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Partito democratico, debutto veneto
Domani "prove tecniche" a Verona in occasione del seminario di Margherita e Ds

Vuoi vedere che è la volta buona? I propositi sembrano seri, e soprattutto sembra serio e attendibile il tavolo dal quale dovrebbe partire il confronto per arrivare al Partito Democratico nel Veneto. Margherita e Ds nostrani vogliono arrivare per primi in Italia al varo del battello, prima dei rispettivi congressi nazionale della primavera prossima. Così per domani hanno convocato, in un seminario a Verona, un bel "parterre de roi": dal ministro Damiano al viceministro De Piccoli, da uno stuolo di sottosegretari ai parlamentari; "guest star" Dario Franceschini capogruppo dell'Ulivo alla Camera. Ma anche amministratori locali e regionali, docenti universitari. Unici assenti i "margheritini" di minoranza (che si richiamano al ministro Arturo Parisi) e che ieri a Mestre, in una conferenza stampa in contemporanea con quella degli "amici" di maggioranza, hanno spiegato la loro posizione sul progetto(articolo a fianco).

A credere nel nuovo soggetto politico, per la prima volta nel palazzo del Consiglio regionale si sono ritrovati spalla a spalla i rappresentanti dei soci fondatori del Partito Democratico: i segretari regionali Diego Bottacin (Margherita) e Alessandro Naccarato (di fresca nomina, per i Ds), i rispettivi consiglieri regionali. C'era anche una presenza a sorpresa: Roberto Fasoli, rappresentante dell'associazione per il Partito Democratico, che ha fatto scoprire un movimento quasi sconosciuto, che traendo origine dal "popolo delle primarie", raggruppa in quasi tutte le provincie venete «chi crede profondamente nel progetto. Siamo già 1.200, di tutti i colori politici». Movimento, ma come si concilia con un partito? «Senza partiti non si va da nessuna parte, ma solo con i partiti non si fanno le cose necessarie» Come dire: noi siamo il valore aggiunto. Non solo, «c'é una grande attesa tra i nostri giovani, tanto che abbiamo dovuto modificare lo Statuto dell'associazione per abbassare a 16 anni l'età di adesione».

I presupposti, dunque, ci sono, non a caso Margherita e Ds da mesi stanno discutendo sulla creazione di un gruppo unico in Consiglio regionale. Hanno sofferto per gli "stop and go" vissuti a Roma, dove nella Margherita parisiani-ulivisti e rutelliani-popolari, e nei Ds maggioranza-ex Correntone, hanno perso tanto (troppo) tempo nei veti incrociati sul futuro del Partito Democratico, su come realizzarlo e sulla forma da dargli (leggasi pesi e contrappesi di rappresentanza). Bando alle ciance, invece dicono i responsabili veneti, e promettono che entro fine anno ci sarà il nome e cognome del capogruppo del gruppo unico e la bozza dell'organizzazione. L'auspicio è che le assise regionali, come quelle nazionali, si risolvano in una pura formalità.

Bottacin ha spiegato che «dopo l'esordio nazionale di Orvieto, l'Ulivo parte da Verona per porre le fondamenta del futuro Partito Democratico del Veneto. Sulle rive dell'Adige dovremo definire il profilo culturale e programmatico e i temi sui quali si concentrerà l'impegno del futuro partito: federalismo istituzionale, infrastrutture, welfare, cultura ed economia». Un "partito nuovo" che deve essere federato in tema organizzativa (ma anche aperto a tutti: Sdi, Verdi, Liga Fronte Veneto, liberali democratici, repubblicani», e soprattutto federalista nel programma con «consistenti contenuti "nordisti" nel senso non campanilistico, ma di attenzione alla "questione settentrionale"».

Il ds Naccarato è certo che a Verona «si aprirà un processo importante, inizio del rinnovamento della politica veneta. La stessa scelta di questa città è dovuta al fatto che a primavera a Verona si voterà per il sindaco. Sarà un primo test della nuova formazione politica da allargare, in seguito, al resto della regione». Ma «non dimentichiamo le liste civiche» suggerisce il consigliere Gustavo Franchetto.

Che di rinnovamento e riforme il Veneto ha un grande bisogno, ne è convinto Achille Variati (Margherita) vicepresidente del Consiglio regionale. E attaccando il presidente Galan, ricorda che «da dodici anni il Veneto è governato dalla Cdl, ma nulla è cambiato, nessuna significativa riforma è sta fatta in settori vitali. Sta a noi far ripartire una nuova fase riformista». C'é «un vero e stallo della politica veneta» ribatte Giovanni Gallo capogruppo Ds, «da cui si potrà uscire anche grazie all'evoluzione dell'Ulivo in Partito Democratico». E se in Veneto da undici, e fino al 2010, lo scettro è nelle mani della Cdl, «ciò non toglie di poter provare a ribaltare la situazione» dice in coro il gruppo di centrosinistra.