NACCARATO: «PRESSIONI SPECULATIVE DA ZAIA E SENZA SANT'ANTONIO SALTA ANCHE IL TRAM» MATTINO DI PADOVA 17 NOVEMBRE 2017
«Ci sono pressioni speculative dalla Regione: serve chiarezza su fondi, interessi e programmazione sanitaria». Ci pensa Alessandro Naccarato (nella foto), deputato dem da sempre attento alla questione, a mettere in fila le domande irrisolte sul nuovo polo. Con parecchi interrogativi concreti. Ad esempio: «Nessuno ha chiarito che fine farà il S. Antonio in via Facciolati - spiega - Perché se viene chiuso perde senso la seconda linea del tram, che non avrà più sostenibilità finanziaria».Non solo. Ci sono molti altri punti in sospeso. Il primo: «Le risorse per il nuovo ospedale ci sono? Non c'è un progetto realistico e Zaia non pensi di fare un nuovo project. Nel frattempo però dal 2001 alle spese programmate nel 2019 gli investimenti per l'Azienda ospedaliera ammontano a 191 milioni». E ancora: «Continuano a dire che quello che c'è fa schifo. In realtà Padova è l'ospedale che attira più pazienti in regione assieme a Verona, guarda caso realizzato con "nuovo su vecchio". Le strutture nuove, come Mestre, Santorso e Schiavonia, hanno indici di fuga significativi».Poi secondo il deputato dem bisogna chiedersi il perché dell'insistenza della Regione su Padova Est: «C'è un'enorme speculazione edilizia e finanziaria. Da una parte il Consorzio quadrante Nordest, poi l'area Pt2 con il lago di proprietà di Numeria sgr, di cui è socio il consulente dell'Azienda ospedaliera Bruno Barel, quindi l'area ex Stimamiglio di Aspiag - spiega Naccarato - Ma la Regione deve fare l'ospedale per i malati o per far rivalutare le aree degli amici?».
COALIZIONE CIVICA NESSUNO STRAPPO MA NO AL DOPPIO POLO MATTINO DI PADOVA 23 NOVEMBRE 2017
Nessuna rottura e una mozione "ammorbidita" votata da tutta l'assemblea (166 favorevoli, 8 contrari e 10 astenuti). Coalizione civica raccoglie i suoi militanti al Rex, ieri sera, per ribadire il sostegno al tentativo dell'amministrazione di un ospedale unico "nuovo su vecchio". Assente Lorenzoni (impegnato alla cena di Sant'Egidio), la discussione però non ha sciolto il nodo di quanto "imperativa" sia per consiglieri comunali e assessori la valenza della mozione elaborata dai gruppi Salute e Urbanistica. Secca la risposta di Daniela Ruffini, contraria a ogni possibile polo a Padova Est, che si tiene mano libera: «Un consigliere o un assessore non ha vincoli di mandato, risponde alla sua coscienza e ai cittadini. Ma una giunta non cade per una scelta urbanistica». Alla fine il senso della mozione è questo: la soluzione migliore per la città rimane quella di un unico polo della salute sul sito attuale. Un "dispositivo" sposato da tutti. Quello che "rompe" con l'impostazione di Giordani e Lorenzoni è il secco no all'opzione dei due poli, condivisa da Zaia e Rizzuto. Ieri, nel corso della giornata, la mozione ha subito ben quattro variazioni, arrivate dopo un incontro martedì scorso a cena al ristorante «La vecchia Padova» tra Giordani, Lorenzoni, i consiglieri comunali e il comitato politico di Coalizione civica. È stata ammorbidita la critica a Zaia e "assolta" la giunta comunale. «La Regione ha sempre ignorato le implicazioni sociali ed economiche che la scelta comporta sulla vita della città e da ultimo, in spregio ad ogni processo partecipativo, baserà la decisione solo sulle valutazioni di un gruppo di tecnici». «Coalizione ribadisce una posizione che condivido e che abbiamo sempre sostenuto - è il commento del vicesindaco Lorenzoni - Su via Giustiniani noi abbiamo chiesto un investimento serio, credibile e duraturo. Io lo definirei un ospedale nuovo e completo: un risultato che rivendico. Altro che le righe vaghe scritte nell'accordo di programma di Bitonci». Nessun timore dunque di uno strappo in consiglio comunale: «Ogni passaggio necessario in aula troverà dei sostenitori», conclude Lorenzoni.
IL MINISTRO ANDREA ORLANDO: «UNA LEGGE CONTRO LA MAFIA IN POLITICA»
L'intervista al Ministro della Giustizia Andrea Orlando sui provvedimenti allo studio del ministero prima del summit sulla lotta alle mafie
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CORRIERE DELLA SERA 23 NOVEMBRE 2017
DISTACCO DI SAPPADA: UNA LEGGE SBAGLIATA
La legge per il distacco di Sappada dal Veneto e la aggregazione al Friuli Venezia Giulia è stata affrontata con superficialità dal Senato ed è stata condizionata dagli interessi elettorali delle forze politiche in vista delle elezioni regionali friulane della prossima primavera. Così si spiega l’approvazione frettolosa di una norma che altera i rapporti tra regioni ordinarie e speciali ed è priva dei presupposti costituzionali e giuridici per essere esaminata. L’impatto della legge non può essere sottovalutato per gli effetti negativi che produce in Veneto e negli assetti istituzionali italiani. Molti comuni vicini alle regioni speciali chiedono da tempo le condizioni fiscali privilegiate dei confinanti. La risposta non può essere il passaggio nelle regioni speciali: la conseguenza sarebbe la impraticabile trasformazione di tutte le regioni ordinarie in regioni speciali. Al contrario bisogna promuovere adeguate politiche fiscali e infrastrutturali per le zone interessate, a partire da investimenti mirati per le aree di montagna, che in Veneto sono state a lungo trascurate dall’inerzia e dal centralismo della regione. Prima di Sappada altri comuni veneti hanno votato per andare in regioni speciali: nel 2005 Lamon, nel 2006 Cinto Caomaggiore e Sovramonte, nel 2007 gli 8 comuni dell’Altopiano di Asiago, Cortina d’Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo del Col di Lana. Poi, dopo Sappada, è stata la volta di Pedemonte, Taibon Agordino e Voltago Agordino. Se tutti questi comuni saranno aggregati a regioni speciali la fuga da Veneto, e in prospettiva anche da Lombardia e Piemonte, verso Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Val d’Aosta diventerà inarrestabile. Saranno stravolte le caratteristiche identitarie delle regioni speciali. Per queste ragioni, fino alla sciagurata approvazione al Senato della legge per Sappada, per le modifiche territoriali riguardanti le regioni speciali si era sempre seguita la strada della legge costituzionale con un’attenzione particolare al parere delle regioni coinvolte. Infatti la legge incide sul territorio di una regione speciale, il cui statuto deve essere approvato con legge costituzionale. La modifica territoriale altera non solo il territorio della regione speciale, modifica soprattutto la composizione identitaria, linguistica e culturale, stravolgendo la specialità fissata dalla Costituzione e dallo statuto speciale. Se fosse sufficiente una legge ordinaria per determinare l’aggregazione di nuovi comuni alle regioni speciali queste non avrebbero alcuno strumento per tutelare la specialità che deriva dalla Costituzione. Pertanto è imprescindibile lo strumento della legge costituzionale. Inoltre, come è stato evidenziato nel corso dell’esame alla Camera e dal presidente del Consiglio regionale, manca il parere della regione Veneto sul distacco. Non è chiaro perché la regione, che si vanta di essere un modello di efficacia, non abbia ancora espresso la propria valutazione, visto che il referendum si è svolto nel 2008. Comunque si tratta di un parere molto importante perché, secondo la giurisprudenza costituzionale, ha il compito di consentire la complessiva emersione di tutti gli interessi locali implicati nella operazione e la loro organica valutazione. Infatti per approvare il distacco non è sufficiente la volontà o l’interesse del comune che vuole andare nella regione speciale, devono essere pesati tutti gli interessi in campo, compresi quelli dei territori che subiscono il trasferimento. A proposito di interessi da valutare è opportuno ricordare che la provincia di Belluno si è espressa contro il distacco. Per tutte queste ragioni è opportuno fermare il distacco di Sappada dal Veneto e promuovere, insieme a tutte le regioni interessate, un serio piano di interventi per le zone di montagna con l’obiettivo di risolvere i disagi e le difficoltà di territori che hanno bisogno di sostegno economico e non di cambiare regione.
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TESTO DEL PROVVEDIMENTO
CORRIERE DEL VENETO 23 NOVEMBRE 2017
VACCINI: DAL VENETO UN ESEMPIO DI AUTONOMIA PERICOLOSA PER LA SALUTE
La Regione Veneto ha fatto l’ennesima pessima figura a livello nazionale. La Corte costituzionale ha respinto i ricorsi della regione contro la legge che ha ripristinato l’obbligo delle vaccinazioni. Aldilà degli aspetti giuridici sulla competenza nazionale in materia sanitaria, le motivazioni della sentenza sono molto importanti perché riconoscono che la copertura vaccinale in Veneto è scesa sotto la soglia di sicurezza con i conseguenti pericoli per la salute dei cittadini: la sentenza certifica il fallimento delle scelte della regione che, prima in Italia, nel 2007 ha reso facoltative le vaccinazioni.
Si deve ricordare che la legge nazionale è stata approvata perché per la prima volta dopo tanti anni il numero di bambini vaccinati contro le principali malattie è diminuito sotto le soglie di sicurezza del 95%. Grazie alla consueta disinformazione della regione e alla cortina fumogena del referendum sull’autonomia è passato quasi sotto il silenzio il dato negativo delle coperture vaccinali in Veneto. Ecco i dati aggiornati a giugno 2017 per le vaccinazioni previste entro i 2 anni d’età:

La vicenda dimostra che la salute e la prevenzione non possono essere gestite dalle Regioni e, soprattutto, non possono essere condizionate dalla ricerca di consensi di qualche governatore regionale. La sicurezza della salute dei cittadini è più tutelata se le decisioni sono assunte e gestite dallo Stato in base alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della sanità.
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SOLE 24 ORE 23 NOVEMBRE 2017
AGENDA
SABATO 25 NOVEMBRE LICEO DI PORTOGRUARO
ASSEMBLEA CON GLI STUDENTI SULLA LOTTA ALLE MAFIE
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