LA LEGGE “ANTI MOSCHEE” E' INUTILE E INCOSTITUZIONALE MATTINO DI PADOVA 22 APRILE 2016
La legge “anti moschee”, approvata dal Consiglio regionale del Veneto lo scorso 5 aprile, è in contrasto con la Costituzione per almeno tre motivi. Innanzitutto la legge regionale del Veneto cerca di limitare l'esercizio del culto introducendo nuove norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio. La Corte costituzionale ha già dichiarato incostituzionale, con la sentenza numero 63 del 24 marzo 2016, la legge regionale della Lombardia che, con disposizioni simili a quelle del Veneto, aveva provato a condizionare la professione della religione attraverso norme urbanistiche sui luoghi di culto. Infatti la professione della fede religiosa è materia di competenza esclusiva dello Stato e non delle Regioni. L'apertura dei luoghi di culto è condizione essenziale per l'esercizio pubblico della religione. Pertanto le Regioni non possono introdurre disposizioni che condizionino la professione della religione, neppure in relazione alle attrezzature e agli immobili destinati al culto. In secondo luogo la legge regionale prevede l'uso della sola lingua italiana per le attività religiose e introduce così condizioni non previste dalla carta costituzionale. Infatti l'articolo 19 della Costituzione riconosce a tutti “il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma” e di “esercitarne in privato e in pubblico il culto” con l'unico limite dei riti contrari al buon costume. La Regione non può approvare norme che ostacolino o compromettano la libertà di religione attraverso limitazioni linguistiche. Infine la legge regionale assegna ai Comuni la facoltà di indire referendum sulla realizzazione e sulla pianificazione dei luoghi di culto, sottoponendo le scelte a decisioni di maggioranze politiche. In questo modo si può limitare la professione della religione in contrasto con le previsioni dell'articolo 19 della Costituzione. Come già accaduto con la legge della Lombardia, la legge “anti moschee” del Veneto sarà annullata dalla Corte costituzionale. A quel punto sarà evidente a tutti che la Regione ha approvato una legge inutile e discriminatoria, che favorisce la demagogia e comporta soltanto costi amministrativi e spreco di risorse pubbliche.
‘NDRANGHETA, I PRIMI CONDANNATI «VENETI». PROCESSO «AEMILIA», 24 ANNI A 4 CALABRESI TRAPIANTATI A VERONA E VICENZA. NACCARATO (PD): «ISTITUZIONI IMPREPARATE» CORRIERE DEL VENETO 24 APRILE 2016
Ventiquattro anni e 11 mesi. Questo è il totale delle condanne in rito abbreviato per i quattro mafiosi veneti sodali alla ‘ndrangheta coinvolti nel processo «Aemilia». Cioè il primo vero grande processo contro la ‘ndrangheta a Nordest, che si celebra a Bologna (la prima fase, quella dei riti abbreviati, si è chiusa l’altro giorno in totale con 12 assoluzioni, una prescrizione e 58 condanne, per un totale di 305 anni di galera). Si tratta delle prime vere condanne per mafia calabrese nella nostra regione. E se qualcuno ancora crede che i tentacoli della mafia non siano perfettamente in simbiosi col territorio basta ricordargli che i vertici criminali che comandano queste famiglie hanno costruito indisturbate anche simboli della legalità, come la caserma dei carabinieri di Dueville nel Vicentino, prima di essere fermate dall’antimafia.
I primi quattro condannati per mafia calabrese in Veneto sono imprenditori edili ben inseriti nel contesto dei subappalti: Salvatore Cappa detto «Turuzzu» 46 anni, nativo di Cutro ma residente ad Arcole (Vr), 9 anni e 4 mesi; Francesco Gullà, nato a Isola Capo Rizzuto nel ‘76 e residente sempre ad Arcole, a lui il giudice ha dato 4 anni; Giuseppe Frontera, 41 anni residente ad Orgiano, nel vicentino, per lui 8 anni e 10 mesi, e infine Raffaele Oppido, cutrese 56enne di Roverchiara (Vr), destinatario di una condanna a due anni e 9 mesi. Tutti quanti imputati per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati connessi. Ma l’inchiesta, divisa in tre diverse tranche visto che i sodali di ‘ndrangheta tra Emilia, Crotone e Veneto sono oltre 200, cita altri nomi «local», come quelli di Andrea Bighignoli, promotore finanziario 40enne veronese; Salvatore Grossetti, nato a Cutro nel ‘66 residente a Montecchia di Crosara, Salvatore Lerose, nato a Cutro nel ‘74 e residente nella provincia veronese. E come dimenticare i Bolognino: Sergio, che abita a Rosà, e il fratello mafioso Michele che vanta al suo attivo diverse condanne per 416 bis. Di loro si venne a sapere per caso, per una lite scoppiata in un’azienda del Padovano nel 2013. Ebbene, entrambi sono imputati in questo maxi-processo. In ogni caso, stando alle accuse del processo «Aemilia», la ramificazione veneta del «clan» aveva il compito di riciclare il denaro che sgorgava dalle varie attività illecite e per farlo usava ditte e prestanome che coinvolgeva in un giro di fatture false. A tessere le trame venete dei Grande Aracri, una delle più potenti ‘ndrine calabresi, sarebbe stato Salvatore Cappa, amministatore della Secav srl con sede a Roverchiara ma «filiale» anche a Castelnuovo. Stando alle ordinanze i mafiosi trapiantati in Veneto non disdegnavano minacce o estorsioni alle teste di legno che si rifiutavano di stare ai loro patti.
«La sentenza di del processo “Aemilia” conferma l’insediamento della ‘ndrangheta in diverse zone dell’Emilia e del Veneto – afferma il parlamentare del Pd Alessandro Naccarato, membro della commissione Antimafia - dall’indagine è emerso con chiarezza che la ‘ndrangheta agiva in Veneto e stava sviluppando affari criminali interrotti soltanto dagli arresti del gennaio 2015. Per riscontrare le presenze mafiose nelle imprese locali basta ricordare le vicende del fallimento “Rizzi” a Verona e la gestione della Gs scaffalature di Galliera veneta, dove era impegnata la famiglia Bolognino, e le numerose interdittive antimafia emanate dalla prefettura di Verona negli ultimi mesi. La sentenza – continua Naccarato - deve costituire un punto fermo per intensificare le attività di prevenzione e contrasto delle mafie che per troppo tempo sono state agevolate dalle sottovalutazioni e dalla scarsa preparazione di molte istituzioni».
LA CAMERA HA VOTATO E DECISO: GIANCARLO GALAN NON È PIÙ DEPUTATO CORRIERE DEL VENETO 28 APRILE 2016
La Lega, per dieci anni mal sopportata alleata in Regione, ha votato convintamente «sì». E pure tra i suoi compagni di partito, in Forza Italia, si è registrata una manciata d’inaspettate ribellioni, in controtendenza rispetto all’indicazione del gruppo: «Si vota “no” per rispetto della Costituzione». Sta di fatto che, alla fine, la decadenza di Giancarlo Galan dalla carica di deputato è passata con una maggioranza larghissima, inequivocabile: 388 favorevoli su 435 presenti (7 astenuti, 40 contrari). «Un verdetto già scritto» aveva commentato alla vigilia l’avvocato di Galan, Antonio Franchini. E in effetti è andata così. Anche perché la legge Severino, sul punto, ai più è sembrata chiarissima: se sopravviene una condanna durante il mandato, il parlamentare deve lasciare lo scranno. E siccome Galan ha patteggiato 2 anni e 10 mesi di reclusione nell’ambito del processo sulle tangenti del Mose e quanto agli effetti la sentenza di patteggiamento è equiparata a quella di condanna, a Montecitorio hanno ritenuto ci fosse poco altro da aggiungere. (...)
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GIUNTA PER LE ELEZIONI
L'UNITA' 28 APRILE 2016
APPROVATO IL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA ALLA CAMERA
Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall'Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo, occupazione, riduzione del rapporto debito-Pil nonché per gli altri obiettivi programmatici prefigurati dal Governo per l'anno in corso e per il triennio successivo.
Il Documento si articola in tre sezioni, Programma di stabilità, Analisi e Tendenze della Finanza pubblica, Programma Nazionale di riforma e riguarda per il periodo 2016-2019 le modalità e la tempistica attraverso le quali l'Italia intende proseguire nel risanamento dei conti pubblici e, nel contempo, illustra le politiche mediante cui perseguire gli obiettivi di crescita e di sviluppo, anche sulla base degli indirizzi formulati dall'Unione Europea.
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DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA
CORRIERE DELLA SERA 28 APRILE 2016
AGENDA
GIOVEDI' 28 APRILE ORE 17.30 FONDAZIONE ISTITUTO GRAMSCI SALA BIBLIOTECA - VIA SEBINO 43A - ROMA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DIFENDERE LA DEMOCRAZIA

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