NACCARATO: «IL VENETO È LA LAVANDERIA DELLA CAMORRA» MATTINO DI PADOVA 7 FEBBRAIO 2015
«Il Veneto è una delle “lavanderie’’ delle organizzazioni criminali, in primis della Camorra: come in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, anche qui si ripulisce il denaro frutto di affari sporchi con gli investimenti nel business immobiliare». A parlare è Alessandro Naccarato, deputato Pd della Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi. Gli ultimi dubbi sono caduti con il blitz dell’Antimafia di Venezia che, una settimana fa, ha sequestrato beni per 130 milioni di euro: l’intero patrimonio di Francesco Manzo, 70 anni, di Nocera Inferiore (Salerno) con ufficio e residenza nel grattacielo di piazzale stazione a Padova, è ora nelle mani della Procura antimafia. Lunedì in tribunale a Padova ci sarà la prima udienza di un’inchiesta che si dovrà chiudere entro 30 giorni, entro i quali Manzo dovrà dimostrare come ha accumulato l’ immensa fortuna. Se non ci riuscirà, il suo tesoro finirà allo Stato. «Non c’è nulla di misterioso, gli immobili sono stati comprati con regolari mutui bancari», ha spiegato Manzo e il suo difensore lunedì illustrerà nei dettagli tutti i passaggi che dimostrano la legittimità del patrimonio. Per il pm della Procura Antimafia di Venezia Giovanni Zorzi, il quadro non cambia e quindi chiederà al tribunale del riesame di Padova la conferma del provvedimento di sequestro. Che l’inchiesta sia clamorosa lo conferma l’onorevole Naccarato, più che mai convinto che l’Antimafia di Venezia abbia fatto solo il primo miglio di un percorso che rischia di portare molto lontanto. Impossibile fissare, oggi, il traguardo. Il motivo? Francesco Manzo è un personaggio con un curriculum che fa riflettere: ha diversi procedimenti penali per furto, truffa in concorso, associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, porto illegale di armi. Per l’Antimafia di Venezia, Manzo è sospettato di avere relazioni con la camorra e i big della Mala del Brenta, ma non è assolutamente indagato: proprio per questo il caso è singolare. Tra le ricchezze sequestrate a Manzo 40 appartamenti nel grattacielo Belvedere di Padova, la torre direzionale in costruzione alla Zip e un castello a Ponte nelle Alpi. «E' una vicenda esemplificativa», scandisce Naccarato, «che indica la facilità con cui persone con precedenti penali per gravi reati e sospettate di legami con la criminalità organizzata entrano in relazione con l'economia e l'impresa locale. Un pregiudicato, apparentemente privo di capitali a lui riconducibili, è riuscito a farsi erogare ingenti prestiti da istituti bancari, ad acquistare a prezzi elevatissimi numerosi beni e ad avviare la realizzazione tramite l'Interporto di Padova di una struttura immobiliare molto onerosa che, fino a quel momento, non aveva attratto l'interesse delle principali imprese di costruzione. Inoltre va evidenziato che la ditta scelta da Manzo per realizzare il centro direzionale dell'Interporto, la Steda spa, è sotto procedura fallimentare e i suoi soci sono sotto processo in Abruzzo per reati legati agli appalti per la ricostruzione post-terremoto», conclude l’onorevole Naccarato.
RICICLAGGIO DI CAPITALI SPORCHI: CINQUEMILA SEGNALAZIONI MATTINO DI PADOVA 7 FEBBRAIO 2015
La lotta al riciclaggio dei capitali sporchi, primo passo per bloccare l’infiltrazione della criminalità nell’economia legale, è prerogativa della Banca d’Italia, che applica il dlgs 231 del 2007 rivisto dai governi che hanno posto dei vincoli sempre più stretti all’uso del contante. Le operazioni bancarie hanno tutte una precisa tracciabilità e quando escono da conti correnti intestati a società di comodo scatta la segnalazione alla Uif, l’Unità di informazione finanziaria per l'Italia di via Nazionale. Il campanello d’allarme è scattato ben 65 mila volte nel 2013, con 5 mila Sos partiti dal Veneto con Verona in testa alla graduatoria con 1081 casi, seguita da Venezia con 1009 e poi da Vicenza e Padova. Nel primo semestre 2014 la classifica si è rovesciata con Padova clamorosamente prima con 792 segnalazioni, con un incremento del 50% su Verona, Vicenza e Venezia. Ciò dimostra che gli strumenti di controllo attivati da Banca d'Italia hanno funzionato: le segnalazioni trasmesse poi alla polizia giudiziaria, alla Dia e alla Guardia di Finanza sono alla base delle indagini sul riciclaggio dei capitali e delle inchieste della magistratura. A fornire la statistica è sempre l'onorevole Alessandro Naccarato, che ricorda come ogni sei mesi sul tavolo della Commissione parlamentare Antimafia arrivi la relazione con le notizie di reato. Il Veneto fino a pochi anni fa in coda alla graduatoria ora svetta ai primi posti con l’Emilia e la Lombardia, conquistate dalla ’ndrangheta calabrese: un primato assai poco incoraggiante, che deve far riflettere. Ma gli strumenti per contrastare il riciclaggio dei capitali sporchi ci sono. Il «filtro» Uif-Bankitalia indica nel dettaglio le operazioni sospette ricevute e questi dossier finiscono sul tavolo della Guardia di finanza e della Dia che debbono indicare il numero di casi investigati. L’ultimo passo spetta alla magistratura che può applicare il provvedimento di sequestro o confisca dei beni, non solo nei confronti di persone condannate per reati di riciclaggio, ma anche nei confronti di chi dichiara al fisco un reddito da fame e non sa poi come dimostrare l’origine del proprio patrimonio. Il caso di Francesco Manzo diventa un paradigma assoluto perché, come ricorda Naccarato, mai fino ad oggi nessuna procura Antimafia aveva messo i sigilli su un tesoro di 130 milioni di euro senza far scattare prima le manette ai polsi di una persona. Il blitz della Dia di Bologna, con 117 arresti e 46 fermi tra Reggio Emilia, Mantova, Verona e Vicenza ha smantellato la rete di imprese legate alle ’ndrine che hanno fattosoldi a palate con il business della ricostruzione del terremoto in Emilia: i beni sequestrati a questi 160 imputati sono inferiori ai 130 milioni congelati a Manzo. Nel blitz della Dia di Bologna, un ruolo decisivo veniva svolto da Michele e Sergio Bolognino, che tentarono di inserirsi in un’azienda di Galliera Veneta travolta dalla crisi e ora salvata dalla chiusura. Il filone Bologna-Reggio Emilia-Verona riserverà altre sorprese per gli affari che legano le aziende locali con alcuni degli imprenditori nei guai. E i legami con la politica? Tutti da decifrare. Ma quando si prescinde dagli appalti pubblici, camorra e ’ndrangheta evitano di sprecare soldi in tangenti e puntano direttamente al business: riciclano in attività immobiliari. Comprano case, terreni, alberghi. E anche castelli. Quanto basta perché la Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi faccia un salto a Venezia, per aprire il dossier Veneto.
Per saperne di più leggi i seguenti documenti
RELAZIONE SULLA PRESENZA CRIMINALITA' ORGANIZZATA
VENETO «LAVATRICE», TREMILA OPERAZIONI SOSPETTE. INFILTRAZIONI MAFIOSE, LA DENUNCIA DI NACCARATO (PD): «IN REGIONE PRESENZA STABILE» CORRIERE DEL VENETO 7 FEBBAIO 2015
Tremila operazioni sospette di riciclaggio segnalate alla Banca d’Italia in soli sei mesi, i primi del 2014. Con Padova che con le sue 792 operazioni degne d’attenzione da parte degli 007 della finanza nel primo semestre dell’anno scorso, è la prima città veneta controllata. Questo quando in tutto il 2013 in Veneto il numero totale non era arrivato a sfondare il tetto di 5mila segnalazioni. Ma non solo questo. I dati presentati ieri mattina dal deputato del Pd Alessandro Naccarato sulle infiltrazioni mafiose in Veneto lanciano l’allarme: «Nella nostra regione – sostiene Naccarato – la presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso è stabile». Lo dicono anche gli altri dati analizzati per la relazione del Forum sicurezza del Partito democratico. I riciclaggi denunciati da gennaio a giugno 2014 sono 16: segno, sostiene ancora il deputato Pd, della volontà della malavita organizzata di voler usare il Veneto e le sue imprese come «lavatrice» di denaro sporco. In salita anche gli altri reati «tipici» della mafia: le estorsioni denunciate («perché c’è anche chi, intimorito, non denuncia», fa notare Naccarato) sono 117, quando nei dodici mesi del 2013 si era arrivati a 317. Stesso discorso vale anche per l’usura: 13 vittime nel primo semestre dell’anno scorso, 24 in tutto il 2013. Più di metà anche le corruzioni e le concussioni (57 in totale contro le 96 da gennaio a dicembre di due anni fa). «La cronaca – conclude l’esponente del Pd - racconta di un Veneto sempre più avvolto dai tentacoli della mafia che sfonda anche in quelle che erano le isole felici di una volta. Ci sono stati numerosi episodi che confermano la presenza, poco visibile ma attiva, di soggetti collegati a gruppi mafiosi». Lampante, tra gli altri, l’esempio di quanto accade con la crisi nel bacino delle Terme Euganee, con il giro vorticoso delle proprietà degli hotel, che passano di mano in mano, «comprati in contanti e a prezzi elevatissimi».
INTERROGAZIONE DEL PD SULLA CAMORRA A PADOVA
Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 30 gennaio la direzione distrettuale antimafia di Venezia ha disposto il sequestro di beni per 130 milioni gestiti, secondo l'accusa, direttamente e indirettamente da Francesco Manzo; la direzione distrettuale antimafia inoltre ha disposto 42 perquisizioni domiciliari a carico di presunti intestatari fittizi dei beni nelle province di Padova, Vicenza, Treviso, Belluno, Varese, Ferrara, Bologna, Siena, Roma, Napoli, Salerno, Taranto, Matera e Cosenza; l'operazione è il risultato di anni di indagini approfondite dei carabinieri di Padova e delle autorità giudiziarie competenti e costituisce il più importante sequestro di beni mai effettuato in Veneto; Francesco Manzo, residente a Padova, ha diversi precedenti penali per gravi reati contro la persona e contro il patrimonio: bancarotta fraudolenta, truffa in concorso, emissione di assegni a vuoto, furto, sequestro di persona, porto illegale di armi, associazione per delinquere; Manzo è accusato per attribuzione e trasferimento fittizi di beni ed utilità; Francesco Manzo, secondo gli inquirenti, ha relazioni con la ex Mala del Brenta e con la camorra; tra i beni sequestrati, oltre a 52 società, ci sono 350 unità immobiliari, tra cui 40 appartamenti nel grattacielo Belvedere davanti alla stazione di Padova, il palazzo in costruzione del centro direzionale dell'Interporto di Padova, un castello a Ponte nelle Alpi; l'entità dei beni sequestrati appare smisurata rispetto al reddito di 14 mila euro annui dichiarato dal Manzo, in quanto lavoratore dipendente di una società; l'entità dei beni, i precedenti penali e i legami del Manzo con appartenenti alla criminalità organizzata hanno determinato negli organi inquirenti il sospetto che la ricchezza sequestrata sia il prodotto del riciclaggio di ricchezze occulte; il sequestro ha suscitato grande clamore nell'opinione pubblica e ha destato particolare attenzione e allarme nella popolazione per i pericoli derivanti dalla presenza di persone e capitali riconducibili alla criminalità organizzata; in particolare ha prodotto paura e stupore il fatto che una persona con significativi precedenti penali e un normale reddito da lavoro dipendente sia riuscito per anni a farsi erogare prestiti da istituti bancari per il valore di decine di milioni –:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti; in che modo, per gli aspetti di rispettiva competenza, i Ministri intendano intervenire per prevenire e contrastare il ripetersi di fenomeni di riciclaggio; se gli uffici territoriali di Governo, competenti per territorio, abbiano mai adottato provvedimenti interdettivi antimafia nei confronti delle società riconducibili a Francesco Manzo, e, in caso affermativo, per quali società; se gli uffici territoriali di Governo, competenti per territorio, intendano adottare provvedimenti interdettivi antimafia nei confronti delle società riconducibili a Francesco Manzo; se il Ministro dell'interno intenda potenziare la presenza delle forze dell'ordine per prevenire e contrastare la presenza della criminalità organizzata soprattutto nel settore economico e finanziario.
(4-07874)
ILVA: SALVARE LA PRODUZIONE DI ACCIAIO IN ITALIA
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SOLE 24 ORE 11 FEBBRAIO 2015
ECONOMIA: PRIMI SEGNALI POSITIVI
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OGM: APPROFONDIRE PER COMPRENDERE
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LA REPUBBLICA 8 FEBBRAIO 2015
Lo statuto speciale può attendere. Nell’ambito della riforma dell’articolo 116 della Costituzione, che riconosce alle Regioni “virtuose” ulteriori forme di autonomia in determinate materie, purché si trovino in condizioni di equilibrio di bilancio, la Camera ha infatti respinto, a larghissima maggioranza, due emendamenti (uno della Lega Nord e l’altro dall’onorevole Simonetta Rubinato del Pd) che puntavano ad aggiungere il Veneto alle cinque Regioni che già godono di una particolare autonomia. In particolare l’emendamento 30.28, appoggiato dal Carroccio, ha raccolto 86 voti favorevoli e 345 contrari; quello dell’onorevole Rubinato (il 30.29) si è fermato a soli 29 voti favorevoli, a fronte di 356 contrari. L’emendamento leghista ha visto contrario il Pd (assenti Crimì, Dal Moro, De Menech, Moretto e Rubinato); a favore i pentastellati (assenti Rostellato e Turco, passati al gruppo Misto); favorevoli gli esponenti veneti del Carroccio. Un sì è arrivato da Capua di Scelta Civica, un no da Quintarelli; assenti Catania e Zanetti. Articolato il voto di Forza Italia: assenti Brunetta, Galan, Longo,Milanato; favorevoli Giorgetti e Polidori; contrario Valentini. Sul fronte del “no” anche Causin (Area Popolare) e Marcon di Sel; assente Pastorelli (Psi-Pli). Per quanto riguarda l’emendamento Rubinato, la stessa parlamentare trevigiana prima lo ha illustrato in aula e poi lo ha ritirato. Ma a quel punto la proposta è stata rilanciata dal leghista Busin, sicchè l’onorevole Rubinato si è vista costretta ad approvarla, mentre i compagni di partito la bocciavano. Ieri sono fioccate le prese di posizione. «Gli estensori della proposta di statuto speciale per il Veneto», afferma Alessandro Naccarato, che ha votato convintamente no, «hanno sostenuto che la nostra Regione confina con altre Regioni a statuto speciale e quindi meriterebbe analogo trattamento. È evidente come questo argomento sia ridicolo: procedendo in questo senso si sposterebbero via via i confini del regime di specialità, innescando un effetto domino». Di tutt’altro avviso il capogruppo leghista in consiglio regionale, Federico Ca
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