'NDRANGHETA IN VENETO L'8 MARZO LE FORZE DELL'ORDINE HANNO SCOPERTO UNA TRUFFA A DANNO DI 150 IMPRESE VENETE AD OPERA DI ALCUNI MALVIVENTI VICINI ALLA 'NDRANGHETA
Le mani della ’ndrangheta nel mondo imprenditoriale del Nordest. Le ’ndrine coprivano l’attività di due calabresi trapiantati a Nordest che investivano soldi sporchi in aziende in crisi e dopo averle spogliate le usavano per acquistare prodotti vari, non pagandoli e piazzando la merce in Calabria. Quindi l’azienda veniva chiusa. Con un’indagine durata tre anni i carabinieri, coordinati dalla Procura antimafia di Venezia, hanno smantellato l’organizzazione che aveva truffato ben 150 imprese, per un giro d’affari di 12 milioni di euro. L’organizzazione. Sessanta le persone indagate. Sette quelle raggiunte da misura cautelare. A vario titolo devono rispondere del reato di associazione per delinquere finalizzata alle consumazioni di truffe, anche ai danni di istituti di credito e finanziari, bancarotte fraudolente, indebiti utilizzi di carte di credito e di prelievo di carburanti, ricettazione, riciclaggio e violenza privata, con l'aggravante, per diversi di loro, di aver agito avvalendosi dei metodi mafiosi, anche al fine di agevolare la ’ndrangheta. (...) scarica il PDF

«BISOGNA TENERE ALTO IL LIVELLO DI GUARDIA» MATTINO DI PADOVA 8 MARZO 2017
Un territorio che attrae oltremodo per la tipologia di piccole e medie imprese, fortuna e motore del Nordest. Il boom di segnalazioni di operazioni sospette in netto aumento (il Veneto è la quinta regione in Italia e il dato è in crescita costante in tutte le province), così come l’aumento delle operazioni delle forze dell’ordine per smantellare presunte infiltrazioni mafiose. «Inutile negarlo, il Veneto è attrattivo per le organizzazioni criminali: le mafie cercando di investire i profitti in territori lontani dagli insediamenti tradizionali con l’obiettivo di riciclare il denaro e viziare la concorrenza a danno degli operatori onesti. Il Veneto con il suo tessuto si presta. Quello che è emerso con l’inchiesta Aemilia in Emilia Romagna, sta emergendo con forme minori anche in Veneto». Non ha dubbi Alessandro Naccarato, deputato padovano del Pd e componente della Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi: l’operazione messa a segno ieri dai carabinieri «testimonia come sia necessario tenere alto il livello di attenzione verso il fenomeno mafioso in Veneto che, nonostante l’ottimo lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, rimane un territorio fortemente a rischio. Le organizzazioni criminali hanno messo radici profonde in Veneto e occorre diffondere la coscienza del pericolo che affrontiamo, evitando le sottovalutazioni del passato e rafforzando gli strumenti a disposizione delle autorità per prevenire e contrastare i traffici delle mafie nella nostra regione». «Spesso all’inizio è l’imprenditore che cerca il contatto, attratto da ipotesi di guadagni facili», chiarisce il deputato, «Quando si accorge del sistema in cui è finito, è troppo tardi. E spesso, in virtù del rapporto di iniziale reciproca convenienza, denunciare può essere difficile». Come reagire? Anzitutto prendendo atto che il fenomeno esiste. E poi la prevenzione e la repressione. La prima, secondo Naccarato, va fatta «coinvolgendo gli operatori economici, dagli imprenditori alle Camere di commercio». E poi la repressione, «con maggiori controlli e potenziamento dei mezzi a disposizione della Finanza». Fondamentale, secondo Naccarato, è il ruolo di prevenzione e controllo dei tribunali fallimentari: «La modalità di ingresso nel tessuto economico avviene attraverso reati economici, in primis le false fatturazioni: i primi sospetti nascono dalla verifica della corrispondenza tra le fatture emesse e la produzione reale». I comparti più a rischio infiltrazioni sono la logistica, il commercio, le piccole attività produttive «predilette perché meno controllate», precisa il deputato del Pd. (...)
LA CAMERA APPROVA I NUOVI STRUMENTI PER LA SICUREZZA NELLE CITTA'
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LA DICHIARAZIONE DI VOTO DI ALESSANDRO NACCARATO
Il decreto legge ha l’obiettivo di aumentare la sicurezza e la libertà dei cittadini con strumenti efficaci coinvolgendo tutte le istituzioni e mettendo al centro dell’azione di governo le persone che vivono nelle periferie delle grandi aree urbane, che sono le zone spesso più degradate e meno sicure e dove si scaricano le tensioni sociali della crisi.
Le difficoltà e i disagi presenti nelle grandi città sono descritti bene dalla relazione del ministro dell’interno sull’attività delle forze di polizia. Questo documento indica che nel 2015 il 26,6% dei furti è avvenuto in 9 realtà metropolitane distribuite in tutto il paese: Roma, Mi, Na, To, Ge, Fi, Ba, Pa e Ancona. E bene ha fatto la Camera a costituire nello scorso autunno una commissione di inchiesta per verificare lo stato di degrado e il disagio delle città e delle periferie. Siamo infatti consapevoli che le zone periferiche delle città, dove spesso abitano le persone con maggiori difficoltà economiche, hanno bisogno di attenzioni e interventi specifici per migliorare la qualità della vita e prevenire il degrado e l’insicurezza.
La stessa relazione registra anche per il 2015 una diminuzione dei reati che conferma una tendenza in atto dal 2014 e che vede l’Italia tra i paesi europei con una delittuosità inferiore alla media in particolare per gli omicidi. Non bisogna dunque rappresentare il nostro paese come una realtà in preda al crimine dove comandano i delinquenti. Alimentare questa falsa immagine, magari per alzare gli ascolti di un programma tv o le vendite di un giornale o per raccogliere qualche voto, aumenta la paura ed è un errore che peggiora le condizioni di vita delle persone. Il calo dei reati dipende soprattutto dall’efficienza di un sistema di sicurezza che, pur con limiti e difetti, funziona, è bene organizzato, può contare su professionisti preparati, le donne e gli uomini delle forze dell’ordine e della polizia locale ai quali va il nostro apprezzamento. Il decreto si occupa di prevenzione e di repressione e non si limita, come spesso si è fatto in passato, senza successo, all’inasprimento propagandistico delle sanzioni amministrative e penali. Per questa ragione il provvedimento estende la sicurezza agli interventi di riqualificazione delle periferie finanziati con un apposito fondo istituito dalla legge di bilancio 2017 con risorse per 8,5 miliardi nel triennio 2017-2019.
Ci sono 5 motivi fondamentali per sostenere i contenuti del decreto.
1. Definisce con chiarezza la sicurezza pubblica La sicurezza urbana viene definita un bene pubblico che riguarda la vivibilità e il decoro delle città. Il testo indica gli interventi per perseguirla: riqualificazione, urbanistica, sociale, culturale oltre che economica, e recupero delle aree degradate, eliminazione dei fattori di esclusione sociale, prevenzione della criminalità, promozione della cultura del rispetto della legalità, affermazione di più elevati livelli di coesione sociale convivenza civile. E’ la prima volta che in una legge la sicurezza urbana viene definita un bene pubblico e che viene legata alla riqualificazione.
2. Il decreto migliora l’assetto istituzionale del governo della sicurezza definendo ruoli e competenze con precisione Questo modello si fonda su linee generali per la promozione della sicurezza proposte dal mininterno che devono essere poi sancite con accordo nella conferenza unificata. Da un lato lo Stato, attraverso prefetti e questori, si occupa di ordine pubblico e sicurezza in via esclusiva; dall’altro promuove accordi con regioni e comuni per realizzare la sicurezza integrata. Così le competenze sono chiare e ogni soggetto istituzionale sa cosa fare senza sovrapposizioni. Nelle città metropolitane sono istituiti specifici comitati metropolitani. I patti per la sicurezza urbana, sottoscritti da sindaci e prefetti, hanno l’obiettivo di: prevenire e contrastare la criminalità diffusa e predatoria; promuovere il rispetto della legalità, anche con iniziative di dissuasione delle condotte illecite; promuovere il rispetto del decoro urbano; promuovere l’inclusione, la protezione e la solidarietà sociale con azioni mirate ad eliminare i fattori di marginalità. Per attuare i patti le spese per installare i sistemi di video sorveglianza sono esclusi dal patto di stabilità interna.
3. Il decreto riconosce una funzione molto importante alla polizia locale nelle politiche per la sicurezza integrata La polizia locale non è la polizia di serie b, ha compiti diversi dalle forze dell’ordine, svolge una funzione importantissima di conoscenza del territorio e mantiene relazioni quotidiane con i cittadini costituendo di fatto una sorta di polizia di prossimità. Abbiamo bisogno di questo lavoro e dobbiamo coordinarlo meglio con quello delle forze dell’ordine perché aiuta a prevenire con largo anticipo comportamenti illeciti che spesso assumono una deriva criminale. Per queste ragioni il decreto, in attesa di una riforma organica della polizia locale, interviene per dotare la polizia locale di strumenti più efficaci. Il decreto promuove: lo scambio informativo e la cooperazione tra polizia locale e forze di polizia; l’accesso alla rispettive banche dati; l’interconnessione delle sale operative della polizia locale con le sale operative delle forze di polizia Favorisce l’aggiornamento e la formazione professionale Ripristina per gli appartenenti alla polizia locale l’equo indennizzo e il rimborso delle spese di degenza per cause di servizio, eliminati nel 2011 dal governo Monti. Questo è un risultato importante che riconosce in modo concreto l’attività preziosa e pericolosa che ogni giorno svolgono le donne e gli uomini della polizia locale. La possibilità per i comuni con i bilanci in ordine di assumere agenti di polizia locale.
4. Il decreto aumenta il potere dei sindaci e dei comuni nella prevenzione dei reati Finiscono la confusione e la propaganda sui sindaci sceriffi. I sindaci potranno adottare ordinanze anche in presenza della necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria, di degrado, di pregiudizio del decoro, della vivibilità urbana e con riferimento particolare alle esigenze di tutela della tranquillità e dl riposo dei residenti e per superare situazioni di degrado dell’ambiente e del patrimonio culturale. Inoltre potranno intervenire anche in materia di orari di vendita per asporto e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche e degli orari di apertura delle sale giochi. Come si vede il decreto stabilisce poteri chiari e definiti e risorse, per i comuni con i bilanci in ordine, per sistemi di videosorveglianza e per assunzioni di nuovo personale.
5. Il decreto introduce nuovi strumenti efficaci di prevenzione e repressione. Sanzioni amministrative e l’allontanamento per chi limita la libera accessibilità e fruizione di alcuni luoghi pubblici, per i parcheggiatori abusivi, per le persone in stato di ubriachezza, per chi esercita il commercio abusivo, per tutelare le aree turistiche e le zone vicine alle scuole e alle sedi universitarie La reiterazione di queste condotte illecite, se produce un pericolo per la sicurezza, comporta la possibilità di adottare ( su decisione del questore) un divieto di accesso alle aree interessate Misure per limitare il fenomeno dell’abuso delle sostanze alcoliche soprattutto dei giovani che spesso determinano episodi di violenza contro il patrimonio e le persone La possibilità di subordinare l’applicazione della sospensione condizionale della pena per chi deturpa o imbratta cose altrui, all’obbligo del ripristino e ripulitura dei luoghi danneggiati o alla corresponsione delle spese relative o alla prestazione di attività non retribuite per la collettività Misure per tutelare i diritti dei proprietari degli edifici occupati abusivamente Strumenti per realizzare il numero unico europeo 112 e le relative centrali operative. Divieto di accesso o di stanziamento nelle vicinanze nei locali pubblici dove sono stati commessi illeciti per le persone condannate per traffico e detenzione di stupefacenti Ripristino fino al 30.6.2020 dell’efficacia della disciplina dell’arresto in flagranza differita per i reati commessi in occasione di manifestazioni sportive e l'estensione di questo istituto ai reati violenti commesssi in occasione di manifestazioni pubbliche. L’arresto differito, che può avvenire quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica e quando la documentazione videofotografica individua inequivocabilmente reato e autore, è molto importante per consentire alle forze dell’ordine, che spesso sono esposte a rischi e pericoli molto seri, di lavorare in condizioni più sicure e con risultati più incisivi.
Per il Pd la sicurezza è il risultato di interventi equilibrati di prevenzione e repressione del disagio e del crimine. Questi due elementi non possono essere separati. Qui c’è una differenza politica e culturale rilevante tra destra e sinistra. La destra alimenta l’illusione che la sicurezza si possa tutelare con l’inasprimento delle pene, la creazione di barriere, il ricorso a forme di autodifesa privata anche armata. Noi pensiamo che prevenzione e repressione debbano muoversi di pari passo, sapendo che esse sono efficaci solo se praticate in modo complementare e integrato coinvolgendo tutte le istituzioni.
La repressione di chi delinque è parte integrante della prevenzione dei reati perché la rende credibile ed efficace. Allo stesso tempo la repressione da sola non funziona perché non incide sulle cause dei reati e non ne rimuove le ragioni sociali e culturali. Ed è proprio questa la novità del decreto che finalmente affronta in modo concreto la questione e supera luoghi comuni dannosi. Quando si stabilisce che i patti per la sicurezza comprendono interventi di inclusione e solidarietà sociale con azioni mirate ad eliminare i fattori di marginalità e interventi di contrasto della criminalità, si uniscono sul serio prevenzione e repressione. Per il Pd la riqualificazione delle periferie e delle zone degradate è decisiva per aumentare la sicurezza. Questo tema è stato sottovalutato per troppo tempo da molte forze politiche. Da una certa destra che ha alimentato la paura per raccogliere voti. Da una certa sinistra che ha abbandonato i ceti popolari e frequenta più i salotti televisivi e i social network che le periferie urbane. La povertà, il disagio sociale, la paura non possono essere solo l’oggetto di qualche convegno di studio o di assistenza caritatevole; devono essere al centro di una strategia di riqualificazione e di sviluppo sostenuta da interventi concreti e da risorse per sradicare la povertà e promuovere il rilancio culturale, occupazionale ed economico dei cittadini più deboli. Per noi la sicurezza è una priorità che riguarda soprattutto i cittadini più deboli che vivono nelle zone periferiche delle città. Per questo il pd è impegnato per tutelare il diritto alla sicurezza e per sostenere il lavoro quotidiano delle forze dell’ordine e della polizia locale. Rivendichiamo con orgoglio, e bene ha fatto il relatore on Fiano a ricordarlo nel corso del dibattito, quanto è stato fatto in questi anni dal centro sinistra.
I numeri parlano da soli. Con la dx e la lega al governo nel triennio 2009-2011 sono stati tagliati 4 miliardi al comparto di sicurezza e difesa. Nelle ultime 4 leggi di stabilità i governi di centrosinistra hanno aumentato le risorse per la sicurezza di 5,6 miliardi.
Per una forza di sinistra, come il pd, che è presente nelle periferie delle città e che ascolta e vuole rispondere alla domanda di sicurezza e di maggiori garanzie proveniente dalle persone in difficoltà, la sicurezza è un diritto che deve essere assicurato dallo Stato e dai poteri pubblici perché consente di vivere liberi dalla paura. La sicurezza è una condizione per affermare la democrazia perché permette di non farsi condizionare da timori irrazionali e da campagne che alimentano gli istinti peggiori e il ricorso alla violenza.
Per aumentare la sicurezza servono norme efficaci e risorse per controllare il territorio, migliorare la qualità della vita, superare il disagio, riqualificare le aree degradate. Per queste ragioni il pd voterà a favore del decreto legge per la sicurezza urbana.
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Testo del provvedimento
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