CONSULTAZIONE INUTILE E DANNOSA CHE APRE UN CONFLITTO PERMANENTE MATTINO DI PADOVA 19 OTTOBRE 2017
Il referendum è inutile perché non modifica l'autonomia della Regione, è dannoso perché aumenta il conflitto con lo Stato e alimenta spinte secessioniste che possono portare a conseguenze negative come accade in Catalogna. Il referendum stravolge l'ordinamento costituzionale e apre un conflitto permanente tra Regione e Stato. Infatti l'articolo 116 della Costituzione stabilisce che le "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" possono essere attribuite in materie precise alle Regioni ordinarie attraverso una trattativa e un'intesa con lo Stato. Il quesito veneto chiede ai cittadini se vogliono maggiore autonomia regionale senza individuare le materie e i costi. Per la Costituzione l'autonomia speciale si fonda su un accordo che deve individuare le materie "ulteriori" che vengono assegnate alle Regioni e le relative risorse. La Regione Veneto, nonostante la disponibilità e le aperture del governo, ha scelto la strada referendaria per evitare la trattativa, evitare di indicare le materie e, soprattutto, evitare di indicare le risorse. Così si imbrogliano gli elettori, chiamati a esprimersi su un quesito generico e privo di effetti giuridici. Il referendum serve alla Lega per distrarre l'opinione pubblica dai problemi regionali rilanciando antichi slogan secessionisti, come "paroni a casa nostra" e "il nemico è Roma", per far dimenticare i disastri prodotti da imprenditori e amministratori locali: lo scandalo Mose, il fallimento delle banche popolari e di molti istituti di credito cooperativo, il consumo esagerato di suolo e i relativi disastri idrogeologici, i costi esorbitanti di opere pubbliche come la Pedemontana o alcuni ospedali, la gestione inefficiente della formazione professionale e dell'alternanza scuola-lavoro.Prima di andare a votare i cittadini devono riflettere bene e porsi alcune domande concrete: senza i soldi pubblici stanziati dal governo per le banche venete chi avrebbe salvato i risparmiatori? In una Regione che spreca risorse per insegnare il dialetto veneto nelle scuole anziché potenziare l'inglese, il tedesco o la stessa lingua italiana, è meglio se i programmi e l'organizzazione didattica sono governati a livello statale o regionale? La salute è più tutelata dalla Regione che ostacola i vaccini o dallo Stato che ha reintrodotto le vaccinazioni obbligatorie per contrastare il pericolosissimo abbassamento delle soglie di protezione verso alcune gravi malattie contagiose? Per queste ragioni il referendum deve essere contrastato con lo strumento più efficace: non andare a votare e far mancare il quorum..
Per saperne di più leggi gli approfondimenti:
LA REPUBBLICA 17 OTTOBRE 2017
IL MESSAGGERO 17 OTTOBRE 2017
ECCO PERCHÈ BISOGNA CONTRASTARE IL REFERENDUM E INVITARE I CITTADINI A NON VOTARE
Il referendum è una farsa organizzata dalla Lega per distrarre l’opinione pubblica e i cittadini dai problemi regionali ed è inutile perché non modifica l’autonomia della Regione. Il referendum aumenta il conflitto con lo Stato allontanando l’obiettivo di un accordo per poter gestire meglio alcune precise materie. Noi crediamo nell'autonomia e crediamo che ogni centralismo nazionale o regionale non aiuti il buon governo, come sanno bene gli amministratori locali veneti. Allo stesso tempo riteniamo che l'autonomia regionale sia stata tracciata efficacemente nella riforma costituzionale del 2001 e che vadano respinte le pulsioni secessioniste o indipendentiste.
Ci sono 4 principali ragioni per contrastare il referendum farsa sull’autonomia regionale.
Prima. Il referendum stravolge l’ordinamento costituzionale e apre un conflitto permanente tra Regione e Stato. Infatti l’articolo 116 della Costituzione stabilisce che le “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” possono essere attribuite in materie precise alle Regioni ordinarie attraverso una trattativa e un’intesa con lo Stato. Per la Costituzione l’autonomia speciale è il risultato di un accordo e non di uno scontro tra Regioni e Stato. Non solo. La Costituzione non prevede un aumento dell’autonomia fiscale per finanziare le nuove competenze trasferite: l’accordo deve individuare le materie “ulteriori” che vengono assegnate alle Regioni e le relative risorse. Per questo l’autonomia deve essere il risultato di un’intesa e non di uno scontro. La Regione Veneto, nonostante la disponibilità e le aperture del governo, ha scelto la strada referendaria per evitare la trattativa, evitare di indicare le materie e, soprattutto, evitare di indicare le risorse. L’autonomia regionale nel rispetto della Costituzione si costruisce con un accordo tra Regione e Stato: un accordo che indichi le materie da attribuire alla Regione e le relative risorse. Questa è la strada che sta seguendo l’Emilia Romagna, senza ricorrere a inutili e costosi referendum, mediante una trattativa con lo Stato. La possibilità di negoziare ulteriori forme di autonomia è prevista dalla vigente Costituzione ed il quesito ripropone ciò che già oggi sarebbe possibile fare. Questa possibilità è contenuta nelle modifiche alla Costituzione che sono state sottoposte a referendum nel 2001, confermate dal voto dei cittadini italiani. Anche in Veneto hanno vinto i sì con il 57,72%, perché allora chiedere nuovamente ai veneti se sono d’accordo su quanto la Costituzione prevede e che dal 2001 non ha visto alcune seria iniziativa di Zaia e di chi lo ha preceduto?
Seconda. Il referendum stravolge i principi costituzionali di solidarietà e di sussidiarietà. Infatti il referendum non indica né le materie in più da assegnare alla Regione né i relativi costi e le risorse. Il quesito si limita a chiedere ai cittadini se vogliono maggiore autonomia regionale senza individuare le materie e i costi. Il referendum evita accuratamente le due domande alla base del processo di autonomia: In cosa si vuole maggiore autonomia? Chi e come si paga la maggiore autonomia? Qui il referendum diventa una farsa. I sostenitori del referendum sostengono che l’autonomia si paga trattenendo in Veneto le tasse raccolte nella Regione. E’ la questione del residuo fiscale. E’ bene sapere che il residuo varia a seconda del metodo di calcolo. Ad esempio le spese straordinarie per le calamità naturali (terremoti, alluvioni, frane, temporali), per le opere pubbliche (Pedemontana, Mose), per il salvataggio delle banche locali (casse di credito cooperativo, Popolare di Vicenza, Veneto banca) non vengono mai calcolate tra i finanziamenti che lo Stato eroga alla Regione. Solo negli ultimi anni per spese straordinarie lo Stato ha erogato al Veneto l’equivalente di due leggi di bilancio nazionali. Anche diverse spese strutturali (pensioni, sicurezza, presenza delle forze dell’ordine e dei militati per il controllo del territorio, scuola) non vengono calcolate tra i finanziamenti erogati dallo Stato alla Regione. Infine non vengono mai calcolati il debito pubblico e i relativi interessi che sono pagati interamente dallo Stato. Come sarebbe il residuo fiscale se il debito pubblico e gli interessi fossero divisi su base regionale e trasferiti nei bilanci delle Regioni? Inoltre è bene sapere che il residuo fiscale è un tema nazionale e che in tutte le regioni del centro nord, non solo in Veneto e in Lombardia, si raccolgono più tasse di quante se ne spendono in determinati servizi. Se tutte le regioni avanzassero la richiesta di Zaia e di Maroni l’unità nazionale sarebbe messa in discussione. Forse è proprio ciò che vogliono, mascherando con l’autonomia la volontà di favorire la secessione.
Terza. Il referendum alimenta il conflitto con lo Stato e con l’Unione Europea per nascondere il fallimento del centrodestra al governo della Regione dal 1995 e per speculare sul disagio provocato dalla crisi economica e dalle scelte sbagliate di molte istituzioni politiche e imprenditoriali regionali. Il referendum serve per realizzare l’autoassoluzione collettiva delle classi dirigenti regionali che scaricano le responsabilità della crisi e del fallimento sulla politica romana ed europea. Per questo i sostenitori del referendum non parlano delle materie ulteriori che vorrebbero gestire e di come trovare le risorse per farlo e utilizzano slogan come “Paroni a casa nostra” e “Il nemico è Roma”. Un elemento di questa strategia è il ricorso costante contro i provvedimenti del governo alla corte costituzionale; ostacolo di fatto alle scelte del governo. Come è noto la realtà è diversa. L’economia e le imprese venete sono cresciute negli anni ’80 grazie alla capacità delle istituzioni nazionali e locali di valorizzare le capacità e la produttività di lavoratori e imprenditori nella creazione di valore aggiunto, e grazie alla svalutazione competitiva della lira, che ha prodotto costi enormi in termini di indebitamento pubblico che oggi pesa su tutto il Paese, e, in tempi recenti, grazie al mercato comune europeo. Pertanto senza le politiche monetarie ed economiche nazionali ed europee il benessere della nostra Regione sarebbe nettamente inferiore. La crescita e il futuro del Veneto sono strettamente legati all’Italia e all’Europa.
Quarta. Il referendum agita il tema dell’indipendenza e della secessione con effetti culturali devastanti: con le stesse finalità è stata scelta la data del 22 ottobre per richiamare il plebiscito del 22 ottobre del 1866 e aizzare il variegato mondo di secessionisti e indipendentisti che da tempo sviluppano una campagna contro l’unità nazionale anche attraverso iniziative violente. Nella stessa direzione vanno le numerose leggi identitarie promosse dalla maggioranza che sostiene Zaia, leggi che spesso si sono rivelate in contrasto con la Costituzione: dalla legge sui veneti come minoranza nazionale, alla priorità per i veneti nelle graduatorie per gli asili nido e per i servizi sociali, fino all’obbligo di esporre, insieme alla bandiera italiana, quella della Regione. Il presupposto culturale del referendum è la presunta superiorità del popolo veneto rispetto al resto d’Italia; una supremazia che sarebbe valorizzata dall’indipendenza dall’Italia e dall’Europa, indicate come le origini di tutti i mali. La realtà è diversa. Molti problemi del Veneto sono nati qui e sono stati causati da imprenditori e amministratori locali: lo scandalo Mose, il fallimento delle banche popolari e di molti istituti di credito cooperativo, il consumo esagerato di suolo e i relativi disastri idrogeologici, i costi esorbitanti di opere pubbliche come la Pedemontana o alcuni ospedali, la gestione inefficiente della formazione professionale e dell’alternanza scuola-lavoro, per fare solo pochi esempi.
Per comprendere la gravità della situazione è utile porsi alcune domande concrete. Senza i soldi pubblici stanziati dal governo per le banche venete chi avrebbe salvato i risparmiatori? Alla luce dei ripetuti tentativi della Regione di limitare i parchi regionali è meglio affidare la tutela dell’ambiente alla Regione o allo Stato? In una Regione che spreca risorse per insegnare il dialetto veneto nelle scuole anziché potenziare l’inglese, il tedesco o la stessa lingua italiana, è meglio attribuire i programmi e l’organizzazione didattica a livello statale o regionale? La salute è più tutelata dalla Regione che ostacola i vaccini o dallo Stato che cerca di rintrodurre le vaccinazioni obbligatorie per contrastare il pericolosissimo abbassamento delle soglie di protezione verso alcune gravi malattie contagiose? L’elenco potrebbe continuare a lungo e in diversi campi per dimostrare che non è vero che Il Veneto si governa meglio senza lo Stato.
Infine non si può non denunciare con forza che è in corso una campagna a senso unico per il sì al referendum in contrasto con tutte le norme sulla par condicio. La Regione sta utilizzando risorse istituzionali e strumenti di pressione politica per favorire l’affluenza al voto e la vittoria del sì. Spendere soldi pubblici per propagandare idee di parte in una competizione elettorale è una violazione delle fondamentali leggi democratiche. E’ doveroso ribadire che, in base alle norme vigenti, nel referendum la non partecipazione al voto equivale all’espressione di un orientamento e deve essere rispettata e pubblicizzata come le posizioni a favore e quelle contrarie. Finora non è stato così. Si sta concretizzando il rischio di trasformare il referendum in un plebiscito per affermare un pensiero unico autonomista, senza garantire la parità di accesso ai mezzi di comunicazione e di informazione alle diverse opinioni.
Il referendum serve a Zaia per indebolire il governo nazionale e avviare la campagna elettorale per le politiche della prossima primavera. Chi sostiene il sì al referendum, di fatto, contribuisce a rafforzare la vuota propaganda della Giunta regionale e a indebolire le riforme approvate dai governi di centrosinistra.
Per queste ragioni invitiamo i cittadini a contrastare il referendum regionale e a non andare a votare.
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RENZI, MARTINA, BRESSA TRE POSIZIONI CONTRO IL REFERENDUM INUTILE E COSTOSO

IL MATTINO DI PADOVA 7 SETTEMBRE 2017

IL MATTINO DI PADOVA 23 APRILE 2017

IL MATTINO DI PADOVA 26 SETTEMBRE 2017
L'EMILIA SPIAZZA IL VENETO SULLA STRADA PER L'AUTONOMIA L'ACCORDO CON IL GOVERNO SULLE COMPETENZE E' L'UNICA VIA: IL REFERENDUM VENETO E' INUTILE

L’EMILIA BRUCIA SUL TEMPO IL VENETO APERTA LA TRATTATIVA PER L’AUTONOMIA CORRIRE VENETO 19 OTTOBRE 2017
Con un blitz a Palazzo Chigi,l’Emilia Romagna ha sorpassato il Veneto in curva e ha piantato per prima la bandiera dell’autonomia. A quattro giorni dai referendum per l’autonomia di Veneto e Lombardia, ieri mattina il presidente della Regione Stefano Bonaccini e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, entrambi Pd, hanno firmato una dichiarazione d’intenti per dare l’avvio al negoziato. «Come è già successo in altri ambiti - ha detto Bonaccini - potremmo aprire la strada a livello nazionale su ciò che finora non è mai stato fatto in Italia: il riconoscimento di maggiore autonomia ad una Regione attraverso la Costituzione».
In altre parole, non solo supera il Veneto per Pil e residuo fiscale, la regione «rossa» arriva pure prima in autonomia e senza aver speso un euro per la consultazione popolare. «Noi abbiamo scelto di non spendere 20 milioni di euro per il referendum — attacca Bonaccini — In Veneto e Lombardia è scontato che i cittadini voteranno Sì all’autonomia. Noi seguiamo la Costituzione e facciamo le cose seriamente. Se Zaia e Maroni dicono che io sono andato in rincorsa, ai cittadini dell’Emilia-Romagna interessa poco». Il messaggio agli elettori è: il referendum non è indispensabile e andare a votare non è fondamentale.
Una mina anti-quorum. In Veneto non l’hanno presa bene, anche se ieri a palazzo Balbi girava via WhatsApp la copia dell’intesa accompagnata da emoji divertite dal contenuto della dichiarazione d’intenti: «Le materie interessate saranno oggetto di ogni necessaria valutazione, da compiere anche in forma bilaterale, in modo da perseguire un esito positivo sia per la Regione sia per l’ordinamento repubblicano sia, soprattutto, nell’interesse del Paese». (...)
Per saperne di più leggi gli approfondimenti:
CORRIERE VENETO 19 OTTOBRE 2017
AGENDA
STASERA 19 OTTOBRE ORE 21.00 REFERENDUM E AUTONOMIA
SEDE QUARTIERE - VIA DAL PIAZ - PADOVA

DOMANI 20 OTTOBRE ORE 14.00 CONFRONTO - INCONTRO CON I DELEGATI CGIL SUL REFERENDUM VENETO MESTRE (VE)
LUNEDI' 23 OTTOBRE ORE 21.00 PALAZZETTO WIDMANN: QUALE FUTURO? TEATRO GOLDONI - BAGNOLI DI SOPRA (PD)
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