REFERENDUM, ESPOSTO PD ALLA CORTE DEI CONTI «È PROPAGANDA LEGHISTA». NACCARATO: «SPESI 1,5 MILIONI PER ATTACCARE IL GOVERNO» CORRIERE VENETO 27 AGOSTO 2017
Ancora un ostacolo, stavolta di natura sia politica che giudiziaria, sulla strada del referendum consultivo per l’autonomia del Veneto in calendario domenica 22 ottobre prossimo. Il deputato padovano Alessandro Naccarato e il consigliere regionale di Rovigo Graziano Azzalin, esponenti del Pd riconducibili alla corrente del partito che fa capo al ministro della Giustizia Andrea Orlando, hanno infatti annunciato ieri l’intenzione di presentare un esposto alla Corte dei Conti «per far luce sul milione e mezzo di euro che la Regione ha già speso per compiere una propaganda ingannevole su questo referendum farsa messo in piedi dal governatore Luca Zaia con l’obiettivo soltanto di attaccare quotidianamente il governo nazionale e di finanziare, prendendo i soldi dalle tasche dei cittadini veneti, la campagna elettorale della Lega in vista delle politiche della primavera 2018». La denuncia di Naccarato e Azzalin, che nei prossimi giorni sarà recapitata alla magistratura contabile, è già stata condivisa da altri tre democratici-orlandiani padovani, le deputate Margherita Miotto e Vanessa Camani e l’ex capogruppo in Comune all’ombra del Santo Umberto Zampieri, nonché dalla polesana Raffaella Salmaso, responsabile regionale delle donne del Pd. «Il referendum – hanno scandito i dem , diffondendo anche un appello bipartisan allo scopo di far fallire la consultazione del 22 ottobre – non è altro che una buffonata organizzata dalla Lega e da Zaia per distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali che riguardano il nostro territorio come gli strascichi dello scandalo Mose, il fallimento delle banche popolari e degli istituti di credito cooperativo, l’esorbitante consumo di suolo e i relativi disastri idrogeologici, i costi spropositati di opere pubbliche come la Pedemontana e alcuni ospedali e la gestione inefficiente, da parte della Regione, della formazione professionale e dell’alternanza scuola-lavoro». Tornando però alla materia dell’esposto alla Corte dei Conti, «è inaccettabile che una gran parte dei 14 milioni di euro stanziati dalle casse regionali per lo svolgimento di questo referendum – hanno rincarato Naccarato e Azzalin – venga utilizzata per fare una comunicazione di parte e bugiarda, divulgando messaggi falsi come quello, tra i tanti, in cui si sostiene che, qualora vincesse il Sì, l’intero residuo fiscale pari a 4 miliardi di euro (e non 20 miliardi come sempre detto dal governatore e dalla Lega tutta, ndr .) resterebbe in Veneto». Inoltre, in merito al banner pubblicitario della consultazione che si trova sul sito Internet della Regione, l’accoppiata dem ha sottolineato: «Sarebbe come se, in occasione di un referendum abrogativo, il ministero dell’Interno facesse propaganda alla cosa invitando i cittadini, più o meno artatamente, a votare in un modo e non in un altro. Detto questo – hanno poi denunciato Naccarato e Azzalin – pare che tutti i dipendenti della Regione, vittime di un vero e proprio ricatto, siano costretti ad inserire il banner in questione in ogni loro comunicazione istituzionale rivolta all’esterno. E che loro, volenti o nolenti, obbediscano nel timore di ritorsioni». In conclusione, secondo i due orlandiani del Pd, «l’autonomia nel rispetto della Costituzione si costruisce con una trattativa e un accordo tra la Regione e lo Stato, proprio come stanno facendo in Emilia Romagna, e non invece con inutili e costosi referendum».
LA SINISTRA PD PREDICA L'ASTENSIONE MATTINO DI PADOVA 27 AGOSTO 2017
È convocata per il 6 settembre la prima udienza del Tar di Venezia per discutere il ricorso sul referendum per l'autonomia: a chiederne la sospensione sono Marcello Degni (coordinatore del "Gruppo 7 luglio") e Dino Bertocco, che si sono affidati allo studio romano AdLaw per bloccare la consultazione voluta dal governatore Luca Zaia. Il voto è fissato per il 22 ottobre, ma sulle modalità c'è ancora incertezza: ad oggi il ministero dell'Interno ha negato l'utilizzo della tessera elettorale, contestandone così l'ufficialità.E le contestazioni continuano di pari passo al battage pubblicitario: «È una truffa» accusa la sinistra del Pd, che - in dissenso con la linea maggioritaria nel partito ispirata al "Sì critico" del segretario veneto Alessandro Bisato - ieri ha illustrato la sua linea favorevole all'astensione. Prima di tutto, spiega il deputato Alessandro Naccarato, «questo referendum non ha nessun valore legale: per ottenere l'autonomia è necessario negoziare un accordo con il Governo, precisando le materie e le risorse. La Costituzione non prevede un aumento dell'autonomia fiscale per finanziare le nuove competenze trasferite: l'accordo deve individuare le materie "ulteriori" che vengono assegnate alle Regioni e le relative risorse. Per questo l'autonomia deve essere il risultato di un'intesa e non di uno scontro. La Regione Veneto, nonostante la disponibilità e le aperture del Governo, ha scelto la strada referendaria. Al contrario, la regione Emilia-Romagna sta seguendo l'iter corretto e la trattativa è ormai a uno stadio avanzato. Il tutto senza referendum inutili e dispendiosi». La questione economica riveste un aspetto non secondario, visto che «la spesa prevista per l'intera operazione» sottolinea il consigliere regionale astensionista Graziano Azzalin «è di 14 milioni. Di questi, 1,2 milioni solo per la propaganda». Soldi pubblici, dice Azzalin, spesi per avanzare richieste infondate: «i sostenitori del referendum» continua il consigliere «sostengono che l'autonomia si paga trattenendo in Veneto le tasse raccolte nella Regione. È la questione del residuo fiscale. Ma è bene sapere che il residuo varia a seconda del metodo di calcolo: ad esempio le spese straordinarie per le calamità naturali, per le opere pubbliche e per il salvataggio delle banche locali non vengono mai calcolate tra i finanziamenti che lo Stato eroga alla Regione. E solo negli ultimi anni, per spese straordinarie, lo Stato ha stanziato per il Veneto l'equivalente di due leggi di bilancio nazionali».Solleva perplessità anche la data, non casuale a detta della portavoce delle donne democratiche del Veneto Raffaella Salmaso: «Hanno scelto il 22 ottobre per richiamare il plebiscito del 22 ottobre del 1866, aizzando così il variegato mondo di secessionisti e indipendentisti, da tempo in campagna contro l'unità nazionale. Nella stessa direzione vanno le numerose leggi identitarie promosse dalla maggioranza che sostiene Zaia, leggi che spesso si sono rivelate in contrasto con la Costituzione». Infine, i dem criticano la «campagna a senso unico, per il sì al referendum in contrasto con tutte le norme sulla par condicio». La Regione, accusa infine Umberto Zampieri, «sta utilizzando risorse istituzionali e strumenti di pressione per favorire l'affluenza al voto e la vittoria del sì. Spendere soldi pubblici per propagandare idee di parte in una competizione elettorale è una violazione delle fondamentali leggi democratiche. In più tutta la macchina regionale, ora, è proiettata verso quest'obiettivo: è in atto un condizionamento improprio dei dipendenti, che lede le libertà sindacali».
MANIFESTO DEM: «UNA FARSA IL REFERENDUM SULL'AUTONOMIA». L'INIZIATIVA DI NACCARATO, MIOTTO, AZZALIN GAZZETTINO 27 AGOSTO 2017
Un appello per contrastare e far fallire il referendum, definito dannoso, sull'autonomia del Veneto. Il manifesto è stato presentato dal deputato Alessandro Naccarato (Pd) e sottoscritto dalle colleghe Margherita Miotto e Vanessa Camani. Un documento che da oggi verrà proposto per la sottoscrizione non solo ad amministratori e politici ma anche ai cittadini che non vogliono «un referendum farsa che non modifica l'autonomia della Regione perché successivamente si dovrà trattare col governo dice Naccarato perché l'autonomia si ottiene come prevede la Costituzione e sta facendo l'Emilia Romagna, tramite una trattativa con lo Stato ed il successivo accordo». Con Naccarato anche il consigliere regionale Graziano Azzalin, la responsabile regionale donne Pd Raffaela Salmaso ed il padovano Umberto Zampieri. «Si sperpera denaro pubblico continua Naccarato per una campagna che non porterà a nulla. L'appello al voto che sta facendo Zaia è scorretto. Non si parla di materie ma di plebiscito ed è preoccupante il termine, come la data scelta, il 22 ottobre. Da una parte si chiede autonomia, dall'altra si continua a polemizzare col governo chiedendo soldi». «Una truffa politica aggiunge Azzalin perché si fa intendere che si vuole un'autonomia come quella di Bolzano, si paga il tutto con soldi pubblici facendo propaganda per la Lega, si spendono 1.200.000 euro solo per la comunicazione politica. Su questo presenteremo un esposto alla Corte dei Conti». Salmaso sottolinea che il Pd è «contro le strumentalizzazioni, non certo contro il diritto di voto». Di uso distorto dello strumento referendario parla Zampieri: «Da subito ci muoveremo per raccogliere le adesioni».
CONTRASTARE IL REFERENDUM FARSA: NON VOTARE PER NON RAGGIUNGERE IL QUORUM E FAR FALLIRE LA CAMPAGNA POPULISTA DELLA LEGA CONTRO IL GOVERNO E CONTRO L'EUROPA
Le ragioni contro il dannoso referendum regionale sull’autonomia. Appello per contrastare e far fallire il referendum
Il referendum è una farsa organizzata dalla Lega per distrarre l’opinione pubblica e i cittadini dai problemi regionali ed è inutile perché non modifica l’autonomia della Regione. Il referendum aumenta il conflitto con lo Stato allontanando l’obiettivo di un accordo per poter gestire meglio alcune precise materie. Noi crediamo nell'autonomia e crediamo che ogni centralismo nazionale o regionale non aiuti il buon governo, come sanno bene gli amministratori locali veneti. Allo stesso tempo riteniamo che l'autonomia regionale sia stata tracciata efficacemente nella riforma costituzionale del 2001 e che vadano respinte le pulsioni secessioniste o indipendentiste. Ci sono 4 principali ragioni per contrastare il referendum farsa sull’autonomia regionale.
Prima. Il referendum stravolge l’ordinamento costituzionale e apre un conflitto permanente tra Regione e Stato. Infatti l’articolo 116 della Costituzione stabilisce che le “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” possono essere attribuite in materie precise alle Regioni ordinarie attraverso una trattativa e un’intesa con lo Stato. Per la Costituzione l’autonomia speciale è il risultato di un accordo e non di uno scontro tra Regioni e Stato. Non solo. La Costituzione non prevede un aumento dell’autonomia fiscale per finanziare le nuove competenze trasferite: l’accordo deve individuare le materie “ulteriori” che vengono assegnate alle Regioni e le relative risorse. Per questo l’autonomia deve essere il risultato di un’intesa e non di uno scontro. La Regione Veneto, nonostante la disponibilità e le aperture del governo, ha scelto la strada referendaria per evitare la trattativa, evitare di indicare le materie e, soprattutto, evitare di indicare le risorse. L’autonomia regionale nel rispetto della Costituzione si costruisce con un accordo tra Regione e Stato: un accordo che indichi le materie da attribuire alla Regione e le relative risorse. Questa è la strada che sta seguendo l’Emilia Romagna, senza ricorrere a inutili e costosi referendum, mediante una trattativa con lo Stato. La possibilità di negoziare ulteriori forme di autonomia è prevista dalla vigente Costituzione ed il quesito ripropone ciò che già oggi sarebbe possibile fare. Questa possibilità è contenuta nelle modifiche alla Costituzione che sono state sottoposte a referendum nel 2001, confermate dal voto dei cittadini italiani. Anche in Veneto hanno vinto i sì con il 57,72%, perché allora chiedere nuovamente ai veneti se sono d’accordo su quanto la Costituzione prevede e che dal 2001 non ha visto alcune seria iniziativa di Zaia e di chi lo ha preceduto?
Seconda. Il referendum stravolge i principi costituzionali di solidarietà e di sussidiarietà. Infatti il referendum non indica né le materie in più da assegnare alla Regione né i relativi costi e le risorse. Il quesito si limita a chiedere ai cittadini se vogliono maggiore autonomia regionale senza individuare le materie e i costi. Il referendum evita accuratamente le due domande alla base del processo di autonomia: In cosa si vuole maggiore autonomia? Chi e come si paga la maggiore autonomia? Qui il referendum diventa una farsa. I sostenitori del referendum sostengono che l’autonomia si paga trattenendo in Veneto le tasse raccolte nella Regione. E’ la questione del residuo fiscale. E’ bene sapere che il residuo varia a seconda del metodo di calcolo. Ad esempio le spese straordinarie per le calamità naturali (terremoti, alluvioni, frane, temporali), per le opere pubbliche (Pedemontana, Mose), per il salvataggio delle banche locali (casse di credito cooperativo, Popolare di Vicenza, Veneto banca) non vengono mai calcolate tra i finanziamenti che lo Stato eroga alla Regione. Solo negli ultimi anni per spese straordinarie lo Stato ha erogato al Veneto l’equivalente di due leggi di bilancio nazionali. Anche diverse spese strutturali (pensioni, sicurezza, presenza delle forze dell’ordine e dei militati per il controllo del territorio, scuola) non vengono calcolate tra i finanziamenti erogati dallo Stato alla Regione. Infine non vengono mai calcolati il debito pubblico e i relativi interessi che sono pagati interamente dallo Stato. Come sarebbe il residuo fiscale se il debito pubblico e gli interessi fossero divisi su base regionale e trasferiti nei bilanci delle Regioni? Inoltre è bene sapere che il residuo fiscale è un tema nazionale e che in tutte le regioni del centro nord, non solo in Veneto e in Lombardia, si raccolgono più tasse di quante se ne spendono in determinati servizi. Se tutte le regioni avanzassero la richiesta di Zaia e di Maroni l’unità nazionale sarebbe messa in discussione. Forse è proprio ciò che vogliono, mascherando con l’autonomia la volontà di favorire la secessione.
Terza. Il referendum alimenta il conflitto con lo Stato e con l’Unione Europea per nascondere il fallimento del centrodestra al governo della Regione dal 1995 e per speculare sul disagio provocato dalla crisi economica e dalle scelte sbagliate di molte istituzioni politiche e imprenditoriali regionali. Il referendum serve per realizzare l’autoassoluzione collettiva delle classi dirigenti regionali che scaricano le responsabilità della crisi e del fallimento sulla politica romana ed europea. Per questo i sostenitori del referendum non parlano delle materie ulteriori che vorrebbero gestire e di come trovare le risorse per farlo e utilizzano slogan come “Paroni a casa nostra” e “Il nemico è Roma”. Un elemento di questa strategia è il ricorso costante contro i provvedimenti del governo alla corte costituzionale; ostacolo di fatto alle scelte del governo. Come è noto la realtà è diversa. L’economia e le imprese venete sono cresciute negli anni ’80 grazie alla capacità delle istituzioni nazionali e locali di valorizzare le capacità e la produttività di lavoratori e imprenditori nella creazione di valore aggiunto, e grazie alla svalutazione competitiva della lira, che ha prodotto costi enormi in termini di indebitamento pubblico che oggi pesa su tutto il Paese, e, in tempi recenti, grazie al mercato comune europeo. Pertanto senza le politiche monetarie ed economiche nazionali ed europee il benessere della nostra Regione sarebbe nettamente inferiore. La crescita e il futuro del Veneto sono strettamente legati all’Italia e all’Europa.
Quarta. Il referendum agita il tema dell’indipendenza e della secessione con effetti culturali devastanti: con le stesse finalità è stata scelta la data del 22 ottobre per richiamare il plebiscito del 22 ottobre del 1866 e aizzare il variegato mondo di secessionisti e indipendentisti che da tempo sviluppano una campagna contro l’unità nazionale anche attraverso iniziative violente. Nella stessa direzione vanno le numerose leggi identitarie promosse dalla maggioranza che sostiene Zaia, leggi che spesso si sono rivelate in contrasto con la Costituzione: dalla legge sui veneti come minoranza nazionale, alla priorità per i veneti nelle graduatorie per gli asili nido e per i servizi sociali, fino all’obbligo di esporre, insieme alla bandiera italiana, quella della Regione. Il presupposto culturale del referendum è la presunta superiorità del popolo veneto rispetto al resto d’Italia; una supremazia che sarebbe valorizzata dall’indipendenza dall’Italia e dall’Europa, indicate come le origini di tutti i mali. La realtà è diversa. Molti problemi del Veneto sono nati qui e sono stati causati da imprenditori e amministratori locali: lo scandalo Mose, il fallimento delle banche popolari e di molti istituti di credito cooperativo, il consumo esagerato di suolo e i relativi disastri idrogeologici, i costi esorbitanti di opere pubbliche come la Pedemontana o alcuni ospedali, la gestione inefficiente della formazione professionale e dell’alternanza scuola-lavoro, per fare solo pochi esempi. Per comprendere la gravità della situazione è utile porsi alcune domande concrete. Senza i soldi pubblici stanziati dal governo per le banche venete chi avrebbe salvato i risparmiatori? Alla luce dei ripetuti tentativi della Regione di limitare i parchi regionali è meglio affidare la tutela dell’ambiente alla Regione o allo Stato? In una Regione che spreca risorse per insegnare il dialetto veneto nelle scuole anziché potenziare l’inglese, il tedesco o la stessa lingua italiana, è meglio attribuire i programmi e l’organizzazione didattica a livello statale o regionale? La salute è più tutelata dalla Regione che ostacola i vaccini o dallo Stato che cerca di rintrodurre le vaccinazioni obbligatorie per contrastare il pericolosissimo abbassamento delle soglie di protezione verso alcune gravi malattie contagiose? L’elenco potrebbe continuare a lungo e in diversi campi per dimostrare che non è vero che Il Veneto si governa meglio senza lo Stato. Infine non si può non denunciare con forza che è in corso una campagna a senso unico per il sì al referendum in contrasto con tutte le norme sulla par condicio. La Regione sta utilizzando risorse istituzionali e strumenti di pressione politica per favorire l’affluenza al voto e la vittoria del sì. Spendere soldi pubblici per propagandare idee di parte in una competizione elettorale è una violazione delle fondamentali leggi democratiche. E’ doveroso ribadire che, in base alle norme vigenti, nel referendum la non partecipazione al voto equivale all’espressione di un orientamento e deve essere rispettata e pubblicizzata come le posizioni a favore e quelle contrarie. Finora non è stato così. Si sta concretizzando il rischio di trasformare il referendum in un plebiscito per affermare un pensiero unico autonomista, senza garantire la parità di accesso ai mezzi di comunicazione e di informazione alle diverse opinioni. Il referendum serve a Zaia per indebolire il governo nazionale e avviare la campagna elettorale per le politiche della prossima primavera. Chi sostiene il sì al referendum, di fatto, contribuisce a rafforzare la vuota propaganda della Giunta regionale e a indebolire le riforme approvate dai governi di centrosinistra. Per queste ragioni invitiamo i cittadini a contrastare il referendum regionale e a non andare a votare o a votare no.
SOTTOSCRIVI L'APPELLO PUBBLICO scrivici per aderire alla mail: democratici.padova@gmail.com
«IL REFERENDUM? INUTILE E ANTISTORICO» CORRIERE VENETO 30 AGOSTO 2017
«Il referendum? Continuare a parlare di separazione, per un Veneto che è fatto di 4 milioni di persone, non fa bene. È antistorico». Matteo Marzotto boccia la consultazione voluta dalla Regione, per ottenere autonomia dallo Stato. E aggiunge. «L’unione fa la forza, per cui bisogna essere parte di sistemi più grandi per poter competere».
«Posta così è un massacro. Perché poi vengono fuori le Brexit...». Matteo Marzotto questo referendum sull’autonomia non le piace proprio... «Io credo che, nel senso generale, continuare a parlare di separazione e di scissione, per un Veneto che è fatto di 4 milioni di persone, non faccia bene. È antistorico. E lo dico da persona che ama questa regione, dove c’è una sanità meravigliosa per esempio».
Perché non sarebbe un bene? «Perché penso che l’unione faccia la forza, per cui bisogna essere parte di sistemi più grandi per poter competere. Quando mi dicono “facciamo la secessione” mi viene da ridere. Insomma, parlare sempre in termini di distacco...mi pare proprio una putt.. cioè, veda lei come scriverlo. E lo dico con tutto il rispetto della cultura e delle tradizioni. Io qui ci vivo, le parlo da Cortina dove sono appena arrivato».
Però il referendum riguarda la possibilità di avere maggiore autonomia, non una «separazione» in senso stretto. Lo vede male lo stesso? «Non è detto che il sistema sia sbagliato, ci sono territori che utilizzano molto bene le risorse, come il Trentino Alto Adige. Io conosco bene Trento e Bolzano, sono un ”transfrontaliero” della montagna, la frequento. Però poi mi dicono: ragioniamo solo su alcune competenze, mentre su altre no. Ma io le ho viste da vicino queste competenze e ce ne sarebbero cose da dire...»
Tipo? «Parlo per quanto riguarda le mie competenze, le cose di cui so. E cioè di turismo. Dal 2006 al 2011 sono stato presidente dell’Enit (l’Agenzia nazionale del turismo, ndr ), e l’autonomia del famoso articolo 117 della Costituzione in questo caso è stata una iattura. Davanti agli occhi di tutti, perpetrata per anni. Io gli ho visti: migliaia di assessori, responsabili di parchi regionali e parchi provinciali, e poi referenti delle comunità montane e chi più ne ha più ne metta, tutti titolati a parlare di turismo, quando il 90% di loro non ne sapeva una beata fava e anche con l’inglese faceva difficoltà. Con super dispendi di denaro, per altro, perché poi c’è la Regione che fa la sua missione, la Provincia che fa la sua missione e il Comune che fa la sua missione. Tante differenti missioni, che poi nessuno ha mai saputo come coordinare».
Quindi meglio centralizzare? Sarebbe un ritorno al passato. «Il punto è che con questo referendum è altamente improbabile che si possa discernere il buono dal cattivo, a piacimento. Bisogna essere realisti. Se c’è un progetto di un certo tipo, in cui lo Stato rimanendo unito, può dare al Veneto un’autonomia maggiore per l’amore di Dio parliamone. Ma attenzione però che qui la comunicazione che viene data si riduce a “Roma ladrona” e “fuori i romani dal Veneto”. È quello che è accaduto in Inghilterra, dove hanno tradito un popolo secondo me. I politici che hanno montato la Brexit hanno raccontato una storia diversa della realtà».
Quindi l’autonomia sarebbe come la Brexit? È giusto il paragone? «Io ho cercato di farglielo, lei ha capito che parlo ovviamente delle modalità con cui si comunica alla gente cosa votare. Certo, c’è chi si documenterà, quando si fanno dei proclami così aggressivi poi uno prende quello che viene».
I 14 milioni di euro che la Regione dovrà spendere per il referendum quindi sono uno spreco? «A priori non lo ritengo, ma dev’esserci a monte un ragionamento. Se invece si va a votare per la carriera politica di qualcuno o perché così qualcuno potrà dire “io l’avevo detto”, allora sì, sarà uno spreco».
Si riferisce a Zaia? «Bisognerebbe chiederlo a lui. Io so che il presidente è una persona avveduta, quindi spero che abbia idee di senso, in buona fede. Dico solo che un Veneto forte deve rimanere in uno Stato forte. Anzi, deve aiutarlo ad essere più forte».
Lei andrà a votare? «Prima voglio vedere come pongono la domanda, perché così è evidente che ci sia un difetto di comunicazione». Ma il quesito già c’è. Ed è semplice: «Vuoi che alla Regione siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?». «Capisce che buttato in questo modo, senza spiegare di che tipo di autonomia stiamo parlando, non significa proprio niente? Certo anch’io vorrei avere trent’anni ed essere biondo e bello. Tanto il quesito è generico, quanto la gente si confonde e i politici ci possono ricamare» Quindi che farà? «Messo così non lo capisco». E non lo vota. «No, non lo voto».
APPELLO: «FERMATE L'ASTA RESTI UN BENE PUBBLICO» GAZZETTINO 26 AGOSTO 2017
Salviamo il Palazzetto Widmann di Bagnoli di Sopra: è l'appello lanciato ai ministri dell' Economia e dei Beni Culturali da più parti per evitare che un piccolo gioiello del Conselvano finisca ai privati dopo la sua ristrutturazione con l'utilizzo di fondi pubblici per oltre 1,5 milioni di euro. Dopo l'esposto presentato nelle scorse settimane dall' associazione Il Moraro di Bagnoli con Luca Martinello, esponente storico del Movimento 5 Stelle di Conselve, gli onorevoli padovani Alessandro Naccarato e Giulia Narduolo del Partito Democratico hanno presentato ai due ministri un' interrogazione con risposta scritta sul caso. La vicenda del Palazzetto Widmann è uno strascico legato a quella del fallimento di Attiva Spa, già Cosecon Spa e prima ancora Consorzio per lo Sviluppo Economico del Conselvano, fallita nel dicembre del 2013 con un passivo di circa 220 milioni di euro, il cui patrimonio viene ora posto in vendita dal curatore per pagare almeno parte dei debiti accumulati dalla società. Acquistato dal Comune di Bagnoli sul finire degli anni 80, la pregiata costruzione, che è pure monumento nazionale, fu ceduta alla Cosecon, in cambio di azioni della società al Comune per circa 450mila euro. Cosecon per la sua ristrutturazione usufruì di finanziamenti pubblici per oltre un milione di euro concessi per realizzare al suo interno una scuola di formazione professionale che avrebbe dovuto impiegare almeno una decina di persone, mentre per la restante parte Cosecon accese un mutuo con una banca per 1,5 milioni di euro, per il quale fu costituita ipoteca per 3 milioni di euro. La scuola professionale non venne mai avviata dalla Cosecon Spa, che stabilì qui la nuova sede, spostandola dalla zona industriale, fino al suo fallimento della società, divenuta Attiva Spa, nel dicembre del 2013. Di qualche giorno fa la notizia della vendita all'asta senza incanto entro ottobre a 1 milione e 125 mila euro, che potrebbe scendere a 843 mila euro se si procederà a dicembre all'asta con incanto. Oltre al danno, legato alla Cosecon Spa, che dopo aver garantito lo sviluppo del territorio nei primi anni 80 ebbe una fine ingloriosa, la beffa che il bene possa finire ai privati e non sia più fruibile per eventi pubblici. Di qui la richiesta degli onorevoli Naccarato e Narduolo ai ministri perché si faccia chiarezza, con la richiesta di sospensione dell'asta giudiziaria.
INTERROGAZIONE AL MINISTRO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO E AL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
Al Ministro dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo e al Ministro dell'Economia e delle Finanze. Per sapere – premesso che:
Nel Comune di Bagnoli di Sopra in provincia di Padova si trova il Palazzetto Windmann, costruito nel 1707, dichiarato monumento nel 1939 ai sensi della legge del 1 giugno 1939 n. 1089 e definito di particolare interesse storico artistico con provvedimento Ministeriale del 6 ottobre 1966 (trascrizione presso la Conservatoria dei Registri immobiliari di Pd, n. 4305/3384 in data 24.3.1967); Nel 1985 l'immobile è stato acquisito dal Comune di Bagnoli per 249 milioni di lire; Nel 1992 una relazione tecnica ha previsto una spesa per il restauro di 1.7 miliardi di lire; Dal 1993 sono iniziati i lavori di restauro attraverso diversi interventi finanziati con risorse pubbliche e nel 1996 il Comune ha stabilito nel palazzo la propria sede; Il 4 giugno 1996 l’amministrazione comunale di Bagnoli ha incaricato la Cosecon spa (Consorzio per lo sviluppo economico e sociale del Conselvano, società che gestiva i servizi dei comuni e di cui Bagnoli era socio), di redigere un progetto per accedere a Fondi Europei per il restauro completo, progetto rimasto senza esito; Il 24 febbraio 2000 il Sopraintendente Regionale ha rilasciato l’autorizzazione ad alienare il monumento con garanzia della fruibilità pubblica; Il Consiglio Comunale di Bagnoli ha quindi approvato il conferimento del Palazzetto a Cosecon, ottenendo in cambio 60.326 azioni, al prezzo di 6 euro, con un sovraprezzo di 1.49 euro, per azione per un valore complessivo di 450.000 euro; Nel marzo 2001 il Ministero del Tesoro ha approvato il Patto Territoriale Bassa Padovana con un progetto che prevedeva la trasformazione di Palazzetto Windmann in una scuola di formazione professionale per valorizzare le risorse umane e sviluppare attività economiche locali. Il progetto prevedeva una spesa di 3,187 miliardi di lire: 2 miliardi erogati dal Ministero a Cosecon e 1,187 miliardi a carico di Cosecon; I lavori di ristrutturazione, affidati ad Eurocostruzioni srl per 1.589.000 euro, hanno avuto la durata di due anni; Nel 2003 Cosecon ha ipotecato il Palazzetto con istituti bancari per 3 milioni di euro; Il restauro degli affreschi, a cura del Ministero dei Beni Culturali è proseguito fino al 2006; Il finanziamento pubblico erogato dall’allora ministero del Tesoro non è stato utilizzato per realizzare la prevista scuola di formazione professionale. Infatti al termine dei lavori non è stata aperta la scuola di formazione professionale e nel palazzetto è stata collocata la nuova sede di Cosecon, diventata poi Attiva spa; Il 13 dicembre 2013 è stato dichiarato il fallimento della società Attiva spa, con debiti per oltre 220 milioni di euro: Palazzetto Windamnn è stato chiuso e privato della corrente elettrica, dell’acqua e del riscaldamento; Il 3 agosto 2017, è stato pubblicato l’avviso della vendita ad Asta giudiziaria del Palazzetto Widmann con scadenza 24 ottobre 2017 (Asta senza incanto con offerta minima di 1.125.000 euro) ed eventuale vendita, con incanto, in data 13 dicembre 2017 (offerta minima 843.750 euro);
- se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
- quali interventi il Ministro dell'Economia e delle Finanze, visto l’utilizzo distorto da parte di Cosecon e degli enti locali coinvolti dei fondi erogati dall’allora Ministero del Tesoro per la realizzazione di una scuola di formazione professionale nel Palazzetto Windmann, intenda attivare, nell’ambito delle proprie competenze, per tutelare le risorse pubbliche investite;
- quali iniziative i Ministri, nell’ambito delle proprie competenze, intendano assumere per sospendere l'asta, tutelare il bene e per garantirne la fruibilità al pubblico;
- quali atti intendano adottare per verificare l'esistenza di un diritto di prelazione in capo agli stessi Ministeri visti gli ingenti investimenti pubblici utilizzati per il restauro.
MAFIE IN VENETO
Importanti novità giudiziarie sul patrimonio della mafia del brenta che dimostrano la prosecuzione delle attività criminali di alcuni appartenenti all'organizzazione.
MATTINO DI PADOVA 29 AGOSTO 2017
IL GAZZETTINO 29 AGOSTO 2017
CORRIERE VENETO 29 AGOSTO 2017
AGENDA
LUNEDÌ 4 SETTEMBRE ORE 15.30 CAMPOLONGO MAGGIORE PRESSO LA EX VILLA DI FELICE MANIERO BENE CONFISCATO ALLA MAFIA INCONTRO-SEMINARIO CON GLI STUDENTI E I VOLONTARI CHE PARTECIPANO ALLE GIORNATE DELLA LEGALITÀ PROMOSSE DA CGIL E RETE ASSOCIAZIONI CONTRO LE MAFIE
4 - 10 SETTEMBRE FESTA DEMOCRATICA DI PADOVA PARCO EUROPA - VIA VENEZIA - PADOVA
CLICCA QUI PER IL PROGRAMMA COMPLETO DELLA FESTA
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