, in collaborazione con le procure di Catanzaro e Brescia, la «mafia imprenditrice». È questa «la novità dell’indagine», ha detto il procuratore di Bologna, Roberto Alfonso. Al vertice del gruppo criminale, per i magistrati, sono in sei: Nicolino Sarcone, Michele Bolognino, Alfonso Diletto, Francesco Lamanna, Antonio Gualtieri e Romolo Villirillo, uomini alla guida della «propaggine emiliana» della cosca Grande Aracri di Cutro. Avrebbero gestito l’associazione mafiosa «nell’intero territorio emiliano come un grande ed unico gruppo ’ndranghetistico con suo epicentro in Reggio Emilia», ha scritto il Gip Alberto Ziroldi. Dall’indagine, ribattezzata “Aemilia”, sono emersi tentativi di influenzare elezioni amministrative in vari comuni tra Parma e Reggio Emilia. Coinvolti diversi politici: il consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani, arrestato, e l’ex assessore Pdl di Parma, Giovanni Paolo Bernini, indagati per concorso esterno, come l’imprenditore Augusto Bianchini, il giornalista Marco Gibertini e Roberta Tattini, consulente bancario e finanziario. Agli arresti anche Giuseppe Iaquinta, padre del giocatore di calcio. Il terremoto del 2012 - sul quale non sono mancate, come all’Aquila, risate intercettate - è stato obiettivo delle cosche. Che sarebbero arrivate anche a coinvolgere nei propri affari rappresentanti delle forze dell’ordine, sette tra poliziotti e carabinieri.
LA ’NDRANGHETA FACEVA INVESTIMENTI IN VENETO MATTINO DI PADOVA 30 GENNAIO 2015
Ridevano del terremoto e pensavano agli affari della ricostruzione: il blitz contro i clan della ’ndrangheta sgominati con i 160 arresti in Emilia, Lombardia e Veneto, per il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti è un’operazione «storica, senza precedenti, decisiva per il contrasto giudiziario alla mafia al nord» che ha messo radici anche in Veneto, con sei arresti a Verona e due a Vicenza. Tra i nomi spicca l’ assoluto rilievo svolto dal clan Bolognino, con i tre fratelli Sergio Domenico e Michele nei guai. Gli affari a Verona. Questa Piovra del volto inedito non usa le armi, ma fa affari d’oro nell’edilizia, nello smaltimento dei rifiuti e nel movimento terra: i profitti sono poi reinvestiti in attività finanziarie «pulite». Uno dei filoni più importanti dell’inchiesta nasce dal fallimento Rizzi a Verona, legato all’acquisizione di aree immobiliari comprese nell’attivo della procedura esecutiva: «La storia, pur priva in sé di rilevanza penale, si rivela di estremo interesse per una serie concomitante di ragioni», si legge nell’ordinanza di custodia cautelate. A scorrere le 1280 pagine, si capisce che il business è vastissimo e intreccia professionisti e consulenti che hanno messo gli occhi sulle imprese in difficoltà per la crisi e sono pronte a rilevarle a prezzi stracciati. Il modus operandi, ben descritto dal Procuratore di Bologna Roberto Alfonso, porta non solo al clan Bolognino, ma, come si legge a pagina 1252, al tentativo di acquisire alcuni immobili in Veneto. A gestire l’operazione Antonio Gualtieri e Roberta Tattini, due consulenti emiliani ben introdotti nel Nordest. Gli otto arrestati. Si tratta di crotonesi residenti nel Veronese: Salvatore Cappa, residente a Arcole; Salvatore Grossetti di Montecchia di Crosara; Francesco Gullà di Arcole; Andrea Bighignoli di Verona; Salvatore Lerose di Oppeano; Raffaele Oppido di Roverchiara; Francesco Frontera, imprenditore edile di Orgiano, nel Vicentino e poi di Sergio Bolognino, residente a Rosà, imprenditore edile. Il clan Bolognino . Tra i nomi degli arrestati spiccano quelli di Sergio, Domenico e Michele Bolognino: proprio Michele manteneva «i rapporti con la “casa madre di Cutro”, e con Nicolino Grande Aracri, in funzione di aggiornamento sulle attività in corso e di messa a disposizione di denaro, anche della stessa cosca reinvestito in Emilia», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. Che i Bolognino fossero pericolosi lo dimostra la loro aggressione al titolare di un’azienda di Galliera Veneta: la vicenda è finita in parlamento, come ricorda l’onorevole Alessandro Naccarato della commissione Antimafia. «In quella occasione insieme ai parlamentari padovani avevamo individuato e chiesto di chiarire i legami dei fratelli Bolognino con le imprese venete ed emiliane proprio per favorire l'azione di contrasto e prevenzione della penetrazione mafiosa nei nostri territori. Il fratello di Sergio, Michele Bolognino, appariva già nella relazione della prefettura di Reggio Emilia depositata alla Commissione parlamentare contro le infiltrazioni mafiose nel settembre 2010», spiega Naccarato. «Al ministro dell'Interno avevamo rappresentato il complesso intreccio di interessi tra le società GS Scaffalature di Galliera di proprietà della Sama Holding srl, la Giglio srl coinvolta in indagini per reati di mafia dal 2012 e la Elle Due Costruzioni Srl di Dueville, i cui titolari sono stati indagati per i reati di corruzione e turbativa d'asta aggravata da metodi mafiosi».
Per saperne di più leggi l'interrogazione del 2013
Interrogazione al Ministro dell'Interno Aprile 2013
ALLARME CRIMINALITA': CAMORRA A PADOVA UN IMPERO DI 130 MILIONI IN ODORE DI RICICLAGGIO MATTINO DI PADOVA 31 GENNAIO 2015
Dichiarava un reddito di 15 mila euro l’anno ma dal suo appartamento al diciottesimo e ultimo piano della torre Belvedere, nel piazzale della stazione ferroviaria di Padova, Francesco Manzo, settantenne pregiudicato di Nocera Inferiore (Salerno) gestiva un impero da più di 130 milioni. Per questo nell’operazione scattata all’alba di ieri - impiegando oltre 400 militari impegnati in 14 provincie italiane - i carabinieri di Padova hanno sequestrato per decisione del tribunale di Padova su proposta della procura antimafia di Venezia il patrimonio a lui riconducibile e composto, tra le altre cose, di 350 immobili, 52 società, e 224 tra rapporti bancari e cassette di sicurezza. Manzo è sospettato dagli investigatori di essere l’uomo usato dalla Camorra, il clan Loreto della Nuova Famiglia, per riciclare denaro nel Nordest dove il settantenne aveva contatti anche con ex affiliati alla Mala del Brenta. Sarebbe stato Manzo - sospettano gli investigatori - a far girare la grande lavatrice padovana che ripuliva i soldi per farli fruttare nell’alveo dell’economia legale. L’Indagine. L’inchiesta parte tre anni fa quando i carabinieri del Reparto operativo del comandante Francesco Rastelli tenendo sotto controllo alcune transazioni notano la ricorrenza del nome di Francesco Manzo, cui corrisponde un pregiudicato salernitano per reati come furto, truffa, sequestro di persona, associazione a delinquere e bancarotta fraudolenta. I carabinieri vogliono vederci chiaro. Il settantenne ha la residenza nel grattacielo Belvedere di Padova, l’ufficio in un centro direzionale di via Cile 14, dove va dal lunedì al venerdì, quando parte per tornare a casa dalla sua famiglia, moglie e tre figli a Nocera Inferiore (Salerno). Lo seguono e lo controllano, riuscendo a installare anche una telecamera nello studio di casa. E’ qui che, otto mesi fa, registrano una scena che fa sgranare gli occhi agli investigatori: il figlio Prisco di 42 anni che arriva e, tirando fuori dal cappotto una mazzetta dopo l’altra, mette sulla scrivania centomila euro. È il più simbolico - ma è solo uno - degli elementi che portano i carabinieri a ricostruire il patrimonio gestito direttamente da Manzo, se pur con società intestate ad altre persone, moglie, parenti e amici, pure indagati per intestazione fittizia di beni. E che a gestire il patrimonio sia direttamente Manzo è confermato dalle perquisizioni di ieri che hanno permesso di recuperare i timbri di tutte le società, blocchi degli assegni intestati e 40 mila euro in contanti. Beni sequestrati. Aveva messo le mani sulla città, Francesco Manzo. Tra i 350 beni sottoposti a decreto di sequestro d’urgenza ci sono 40 appartamenti al grattacielo Belvedere, la torre Onda Palace e il centro direzionale di via Cile 2 a Padova, il castello Bortoluzzi a Ponte nelle Alpi, (Belluno), oltre 70 tra appartamenti e garage in via Pisa (Treviso) oltre a 15 terreni e 52 società per un valore complessivo del capitale sociale di 1 milione 450 mila euro. «Società che spesso», come ha spiegato ieri il comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri, Danilo Lacerenza, «venivano utilizzate per giri di bonifici, o per aprire mutui con rientro in quindici anni ma che spesso venivano chiusi in pochi mesi». Sotto sequestro anche 224 tra rapporti bancari e cassette di sicurezza, 52 auto tutte intestate a una stessa persona - un invalido civile residente a Salerno - 8 moto e 1 motorino. La filiera dei soldi. Se a far scattare il sequestro preventivo dei beni su indicazione del procuratore dell’Antimafia, Giovanni Zorzi, è stata la discrepanza tra il reddito dichiarato e il patrimonio gestito, la domanda cui dovrà rispondere Manzo nei trenta giorni successivi alla conferma del sequestro riguarda la provenienza dei capitali da lui gestiti, di cui dovrà dimostrare la lecita provenienza. Il sospetto degli investigatori, per i quali ora scatta la seconda fase delle indagini, è che ripulisse denaro per conto di organizzazioni criminali dell’Agro nocerino sarnese come il clan camorristico della famiglia Loreto.
NACCARATO (PD): «L’ULTERIORE CONFERMA DI UNA HOLDING SEMPRE PIÙ RAFFINATA» MATTINO DI PADOVA 31 GENNAIO 2015
Sulla vicenda, l’onorevole Pd Alessandro Naccarato ha inviato una nota: «Le indagini hanno dimostrato la grande professionalità e le capacità di intelligence dei militari dell'Arma e degli inquirenti (...) Si tratta di un risultato clamoroso che conferma, insieme all’inchiesta per Ndrangheta fra Emilia, Lombardia e Veneto, l'allarme più volte sollevato dai parlamentari padovani sulla situazione della nostra regione. In Veneto la presenza della Criminalità organizzata è una realtà consolidata che è già andata oltre l'infiltrazione e che oggi opera come una holding diffondendosi con strumenti sempre più raffinati nella nostra economia. Le mafie, che necessitano di ripulire i soldi sporchi provenienti da attività illecite, si è stabilita in Veneto e usa gli strumenti dell'economia cosiddetta legale per consolidare i propri traffici attraverso l'acquisizione di società che consentono il riciclaggio dei fondi illeciti».
NACCARATO (PD): E' LA CONFERMA DI COME LA CAMORRA AGISCA IN CITTA' IL GAZZETTINO 31 GENNAIO 2015
(...) L'eclatante operazione di oggi testimonia come, in questo caso, la Camorra stesse da anni svolgendo la propria attività proprio nel centro di Padova. Tra i beni sequestrati, infatti, spiccano il palazzo «Onda» situato lungo la tangenziale e addirittura metà del palazzo Belvedere di fronte alla Stazione. In particolare quest'ultimo grattacielo, da sempre oggetto di preoccupazione per le scomode presenze è la prova di un atteggiamento superficiale da correggere al più presto. Per anni infatti la vicenda del noto palazzo verde è stata derubricata a problema di immigrazione clandestina, cui si aggiungevano talvolta episodi di microcriminalità e spaccio. Questi fattori sono senza dubbio problematici, ma rappresentano solo la punta dell'iceberg. Come confermato dalle indagini dei carabinieri, dietro allo spaccio e all'immigrazione clandestina si nascondono gli interessi e l'attività della criminalità organizzata che sfrutta ogni anello debole della nostra società per allargare i propri interessi e consolidare i propri traffici. Ed è questo l'approccio sbagliato che occorre modificare e di cui è stata spesso vittima la stessa opinione pubblica. Compreso questo elemento, come hanno fatto carabinieri e magistrati e come dimostrano le operazioni di questi giorni, sarà possibile concentrarsi con più energia sulla lotta alla criminalità organizzata.
IL DISCORSO DI SERGIO MATTARELLA AL PARLAMENTO
Signora Presidente della Camera dei Deputati, Signora Vice Presidente del Senato, Signori Parlamentari e Delegati regionali, Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate. Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice Presidente Valeria Fedeli. Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto. Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari. A loro va l'affettuosa riconoscenza degli italiani. Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l'onere di un secondo mandato, un ringraziamento particolarmente intenso. Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell'indipendenza e a tutte le magistrature. Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato. La responsabilità di rappresentare l'unità nazionale innanzitutto. L'unità che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno. Ma anche l'unità costituita dall'insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini. Questa unità, rischia di essere difficile, fragile, lontana. L'impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà degli italiani e a realizzare le loro speranze. La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo. Ha aumentato le ingiustizie. Ha generato nuove povertà. Ha prodotto emarginazione e solitudine. Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi. Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l'esclusione, le difficoltà che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali. Sono questi i punti dell'agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo. Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione. Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l'economia nazionale e quella europea, va alimentata l'inversione del ciclo economico, da lungo tempo attesa. E' indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo. Nel corso del semestre di Presidenza dell'Unione Europea appena conclusosi, il Governo - cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro - ha opportunamente perseguito questa strategia. Sussiste oggi l'esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l'eguaglianza. L'urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità, risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte. Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente. Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito. Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti difficoltà, trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali. Penso alla Pubblica Amministrazione che possiede competenze di valore ma che deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità degli adempimenti, coerenza nelle decisioni. Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società italiana. Parlare di unità nazionale significa, allora, ridare al Paese un orizzonte di speranza. Perché questa speranza non rimanga un'evocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società. A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità in Patria come all'estero. Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso. Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità straniere presenti nel nostro Paese. La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica. La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti. Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità e di cambiamento. La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti. I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei. Rappresentano anche, con la capacità di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare. A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità nazionale, non dimenticando mai l'essenza del mandato parlamentare. L'idea, cioè, che in queste aule non si è espressione di un segmento della società o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell'intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità. Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti. E' necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee. La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi. E' significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un'ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l'auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l'obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico. Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l'esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare. Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un'altra priorità è costituita dall'approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento. Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. E' una immagine efficace. All'arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L'arbitro deve essere - e sarà - imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza. Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione. La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno. Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro. Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro. Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale. Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici. Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace. Significa garantire i diritti dei malati. Significa che ciascuno concorra, con lealtà, alle spese della comunità nazionale. Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi. Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni. Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità. Significa sostenere la famiglia, risorsa della società. Significa garantire l'autonomia ed il pluralismo dell'informazione, presidio di democrazia. Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l'Italia dal nazifascismo. Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva. Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità. La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci. L'attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i corrotti: «Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini». E' allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti. Dobbiamo incoraggiare l'azione determinata della magistratura e delle forze dell'ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata. Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere. Altri rischi minacciano la nostra convivenza. Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti. Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi. Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell'odio e dell'intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell'ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano. La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo da tempo chiuso dalla storia. Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa. Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell'ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave errore. La minaccia è molto più profonda e più vasta. L'attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza. Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. I predicatori d'odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale. La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse. Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento. Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura. Il sentimento della speranza ha caratterizzato l'Europa nel dopoguerra e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989. Nella nuova Europa l'Italia ha trovato l'affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L'Unione Europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio. L'affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi. Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano salvezza e futuro proprio nell'Europa del diritto e della democrazia. E' questa un'emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l'Unione Europea più attenta, impegnata e solidale. L'Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l'impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo. A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, ¬ deve essere consolidata con un'azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi. Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell'assolvimento del proprio dovere. Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinché la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria. Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo. Di tre italiani, padre Paolo Dall'Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all'augurio di fare presto ritorno nelle loro case. Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati, Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l' ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo. Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi. I volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti. Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto. Il volto di chi ha dovuto chiudere l'impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi. Il volto di chi dona con generosità il proprio tempo agli altri. Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto. Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose. Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace.
Viva la Repubblica, viva l'Italia!
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