«COSÌ VIENE FATTO FUORI CHI DÀ FASTIDIO». NACCARATO: «ORA QUALCUNO AVRÀ UN VANTAGGIO COMMERCIALE». INTERPELLANZA PD AL MINISTRO DELL'INTERNO PER ACCERTARE I FATTI. TRIBUNA DI TREVISO 20 AGOSTO 2017
Troppi indizi, troppe tessere di un mosaico già visto, troppi sospetti: l'incendio che divampa con la fabbrica vuota, i camion dati alle fiamme, altri rifiuti in fumo. Vedelago 2013 (bruciati i camion di Italiana Recuperi), San Biagio e Nervesa 2014 (mezzi e materiali della Bigaran distrutti, ancora camion della Grigolin a fuoco), Castelfranco 2015 (rogo alla Ceccato), Fusina 2017 (spaventoso incendio all'impianto di Veritas). Vidor, agosto 2017: a parlare apertamente di dolo è stato l'amministratore della Vidori, Filippo Antonello, mentre le fiamme ancora divoravano il magazzino della sua Vidori Servizi Ambientali Spa. Da domani (prima la struttura deve essere messa in sicurezza), le indagini ufficiali per capire le cause del rogo. Timori rilanciati, ieri, da tutto il mondo della politica locale. Andrea Zanoni, consigliere regionale Pd, ha parlato di episodio gravissimo, con molte ombre, collegato forse a «un disegno malavitoso e mafioso utile a condizionare l'intero settore». Forza Nuova è intervenuta per chiedere a Zaia di «garantire la sicurezza degli abitanti della zona». I deputati Pd Alesandro Naccarato e Floriana Casellato domani presenteranno un'interrogazione al ministro dell'Interno per sollecitare indagini rapide al fine di individuare i responsabili del rogo di Vidor, considerato «segnali pericolosi di attività criminali». Al fenomeno si è interessato più volte Naccarato, cofirmatario dell'interrogazione con Casellato. Lei conosceva la Vidori? «Sì, è un'azienda nota, ha un volume d'affari rilevante nello stoccaggio dei pericolosi. Molti dei loro materiali venivano "inertizzati": significa che diventavano poco o per niente infiammabili. Ecco perché propendo per il dolo. Gli esempi in questo senso non mancano». A cosa si riferisce? «Alla lunga scia di incendi di aziende operanti nel ciclo dei rifiuti in Veneto. Dal 2011 questi episodi sono frequenti». Per la Vidori le indagini partiranno domani; in generale le ragioni per incendiare un'azienda di questo tipo quali sono? «Primo: avere vantaggi dal punto di vista assicurativo. I proprietari diventano i promotori dell'azione per poi chiudere l'azienda». Secondo? «L'estorsione: ricatti, a volte anche da parte delle cooperative dei dipendenti, nei confronti dei titolari. Nei casi estremi, si può arrivare a queste intimidazioni». Terzo?«Il caso più frequente: incendi che condizionano il mercato danneggiando la concorrenza». Potrebbe essere toccato alla Vidori? «Beh, ora per un po' la Vidori è fuori combattimento. Qualcuno farà il lavoro che avrebbe fatto lei. Chiediamoci se l'azienda stesse per partecipare a gare particolari, magari anche fuori dal territorio». Chi effettua materialmente queste azioni criminose? «Quasi mai il mandante, ci si appoggia a "trasfertisti", professionisti che lo fanno spesso. E non crediate che serva chiamare in causa le grandi associazioni criminali del Sud: la commissione parlamentare sul traffico illecito di rifiuti ha parlato di un'associazione a delinquere endogena, in Veneto, per ridurre i costi dei trattamenti dei rifiuti. E i controlli in questi casi sono deboli». Un'azienda che si comporta correttamente è meno esposta al racket? «No, perché comunque per qualcuno sarebbe un vantaggio estrometterla dal mercato». La Vidori veniva da un recente cambio di gestione, con l'arrivo di un nuovo amministratore: può aver influito? «Beh, questo è proprio il punto da cui far partire le indagini. Una modifica dell'assetto gestionale potrebbe aver reso l'azienda più dinamica, o pronta per altre gare. E a qualcuno potrebbe aver dato fastidio». Infatti l'azienda stava lavorando sul progetto di un nuovo impianto, più grande. «Un trasferimento di questo tipo fa intravedere una volontà aziendale espansiva dal punto di vista commerciale, alcuni concorrenti si saranno sentiti in difficoltà. In ogni caso bisogna attendere l'esito delle indagini, sono solo supposizioni». Ci ha descritto un quadro poco incoraggiante per il mercato dei rifiuti. «È un mercato con moltissime aziende, spesso a bassa tecnologia, con margini molto elevati. Spesso bastano dei camion e uno spazio libero per mettersi in affari. E spesso a essere fatti fuori per primi sono proprio i vettori».
INTERROGAZIONE AL MINISTRO DELL'INTERNO
Al Ministro dell'Interno. Per sapere – premesso che:
- lo scorso 18 Agosto un incendio ha colpito il capannone della Vidori Servizi Ambientali Spa, con sede a Vidor, in provincia di Treviso, sviluppando una notevole nube di fumi sopra le case limitrofe; - l'evento ha allarmato la cittadinanza preoccupata dalla natura delle sostanze bruciate nel rogo come amianto, bombolette spray, fusti di reagenti chimici e altri rifiuti pericolosi presenti nel capannone; - l'amministratore unico della Vidori, Filippo Antonello, ha immediatamente manifestato il sospetto dell'origine dolosa dell'evento; - i vigili del fuoco hanno impiegato diverse ore per domare l'incendio che ha prodotto un bilancio pesantissimo con danni per almeno un milione di euro e sei feriti lievi - le indagini delle autorità sono tutt'ora in corso per accertare la natura del rogo partito dall'area del magazzino in cui erano stoccati alcuni fusti di reagenti chimici, e da lì si è propagato su tutto il lato Est del capannone della Vidori; - lo stabilimento, chiuso per ferie e quindi fortunatamente senza personale all'interno, è stato avvolto dalle fiamme, che si sono levate per decine di metri, e hanno divorato anche la zona delle bombolette spray, fanghi, cenere e, soprattutto, cinque tonnellate di eternit; - l'incendio della Vidori Servizi Ambientali è l'ultimo di una lunghissima serie di roghi già segnalati a questo ministero attraverso l'interrogazione 3-02138 del 29 marzo 2016 e altre seguenti sul medesimo oggetto; - si tratta di un fenomeno molto preoccupante che ha colpito un elevato numero di aziende per lo più operanti nel settore dei rifiuti; - gli interroganti hanno manifestato e continuano a manifestare la convinzione che gli incendi possano essere considerati reati spia di attività di gruppi criminali interessati a condizionare il settore dei rifiuti in Veneto; - gli interroganti hanno più volte segnalato che i roghi di origine dolosa possono essere collegati ad azioni finalizzate a trarre vantaggi dal punto di vista assicurativo, a gesti intimidatori con scopi estorsivi, ad attività per alterare il mercato e la concorrenza nel settore della raccolta e smaltimento rifiuti;
- se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; - quali azioni intenda adottare, anche attraverso gli uffici territoriali del Governo, per sollecitare interventi rapidi al fine di individuare le cause e i responsabili del rogo di Vidor.
PADOVA TRE, DODICI INDAGATI PER IL DISSESTO MILIONARIO MATTINO DI PADOVA 13 AGOSTO 2017
Dodici come gli apostoli. Tanti sono gli indagati per il dissesto che ruota attorno a un buco di circa 40 milioni di euro della società del servizio rifiuti Padova Tre srl e del Consorzio Padova Sud (56 Comuni tra Bassa padovana e Piovese), suo controllore. Il deus ex machina del sistema Padova Tre - Simone Borile - è il primo della lista degli indagati dalla Procura di Rovigo che da oltre un anno coordina l'attività investigativa della Guardia di finanza di Padova. Borile era vice presidente e direttore di Padova Tre fino al luglio del 2015, oltre che, contemporaneamente, presidente del Consorzio Padova Sud (incarico terminato nel novembre dello stesso anno). Ed è in buona compagnia: indagato è anche Stefano Chinaglia, ex presidente della società (sempre fino a luglio 2015) che nei giorni scorsi, raggiunto dall'avviso di garanzia, rassegnando le dimissioni d commissario liquidatore del Bacino Padova 4 ancora in piedi in attesa che diventi operativo il nuovo Consiglio di bacino. Sotto la lente della Procura anche Stefano Tromboni, fino a qualche mese fa direttore generale del Consorzio Padova Sud - braccio armato di Borile (ma riconfermato anche dal suo successore) nei rapporti con i sindaci del territorio - e Alessandro Baldin, che da Borile ha preso il testimone della presidenza del Consorzio. Quello che doveva guarire i mali di Padova Tre e risanare i conti del Padova Sud ma che finora è riuscito solo a peggiorare con un ulteriore carico di quasi venti milioni di nuovi debiti.Il pubblico ministero Davide Nalin ha chiesto per Borile - ma non è escluso che la richiesta riguardi anche altri - il sequestro preventivo dei beni. I reati ipotizzati in questa prima fase dell'inchiesta, che promette di sviluppare nuovi capitoli, sono la truffa e l'appropriazione indebita. Sullo sfondo c'è però di più. L'ipotesi della bancarotta. Legata tuttavia al procedimento in corso per il fallimento di Padova Tre. Se ne riparlerà. Il pallino ora è nelle mani del giudice per le indagini preliminari: è lui che deve accogliere le richieste del pm, quindi esprimersi sul sequestro preventivo - finalizzato a bloccare i beni sui quali ci si potrebbe rivalere in caso sia accertata la responsabilità sul dissesto finanziario - e sull'eventuale rinvio a giudizio degli indagati. Dodici, si diceva. Altri nomi non trapelano: nella cerchia c'è un ex dirigente di Padova Tre, consulenti e amministratori. Le indagini guardano di sicuro anche a tutti i componenti del consiglio di amministrazione del Consorzio Padova Sud che nel luglio del 2015 approvò la delibera-galeotta che ha trasferito i debiti della multiutility al Consorzio stesso: la manovra-beffa che l'assemblea dei sindaci - salvo una manciata di defezioni - ha poi ratificato, di fatto accollando il buco milionario ai Comuni. Non a caso c'è anche la Corte dei conti con il fiato sul collo dei poco zelanti primi cittadini, cui ha chiesto di accantonare nei bilanci comunali la propria quota di "scoperto" legata al Consorzio. A riempire i faldoni di mesi di indagini ci sono i Piani economico finanziari che Padova Tre e Consorzio predisponevano per i Comuni fissando la tariffa per l'asporto rifiuti. Un esposto presentato l'anno scorso dal sindaco di Piove di Sacco Davide Gianella - cui ha fatto seguito quello del sindaco di Polverara Alice Bulgarello - ha aperto il vaso di Pandora: aliquote sballate che facevano lievitare il conto, servizi aggiuntivi fuori costo standard e una selva di voci di costo ingiustificate. Poi la ricerca di dove molti soldi pagati dai cittadini siano finiti: il restauro della casa in montagna di Borile, l'esercito ingiustificato di auto aziendali, benefit e spese pazze caricate sul bilancio di Padova Tre,i folli investimenti immobiliari - quasi 9 milioni di euro per strutture per lo più non necessarie - il fiorire di partecipate - Padova Tre è uscita da quelle che producono ricavi e si è tenuta strette quelle che invece hanno i conti in rosso - lo sperpero di denaro per progetti come la centrale geotermica di Battaglia Terme (che fatalità serve anche l'abitazione di Borile) che doveva costare 600 mila euro ma alla fine ha presentato un conto almeno doppio. E ancora le fatture saldate da Padova Tre con inusitata solerzia alla cooperativa Ecofficina della moglie di Borile - quella che poi si è buttata sul business dell'accoglienza dei profughi. E infine, e soprattutto, il controllo su tutta la gestione della società che non c'è stato. Né prima, né, a quanto pare, dopo.
IL CONSORZIO PADOVA SUD E LA MULTIUTILITY CONTROLLATA. LA "CRICCA" AL COMANDO MATTINO DI PADOVA 13 AGOSTO 2017
È su Simone Borile che ruota, dall'inizio, l'inchiesta su Padova Tre srl. La società è una sua creatura, nata nel 2004 come braccio operativo del Bacino Padova 3 di cui era presidente e che raccoglieva i Comuni della Bassa padovana nella gestione del servizio rifiuti. Nel 2012 il grande salto: Bacino Padova 3 e Bacino Padova 4 si fondono nel Consorzio Padova Sud e nelle quote di Padova Tre entrano anche i Comuni del Piovese. Borile nel frattempo si fa strada come consigliere comunale a Battaglia Terme, consigliere provinciale (tra le fila di Forza Italia), nonché presidente del Parco Colli. Nel 2012 sono lui e Stefano Chinaglia, allora consigliere comunale di Piove di Sacco (Margherita poi Pd)e presidente del Bacino Padova 4 a spartirsi i nuovi incarichi: Borile presidente del Consorzio Padova Sud, vice presidente e direttore di Padova Tre. Chinaglia presidente di Padova Tre.L'uomo fidatissimo dei due è Stefano Tromboni, piovese, presidente della Cantina di Cona: aveva un incarico di consulenza per il Bacino Padova 4, meno di 30 mila euro l'anno. Passa a dirigere il Consorzio Padova Sud: come per Borile e Chinaglia arriva l'auto aziendale (anche se non era dipendente dell'azienda ma del Consorzio), e soprattutto la paga annua lievita a 200 mila euro. È lui insieme a Borile a mettere insieme i piani economico finanziari per i Comuni ed è lui che va a "trattare" con i sindaci. Tromboni è anche il trait d'union fra la vecchia e la nuova gestione di Padova Tre e Consorzio Padova Sud. Borile (e con lui Chinaglia) esce di scena a luglio 2015 (ma si fa riassumere come dirigente part-time fino a febbraio 2016) quando si dedica con la moglie alla cooperativa Ecofficina-Edeco, che macina milioni di euro con l'accoglienza. Arriva alla presidenza del Consorzio Alessandro Baldin, già vicesindaco di Battaglia Terme (vedi il caso) che a Tromboni conferma incarico e lauto stipendio. Ci lavora a braccetto per un anno, fino a quando Tromboni abbandona la nave nella tempesta e si dimette, lo scorso novembre. Baldin: revoca il cda di Padova Tre (Nicola Ferro, Tiberio Businaro e Massimo Zanardo), nomina un cda tecnico, dopo quattro mesi fao approvare il concordato per Padova Tre, dopo altri tre mesi chiede la liquidazione. Ora si fa assistere da una pletora di avvocati e consulenti per evitare il fallimento della società, di fatto già morta e solo in attesa di sepoltura. E i debiti del Consorzio si moltiplicano.
LA VICENDA DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI DA PARTE DELLA SOCIETA' PADOVA TRE E' SPIEGATA NELLA PUBBLICAZIONE "RIFIUTI SPORCHI"

IL SINDACO RICHIAMA PADOVAFIERE E DENUNCIA: «HO EREDITATO UNA SITUAZIONE CRITICA». IL DEPUTATO PD NACCARATO PIÙ DRASTICO: «ASTA PUBBLICA PER VENDERE L'IMMOBILIARE». FIERA, GIORDANI NON TRATTA. «SI RISPETTINO GLI IMPEGNI» MATTINO DI PADOVA 23 AGOSTO 2017
Soldi, cash. Rispetto degli impegni presi. E chiarezza. Dopo la sentenza del tribunale, che impone a Padovafiere di pagare gli arretrati e il canone mensile di affitto a Padova Immobiliare, il sindaco Sergio Giordani batte il pugno per sancire l'indisponibilità del Comune a soluzioni di compromesso. E non risparmia una frecciata a chi l'ha preceduto a Palazzo Moroni, che non ha risolto una situazione storicamente critica. «Di sicuro non fa piacere vedere queste situazioni che finiscono in tribunale», esordisce il sindaco, «ma davanti al mancato rispetto degli impegni contrattuali presi, la sentenza del giudice fa chiarezza su un punto che è imprescindibile per qualsiasi amministratore pubblico e sul quale non sono disponibile a passi indietro: l'impegno a versare la locazione al soggetto pubblico va rispettato». C'è più di un milione di euro di arretrati in ballo. E c'è un contratto d'affitto da 152 mila euro al mese che va pagato. Ma c'è anche una situazione che definire complicata è un eufemismo. «Questo conferma ancora una volta che le principali criticità di Padova compresa la situazione della Fiera, non sono state risolte da chi mi ha preceduto e, terminato l'effetto annuncio pre-elettorale, stanno emergendo tutte», punge Giordani. «Questa sentenza contribuisce ad accelerare il processo di chiarezza iniziato subito dopo il mio insediamento con gli altri attori pubblici. La situazione è molto complessa e non posso certo nascondere forte preoccupazione perché il mancato pagamento del canone di locazione non fa presagire cose positive anche da un punto di vista gestionale. La mia attenzion sarà nel cercare una soluzione il più possibile positiva basata su fondamenta serie, procedure trasparenti e su progetti veri: solo in questo caso il Comune farà la sua parte».Pende per soluzioni più drastica, invece, il deputato Pd Alessandro Naccarato, che vede una soluzione su tutte: vendere con una gara pubblica la Fiera Immobiliare liberando così gli enti pubblici di un peso enorme dal punto di vista economico, finanziario e gestionale. «La riforma Madia stabilisce che le partecipazioni pubbliche in società come Fiera Immobiliare debbano essere privatizzate», scrive in una nota Naccarato. «Visti i precedenti e l'evidente avversione degli amministratori e dei gestori della Fiera per la concorrenza, è opportuno precisare che la privatizzazione deve avvenire attraverso una gara pubblica e nel pieno rispetto delle norme sugli appalti». Una strategia drastica per uscire da un ginepraio fatto di contratti d'affitto contestati, di mutui e derivati che a oggi sembrano fuori dal mercato, di appalti e affidamenti a cui si aggiungono situazioni finanziarie al limite del fallimento in un nodo "gordiano" che toglie il sonno agli attori della partita.
AFFITTI, PADOVAFIERE CONDANNATA A PAGARE. DOVRÀ VERSARE OLTRE UN MILIONE DI EURO DI ARRETRATI E IL CANONE MENSILE DI LOCAZIONE (152 MILA EURO) A FIERA IMMOBILIARE MATTINO DI PADOVA 23 AGOSTO 2017
Padovafiere dovrà pagare un milione e 64 mila 521 euro di affitti arretrati a Fiera Immobiliare, la società di proprietà del Comune, della Camera di Commercio e della Provincia che detiene la proprietà dell'area Est della quartiere fieristico di Padova. A stabilirlo è il giudice della Seconda sezione civile del Tribunale di Padova Silvia Rigon che, il 16 agosto scorso, ha accolto l'istanza di Fiera Immobiliare in cui si richiedeva il pagamento dei canoni di locazione dovuti e non versati dalla società. Oltre agli arretrati, i francesi di GL Events e Geo, subentrata con un affitto di ramo d'azienda nella gestione del quartiere fieristico di via Tommaseo nel settembre scorso, dovranno pure saldare il 5 di ogni mese (a partire da agosto) 152.074,43 di canone di locazione con gli interessi. L'ordinanza cautelare è immediatamente esecutiva sia pure in via provvisoria in attesa della decisione di merito della causa. La vicenda che vede Fiera Immobiliare doversi muove per vie legali per ottenere il pagamento degli affitti previsti da un contratto siglato ancora nel 2005 con la vendita al gruppo internazionale GL Events ha una storia ben più lunga di questo singolo episodio. Il contenzioso risale al settembre 2015 quando Padovafiere (allora di proprietà all'80% di GL Events e al 20% della stessa Immobiliare) smise unilateralmente di versare i canoni di locazione per i padiglioni di proprietà di Fiera Immobiliare. GL in quell'occasione citò in giudizio Fiera Immobiliare, puntando a una risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. Ma la risposta dell'Immobiliare non si fece attendere e ottenne un primo decreto ingiuntivo in via cautelare. Il 31 dicembre del 2015 i francesi saldavano quanto dovuto a Fiera Immobiliare. Nel gennaio 2016, anche grazie all'intervento della Regione Veneto che aveva versato nelle casse dell'immobiliare 2 milioni di euro di contributi attesi da oltre 10 anni e previsti tra il 2003 e il 2006 come supporto alla costruzione dei padiglioni 7 e 8 (di proprietà di Fiera Immobiliare e pagati con i soldi delle banche), Fiera Immobiliare riusciva a uscire dai guai presentando un bilancio in positivo per poche decine di migliaia di euro. La stabilità delle relazioni fra GL e soci pubblici non sarebbe durata lo spazio di una stagione. Intorno a maggio i francesi, forti della richiesta di una ridefinizione del canone, smisero nuovamente di pagare l'affitto per poi saldare tutto il 31 agosto del 2016. Dal 1 settembre 2016 è subentrata Geo che, tramite affitto di ramo d'azienda, si è presa carico anche del saldo degli affitti (pari a oltre 150 mila euro mensili). Fino al 31 dicembre Geo ha pagato quanto dovuto, salvo fermare i pagamenti a partire dall'1 gennaio. Fin da principio Geo vuole far valere i propri investimenti nella ristrutturazione dei padiglioni del Comune e, in parte, di Fiera Immobiliare (secondo la società stimati a oggi intorno a 1,6 milioni di euro), imputandoli in conto affitto. Nel maggio 2017 GL trascina in giudizio anche Geo e quest'ultima inizia un procedimento legale che mette l'accento sulla vicenda del conferimento del Palazzo delle Nazioni all'Immobiliare (come aumento di capitale per 8 milioni di euro), condizione per una ritrattazione complessiva dei contratti di locazione dell'area. Ma lo scorso 16 agosto il giudice si è espresso in via cautelare, dando ragione all'Immobiliare in merito al pagamento degli affitti e fissando per il prossimo 26 settembre una nuova udienza per la «decisione sulle istanze istruttorie» presentate dalle parti.Tuttavia se sul piano legale la guerra è aperta, i portatori d'interesse stanno lavorando per costituire un nuovo patto che possa dare un po' di pace al quartiere fieristico padovano. Proprio alla fine di luglio, il presidente della Camera di Commercio Fernando Zilio, il presidente dell'Immobiliare Maurizio Pirazzini, il sindaco di Padova Sergio Giordani, il direttore di Interporto Roberto Tosetto, il presidente della Provincia Enoch Soranzo, il consigliere di Fiera Immobiliare Enrico Zin e il vicesindaco di Padova Arturo Lorenzoni si sono incontrati con Andrea Olivi e Luca Griggio, rispettivamente presidente e ad di Geo. All'ordine del giorno la definizione di un patto in grado di traghettare la fiera fuori da una crisi che sembra non finire mai.
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