PER COMBATTERE LE MAFIE SERVE LA COLLABORAZIONE DELLE IMPRESE
La recente operazione della Dia di Padova, unita alle inchieste della Dda di Catanzaro, conferma in modo inequivocabile la presenza della ‘ndrangheta nel nostro territorio e contiene quattro aspetti da analizzare. 1. Le indagini hanno portato alla luce gravi reati, commessi da persone che hanno rapporti con organizzazioni criminali di stampo mafioso. Per alcuni di loro sono in corso altri procedimenti penali per reati analoghi. Tra gli arrestati spiccano le figure di Bartucca, Spadafora, Giglio, e Giardino, al centro di inchieste per traffico di droga e per i legami con la ‘ndrangheta. Alcuni membri della famiglia Giardino, legata alla cosca Grande Aracri, sono indagati a Verona per estorsione e usura e, come evidenziato da precedenti indagini, hanno sostenuto alle elezioni la vecchia amministrazione del sindaco Tosi. In Veneto le mafie hanno utilizzato la strategia già realizzata in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna e si sono radicate in due settori: riciclaggio di denaro e traffico di droga. Le mafie fin dai primi anni ’90 hanno scelto il Veneto come zona dove investire risorse e dove nascondere latitanti e quindi evitano il controllo militare del territorio e cercano di non ricorrere alla violenza. Questa strategia ha consentito alle organizzazioni criminali di mimetizzarsi, di crescere e di costruire rapporti con diverse realtà economiche locali, in particolare nei piccoli centri, come Vigonza, Montecchio e i comuni della bassa veronese. 2. L’operazione conferma le modalità operative delle mafie in Veneto e i legami con il mondo economico e finanziario. L’associazione criminale gestiva il traffico di stupefacenti e riciclava e autoriciclava i proventi dei reati con false fatturazioni attraverso il ruolo decisivo di imprenditori e funzionari di banca. Dall’indagine emerge come l’assenza di controlli in molti istituti di credito, nell’occasione nella Banca Popolare di Vicenza, abbia favorito le attività delle mafie. Proprio la fragilità del sistema imprenditoriale e finanziario del Veneto ha consentito alle organizzazioni criminali di entrare nel tessuto economico locale. L’azione dei gruppi criminali si avvale di rapporti continuativi con imprenditori locali, professionisti e operatori finanziari. Questi rapporti, basati su una convergenza di interessi, sono funzionali a commettere reati economici, come l’evasione fiscale, la bancarotta fraudolenta, le truffe. Così la criminalità organizzata è riuscita ad entrare e a condizionare l’economia in modo silenzioso. 3. L’operazione di Padova riconosce l’importanza e l’utilità dell’introduzione nel codice penale del reato di autoriciclaggio, inserito dopo una lunga battaglia nel 2014. Infatti questo nuovo reato consente alla magistratura di avere maggiori strumenti di prevenzione e di contrasto contro le attività economiche delle mafie al nord. 4. Gli arresti sono il risultato di un metodo investigativo efficace e del lavoro delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria. Si seguono i movimenti dei soldi, partendo dalla ricognizione delle attività di pregiudicati e di persone a loro associate per commettere reati in ambito economico e finanziario; poi si cercano i collegamenti con le organizzazioni criminali. L’indagine chiude ogni spazio residuo alle sottovalutazioni e agli atteggiamenti negazionisti e impone una collaborazione attiva del mondo dell’impresa e del credito con le autorità giudiziarie per combattere con rigore e determinazione l’azione delle organizzazioni criminali nell’economia veneta.

NACCARATO: «LE BANCHE L'ANELLO DEBOLE DEL SISTEMA» GAZZETTINO 23 GENNAIO 2017
Sono almeno tre le anticipazioni che aveva fatto nei mesi scorsi. Innanzitutto sulla tecnica utilizzata dalla ndrangheta per infiltrarsi nel Veneto, cioè quella delle false fatture. Poi, sulla presenza e sui ruoli delle famiglie Giardino e Spadafora, confermata dagli arresti di ieri. Infine sul ruolo delle banche locali, venuto fuori anch'esso da questa ultimissima inchiesta del Centro Operativo della Direzione antimafia. Alessandro Naccarato, onorevole del Pd e membro della Commissione antimafia, da anni si batte per segnalare la presenza della cosca calabrese, che ha definito una sorta di holding criminale e che è stata oggetto di diverse interrogazioni parlamentari da lui stesso presentate. Di questo parla pure nel suo ultimo libro Le mafie in Veneto - Presenza e attività della criminalità organizzata (ed. Il Poligrafo), in cui descrive quanto moderna, radicata e tenace sia ormai la mafia al Nord. «Certo - spiega il deputato padovano - da tempo è stato lanciato l'allarme per la presenza della mafia calabrese sul nostro territorio. E non era difficile dedurre che queste figure che lavoravano in Emilia e a Verona, fossero arrivate fin qui per commettere reati. L'indagine ha messo in luce l'attenzione dell'autorità giudiziaria e degli organi di polizia, e ha confermato le modalità operative della ndrangheta che ha come fulcro delle sue attività lo spaccio. Per riciclare i proventi gli ndranghetisti usano le aziende, dove producono false fatture avvalendosi della collaborazione di alcuni funzionari delle banche. Troppo a lungo queste ultime sono state delle zone d'ombra». Ed è proprio questo per Naccarato uno degli aspetti più interessanti del blitz di ieri della D.I.A. «Guarda caso - ha aggiunto - è coinvolta la popolare di Vicenza, ma lo stesso ragionamento vale pure per Veneto banca e per altri istituti di credito cooperativo che, in assenza di controlli, sono diventati l'anello debole per il sistema messo in piedi al Nord dai mafiosi calabresi, che ha lasciato spazio alle infiltrazioni: in pratica, essendoci al sud verifiche stringenti, hanno pensato di portare nel veneto, e a Padova, i soldi da riciclare. Tutto ciò dà l'idea della fragilità del nostro sistema economico-finanziario. Il modello è quello delle false fatture, già collaudato da imprenditori senza scrupoli». Il deputato democratico, poi, evidenzia anche i collegamenti con la politica. «A Verona - sottolinea -, come ha portato alla luce un'inchiesta avviata a Catanzaro, alcuni esponenti della ndrangheta hanno sostenuto liste vicino a Tosi e ciò dimostra come siano riusciti a inserirsi persino nel contesto politico del Nord: garantivano dei voti alla Lega pensando di avere in cambio dei vantaggi. In Emilia, peraltro, avevano supportato liste di centrosinistra, con la medesima finalità». Infine le modalità con cui sono state condotte le indagini. «Gli investigatori della D.I.A. padovana - conclude Naccarato - hanno fatto bene ad andare avanti un passo alla volta, partendo dai singoli reati, per far emergere poi tutto il resto. E a contestare il reato di autoriciclaggio, introdotto grazie a una legge approvata nel 2014 di cui sono stato uno dei firmatari: consente infatti, di contestare un reato in più e mette a disposizione strumenti coercitivi maggiori. Che tutto questo sia potuto avvenire al nord è positivo: è finito il tempo in cui il fenomeno veniva sottovalutato, perché ora il livello di attenzione è alto».
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MATTINO DI PADOVA 23 GENNAIO 2018
GAZZETTINO 23 GENNAIO 2018
RIFIUTI NELLA BASSA PADOVANA LA CHIUSURA DELLE PRIME INDAGINI CONFERMA ILLEGALITÀ E SCANDALI NELLA GESTIONE DI PADOVA TRE
L’autorità giudiziaria ha chiuso il primo filone dell’inchiesta sulla Padova Tre e ha ravvisato diverse responsabilità penali. Nelle prossime settimane a queste conclusioni si dovranno aggiungere le valutazioni sulle altre indagini aperte e i provvedimenti di competenza della Corte dei Conti per i danni causati dagli amministratori ai Comuni. Finalmente iniziano a essere individuati alcuni dei principali responsabili del disastro. Aldilà dei profili penali e contabili, appare sempre più evidente che le denunce, più volte sottovalutate e irrise da molti sindaci e rappresentanti istituzionali, si fondavano su fatti reali. Nella bassa padovana il servizio rifiuti è stato gestito in modo fallimentare per anni: amministratori senza scrupoli hanno accumulato debiti ingenti e li hanno scaricati sui comuni e sui cittadini. Le vicende oggetto dell’indagine della magistratura - gestioni dei bacini e del consorzio per il servizio rifiuti, fallimento della Padova Tre srl, affidamenti senza gara alla cooperativa Ecofficina - evidenziano la fragilità delle istituzioni locali e la subalternità della politica rispetto ai soggetti imprenditoriali: ai privati è stato concesso di fatto il monopolio dei servizi. In questo contesto e senza una effettiva concorrenza ha trovato terreno fertile la diffusione di condotte illecite. Le irregolarità e le violazioni di legge indicano una degenerazione e un peggioramento qualitativo dell’amministrazione pubblica. Le responsabilità politiche sono di chi non ha controllato la gestione e ha approvato o consentito scelte sbagliate e dannose per i cittadini e per i comuni. Questi comportamenti derivano da una concezione privatistica della cosa pubblica, dallo scarso livello di preparazione e dalla sostanziale incapacità di alcuni amministratori.
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MATTINO DI PADOVA 21 GENNAIO 2017
L'INTERA VICENDA DI PADOVA TRE VIENE ANALIZZATA NELLA PUBBLICAZIONE
RIFIUTI SPORCHI
IL FALLIMENTO DELLA GESTIONE DEL SERVIZIO RIFIUTI NELLA BASSA PADOVANA
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AGENDA
GIOVEDI' 25 GENNAIO ORE 20.45 CENTRO CULTURALE RIGONI STERN PIAZZA LIBERAZIONE - PONTE SAN NICOLO'
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VENERDI' 26 GENNAIO ORE 21.00
SALA RIAB - LIMENA

DOMENICA 28 GENNAIO ORE 10.00
SALA I. CALVINO - CADONEGHE

LUNEDI' 29 GENNAIO ORE 21.00 SALA ANZIANI - MUNICIPIO DI PADOVA

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