SCONTRI NELLE PIAZZE, SCENE DA GUERRIGLIA MATTINO DI PADOVA 18 LUGLIO 2017
Tre fermi, un giudizio per direttissima (calendarizzato per stamattina alle 11), ma soprattutto botte e almeno tre feriti. Si è conclusa così ieri sera la manifestazione, promossa dal centro sociale Pedro, Adl Cobas, dai militanti del Partito Comunista dei lavoratori e dall'associazione Razzismo Stop. L'iniziativa era nata con l'obbiettivo di contrastare il corteo organizzato da Forza Nuova contro lo ius soli. Piazza delle Erbe si è tinta del rosso dei fumogeni, accompagnati dal rumore dei manganelli, dei petardi e della grida. La polizia è stata costretta a caricare i circa trecento manifestanti, che hanno cercato in tutti i modi di arrivare in piazza Antenore, dove nello stesso momento stavano manifestando i militanti di Forza Nuova, circa duecento. Un giovane di ventiquattro anni, appartenente ai centri sociali, è rimasto leggermente ferito alla testa ed è stato prontamente soccorso: tre persone sono state identificate e fermate dalle forze dell'ordine.A guardare la scena una piazza delle Erbe estiva, gremita di persone spaventate e attonite. Inizialmente, secondo quanto aveva ordinato la Prefettura, le due manifestazioni dovevano essere dei sit-in: uno, quello del Pedro, in piazza Insurrezione; l'altro, quello di Forza Nuova, in piazza Antenore.Non erano però autorizzati i cortei. Ma, quando in piazza Insurrezione, dov'era presente la consigliera comunale di Coalizione Civica, Daniela Ruffini, è arrivata la notizia che in realtà Forza Nuova stava sfilando da Prato della Valle a piazza Antenore, gli antagonisti hanno fatto la voce grossa e, sfidando la polizia, hanno dato vita ad un corteo che ha attraversato il cuore della città, fino a piazza delle Erbe dove la polizia è stata costretta a bloccarli. Sull'altro versante Forza Nuova, che più volte ha tentato di raggiungere le piazze ma è stata bloccata dalla polizia, seppur senza cariche. Un momento di particolare tensione si è verificato quando è esplosa una bomba carta; due poliziotti sono rimasti feriti (uno al piede e uno alla schiena). Entrambe le manifestazioni sono terminate attorno alle 22.30. L'appuntamento per i militanti di Pedro, Adl Cobas, Partito Comunista dei lavoratori e Razzismo stop è per questa mattina alle 11 davanti al tribunale, dove si terrà la direttissima dei loro tre compagni. A stretto giro di posta è arrivata la presa di posizione congiunta del sindaco Sergio Giordani, che ha la delega alla Sicurezza urbana, e del vicesindaco Arturo Lorenzoni: «Condanniamo in maniera totale e ferma ogni forma di violenza, non è per noi accettabile che Padova viva scene come quelle che si sono viste ieri sera nelle piazze. Le ragioni di una città, che tutti noi vogliamo aperta e lontana da messaggi di odio e chiusura come quella che abbiamo cominciato a costruire, devono essere difese esclusivamente con la forza della mobilitazione democratica, con la presa di posizione civica, con il coraggio della non violenza. Ci dissociamo quindi - chiudono Giordani e Lorenzoni - da ogni forma di violenza e continueremo a batterci per il dialogo nel solco della legalità». Sull'altro versante il consigliere della Lega Nord, Alain Luciani, ha commentato sdu Facebook: «Bentornata Vecchia Padova». Aggiungendo l'hasthag: «PrayforPadova». Certo è che da anni Padova non assisteva a scene di violenza di questo tenore e che molti cittadini sono rimasti sconcertati.
INTERROGAZIONE AL MINISTRO DELL'INTERNO SUGLI SCONTRI DI PADOVA INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA - 19 LUGLIO 2017 CAMERA DEI DEPUTATI - SEDUTA 837
Al Ministro dell'interno. Per sapere – premesso che: il 17 luglio 2017 a Padova alcune persone appartenenti all'area dei centri sociali hanno aggredito con violenza gli agenti di polizia in servizio di ordine pubblico utilizzando bombe carta, petardi, fumogeni, bastoni, bulloni, scudi in plexiglas, caschi; cinque agenti di polizia sono rimasti feriti con prognosi di vari giorni; i centri sociali erano stati autorizzati a tenere un presidio statico, senza corteo, di protesta verso una concomitante manifestazione di Forza Nuova, anche questa autorizzata in forma statica, contro la legge di riforma delle norme sulla cittadinanza in discussione al Senato; le iniziative di Forza Nuova e dei centri sociali si inseriscono in un contesto di tensione crescente per gli appelli e le iniziative dei due gruppi: il primo impegnato in una campagna, contro gli immigrati stranieri che incita in modo esplicito all'odio razziale; il secondo impegnato a promuovere azioni di scontro, anche con il ricorso alla violenza, contro le organizzazioni di estrema destra; alcuni partecipanti al presidio dei centri sociali hanno cercato di raggiungere l'iniziativa di Forza Nuova, con l'obiettivo di scontrarsi con gli appartenenti all'organizzazione di estrema destra, e hanno aggredito gli agenti di polizia presenti per garantire l'ordine pubblico; l'azione tempestiva delle forze dell'ordine ha evitato che i militanti dei centri sociali entrassero in contatto con quelli di Forza Nuova ed è riuscita a impedire che gli scontri degenerassero in episodi più violenti estendendosi ad altre zone della città; poche ore prima dell'aggressione si era verificato un fatto molto grave: la targa che ricorda le prime due vittime delle Brigate Rosse, Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci assassinati a Padova in via Zabarella il 17 giugno 1974, era stata imbrattata con una falce e martello di colore rosso; la presenza al presidio dei centri sociali e il rapido utilizzo di strumenti idonei a commettere azioni violente e offensive, come i sopra ricordati petardi, fumogeni, bombe carta, bastoni, bulloni, scudi in plexiglas e caschi, indicano in modo evidente che l'aggressione dei militanti dei centri sociali contro gli agenti di polizia è stata organizzata e preordinata con cura in precedenza; l'aggressione e il gesto contro la targa commemorativa di Mazzola e Giralucci hanno destato preoccupazione nell'opinione pubblica per il rischio che si inneschi un clima di scontri e di violenze: - se il Ministro sia al corrente dei fatti descritti; - quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere per potenziare gli strumenti e le risorse delle forze dell'ordine di Padova per prevenire e contrastare le azioni violente dei gruppi estremisti. (4-17378)
Per saperne di più leggi l'approfondimento:
Mattino di Padova 23 Luglio 2017
LE RAGIONI CONTRO IL DANNOSO REFERENDUM REGIONALE SULL’AUTONOMIA
Il referendum è una farsa organizzata dalla Lega per distrarre l’opinione pubblica e i cittadini dai problemi regionali ed è inutile perché non modifica l’autonomia della Regione e aumenta il conflitto con lo Stato allontanando l’obiettivo di un accordo per poter gestire meglio alcune precise materie. Il Partito Democratico deve assumere una posizione netta, denunciare i danni prodotti dal referendum e promuovere una campagna informativa sui fallimenti del presidente Zaia e della sua maggioranza dal 1995 a oggi. Il Pd deve rivendicare ed esercitare fino in fondo il ruolo di forza di governo che ha realizzato in questa legislatura importanti riforme che hanno prodotto risultati importanti anche in Veneto. Il referendum serve a Zaia per indebolire il governo nazionale e avviare la campagna elettorale per le politiche della prossima primavera. Se avremo un atteggiamento ambiguo, che si può sintetizzare nella posizione votiamo sì, ma in modo critico, rischiamo di essere travolti e di diventare ancora più marginali. Infatti diventeremmo una copia sbiadita della Lega e, come abbiamo già sperimentato in altre occasioni, l’elettore, tra originale e copia, sceglie sempre l’originale.
Ci sono 4 principali ragioni per contrastare il referendum farsa sull’autonomia regionale.
Prima. Il referendum stravolge l’ordinamento costituzionale e apre un conflitto permanente tra Regione e Stato. Infatti l’articolo 116 della Costituzione stabilisce che le “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” possono essere attribuite in materie precise alle Regioni ordinarie attraverso una trattativa e un’intesa con lo Stato. Per la Costituzione l’autonomia speciale è il risultato di un accordo e non di uno scontro tra Regioni e Stato. Non solo. La Costituzione non prevede un aumento dell’autonomia fiscale per finanziare le nuove competenze trasferite: l’accordo deve individuare le materie “ulteriori” che vengono assegnate alle Regioni e le relative risorse. Per questo l’autonomia deve essere il risultato di un’intesa e non di uno scontro. La Regione Veneto, nonostante la disponibilità e le aperture del governo, ha scelto la strada referendaria per evitare la trattativa, evitare di indicare le materie e, soprattutto, evitare di indicare le risorse.
Seconda. Il referendum stravolge i principi costituzionali di solidarietà e di sussidiarietà. Infatti il referendum non indica né le materie in più da assegnare alla Regione né i relativi costi e le risorse. Il quesito si limita a chiedere ai cittadini se vogliono maggiore autonomia regionale senza individuare le materie e i costi. Il referendum evita accuratamente le due domande alla base del processo di autonomia: in quali materie si chiede maggiore autonomia? Chi e come paga la maggiore autonomia? Qui il referendum diventa una farsa. I sostenitori del referendum sostengono di volere l’autonomia in tutte le materie e che le risorse si troveranno trattenendo le tasse raccolte nella Regione. E’ la questione del cosiddetto residuo fiscale, oggetto misterioso che varia a seconda di chi e come lo calcola. Il residuo si fonda sul dato che in tutte le regioni del centro nord, non solo in Veneto e in Lombardia, si raccolgono più tasse di quante se ne spendono in determinati servizi; la differenza viene utilizzata per le aree più povere e per interventi straordinari. Qui emerge la strumentalità dei quesiti referendari e il pericolo che venga messa in discussione l’unità nazionale basata sulla solidarietà tra i diversi territori. Cosa succederebbe se tutte le Regioni centrosettentrionali avanzassero la stessa richiesta di Zaia e di Maroni? E ancora come si pagherebbero tutti i servizi che oggi sono sostenuti dalla fiscalità generale come l’accoglienza per i richiedenti asilo, la ricerca scientifica, l’istruzione e la sicurezza pubbliche? Il Veneto come farebbe a trovare le risorse per pagare il salvataggio delle banche di Vicenza e di Montebelluna, le spese per calamità naturali come terremoti, alluvioni, siccità? Come si pagherebbero il debito pubblico e i relativi interessi?
Un’ultima considerazione sulla Costituzione. Se vogliamo essere credibili e coerenti con la nostra elaborazione politica non si può rimuovere la ragione che ha prodotto la riforma approvata dal partito democratico e dal centrosinistra e sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016. La proposta è nata per correggere un errore della riforma del 2001: l’aumento di competenze delle Regioni ha determinato un aumento della spesa pubblica e un peggioramento della qualità dei servizi. Per questo la riforma eliminava le materie concorrenti tra Stato e Regioni e assegnava allo Stato la competenza per ricerca scientifica, energia, commercio con l’estero, porti e aeroporti civili, reti di trasporto e navigazione. Inoltre attribuiva allo Stato il compito di decidere le disposizioni generali e comuni per tutela della salute, politiche sociali, istruzione, ordinamento scolastico, formazione professionale, attività culturali, turismo. La riforma interveniva per equilibrare le spese delle autonomie locali introducendo i costi standard e non trasformando tutte le Regioni in Regioni a statuto speciale. Rimuovere quella proposta di riforma come se niente fosse significa dare ragione alla Lega: indebolisce il Pd e ne determina la subalternità politica e culturale.
Terza. Il referendum alimenta il conflitto con lo Stato e con l’Unione Europea per nascondere il fallimento del centrodestra al governo della Regione dal 1995 e per speculare sul disagio provocato dalla crisi economica e dalle scelte sbagliate di molte istituzioni politiche e imprenditoriali regionali. Il referendum serve per realizzare l’autoassoluzione collettiva delle classi dirigenti regionali che scaricano le responsabilità della crisi e del fallimento sulla politica romana ed europea. Per questo i sostenitori del referendum non parlano delle materie ulteriori che vorrebbero gestire e di come trovare le risorse per farlo e utilizzano slogan come “Paroni a casa nostra” e “Il nemico è Roma”. Un elemento di questa strategia è il ricorso costante contro i provvedimenti del governo alla corte costituzionale; ostacolo di fatto alle scelte del governo. Come è noto la realtà è diversa. L’economia e le imprese venete sono cresciute negli anni ’80 grazie alla svalutazione competitiva della lira, che ha prodotto costi enormi in termini di indebitamento pubblico che oggi pesa su tutto il Paese, e, in tempi recenti, grazie al mercato comune europeo. Pertanto senza le politiche monetarie ed economiche nazionali ed europee il benessere della nostra Regione sarebbe nettamente inferiore. La crescita e il futuro del Veneto sono strettamente legati all’Italia e all’Europa.
Quarta. Il referendum agita il tema dell’indipendenza e della secessione con effetti culturali devastanti: con le stesse finalità è stata scelta la data del 22 ottobre per richiamare il plebiscito del 22 ottobre del 1866 e aizzare il variegato mondo di secessionisti e indipendentisti che da tempo sviluppano una campagna contro l’unità nazionale anche attraverso iniziative violente.
Il presupposto culturale del referendum è la presunta superiorità del popolo veneto rispetto al resto d’Italia; una supremazia che sarebbe valorizzata dall’indipendenza dall’Italia e dall’Europa, indicate come le origini di tutti i mali. La realtà è diversa. Molti problemi del Veneto sono nati qui e sono stati causati da imprenditori e amministratori locali: lo scandalo Mose, il fallimento delle banche popolari e di molti istituti di credito cooperativo, il consumo esagerato di suolo e i relativi disastri idrogeologici, i costi esorbitanti di opere pubbliche come la Pedemontana o alcuni ospedali, la gestione inefficiente della formazione professionale e dell’alternanza scuola-lavoro, per fare solo pochi esempi. Per comprendere la gravità della situazione è utile porsi alcune domande concrete. Senza i soldi pubblici stanziati dal governo per le banche venete chi avrebbe salvato i risparmiatori? Alla luce dei ripetuti tentativi della Regione di limitare i parchi regionali è meglio affidare la tutela dell’ambiente alla Regione o allo Stato? In una Regione che spreca risorse per insegnare il dialetto veneto nelle scuole anziché potenziare l’inglese, il tedesco o la stessa lingua italiana, è meglio se i programmi e l’organizzazione didattica sono governati a livello statale o regionale? La salute è più tutelata dalla Regione che ostacola i vaccini o dallo Stato che cerca di rintrodurre le vaccinazioni obbligatorie per contrastare il pericolosissimo abbassamento delle soglie di protezione verso alcune gravi malattie contagiose? L’elenco potrebbe continuare a lungo e in diversi campi per dimostrare che non è vero che Il Veneto si governa meglio senza lo Stato.
Senza una proposta politica forte, alternativa a quella della Lega e del centrodestra, il Pd veneto rischia di essere travolto dal referendum e diventare una forza marginale, poco rappresentativa e autoreferenziale.
Per questo Il Pd veneto deve: - rilanciare la proposta di riforma delle autonomie locali avanzata con la legge costituzionale approvata dal Parlamento e respinta nel referendum del 4 dicembre 2016; - rivendicare il nostro progetto di federalismo responsabile e solidale, basato sull’introduzione dei costi standard, la lotta agli sprechi e al centralismo regionale, l’assegnazione alle competenze esclusive dello Stato di materie strategiche come la ricerca scientifica, l’istruzione, il commercio con l’estero, il credito, il turismo, la tutela dell’ambiente e dei beni culturali, l’energia; - attivarsi per far fallire il referendum attraverso il mancato raggiungimento del quorum; - uscire dalla sostanziale subalternità culturale e politica verso la Lega e Zaia, emersa in modo drammatico durante l’ultima campagna elettorale regionale, e sviluppare una forte iniziativa di opposizione contro l’inerzia e i numerosi provvedimenti sbagliati della giunta regionale; - promuovere una campagna informativa per spiegare gli effetti negativi del referendum e i danni prodotti da vent’anni di governo di centro destra e Lega; - costruire un progetto alternativo di governo della Regione a partire da due punti fondamentali: le riforme approvate a livello nazionale, il rafforzamento del processo di integrazione europea.
BANCHE POPOLARI VENETE BANCHIERI COLPEVOLI, IMPRENDITORI SILENTI
Una dettagliata panoramica sulle responsabilità rispetto al caso delle Popolari venete.
Per saperne di più leggi gli approfondimenti:
Corriere della Sera 24 Luglio 2017
BOSSI E BELSITO CONDANNATI: "HANNO TRUFFATO LO STATO"
Riportiamo di seguito due articoli sulla condanna di Bossi e Belsito e sulla confisca alla Lega Nord per 48 Milioni di Euro.
Per saperne di più leggi gli approfondimenti:
Corriere della Sera 25 Luglio 2017
La Repubblica 25 Luglio 2017
MORO: «LA REGIONE COMPRI L'INTERA AREA» MATTINO DI PADOVA 26 LUGLIO 2017
«Non ho partecipato alla manifestazione di lunedì sera perché non condivido certi obiettivi. L'unico modo per scongiurare questo progetto è che Governo e Regione acquistino l'area che ospiterà il centro commerciale e che si riportino questi spazi a destinazione agricola». Davide Moro, sindaco di Due Carrare, risponde così agli organizzatori della manifestazione che l'altra sera ha portato in paese centinaia di manifestanti, radunati in particolare da Ascom e Confesercenti. A gran voce è stato chiesto al sindaco di non firmare l'accordo di programma per la realizzazione del nuovo centro commerciale davanti al Catajo: «Pensare che la mia mancata firma fermi il progetto è un errore lapalissiano. Possiamo mettere quanti più paletti possibile a questa iniziativa, ma il Comune ha ben poche carte da giocare, anche visti i permessi che la società che costruirà il mega centro commerciale ha già in mano e che abbiamo ereditato dal passato».Moro chiama dunque alla responsabilità deputati, senatori e consiglieri regionali che lunedì sera hanno promesso massima disponibilità ad associazioni di categoria e Comuni per bloccare l'iniziativa. Ieri, intanto, i deputati padovani del Pd (Giulia Narduolo come prima firmataria, Alessandro Naccarato, Margherita Miotto e Vanessa Camani) hanno annunciato la presentazione di un'interrogazione ai ministri dei Beni culturali, dell'Ambiente e dello Sviluppo economico «per chiedere loro un intervento per bloccare il progetto del centro commerciale di Due Carrare». Le richieste formulate ai ministri sono chiare: «Quali procedimenti possono mettere in atto, per quanto di loro competenza, per tutelare l'integrità paesaggistica ed ambientale e il tessuto economico del territorio limitrofo al progettato nuovo centro commerciale di Due Carrare? Ma soprattutto, intendono attivarsi per valutare possibili interventi finalizzati a non concedere le autorizzazioni alla realizzazione del centro commerciale?», incalzano i quattro onorevoli. La campagna anti-centro commerciale ieri ha raccolto nuove adesioni, come quella di Casartigiani Padova e Polesine, che attraverso il presidente della direzione locale Aladino Lorin e del direttore generale Maurizio Ebano hanno definito l'intervento una «devastazione senza ritorno», assicurando l'appoggio dell'associazione e dei suoi associati. Forte del successo della mobilitazione di lunedì, il presidente padovano di Ascom, Patrizio Bertin, è invece ritornato ieri a sollecitare il sindaco Moro «a non firmare l'accordo di programma e, a questo punto, a non convocare alcun consiglio comunale che abbia all'ordine del giorno decisioni che, avviando il centro commerciale, condizionerebbero il futuro delle nostre comunità non per anni ma per decenni. Se il sindaco Moro dovesse convocare un consiglio comunale sull'argomento nel periodo delle ferie, significherebbe che è in malafede».
Per saperne di più leggi gli approfondimenti:
Interpellanza Deputati PD sulla vicenda
ABOLIZIONE DEI VITALIZI
La Camera dei Deputati ha approvato le disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e la nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali. Ora il provvedimento verrà sottoposto all'esame del Senato.
Su questo argomento in passato è stata fatta molta demagogia: in realtà il sistema dei vitalizzi è stato abrogato nel corso della scorsa legislatura (Dicembre 2012) durante la quale il trattamento pensionistico dei parlamentari era stato equiparato alle previsioni della legge Fornero come per tutti i lavoratori dipendenti sulla base del sistema contributivo.
Oggi l'obiettivo del provvedimento, ai sensi dell'articolo 1, consiste nella sostituzione dei vitalizi e dei trattamenti previdenziali in essere (cioè quelli erogati in base alla normativa precedente l'intervento ricordato della scorsa legislatura) con un trattamento previdenziale basato interamente sul sistema contributivo vigente per i pubblici dipendenti. Inoltre si prevede che le Regioni dovranno ispirare la normativa regionale sui trattamenti pensionistici ai medesimi criteri.
Per saperne di più leggi gli approfondimenti:
Testo del provvedimento
Dossier di approfondimento Gruppo PD
Misure per il continemento della spesa - Dossier 20 dicembre 2012
Disciplina dei vitalizi dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali Dossier 20 giugno 2017
Disciplina dei vitalizi dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali - A.C. 3225 e abb.
La Stampa 25 Luglio 2017
Repubblica 26 Luglio 2017
LUNEDI' 31 LUGLIO ORE 21.00 CENTRO CIVICO RIGONI STERN - PONTE SAN NICOLO' INCONTRO PUBBLICO COLTIVIAMO IDEE IN COMUNE
.png)
|