Sicurezza a carico
dei cittadini
Il
Mattino di Padova,
1 marzo 2009
L’ultimo decreto legge sulla
sicurezza è un provvedimento
inutile, pericoloso e demagogico.
Basti pensare alle cosiddette ronde,
che sono uno strumento che creerà
soltanto problemi e sottrarrà
risorse e uomini dalla lotta alla
criminalità, per controllare i
partecipanti alle stesse ronde. Così
la destra e la Lega, a quasi un anno
dalla vittoria elettorale, lanciano
un messaggio chiaro, devastante e
irragionevole: sulla sicurezza i
cittadini si devono arrangiare da
soli.
E’ un messaggio molto pericoloso
che peggiorerà le condizioni della
sicurezza. Anzitutto perché la
Costituzione assegna in via
esclusiva alle autorità di pubblica
sicurezza dello Stato il compito di
controllare il territorio e
garantire l’incolumità dei propri
cittadini, in quanto unico detentore
del monopolio nell’uso della forza.
L’affidamento di un tale compito ad
associazioni private, previsto dal
decreto del governo, porterà a una
sostanziale delegittimazione del
ruolo principale delle forze
dell’ordine agli occhi della
collettività.
Attenzione, perché, con
l’introduzione delle ronde, il
governo rinuncia a impegnarsi per
garantire la sicurezza e scarica il
problema sui cittadini e sugli enti
locali. Inoltre, la mancanza di
un’adeguata preparazione tecnica e
dei minimi requisiti professionali
per poter svolgere funzioni di
controllo del territorio non fa
altro che mettere in pericolo
l’incolumità stessa dei partecipanti
alle ronde, e rischia di diffondere
comportamenti violenti e
discriminatori. Basti pensare agli
scontri fra gruppi opposti di
rondisti che sono avvenuti qualche
giorno fa nel rione Pescarotto.
E’ l’esempio lampante di come le
ronde si prestino a vergognose
strumentalizzazioni politiche e si
trasformino, in realtà, in gruppi di
esaltati in cerca di visibilità. Con
l’aggravante, perdipiù, di obbligare
le forze dell’ordine a proteggere
pochi rondisti anziché controllare
il territorio. Infine, la demagogia
del provvedimento è dimostrata da
due aspetti: i tempi stabiliti per
l’avvio delle ronde e il contrasto
al disagio sociale.
Il decreto prevede che i
regolamenti attuativi che
consentiranno di istituire le ronde
saranno emanati entro il 20 giugno,
in piena campagna elettorale per i
ballottaggi nei Comuni e nelle
Province. Fino a quel momento, la
destra continuerà ad alimentare la
paura e a fare propaganda. E’
passata solo una settimana
dall’approvazione del decreto, che
già emergono dagli stessi esponenti
della destra interpretazioni
contrastanti del provvedimento: un
giorno il governatore del Veneto
Galan promuove le ronde e sollecita
i cittadini ad aggregarsi per
pattugliare le strade, il giorno
successivo il ministro dell’Interno
Maroni, esponente della Lega Nord,
ridimensiona l’importanza e le
funzioni delle ronde private. Così
facendo dove andremo a finire?
Questo comportamento dimostra in
modo evidente la demagogia del
decreto. Il Pdl e la Lega vogliono
solo gettare fumo negli occhi degli
elettori, e fare propaganda per
conquistare voti nelle prossime
elezioni amministrative ed europee
di giugno.
Il decreto inoltre prevede la
possibilità per i rondisti di
segnalare «situazioni di disagio
sociale». E’ una scelta solo
demagogica. Il disagio sociale si
contrasta promuovendo efficaci
politiche sociali, non certo
equiparandolo ingiustamente al
problema della sicurezza e del
degrado urbano.
Se il governo avesse voluto davvero
contrastare il disagio non avrebbe
dovuto tagliare le risorse per
l’assistenza sociale negli enti
locali. Siccome i tagli sono stati
pesantissimi, il disagio sociale e
l’insicurezza aumenteranno per colpa
di un governo che sa fare solo
propaganda.
Il decreto serve solo a nascondere
l’incapacità del governo. Infatti,
sono stati inefficaci sia il primo
decreto approvato in pompa magna
nello scorso luglio, sia l’invio dei
militari in alcune città.
Di fronte a questi fallimenti, il
governo dovrebbe intervenire in
quattro direzioni: aumentare le
risorse alle forze dell’ordine,
unico soggetto in grado di prevenire
e contrastare sul serio la
criminalità; cambiare la legge
Bossi-Fini sull’immigrazione, che
favorisce gli ingressi dei
clandestini e non consente di
espellerli; intervenire per
potenziare gli organici della
magistratura e snellire i tempi dei
processi; stipulare accordi di
collaborazione con i Paesi europei e
del Nord Africa per governare i
flussi migratori.
Senza queste misure la sicurezza non
può migliorare; e con il decreto si
continua a fare soltanto propaganda.
«Personaggi maldestri della
politica»
Il Mattino
di Padova, 1 marzo 2009
«Mi
sembra un vuoto quantico, con
particelle e antiparticelle che si
creano, ma alla fine rimane sempre
uno spazio vuoto». Che Flavio
Zanonato, il sindaco di Padova, sia
un appassionato di scienze lo si
sapeva. Magari era più difficile
immaginare che riuscisse a spiegare
con questi termini la sua opinione
sui tafferugli di venerdì sera fra
esponenti no-global e leghisti. Le
particelle e antiparticelle non sono
altro che le manifestazioni, di un
colore e dell’altro, che animano i
venerdì sera cittadini. Senza
incidere in alcun modo sulla
questione sicurezza, anzi
peggiorando le cose. «Dobbiamo
intenderci su cosa significhi dare
una mano all’ordine pubblico. Certo
non è un aiuto il fatto che la
polizia debba concentrarsi su queste
manifestazioni politiche, venendo
così distratta dai suoi compiti
naturali». Il primo cittadino si
chiede quali siano gli effetti
pratici di questo scendere per
strada. «Forse venerdì sera grazie
alle ronde c’è stato qualche
spacciatore in meno? Oppure sono
stati commessi meno crimini?».
Domande retoriche che lasciano
intendere l’opinione di Zanonato
sull’efficacia di questi strumenti,
gestiti in questo modo. Sugli
scontri invece, con sberle e
spintoni volati fra esponenti dei
centri sociali e leghisti
incrociatisi dietro la stazione nel
corso della serata, il commento si
fa più laconico, visto che proprio
venerdì il sindaco aveva messo in
guardia da questo tipo di
iniziative.
Entrando nel merito degli
avvenimenti, invece, Zanonato parla
di «personaggi maldestri che fanno
politica e che non sanno certo come
garantire la sicurezza» riferendosi
ai manifestanti del Carroccio, i
quali perlomeno «stavano facendo una
manifestazione inutile, ma
assolutamente legittima». Dall’altra
parte invece l’universo no-global «i
soliti violenti noti a tutti,
antidemocratici, che dicono la loro
cercando di bloccare iniziative
legittime. Tutto per trovare un
pretesto per ricordare la loro
esistenza».
Il sindaco Flavio Zanonato infine
si rivolge anche al mondo
dell’informazione, reo, secondo lui,
di dare troppo spazio a personaggi
che «non andrebbero esaltati ma
ridicolizzati».
__________________________________________
LA NOTA
Quote latte: il Governo premia
i furbi e danneggia gli onesti
Con il decreto del Ministro
dell’Agricoltura Zaia sulle “quote
latte”, il governo penalizza
fortemente migliaia di allevatori
che, rispettando le regole, si sono
addirittura indebitati per pagare le
quote latte.
Il provvedimento del
Ministro Zaia è una vero e proprio
regalo a una esigua minoranza di
allevatori, di stretta osservanza
leghista, che in questi anni hanno
costantemente violato le norme
europee in materia di produzione del
latte ed ora, per non pagare le
salatissime multe inflitte
dall’Unione Europea, hanno chiesto
ed ottenuto l’intervento del loro
Ministro di riferimento. Il decreto,
infatti, riconoscendo a pochi
allevatori “fuori norma” le quote
illegalmente prodotte in eccesso
oltre i limiti consentiti dalla UE,
crea una palese disparità rispetto
alla maggior parte degli allevatori
che, invece, in questi anni hanno
sempre investito e rispettato le
regole. Di fatto, si tratta di
un’inaccettabile sanatoria a
vantaggio di pochi privilegiati.
Inoltre, a fronte di questo regalo
da parte della Lega a pochi suoi
elettori, nel provvedimento del
governo non c’è traccia di un
adeguato finanziamento a favore del
Fondo di solidarietà per le aziende
che hanno acquistato quote latte.
Sarebbe necessario stanziare a
livello nazionale almeno 500 milioni
di euro per aiutare tutto il
comparto delle aziende del settore
che oggi è in forte crisi proprio a
causa dei debiti contratti per
comprare le quote latte.
Invece di elargire favori a
pochi amici, il governo dovrebbe
promuovere norme che garantiscano
concretamente pari dignità a tutti
gli allevatori, senza privilegi per
piccoli gruppi.
Il decreto va modificato
secondo le proposte che, in questi
giorni, sono state avanzate dalle
maggiori organizzazioni di categoria
degli allevatori. E’ necessario,
inoltre, che tali modifiche siano
accompagnate da un piano d’azione
che sostenga l’intero settore
zootecnico del nostro Paese che oggi
sta subendo le pesanti conseguenze
della crisi economica dovute al calo
complessivo dei prezzi aggravato da
un corrispondente aumento dei costi
di produzione.
«Zaia
cambi il decreto o
torneremo in piazza»
Il Mattino di
Padova, 24 febbraio 2009
«Subito
i 500 milioni per le aziende che si
sono indebitate per pagare le quote
latte». E ancora: «Le imprese
padovane hanno rispettato le regole
e ora il Governo marcia in senso
opposto seminando l’illegalità in
agricoltura. Siamo pronti a tornare
in piazza». Con queste parole, il
presidente provinciale della
Confederazione italiana agricoltori
Daniele Toniolo ha replicato al
“detestato” decreto sulle quote
latte firmato dal ministro Luca Zaia.
Ad ascoltarlo, nella sede
associativa, c’erano due
parlamentari padovani: Alessandro
Naccarato del Pd e Antonio De Poli
dell’Udc. Perché solo loro, visto
che la Cia aveva espressamente
sollecitato la presenza e l’appoggio
di tutti i deputati e senatori
locali? «La totale assenza della
maggioranza da questo tavolo di
confronto su un tema così importante
è disarmante», replica Toniolo «e ci
fa capire che i contenuti di quel
decreto sono marcatamente leghisti.
Siamo di fronte agli ennesimi
favoritismi verso gli allevatori che
non sono in regola con le quote
latte. Altro che tutelare chi le ha
regolarmente pagate». Accanto al
presidente, il vice Claudio
D’Ascanio e il dirigente Maurizio
Antonini. Concordi nel chiedere ai
parlamentari presenti di intervenire
a Roma per invertire la rotta:
«Servono misure urgenti legate alla
produzione lattiera e alla
rateizzazione del debito nel
settore. Perciò chiediamo per
l’ennesima volta al ministro la
modifica del decreto, altrimenti
daremo battaglia. Ci sono centinaia
di aziende padovane e venete che,
rispettando le regole e
indebitandosi, ora rischiano il
fallimento. La tensione del comparto
è enorme, perciò occorre un fondo di
solidarietà per le aziende in
difficoltà». Pronte le repliche di
Naccarato e De Poli. Secondo il
primo, «Il decreto va cambiato
perché così com’è è una vera
marchetta elettorale. Zaia sta
perdendo un’occasione storica,
assegnando tutti i fondi a chi non
si è messo in regola. Il Pd ha già
presentato numerosi emendamenti in
commissione per togliere il
privilegio a chi non ha pagato le
quote, e ora premeremo per salvare
il settore. Sulla stessa linea De
Poli: «Il punto focale è il rispetto
della parità di condizioni. Siamo
vicini agli allevatori, tant’è che
abbiamo già presentato numerosi
emendamenti per attuare misure
urgenti sulla produzione lattiera e
la rateizzazione del debito.
Chiediamo la modifica del decreto,
nell’ottica di un quadro normativo
che imponga i principi di equità e
legalità».
Per
scaricare il testo del decreto sulle
quote latte
collegatevi al link
Decreto
Legge sulle Quote latte - pubblicato
in G.U. (PDF, 86 KB)
Quote latte, via al
decreto
tra le polemiche.
Nel governo è scontro tra Nord e Sud
La
Repubblica, 24 febbraio 2009
ROMA -
Via libera del governo al decreto
sulle quote latte: un testo che
molti sperano possa essere ritoccato
in aula, ma che ha per obiettivo
quello di mettere un punto fermo su
una lunghissima, costosa e
tormentata questione. Al risultato
si è giunti dopo scontri all'
interno della maggioranza (fra il
ministro leghista dell' Agricoltura
Zaia e il ministro forzista delle
Regioni Fitto) e trovando soluzioni
che non convincono affatto il Pd,
che sospetta il rischio di
«condoni». Ma il calendario su come
e quando far pagare le multe a chi,
negli anni passati, ha sforato le
quote di produzione assegnate, è
chiaro. Il problema, 25 anni fa,
nacque proprio da lì: la Ue per
evitare eccedenze alimentari fissò
quote di produzione del latte per
ogni paese membro. Quelle attribuite
all' Italia erano del tutto
insufficienti a contenere il latte
munto, per cui gli allevatori furono
chiamati a pagare corpose multe. Da
lì le proteste con la mucca
Carolina, il letame e i trattori a
bloccare le autostrade, fino a
quando - in due tappe (nel duemila
con il ministro di centrosinistra De
Castro e poche settimane fa con Zaia)
- l' Italia riuscì ad innalzare il
tetto. Le multe da pagare però
restano (in totale sono costate 9
miliardi di cui 1,6 ancora da
versare nei prossimi tre anni) e
ieri il governo ha fissato le
regole: è prevista la rateizzazione,
ma anche il versamento di interessi
del 5-6 per cento, con piani di
rientro aziendali controllati da un
commissario ad hoc. «Sia chiaro, non
è una sanatoria - ha detto il
ministro Zaia - il provvedimento
evita nuove mungiture e ulteriori
sforamenti». Dal primo aprile
infatti le quote ottenute in
aggiunta saranno riassegnate, ma è
proprio sui criteri che si consumano
le polemiche. Sulla questione, ieri
al Consiglio dei ministri, hanno
dibattuto Zaia e Fitto: il primo
aveva proposto che le nuove quote di
produzione conquistate fossero
divise fra gli allevatori "di
pianura", privilegiando di fatto il
Nord e la zona padana; il secondo ha
rivendicato equità per il Sud
ottenendo che siano comprese anche
le aree "svantaggiate" e quindi il
Meridione. Risolta la questione
interna alla maggioranza, resta la
polemica con il Pd: il decreto
prevede infatti che le quote di
produzione latte aggiuntive (fra
quelle ottenute nel 2000 e quelle di
Zaia siamo sul 7-8 per cento in più,
tetto che dovrebbe bastare a
risolvere i problemi delle aziende)
siano distribuite seguendo questa
scansione: prima agli allevatori che
alla fine degli anni ' 90 subirono
il taglio della "quota B", poi agli
"splafonatori" (chi ha sforato),
infine alle aziende che pur di
rispettare le regole e non pagare le
multe affittarono quote dai
colleghi. «La scansione penalizza
gli onesti - spiega il senatore Pd
Paolo De Castro - bisogna come
minimo privilegiare gli allevatori
che affittarono le quote rispetto
agli splafonatori, e concedere loro
le quote residue se verseranno le
rate della multa. Abbiamo spiegato
queste priorità a Zaia e sembra ci
sia disponibilità da parte sua: in
fondo a fianco di 40 mila allevatori
onesti che hanno sempre rispettato
le norme, le aziende illegali sono
4000 di cui 1500 con sforamenti
gravi». L' ultima parola va all'
Aula.
Quote latte, agricoltori
del Nord
in rivolta
La
Repubblica, 23 febbraio 2009
MILANO -
«Saremo almeno in 10 mila
agricoltori con i nostri
trattori a manifestare il 2
marzo ad Arcore contro il
decreto sulle quote latte voluto
dal ministro dell' Agricoltura
Luca Zaia. Manifesteremo anche a
Gemonio, di fronte alla casa di
Umberto Bossi, perché la Lega
Nord deve assumersi le sue
responsabilità di fronte a un
provvedimento che punisce i
produttori onesti e premia i
disonesti». Ad annunciare le
«marce» su Villa Berlusconi e
Casa Bossi, l' altra sera al
Palasport di Cremona, fra gli
applausi di 2mila allevatori del
Nord è stato Franco Bettoni, il
presidente di Confagricoltura
Lombardia, un' organizzazione
imprenditoriale tradizionalmente
moderata. Ma è d' accordo con
Bettoni anche la Cia,
associazione agricola con le
radici a sinistra. Intanto si
moltiplicano i presidi di
agricoltori in Piemonte, Emilia,
Lombardia e Veneto mentre la
Confagricoltura, guidata dal
presidente Federico Vecchioni,
ha indetto la mobilitazione
nazionale sui problemi
complessivi del settore primario
(quindi non solo sul latte) e
martedì ne deciderà le modalità.
La vicenda delle quote latte, la
prossima settimana all' esame
del Parlamento, sta dunque
sconvolgendo i tradizionali
rapporti di forza nelle campagne
della Pianura Padana. L'
«imputato» è il ministro
leghista Zaia, accusato di fare
gli interessi di meno di un
migliaio di allevatori (in gran
parte aderenti alla Lega) su un
totale di 40-45 mila: gli stessi
che negli ultimi 20 anni non
hanno rispettato la legge sulle
«quote latte» aumentando la
produzione fin oltre il 100%.
«Questo provvedimento», accusa
Bettoni, «premia chi ha
splafonato da 15 anni in maniera
sistematica producendo 4 milioni
di quintali di latte fuori
quota». A costoro, infatti, il
decreto Zaia riconosce la
legittimità delle quote frutto
dello splafonamento stesso. E
allora? Bettoni non ha dubbi.
Dice: «Il mondo agricolo è
compatto: il 2 marzo arriveremo
ad Arcore e a Gemonio anche dal
Piemonte, dall' Emilia e dal
Veneto. Da una parte ci sono 45
mila allevatori che hanno
rispettato le regole pagando le
quote latte. Dall' altra ecco
600 persone: i "grandi
splafonatori" a cui andrebbe
addossato l' 80% delle multe
europee». Il condizionale è d'
obbligo perché finora «i 3
miliardi di multe della Ue»,
aggiunge Bettoni, «sono state
pagate dai cittadini italiani».
Intendiamoci, il testo messo a
punto da Zaia prevede, seppure
con una rateizzazione anche fino
a 30 anni, che gli splafonatori
paghino la multa con tanto di
interessi. Il problema è che
nelle campagne nessuno ci crede.
Anche perché il decreto contiene
una norma che si presta alle più
malevole interpretazioni. Per
coloro che hanno tuttora in
corso un contenzioso legale,
infatti, prevede il
riconoscimento della quota
«usurpata». E poi,
successivamente la
rateizzazione. Ma solo quando ci
sarà una sentenza definitiva.
Quanto a Luca Zaia dopo aver
precisato che il decreto «non è
nato per creare la categoria dei
furbi ne tantomeno è stato
pensato per poche aziende» è
passato al contrattacco. E ha
invitato gli allevatori a «farsi
spiegare bene cosa sta accadendo
in Senato in merito al decreto
sulle quote latte, come
funzionerà il fondo per la
ristrutturazione dei debiti e,
infine, a leggere attentamente
il provvedimento». Quindi ha
aggiunto che «il vero nemico è
il mercato e per combatterlo non
ci si può presentare in ordine
sparso. Non si può chiedere di
non aumentare la produzione per
evitare il crollo dei prezzi e
contemporaneamente reclamare
nuove quote, che equivalgono a
nuova mungitura».
__________________________________________
CONTINUA LA
MOBILITAZIONE
SULLA SCUOLA
PER MANTENERE IL TEMPO LUNGO
Una delegazione di
sindaci incontrerà il ministro
Gelmini
Il Mattino di Padova, 28
febbraio 2009
ALBIGNASEGO. La
riunione di ieri organizzata dal
sindaco Massimiliano Barison
sulla questione del tempo lungo
nelle scuole ha dato la misura
di quanto il problema sia
sentito a Padova e nel Veneto.
Erano presenti sindaci e
amministratori a decine, ansiosi
di sentire quanto la fitta
pattuglia di parlamentari aveva
da dire sulla delicata vicenda
che coinvolge circa 20 mila
alunni nel Veneto. Erano
presenti i parlamentari
Casellati, Ascierto, Saia, De
Poli, Milanato, e
Naccarato, mentre per
la Regione Veneto vi erano
Padrin, e Zanon. Ci ha pensato
Naccarato a far sprizzare le
prime scintille: «Se siamo qui -
ha detto - è perché tutti i
presenti, tranne il
sottoscritto, hanno votato in
parlamento un decreto i cui
effetti disastrosi erano sin
troppo prevedibili. Ora l’unica
via per non far dismettere il
tempo lungo è esercitare
pressione affinché in sede di
conferenza Stato Regioni non vi
siano troppi tagli di organici
per il Veneto». Il
sottosegretario alla Giustizia
Casellati ha difeso il governo:
«Il tempo lungo - ha affermato -
è una peculiarità veneta
rispetto alla quale il decreto
Gelmini non poteva prevedere gli
effetti. Credo che in Consiglio
dei Ministri si troverà la
sufficiente sensibilità per
farci superare questo scoglio».
Secondo Naccarato, però, «il
tempo lungo è stato istituito
con una legge dello stato, e la
Gelmini se ne doveva accorgere
per tempo». Lunedì prossimo una
delegazione dei sindaci aderenti
al movimento innescato da
Albignasego incontrerà il
ministro Gelmini, presente ad
Abano ad un convegno nazionale
organizzato dall’Itis Marconi di
Padova. L’assessore alla
pubblica Istruzione di Padova,
Piron, ha chiesto che «ciascuno
faccia la propria parte,
specialmente stato e regione
Veneto», proponendo
l’istituzione di un tavolo
regionale sulla questione. Il
tempo stringe e gli
amministratori sono preoccupati.
Barison lavora ormai pressoché a
tempo pieno sulla questione,
tenendo i contatti con i
parlamentari e le decine e
decine di comuni.
Settanta comuni uniti per la
scuola Oggi c'è il vertice con i
parlamentari
Il Mattino di Padova, 27
febbraio 2009
ALBIGNASEGO.
«L’adesione al movimento per la
difesa del tempo lungo nelle
scuole ha raccolto l’adesione di
settanta comuni della provincia
di Padova. Molte le adesioni
anche da tutta la regione: in
definitiva un risultato che va
oltre a tutte le nostre
aspettative. All’incontro con i
parlamentari veneti organizzato
per oggi a villa Obizzi hanno
già aderito gli onorevoli
Naccarato,
Ascierto, Casellati, Milanato e
Goisis». Il sindaco Massimiliano
Barison ha fatto da apripista ad
un movimento di sindaci che
s’ingrossa di giorno in giorno,
che produce atti amministrativi
e preme per mantenere invariata
l’organizzazione del tempo
scuola, messa in crisi dal
decreto Gelmini. «Utilizzando
posta elettronica - prosegue
Barison - Internet e Youtube
abbiamo fatto in dieci giorni
quello che normalmente si
riusciva a stento a produrre in
sei mesi». Sembra ormai divenuta
una corsa contro il tempo la
battaglia per la difesa del
tempo lungo nelle scuole
diffusasi ormai a tutta la
provincia di Padova e oltre. «Le
scadenze - afferma il
Coordinamento Genitori
Insegnanti - sono strettissime.
Entro il 28 febbraio le famiglie
dovranno iscrivere i figli alle
classi prime senza sapere di
quale servizio potranno
usufruire. E’ poi prevista per
il 7 marzo la «Conferenza
Stato-Regioni» che definirà
l’assegnazione degli organici e
l’assetto delle scuole
elementari e medie che, a
seguito delle modifiche
apportate dalla legge Gelmini,
rischiano di subire pesanti
tagli a danno della qualità
dell’insegnamento e del servizio
all’utenza. Che dire, inoltre,
degli alunni che frequenteranno
nell’anno 2009/2010 le classi
successive alla prima? Anche
loro, tuttora, non hanno la
sicurezza di poter usufruire dei
tempi scuola attivati negli anni
precedenti». Mentre il sindaco
Barison sta mobilitando
parlamentari e primi cittadini
di tutta la regione, niente è
stato ancora definito.
«Nonostante l’altissimo numero
di alunni iscritti al tempo
lungo nelle scuole del Veneto -
conclude il coordinamento -
soltanto il 20% delle risorse
complessive va alla nostra
regione a fronte di un 70%
assegnato ad altre regioni del
nord».
APPUNTAMENTI
LUNEDI 2 MARZO ORE 20.45 PRESSO
LA SALA CA' BRENTA, VIA ROMA
CAMPO S. MARTINO (PD)
INIZIATIVA PUBBLICA: "QUOTE
LATTE: TUTELARE CHI HA
RISPETTATO LE REGOLE"
MARTEDI 3 MARZO ORE 17.30 PRESSO
LA SALA ANZIANI DEL MUNICIPIO DI
PADOVA
INIZIATIVA PUBBLICA
"FEDERALISMO: BASTA BUGIE"
GIOVEDI 5 MARZO
ORE 9.30 PRESSO IL
MERCATO DI MONTAGNANA (PD)
BANCHETTO SULLE PROPOSTE DEL PD
PER USCIRE DALLA CRISI ECONOMICA
ORE
21.00 PRESSO LA SALA CIVICA
DELLE SCUOLE MEDIE DI POZZONOVO
(PD)
PRESENTAZIONE DEL LIBRO:
"VIOLENZE, EVERSIONE E
TERRORISMO DEL PARTITO ARMATO A
PADOVA
SABATO 7 MARZO
ORE 11.00 PRESSO LA SALA ANTICO
GHETTO, VIA DELLE PIAZZE -
PADOVA
INIZIATIVA DI LANCIO
DELLA CANDIDATURA A SINDACO DI
FLAVIO ZANONATO
ORE 15.00
PRESSO LA SALA CIVICA DEL CDQ
(SOPRA SUPERMERCATO ALI')
PIAZZETTA FORCELLINI - PADOVA
ASSEMBLEA DI QUARTIERE DEL PD
LUNEDI 9
MARZO PRESSO IL CENTRO CONGRESSI
PAPA LUCIANI
VIA FORCELLINI 170/A - PADOVA
INIZIATIVA: "USCIRE DALLA
CRISI. LE PROPOSTE DEL PD"
con PIERO FASSINO E FLAVIO
ZANONATO
VENERDI 13 MARZO ORE 18.00
PRESSO LA SALA ANZIANI DEL
MUNICIPIO DI PADOVA
INIZIATIVA PUBBLICA
CONTRO I PROVVEDIMENTI DEL
GOVERNO SUL TEMPO SCUOLA
visita il sito
www.alessandronaccarato.it
mail:
info@alessandronaccarato.it -
tel 049660544 - fax 0498753610
|