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Il Presidente Napolitano non firma il DDL del Governo sul lavoro
 
Nei mesi scorsi il Partito Democratico ha avanzato proposte alternative a quelle del Governo per disciplinare i rapporti di lavoro e difendere l'occupazione duramente colpita dalla crisi economica. Il Disegno di legge del Governo Berlusconi in materia conteneva misure insufficienti per la tutela del lavoro, in particolare per quanto riguarda la nuova procedura di conciliazione e arbitrato che di fatto modifica quanto previsto dall'articolo 18 in materia di licenziamento. Per questi motivi il PD ha accolto con favore la decisione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di non firmare il Disegno di legge e rinviarlo alle Camere. In tal modo sarà possibile riaprire la discussione e migliorare il provvedimento accogliendo, se la maggioranza sarà disponibile ad un confronto serio, anche le proposte del PD e le indicazioni del Capo dello Stato. 
 
Il presidente della Repubblica rimanda alle Camere il testo che disciplina i rapporti di lavoro varato dal governo.
Era previsto che già nel contratto di assunzione, in deroga dai contratti collettivi, si potesse stabilire il ricorso all'arbitro
Lavoro, Napolitano non firma
Troppi dubbi sull'arbitrato
Il capo dello Stato: "Effetti negativi da questo modo di legiferare"
La soddisfazione della Cgil. Sacconi: "Terremo conto dei rilievi"
La Repubblica, 31 marzo 2010

ROMA - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha firmato il ddl del Governo sul lavoro e ha rimandato il testo alle Camere. Ponendo forti dubbi sulla norma che prevede l'estensione dell'arbitrato nei rapporti di lavoro. Le perplessità riguardano, inoltre, il modo con cui il Parlamento ha legiferato su una materia complessa quale quella del lavoro. "Già altre volte - aggiunge il capo dello Stato - ho sottolineato gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilità e sulla comprensibilità delle disposizioni e quindi sulla certezza del diritto, sullo svolgimento del procedimento legislativo per l'impossibilità di coinvolgere tutte le commissioni competenti". Serie perplessità sono state sollevate anche "per una così ampia delegificazione".
"Il Capo dello Stato è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni, gli articoli 31 e 20, che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale" si legge nella nota del Quirinale. Che, per la prima volta, dal momento dell'elezione di Napolitano, rinvia una legge alle Camere. Cauta la reazione del governo. "Terremo conto dei rilievi del capo dello Stato - dice il ministro del Welfare Maurizio Sacconi - proporremmo alcune modifiche che mantengano in ogni caso l'istituto che lo stesso presidente della Repubblica ha apprezzato". In ogni caso, il titolare del dicastero auspica "un sollecito esame parlamentare" sui tre punti indicati dal capo dello Stato.
Le critiche del Colle. I rilievi del Colle si appuntano su una delle norme del ddl Lavoro. Quella che riguarda la nuova procedura di conciliazione e arbitrato che di fatto incide su quanto previsto dall'articolo 18 in materia di licenziamento. In particolare l'articolo indicato nel comunicato del Quirinale prevede che già nel contratto di assunzione, in deroga dai contratti collettivi, si possa stabilire che in caso di contrasto le parti si affidino a un arbitrato. L'articolo 31 modifica profondamente le disposizioni sul tentativo di conciliazione. Per Napolitano "occorre verificare che le disposizioni siano pienamente coerenti con la volontarietà dell'arbitrato e la necessità di assicurare un'adeguata tutela del contraente debole". Ovvero del lavoratore. Un altro articolo sul quale il Quirinale muove rilievi è il 20, che esclude dalla delega del 1955 sulla sicurezza del lavoro il personale a bordo dei navigli di Stato: una interpretativa che  bloccherebbe l'inchiesta della procura di Torino  su 142 uomini della Marina Militare  morti per esposizione all'amianto e un processo a Padova per la morte, per lo stesso motivo, di altri due militari. Infine il capo dello Stato chiede una riflessione "opportuna" sugli articoli 30, 32 e 50. Napolitano invita a una  rilettura anche sulle competenze della magistratura sulle clausole dei contratti di lavoro, i contratti a tempo determinato e la tipizzazione delle clausole di licenziamento, l'entità del risarcimento per le cause di lavoro relative a collaborazioni coordinate e continuate.
Le reazioni. "Napolitano ha sempre mostrato una grande attenzione" alla eterogeneità delle norme e alle coperture finanziarie, è nel suo potere rimandare alle Camere, non ho nulla da obiettare" dice il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Soddisfazione è stata espressa dal Pd ("Speriamo che la maggioranza non sprechi questa occasione offertale dal presidente della Repubblica", hanno detto i deputati della commissione lavoro di Montecitorio, Marianna Madia e Ivano Miglioli) e dalla Cgil, fortemente critica verso il provvedimento. "E' una decisione - dice il segretario Guglielmo Epifani - che conferma le considerazioni della Cgil sugli aspetti critici del provvedimento. E' di tutta evidenza l'intempestività di una dichiarazione comune su una legge nemmeno ancora promulgata né pubblicata sulla Gazzetta ufficiale". "Finalmente il presidente della Repubblica batte un colpo e rimanda alle Camere la legge che voleva modificare, anzi svuotare lo Statuto dei lavoratori. Ne siamo contenti perché l'Italia dei valori è stato l'unico partito che, a suo tempo, si era permesso di pregare il presidente della Repubblica di non firmare il provvedimento ma di rinviarlo alle Camere" afferma il leader di Idv, Antonio Di Pietro. Per la Cisl, invece l'arbitrato resta uno strumento "utile", mentre il segretario generale della Uil Luigi Angeletti si augura "che il rinvio alle Camere sia l'occasione utile per rendere coerente il provvedimento legislativo con l'avviso comune realizzato dalle parti". Sulla stessa lunghezza d'onda Nazzareno Mollicone, segretario confederale dell'Ugl. Pienamente soddisfatti della scelta di Napolitano si dicono i vertici di Rdb (Rappresentanze di base) e Sdl (Sindacato dei lavoratori).
 
Il 31 marzo, in apertura di  seduta, il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha letto il messaggio con il quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto alle Camere, a norma dell’articolo 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge "Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro"
 
Per conoscere il testo integrale del messaggio del Presidente della Repubblica alla Camera collegatevi al link
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ELEZIONI REGIONALI 2010
I RISULTATI

LUCA ZAIA

60,2%

 

Lega Nord

 

35,15%

Il Popolo delle Libertà

 

24,74%

Alleanza di Centro-DC

 

0,80%

TOTALE LISTE

 

60,70%

 

 

 

GIUSEPPE BORTOLUSSI

29,1%

 

Partito Democratico

 

20,34%

Italia dei Valori

 

5,32%

Prc-PdCI

 

1,56%

Sinistra Ecologia e Libertà

 

1,22

Idea-Nucleare No Grazie

 

0,67

Liga Veneto Autonomo

 

0,19

TOTALE LISTE

 

29,32%

 

 

 

ANTONIO DE POLI

6,38%

 

Unione di Centro

 

4,92%

Unione Nord Est

 

1,54%

TOTALE LISTE

 

6,46%

 

 

 

DAVID BORRELLI

3,15%

 

Movimento 5 stelle

 

2,57%

TOTALE LISTE

 

2,57%

 

 

 

SILVANO POLO

0,50%

 

Veneti Indipendenza

 

0,35%

TOTALE LISTE

 

0,35%

 

 

 

PAOLO CARATOSSIDIS

0,36%

 

Forza Nuova

 

0,28%

TOTALE LISTE

 

0,28%

 

 

 

GIANLUCA PANTO

0,35

 

Partito Nasional Veneto

 

0,27%

TOTALE LISTE

 

0,27%

 

LA COMPOSIZIONE DEL NUOVO CONSIGLIO REGIONALE

 

 Per conoscere i risultati dei candidati Presidenti e delle liste collegate visitate il link
http://oe.consiglioveneto.it/RisultatiElezioni2010/
 
GRAZIE
A TUTTI I MILITANTI E
GLI ELETTORI DEL PD
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La camera approva il decreto per evitare la scarcerazione di imputati per reati di associazione
di tipo mafioso
 
Il 30 marzo è stato approvato alla Camera il decreto legge recante: "disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale". Il decreto è finalizzato a dare ai tribunali, in via generale e non solo per i processi in corso, la competenza per i delitti di associazione di tipo mafioso con riferimento anche alle ipotesi aggravate che, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge 5 dicembre 2005 n.251, rientrerebbero nella competenza della corte di assise. Infatti, secondo i principi enunciati dalla Cassazione con la sentenza n. 4964 dell'8 febbraio 2010,  numerosi processi relativi ad associazioni di tipo mafioso in fase dibattimentale dinanzi al tribunale, se relativi a reati consumati dopo l'entrata in vigore della cosiddetta legge ex Cirielli, erano esposti al rischio di dover essere interrotti con la conseguente scarcerazione degli imputati. Il provvedimento approvato dalla Camera scongiura il rischio concreto di annullamento di dibattimenti importanti e complessi nei processi a carico di molti capi di organizzazioni criminali. Grazie agli emendamenti proposti dal Partito Democratico il provvedimento è migliorato rispetto al testo originario approvato al Senato. Restano, però, alcuni problemi ancora aperti perchè il decreto legge da un lato scongiura l'annullamento dei processi per reati di associazione di tipo mafioso, dall'altro, amplia oltre misura le competenze delle corti d'assise provocando un ulteriore allungamento dei tempi dei processi e rallentando il funzionamento della giustizia.

Per queste ragioni il Partito Democratico ha proposto in Commissione emendamenti tesi a limitare l'attribuzione di nuovi reati alla competenza della corte d'assise. Anche in questo caso il PD si è impegnato ad avanzare proposte concrete per migliorare il funzionamento della giustizia,  fermo restando voto positivo a un provvedimento necessario per evitare che i processi di mafia potessero essere annullati e provocando la scarcerazione di vari imputati per fatti gravi.

 

Per conoscere il testo del provvedimento collegatevi al link

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Grazie al PD è stata migliorata
la legge sull' Agenzia per i beni confiscati alla criminalità organizzata

L'8 marzo scorso la Camera dei Deputati ha approvato la legge sull'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Questa approvazione alla Camera della legge che istituisce l'Agenzia per i beni confiscati nasce da un decreto del Governo che le proposte del PD hanno contribuito a migliorare, evitando che questo organismo fosse solo un inutile carrozzone. Grazie all'impegno dei Deputati PD, infatti, l'Agenzia affiancherà da subito l'autorità giudiziaria e dovrà garantire la massima trasparenza con la pubblicazione in rete dei beni sequestrati, in maniera che gli enti locali e le associazioni possano richiederne l'utilizzo; l'eventuale vendita dei beni diverrà un'opzione molto improbabile perché sono state inserite delle procedure di assegnazione più celeri e delle garanzie precise nel caso si arrivasse alla vendita (solo per beni non utilizzabili socialmente e a prezzi di mercato). Devono essere migliorati gli strumenti di partecipazione attiva alla gestione dell'Agenzia da parte degli enti locali e delle associazioni ma l'impianto complessivo permetterà, se l'Agenzia verrà messa nelle condizioni di funzionare, di restituire presto ai cittadini i beni sottratti ai boss mafiosi.

Per conoscere il testo del provvedimento collegatevi al link
http://nuovo.camera.it/view/doc_viewer_full?url=http%3A//web.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0033220.
pdf&back_to=http%3A//nuovo.camera.it/126%3FPDL%3D3175%26leg%3D16%26tab%3D2

Intervento dell'On. Naccarato in Aula
Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati dalla criminalità organizzata
Camera dei Deputati, 8 marzo 2010

Signor Presidente, l'aggressione ai patrimoni mafiosi è lo strumento più efficace di lotta alle mafie insieme all'esigenza di rendere veloce ed effettivo l'utilizzo dei patrimoni. Il decreto-legge cerca di rispondere bene a questo obiettivo e per questo istituisce l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, per assicurare l'unitarietà degli interventi e per programmare, già nella fase dell'amministrazione giudiziaria, la destinazione finale dei beni sequestrati, con immediatezza rispetto al provvedimento definitivo. Nelle scelte adottate dal decreto-legge, però, sono presenti esigenze che considererei più di immagine che non di sostanza, causate dall'onnipresente decisionismo governativo, che rischia di creare confusione, con effetti negativi rispetto agli obiettivi proposti. Inoltre, emerge un accentramento con il pericolo della creazione di una struttura dotata di amplissimi poteri in materia di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati. A ciò si aggiunge una inammissibile esautorazione dell'autorità giudiziaria nell'attività di amministrazione dei beni sequestrati. Credo che su questi aspetti, su cui ritornerò nel corso dell'intervento, sia utile riflettere, soprattutto in questa fase, per provare, con gli emendamenti che il gruppo del Partito Democratico ha proposto, a correggere alcuni vizi ed errori presenti nel decreto-legge.
Il decreto-legge modifica le parti della legge n. 575 del 1965 sul sequestro e la confisca antimafia e le parti del decreto-legge n. 306 del 1992 sulle confische penali obbligatorie. In particolare, all'Agenzia sono attribuiti i compiti di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni sequestrati e sono attribuite anche le funzioni attualmente assegnate all'amministratore nel caso delle aziende. All'Agenzia, inoltre, spetta il compito di prendere tutte le decisioni ed i conseguenti atti per destinare in fretta i beni confiscati. Viene modificato il procedimento di adozione del provvedimento sulla destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati e gestiti dall'Agenzia che adotta - prima lo faceva il prefetto - il provvedimento di destinazione. Per la stima del valore dei beni, si considera in primo luogo la relazione particolareggiata presentata dall'Agenzia al giudice delegato. La disciplina per i beni mobili registrati viene estesa anche ai beni mobili. I beni possono essere affidati direttamente all'Agenzia oppure l'autorità giudiziaria li affida in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia. L'affidamento può avvenire anche ad altri organi dello Stato per finalità di giustizia, di tutela ambientale o di protezione civile. Per i beni aziendali e per i beni immobili di cui non sia possibile effettuare la destinazione per finalità di pubblico interesse viene modificata la procedura. L'Agenzia, prima di procedere, chiederà al prefetto della provincia coinvolto un parere obbligatorio, che sarà reso sentendo il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, per impedire che i beni siano acquistati, magari per interposta persona, dagli stessi soggetti ai quali furono confiscati o comunque dai soggetti collegati alla criminalità organizzata. Su questo punto, anche in occasione dell'approvazione della legge finanziaria, abbiamo provato con diversi emendamenti a cambiare il testo che la maggioranza e il Governo avevano predisposto. Proprio questi rischi noi temiamo siano presenti in parte anche nel testo del decreto-legge che oggi affrontiamo.
Il decreto-legge, infine, modifica in modo sostanziale anche un'altra parte della legge n. 575 del 1965 e l'articolo 416-bis del codice penale, per adeguare il contenuto della legislazione antimafia alle diverse forme di criminalità organizzata esistenti nel Paese. Questo è un punto su cui siamo particolarmente d'accordo e che abbiamo più volte sollecitato. Infatti, l'articolo 6 del decreto-legge in discussione, nel definire l'ambito di applicazione della legge, esplicita che la norma si applica agli indiziati di appartenere, oltre che alla mafia e alla camorra, anche alla 'ndrangheta, riprendendo su questo punto una proposta avanzata proprio dal gruppo del Partito Democratico. L'istituzione dell'Agenzia risponde dunque in parte ad esigenze poste da tempo all'attenzione del Parlamento. Sui beni sequestrati alla criminalità organizzata, bisogna ricordare che in passato il centrodestra ha avuto un atteggiamento contraddittorio e altalenante.
Nel 1999, quando al Governo c'era una coalizione di centrosinistra, la Presidenza del Consiglio, per rendere più efficaci le disposizioni introdotte dalla legge n. 109 del 1996 che, come è stato ricordato anche prima, è una delle leggi fondamentali sulla materia che stiamo affrontando oggi, istituì l'ufficio del commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.
Bene, il 23 dicembre 2003, con una decisione a sorpresa, l'ufficio del commissario venne soppresso con un decreto del Governo Berlusconi, che nel frattempo era tornato al Governo con la coalizione di centrodestra.
Lo ricordo non per polemica, ma perché questa decisione ha prodotto una serie di danni e un arretramento sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista sostanziale nella lotta alla mafia, tant'è vero che oggi si torna ad affrontare la questione e per fortuna, mi sento di aggiungere, l'orientamento del centrodestra si è al riguardo modificato; infatti, si torna a parlare di un'agenzia che, di fatto, ricalca le funzioni e i poteri che l'ufficio del commissario straordinario aveva ricoperto nella fase precedente.
Da allora, in diverse occasioni, è stata evidenziata la necessità di ripristinare un soggetto istituzionale in grado di migliorare la lotta alla criminalità organizzata attraverso un'aggressione ai patrimoni mafiosi. Questo nasce soprattutto dal fatto che il crimine organizzato non si dedica solo ad attività illegali convenzionali, che rappresentano proventi per opportunità di investimento, e la sua principale capacità risiede nello stabilire connessioni con burocrati, imprenditori e politici.
Basta pensare alle recenti vicende relative al senatore Di Girolamo e a tutto quello che attorno a quella vicenda è in qualche modo emerso nel dibattito politico. Ho anche presente la discussione che al Senato si è svolta su questo punto e temo alcuni atteggiamenti giustificatori del comportamento del senatore Di Girolamo, perché solo così si possono leggere gli applausi che egli ha ricevuto nel suo discorso di dimissioni (dimissioni, ricordiamolo, imposte sostanzialmente dalla situazione imbarazzante ed indifendibile che era emersa).
Tornando al punto che stavo sviluppando, questa vicenda ricorda da vicino quali rischi le infiltrazioni criminali pongono anche rispetto al mondo della politica. Nascono e crescono imprese quasi perfette, con affiliati professionisti, tutte caratterizzate dalla capacità di offrire beni e servizi e di creare opportunità occupazionali. Vi è un'economia del crimine, insomma, alla base della criminalità organizzata, ispirata dalle stesse motivazioni del sistema della libera impresa; un sistema di impresa capace di superare tutte le barriere normative ed arrivare, attraverso la formazione di cartelli ed alleanze, a controllare e monopolizzare il mercato.
Dobbiamo sapere che con questo ci si confronta e a questi temi deve rispondere la normativa sulla confisca e il sequestro dei beni alle mafie. Di recente, Francesco Inzerillo, che è un noto esponente di uno dei clan mafiosi più importanti di Palermo, intercettato (anche su questo credo vada aperta una riflessione, perché evidentemente lo strumento delle intercettazioni non può essere utilizzato in modo ondivago; se è uno strumento che serve, e noi crediamo che esso serva e sia, anzi, fondamentale, soprattutto per la lotta alla criminalità organizzata, è bene ritirare alcune proposte di legge che invece il centrodestra ha presentato in Parlamento, che depotenziano questo strumento) nel corso dell'operazione Old Bridge, che si è conclusa nel febbraio di due anni fa ed è stata condotta dalla polizia di Stato italiana insieme alla FBI americana, così si esprimeva rispetto alla confisca dei beni: basta essere incriminati per il 416-bis ed automaticamente scatta il sequestro dei beni. Cosa più brutta della confisca dei beni non c'è; quindi, la cosa migliore è quella di andarsene.
Queste sono parole di un importante mafioso, che, in qualche modo, evidenziano l'efficacia di alcune norme, se queste riescono a colpire davvero i patrimoni. Del resto, l'adeguamento della legislazione sul contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso è reso necessario anche dalle recenti acquisizioni investigative contenute nella relazione al Parlamento sulla politica dell'informazione per la sicurezza per il 2009.
È un documento che è stato trasmesso di recente al Parlamento e che credo sia, anche in questo caso, uno strumento molto utile per capire l'oggetto della discussione di oggi. In questa relazione si dice che il livello di minaccia espresso dal fenomeno mafioso resta elevato, soprattutto per la capacità dei sodalizi di inquinare e condizionare l'economia non soltanto a livello locale, ma anche a livello nazionale.
Per quel che concerne la geografia criminale, a conferma di un trend in progressione, si è rilevato il sempre più diffuso radicamento delle organizzazioni mafiose in molte regioni centro-settentrionali, ove hanno sviluppato modalità e strategie di infiltrazione tipiche dell'area di origine.
Soprattutto in Lombardia il fenomeno ha assunto proporzioni e profili a rischio affatto distinti dai contesti di provenienza, con la riproposizione di logiche di potere e conflittualità particolarmente cruente; criticità sono emerse anche in Piemonte, Liguria, Lazio ed Umbria.
Il profilo economico delle organizzazioni mafiose si è ulteriormente consolidato, forte di un costante esercizio intimidatorio e della disponibilità di ingenti capitali illeciti da reimpiegare, nel rilevamento di aziende in sofferenza, nonché nella gestione diretta di impresa. Parallelamente, il coinvolgimento in termini collusivi di circuiti professionali, tecnico-amministrativi e imprenditoriali si è tradotto in veri e propri comitati affaristici, finalizzati a veicolare gli interessi mafiosi verso i settori di intervento più remunerativi: significative, al riguardo, le acquisizioni di intelligence relative all'attenzione predatoria delle cosche verso i grandi progetti riqualificativi e ricostruttivi in ambito nazionale, dall'Expo 2015 alla TAV, dai lavori stradali ed autostradali alla ricostruzione post-terremoto in Abruzzo, dal settore energetico al Ponte sullo Stretto. E da questo punto di vista, aggiungo che anche in Veneto (prima l'onorevole Molteni parlava della Lombardia), la regione da cui provengo, sono presenti infiltrazioni delle organizzazioni mafiose, che si evidenziano in particolare in questo momento di crisi attraverso l'acquisto di ingenti patrimoni. Di recente, alla fine del 2008, la procura distrettuale antimafia di Palermo, durante un'operazione che ha portato all'arresto di alcuni esponenti della famiglia mafiosa dei Lo Piccolo di Palermo, ha evidenziato come questa organizzazione mafiosa stava progettando di investire un'ingente somma di denaro, circa 8 milioni di euro, nella costruzione di complessi edilizi intervenendo nel piano di riqualificazione urbanistica ed ambientale denominato ex Area Adria Docks a Chioggia, in provincia di Venezia, nella costruzione di appartamenti a Cantarana di Cona, sempre in provincia di Venezia, e ad Abano Terme in provincia di Padova, una delle località più note per le cure termali di tutto il Paese. Lo ricordo perché a tali vicende alle volte si guarda quando c'è la notizia, c'è l'attenzione dell'opinione pubblica, poi ci si dimentica di ciò e non si tiene conto di come i rischi di questo tipo invece portano all'inquinamento effettivo della nostra economia; e su ciò la possibilità di sequestrare in modo efficace, confiscare, riutilizzare i beni mafiosi è il deterrente più forte che si può mettere in moto.
Alla luce di questa situazione, si tratta di proseguire e di aggiornare il lavoro intrapreso tanti anni fa da uno dei protagonisti della lotta contro la mafia, Pio La Torre (è stato ricordato prima di me da altri colleghi), la cui attività viene tradotta nella legge cosiddetta Rognoni-La Torre, che ha introdotto la confisca dei beni per coloro che sono riconosciuti mafiosi. Il settimo comma dell'articolo 416-bis prevede che nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto, o che ne costituiscono l'impiego. La direzione da intraprendere è proprio questa: colpire la mafia non soltanto perseguendo i singoli reati, bensì nella fase di accumulazione di quegli ingenti capitali che sono il valore aggiunto dell'organizzazione, che riesce sempre a ricostruire le fila del proprio esercito grazie alla grande disponibilità di denaro, elemento inquinante dell'economia e della società, così come ho provato ad illustrare con alcuni esempi prima.
All'Agenzia è conferita, per come è strutturata dal decreto-legge, la duplice qualità di amministratore giudiziario e di soggetto titolare del potere di destinazione dei beni. In questo modo, in teoria, si superano le attuali due distinte fasi di amministrazione dei beni che non consentono né una gestione rapida e ottimale, né una destinazione rapida ed efficace dei beni sottoposti al sequestro e devoluti al patrimonio dello Stato. Oggi la prima fase è affidata all'autorità giudiziaria, che governa i beni fino alla confisca; la seconda fase compete all'Agenzia del Demanio, che si occupa della destinazione del bene per raggiungere obiettivi di utilità sociale. Le due fasi, nel corso del tempo, si sono rivelate inadatte ad amministrare e destinare i beni sottratti alla disponibilità dell'organizzazione criminale di stampo mafioso: infatti, mentre la normativa contro i patrimoni della criminalità organizzata afferma principi e stabilisce misure che colpiscono la mafia, la camorra e la 'ndrangheta, le organizzazioni criminali hanno imparato a difendersi, mettendo al riparo beni, imprese ed affari con strumenti e tecniche sempre più sofisticati. Anche per queste ragioni, lo strumento normativo attualmente a disposizione della fase successiva alla confisca dei beni mafiosi, quella che va dalla sentenza di confisca all'assegnazione agli enti pubblici, risulta complesso ed inadeguato: solo il 10 per cento dei beni conferiti viene con difficoltà realmente utilizzato.
I tempi per arrivare ad una confisca definitiva sono troppo lunghi, e ciò incide modo decisivo su tutti i beni: sia su quelli non produttivi che spesso, potendo essere rapidamente utilizzati, subiscono un depauperamento e un danneggiamento a volte doloso, sia sui beni produttivi come le quote sociali che, affidate a professionisti non sempre dotati di doti manageriali adeguate, non riescono a partecipare al mercato in modo concorrenziale e, quando vengono confiscati, spesso hanno perso parte del loro valore. Appare quindi necessaria una gestione dei beni con criteri diversi già nella fase del sequestro; inoltre, dopo la confisca, è necessario un rapido affidamento ad un ente capace di gestirli e di destinarli al riutilizzo in termini imprenditoriali e sociali. La confisca ed il riutilizzo di un bene sottratto con difficoltà alla criminalità è un impegno etico: non può essere ridotto a una semplice procedura burocratica. L'istituzione dell'Agenzia si propone la finalità di superare tutte queste difficoltà e di migliorare la gestione e l'allocazione dei beni sequestrati attraverso l'unitarietà degli interventi e la programmazione, a partire dalla fase dell'amministrazione giudiziaria della destinazione finale dei beni. Appare necessario, da questo punto di vista, per rendere più incisiva la lotta alla criminalità, ridurre al minimo il periodo intercorrente tra il sequestro e la destinazione definitiva dei beni. Per questo il decreto, con l'istituzione dell'Agenzia, prova a determinare un rapporto immediato e indiretto tra Agenzia stessa e autorità giudiziaria che ha competenza sui procedimenti penali e di prevenzione. Inoltre, l'istituzione dell'Agenzia e i compiti che il decreto le assegna avrebbero l'obiettivo di liberare l'autorità giudiziaria da una serie di incombenze burocratiche, per assicurare maggiore funzionalità agli uffici giudiziari. Queste sono le intenzioni, che troviamo anche nella relazione del Governo al decreto. La realtà e le caratteristiche dell'Agenzia però rischiano di non essere idonee a raggiungere gli obiettivi delineati, e questo è il motivo per cui abbiamo presentato - non tanti, a dire la verità - emendamenti precisi nel tentativo di correggere alcuni punti del provvedimento che non ci convincono; in particolare, per la complessità della materia, per alcune difficoltà operative e organizzative valutate in modo un po' sbrigativo, come il rilevante numero dei beni sequestrati e le esigenze proprie della fase giudiziaria, oltre che per l'eccessiva concentrazione delle competenze, non accompagnata da adeguate misure organizzative e finanziarie. In particolare, l'accentramento dei compiti di amministrazione nella sola Agenzia rischia di disperdere il contatto diretto tra giudice e amministratore e non tiene conto delle difficoltà operative derivanti dal consistente numero di sequestri emessi in sede penale e di prevenzione.
L'attribuzione all'Agenzia dell'amministrazione dei beni sequestrati e la conseguente riduzione dei poteri del giudice rischia di creare criticità sia nella fase dell'esecuzione del sequestro che in quella dell'amministrazione, con il rischio che i beni vengano dispersi e che sorgano difficoltà operative e costi maggiori. Gli emendamenti presentati dal gruppo del Partito Democratico portano a superare i limiti appena evidenziati, attraverso l'attribuzione all'Agenzia di funzioni di supporto all'Agenzia stessa nella fase successiva al sequestro. I miglioramenti proposti con gli emendamenti consentono all'Agenzia di ricevere l'immediata comunicazione dei provvedimenti di sequestro - al fine di monitorare i beni oggetto del provvedimento -, di avanzare alla magistratura proposte sull'utilizzo del bene in vista della destinazione finale, di fornire un opportuno aiuto all'autorità giudiziaria e all'amministratore, affiancandoli nella gestione con peculiari competenze tecniche, di proporre all'autorità giudiziaria gli interventi e i provvedimenti utili ad una migliore funzionalità dell'amministrazione.
Infine, e concludo, Presidente, l'attività dell'Agenzia può essere migliorata e resa più efficace con alcune modifiche dei compiti e delle modalità di funzionamento proposti che, in estrema sintesi, consistono: nell'istituzione di articolazioni territoriali su base regionale - e anche qui un elemento di curiosità: quando si dice rischio di accentramento, fa un po' sorridere che da una parte ci venga spiegata l'importanza del decentramento, di una gestione federale in qualche modo dello Stato e di tutto quello che è connesso all'organizzazione dello Stato e, poi, quando si arriva a individuare l'Agenzia, in tutto questo si perde qualsiasi traccia, rischiando, secondo noi, di disperdere patrimoni importanti acquisiti dalle competenti autorità giudiziarie anche a livello periferico e dalle prefetture nel potenziamento della dotazione organica di personale - altro elemento molto delicato -, nell'istituzione di un Fondo apposito per la gestione dei beni e, infine, nell'attribuzione di un maggior ruolo agli enti locali interessati. Questo punto è di particolare importanza proprio per collaborare con l'autorità giudiziaria, con l'istituenda Agenzia e con le prefetture, per evitare che i beni sequestrati rischino di rientrare in qualche modo in possesso della criminalità organizzata.
Per tutte queste ragioni abbiamo presentato degli emendamenti che mi auguro vengano valutati con la dovuta attenzione, proprio nel tentativo di migliorare il provvedimento in discussione.

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