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Il Presidente Napolitano non firma il
DDL del Governo sul lavoro
Nei mesi scorsi
il Partito Democratico ha avanzato
proposte alternative a quelle del
Governo per disciplinare i rapporti di
lavoro e difendere l'occupazione
duramente colpita dalla crisi economica.
Il Disegno di legge del Governo
Berlusconi in materia conteneva misure
insufficienti per la tutela del lavoro,
in particolare per quanto riguarda la
nuova procedura di conciliazione e
arbitrato che di fatto modifica quanto
previsto dall'articolo 18 in materia di
licenziamento. Per questi motivi il PD
ha accolto con favore la decisione del
Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano di non firmare il Disegno di
legge e rinviarlo alle Camere. In tal
modo sarà possibile riaprire la
discussione e migliorare il
provvedimento accogliendo, se la
maggioranza sarà disponibile ad un
confronto serio, anche le proposte del
PD e le indicazioni del Capo dello
Stato.
Il presidente della Repubblica
rimanda alle Camere il testo che
disciplina i rapporti di lavoro varato
dal governo.
Era previsto che già nel contratto di
assunzione, in deroga dai contratti
collettivi, si potesse stabilire il
ricorso all'arbitro
Lavoro, Napolitano non firma
Troppi dubbi sull'arbitrato
Il capo dello Stato: "Effetti
negativi da questo modo di legiferare"
La soddisfazione della Cgil. Sacconi:
"Terremo conto dei rilievi"
La Repubblica, 31
marzo 2010
ROMA -
Il presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano non ha firmato il ddl del
Governo sul lavoro e ha rimandato il
testo alle Camere. Ponendo forti dubbi
sulla norma che prevede l'estensione
dell'arbitrato nei rapporti di lavoro.
Le perplessità riguardano, inoltre, il
modo con cui il Parlamento ha legiferato
su una materia complessa quale quella
del lavoro. "Già altre volte - aggiunge
il capo dello Stato - ho sottolineato
gli effetti negativi di questo modo di
legiferare sulla conoscibilità e sulla
comprensibilità delle disposizioni e
quindi sulla certezza del diritto, sullo
svolgimento del procedimento legislativo
per l'impossibilità di coinvolgere tutte
le commissioni competenti". Serie
perplessità sono state sollevate anche
"per una così ampia delegificazione".
"Il Capo dello Stato è stato indotto a
tale decisione dalla estrema
eterogeneità della legge e in
particolare dalla complessità e
problematicità di alcune disposizioni,
gli articoli 31 e 20, che disciplinano
temi, attinenti alla tutela del lavoro,
di indubbia delicatezza sul piano
sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un
ulteriore approfondimento da parte delle
Camere, affinché gli apprezzabili
intenti riformatori che traspaiono dal
provvedimento possano realizzarsi nel
quadro di precise garanzie e di un più
chiaro e definito equilibrio tra
legislazione, contrattazione collettiva
e contratto individuale" si legge nella
nota del Quirinale. Che, per la prima
volta, dal momento dell'elezione di
Napolitano, rinvia una legge alle
Camere. Cauta la reazione del governo.
"Terremo conto dei rilievi del capo
dello Stato - dice il ministro del
Welfare Maurizio Sacconi - proporremmo
alcune modifiche che mantengano in ogni
caso l'istituto che lo stesso presidente
della Repubblica ha apprezzato". In ogni
caso, il titolare del dicastero auspica
"un sollecito esame parlamentare" sui
tre punti indicati dal capo dello Stato.
Le critiche del Colle. I rilievi del
Colle si appuntano su una delle norme
del ddl Lavoro. Quella che riguarda la
nuova procedura di conciliazione e
arbitrato che di fatto incide su quanto
previsto dall'articolo 18 in materia di
licenziamento. In particolare l'articolo
indicato nel comunicato del Quirinale
prevede che già nel contratto di
assunzione, in deroga dai contratti
collettivi, si possa stabilire che in
caso di contrasto le parti si affidino a
un arbitrato. L'articolo 31 modifica
profondamente le disposizioni sul
tentativo di conciliazione. Per
Napolitano "occorre verificare che le
disposizioni siano pienamente coerenti
con la volontarietà dell'arbitrato e la
necessità di assicurare un'adeguata
tutela del contraente debole". Ovvero
del lavoratore. Un altro articolo sul
quale il Quirinale muove rilievi è il
20, che esclude dalla delega del 1955
sulla sicurezza del lavoro il personale
a bordo dei navigli di Stato: una
interpretativa che bloccherebbe
l'inchiesta della procura di Torino su
142 uomini della Marina Militare morti
per esposizione all'amianto e un
processo a Padova per la morte, per lo
stesso motivo, di altri due militari.
Infine il capo dello Stato chiede una
riflessione "opportuna" sugli articoli
30, 32 e 50. Napolitano invita a una
rilettura anche sulle competenze della
magistratura sulle clausole dei
contratti di lavoro, i contratti a tempo
determinato e la tipizzazione delle
clausole di licenziamento, l'entità del
risarcimento per le cause di lavoro
relative a collaborazioni coordinate e
continuate.
Le reazioni. "Napolitano ha sempre
mostrato una grande attenzione" alla
eterogeneità delle norme e alle
coperture finanziarie, è nel suo potere
rimandare alle Camere, non ho nulla da
obiettare" dice il ministro
dell'Interno, Roberto Maroni.
Soddisfazione è stata espressa dal Pd
("Speriamo che la maggioranza non
sprechi questa occasione offertale dal
presidente della Repubblica", hanno
detto i deputati della commissione
lavoro di Montecitorio, Marianna Madia e
Ivano Miglioli) e dalla Cgil, fortemente
critica verso il provvedimento. "E' una
decisione - dice il segretario Guglielmo
Epifani - che conferma le considerazioni
della Cgil sugli aspetti critici del
provvedimento. E' di tutta evidenza
l'intempestività di una dichiarazione
comune su una legge nemmeno ancora
promulgata né pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale". "Finalmente il presidente
della Repubblica batte un colpo e
rimanda alle Camere la legge che voleva
modificare, anzi svuotare lo Statuto dei
lavoratori. Ne siamo contenti perché
l'Italia dei valori è stato l'unico
partito che, a suo tempo, si era
permesso di pregare il presidente della
Repubblica di non firmare il
provvedimento ma di rinviarlo alle
Camere" afferma il leader di Idv,
Antonio Di Pietro. Per la Cisl, invece
l'arbitrato resta uno strumento "utile",
mentre il segretario generale della Uil
Luigi Angeletti si augura "che il rinvio
alle Camere sia l'occasione utile per
rendere coerente il provvedimento
legislativo con l'avviso comune
realizzato dalle parti". Sulla stessa
lunghezza d'onda Nazzareno Mollicone,
segretario confederale dell'Ugl.
Pienamente soddisfatti della scelta di
Napolitano si dicono i vertici di Rdb
(Rappresentanze di base) e Sdl
(Sindacato dei lavoratori).
Il 31 marzo, in
apertura di seduta,
il Presidente della Camera, Gianfranco
Fini, ha letto il messaggio con il quale
il Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, ha chiesto alle Camere, a
norma dell’articolo 74, primo comma,
della Costituzione, una nuova
deliberazione in ordine alla legge
"Deleghe al Governo in materia di lavori
usuranti, di riorganizzazione degli
enti, di congedi, aspettative e
permessi, di ammortizzatori sociali, di
servizi per l’impiego, di incentivi
all’occupazione, di apprendistato, di
occupazione femminile, nonché misure
contro il lavoro sommerso e disposizioni
in tema di lavoro pubblico e di
controversie di lavoro"
Per
conoscere il testo integrale del
messaggio del Presidente della
Repubblica alla Camera collegatevi al
link
_______________________________________________
ELEZIONI REGIONALI 2010
I RISULTATI
LUCA ZAIA |
60,2% |
|
Lega Nord |
|
35,15% |
Il Popolo delle
Libertà |
|
24,74% |
Alleanza di
Centro-DC |
|
0,80% |
TOTALE LISTE |
|
60,70% |
|
|
|
GIUSEPPE
BORTOLUSSI |
29,1% |
|
Partito
Democratico |
|
20,34% |
Italia dei Valori |
|
5,32% |
Prc-PdCI |
|
1,56% |
Sinistra Ecologia
e Libertà |
|
1,22 |
Idea-Nucleare No
Grazie |
|
0,67 |
Liga Veneto
Autonomo |
|
0,19 |
TOTALE LISTE |
|
29,32% |
|
|
|
ANTONIO DE POLI |
6,38% |
|
Unione di Centro |
|
4,92% |
Unione Nord Est |
|
1,54% |
TOTALE LISTE |
|
6,46% |
|
|
|
DAVID
BORRELLI |
3,15% |
|
Movimento 5
stelle |
|
2,57% |
TOTALE LISTE |
|
2,57% |
|
|
|
SILVANO POLO |
0,50% |
|
Veneti
Indipendenza |
|
0,35% |
TOTALE LISTE |
|
0,35% |
|
|
|
PAOLO
CARATOSSIDIS |
0,36% |
|
Forza Nuova |
|
0,28% |
TOTALE LISTE |
|
0,28% |
|
|
|
GIANLUCA PANTO |
0,35 |
|
Partito Nasional
Veneto |
|
0,27% |
TOTALE LISTE |
|
0,27% |
LA COMPOSIZIONE
DEL NUOVO CONSIGLIO REGIONALE
|
|
GRAZIE
A TUTTI I MILITANTI E
GLI ELETTORI DEL PD
_______________________________________________
La camera approva il decreto per evitare la
scarcerazione di imputati per reati di associazione
di tipo mafioso
Il 30 marzo è stato approvato alla
Camera il decreto legge
recante: "disposizioni urgenti in ordine
alla competenza per procedimenti penali a carico di
autori di reati di grave allarme sociale".
Il decreto
è finalizzato a dare ai tribunali, in via generale e
non solo per i processi in corso, la competenza per
i delitti di associazione di tipo mafioso con
riferimento anche alle ipotesi aggravate che, a
seguito delle modifiche introdotte dalla legge 5
dicembre 2005 n.251, rientrerebbero nella competenza
della corte di assise. Infatti, secondo i principi
enunciati dalla Cassazione con la sentenza n. 4964
dell'8 febbraio 2010, numerosi processi relativi ad
associazioni di tipo mafioso in fase dibattimentale
dinanzi al tribunale, se relativi a reati consumati
dopo l'entrata in vigore della cosiddetta legge ex
Cirielli, erano esposti al rischio di dover essere
interrotti con la conseguente scarcerazione degli
imputati. Il provvedimento approvato dalla Camera scongiura
il rischio concreto di annullamento di dibattimenti
importanti e complessi nei processi a carico di
molti capi di organizzazioni criminali.
Grazie agli emendamenti proposti dal Partito
Democratico il provvedimento è migliorato rispetto
al testo originario approvato al Senato. Restano,
però, alcuni problemi ancora aperti perchè il
decreto legge da un lato scongiura l'annullamento
dei processi per reati di associazione di
tipo mafioso, dall'altro, amplia oltre misura le
competenze delle corti d'assise provocando un
ulteriore allungamento dei tempi dei processi e
rallentando il funzionamento della giustizia.
Per queste ragioni il Partito Democratico ha proposto in
Commissione emendamenti tesi a limitare l'attribuzione
di nuovi reati alla competenza della corte d'assise.
Anche in questo caso il PD si è impegnato ad avanzare
proposte concrete per migliorare il funzionamento della
giustizia, fermo restando voto positivo a un
provvedimento necessario per evitare che i processi di
mafia potessero essere annullati e provocando la
scarcerazione di vari imputati per fatti gravi.
Per
conoscere il testo del provvedimento collegatevi al link
_______________________________________________
Grazie al PD è stata migliorata
la legge sull' Agenzia per i beni confiscati alla
criminalità organizzata
L'8 marzo scorso la Camera dei Deputati ha approvato la
legge sull'Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla
criminalità organizzata. Questa approvazione alla Camera
della legge che istituisce l'Agenzia per i beni
confiscati nasce da un decreto del Governo che le
proposte del PD hanno contribuito a migliorare, evitando
che questo organismo fosse solo un inutile carrozzone.
Grazie all'impegno dei Deputati PD, infatti, l'Agenzia
affiancherà da subito l'autorità giudiziaria e dovrà
garantire la massima trasparenza con la pubblicazione in
rete dei beni sequestrati, in maniera che gli enti
locali e le associazioni possano richiederne l'utilizzo;
l'eventuale vendita dei beni diverrà un'opzione molto
improbabile perché sono state inserite delle procedure
di assegnazione più celeri e delle garanzie precise nel
caso si arrivasse alla vendita (solo per beni non
utilizzabili socialmente e a prezzi di mercato). Devono
essere migliorati gli strumenti di partecipazione attiva
alla gestione dell'Agenzia da parte degli enti locali e
delle associazioni ma l'impianto complessivo permetterà,
se l'Agenzia verrà messa nelle condizioni di funzionare,
di restituire presto ai cittadini i beni sottratti ai
boss mafiosi.
Per conoscere il testo del provvedimento
collegatevi al link
http://nuovo.camera.it/view/doc_viewer_full?url=http%3A//web.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0033220.
pdf&back_to=http%3A//nuovo.camera.it/126%3FPDL%3D3175%26leg%3D16%26tab%3D2
Intervento
dell'On. Naccarato in Aula
Agenzia
Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei
beni sequestrati e confiscati dalla criminalità
organizzata
Camera dei
Deputati, 8 marzo 2010
Signor
Presidente, l'aggressione ai patrimoni mafiosi è lo
strumento più efficace di lotta alle mafie insieme
all'esigenza di rendere veloce ed effettivo l'utilizzo
dei patrimoni. Il decreto-legge cerca di rispondere bene
a questo obiettivo e per questo istituisce l'Agenzia
nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei
beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata, per assicurare l'unitarietà degli
interventi e per programmare, già nella fase
dell'amministrazione giudiziaria, la destinazione finale
dei beni sequestrati, con immediatezza rispetto al
provvedimento definitivo. Nelle scelte adottate dal
decreto-legge, però, sono presenti esigenze che
considererei più di immagine che non di sostanza,
causate dall'onnipresente decisionismo governativo, che
rischia di creare confusione, con effetti negativi
rispetto agli obiettivi proposti. Inoltre, emerge un
accentramento con il pericolo della creazione di una
struttura dotata di amplissimi poteri in materia di
amministrazione e gestione dei beni sequestrati e
confiscati. A ciò si aggiunge una inammissibile
esautorazione dell'autorità giudiziaria nell'attività di
amministrazione dei beni sequestrati. Credo che su
questi aspetti, su cui ritornerò nel corso
dell'intervento, sia utile riflettere, soprattutto in
questa fase, per provare, con gli emendamenti che il
gruppo del Partito Democratico ha proposto, a correggere
alcuni vizi ed errori presenti nel decreto-legge.
Il decreto-legge modifica le parti della legge n. 575
del 1965 sul sequestro e la confisca antimafia e le
parti del decreto-legge n. 306 del 1992 sulle confische
penali obbligatorie. In particolare, all'Agenzia sono
attribuiti i compiti di provvedere alla custodia, alla
conservazione e all'amministrazione dei beni sequestrati
e sono attribuite anche le funzioni attualmente
assegnate all'amministratore nel caso delle aziende.
All'Agenzia, inoltre, spetta il compito di prendere
tutte le decisioni ed i conseguenti atti per destinare
in fretta i beni confiscati. Viene modificato il
procedimento di adozione del provvedimento sulla
destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali
confiscati e gestiti dall'Agenzia che adotta - prima lo
faceva il prefetto - il provvedimento di destinazione.
Per la stima del valore dei beni, si considera in primo
luogo la relazione particolareggiata presentata
dall'Agenzia al giudice delegato. La disciplina per i
beni mobili registrati viene estesa anche ai beni
mobili. I beni possono essere affidati direttamente
all'Agenzia oppure l'autorità giudiziaria li affida in
custodia giudiziale agli organi di polizia che ne
facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia.
L'affidamento può avvenire anche ad altri organi dello
Stato per finalità di giustizia, di tutela ambientale o
di protezione civile. Per i beni aziendali e per i beni
immobili di cui non sia possibile effettuare la
destinazione per finalità di pubblico interesse viene
modificata la procedura. L'Agenzia, prima di procedere,
chiederà al prefetto della provincia coinvolto un parere
obbligatorio, che sarà reso sentendo il comitato
provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, per
impedire che i beni siano acquistati, magari per
interposta persona, dagli stessi soggetti ai quali
furono confiscati o comunque dai soggetti collegati alla
criminalità organizzata. Su questo punto, anche in
occasione dell'approvazione della legge finanziaria,
abbiamo provato con diversi emendamenti a cambiare il
testo che la maggioranza e il Governo avevano
predisposto. Proprio questi rischi noi temiamo siano
presenti in parte anche nel testo del decreto-legge che
oggi affrontiamo.
Il decreto-legge, infine, modifica in modo sostanziale
anche un'altra parte della legge n. 575 del 1965 e
l'articolo 416-bis del codice penale, per
adeguare il contenuto della legislazione antimafia alle
diverse forme di criminalità organizzata esistenti nel
Paese. Questo è un punto su cui siamo particolarmente
d'accordo e che abbiamo più volte sollecitato. Infatti,
l'articolo 6 del decreto-legge in discussione, nel
definire l'ambito di applicazione della legge, esplicita
che la norma si applica agli indiziati di appartenere,
oltre che alla mafia e alla camorra, anche alla 'ndrangheta,
riprendendo su questo punto una proposta avanzata
proprio dal gruppo del Partito Democratico.
L'istituzione dell'Agenzia risponde dunque in parte ad
esigenze poste da tempo all'attenzione del Parlamento.
Sui beni sequestrati alla criminalità organizzata,
bisogna ricordare che in passato il centrodestra ha
avuto un atteggiamento contraddittorio e altalenante.
Nel 1999, quando al Governo c'era una coalizione di
centrosinistra, la Presidenza del Consiglio, per rendere
più efficaci le disposizioni introdotte dalla legge n.
109 del 1996 che, come è stato ricordato anche prima, è
una delle leggi fondamentali sulla materia che stiamo
affrontando oggi, istituì l'ufficio del commissario
straordinario del Governo per la gestione e la
destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni
criminali.
Bene, il 23 dicembre 2003, con una decisione a sorpresa,
l'ufficio del commissario venne soppresso con un decreto
del Governo Berlusconi, che nel frattempo era tornato al
Governo con la coalizione di centrodestra.
Lo ricordo non per polemica, ma perché questa decisione
ha prodotto una serie di danni e un arretramento sia dal
punto di vista culturale sia dal punto di vista
sostanziale nella lotta alla mafia, tant'è vero che oggi
si torna ad affrontare la questione e per fortuna, mi
sento di aggiungere, l'orientamento del centrodestra si
è al riguardo modificato; infatti, si torna a parlare di
un'agenzia che, di fatto, ricalca le funzioni e i poteri
che l'ufficio del commissario straordinario aveva
ricoperto nella fase precedente.
Da allora, in diverse occasioni, è stata evidenziata la
necessità di ripristinare un soggetto istituzionale in
grado di migliorare la lotta alla criminalità
organizzata attraverso un'aggressione ai patrimoni
mafiosi. Questo nasce soprattutto dal fatto che il
crimine organizzato non si dedica solo ad attività
illegali convenzionali, che rappresentano proventi per
opportunità di investimento, e la sua principale
capacità risiede nello stabilire connessioni con
burocrati, imprenditori e politici.
Basta pensare alle recenti vicende relative al senatore
Di Girolamo e a tutto quello che attorno a quella
vicenda è in qualche modo emerso nel dibattito politico.
Ho anche presente la discussione che al Senato si è
svolta su questo punto e temo alcuni atteggiamenti
giustificatori del comportamento del senatore Di
Girolamo, perché solo così si possono leggere gli
applausi che egli ha ricevuto nel suo discorso di
dimissioni (dimissioni, ricordiamolo, imposte
sostanzialmente dalla situazione imbarazzante ed
indifendibile che era emersa).
Tornando al punto che stavo sviluppando, questa vicenda
ricorda da vicino quali rischi le infiltrazioni
criminali pongono anche rispetto al mondo della
politica. Nascono e crescono imprese quasi perfette, con
affiliati professionisti, tutte caratterizzate dalla
capacità di offrire beni e servizi e di creare
opportunità occupazionali. Vi è un'economia del crimine,
insomma, alla base della criminalità organizzata,
ispirata dalle stesse motivazioni del sistema della
libera impresa; un sistema di impresa capace di superare
tutte le barriere normative ed arrivare, attraverso la
formazione di cartelli ed alleanze, a controllare e
monopolizzare il mercato.
Dobbiamo sapere che con questo ci si confronta e a
questi temi deve rispondere la normativa sulla confisca
e il sequestro dei beni alle mafie. Di recente,
Francesco Inzerillo, che è un noto esponente di uno dei
clan mafiosi più importanti di Palermo, intercettato
(anche su questo credo vada aperta una riflessione,
perché evidentemente lo strumento delle intercettazioni
non può essere utilizzato in modo ondivago; se è uno
strumento che serve, e noi crediamo che esso serva e
sia, anzi, fondamentale, soprattutto per la lotta alla
criminalità organizzata, è bene ritirare alcune proposte
di legge che invece il centrodestra ha presentato in
Parlamento, che depotenziano questo strumento) nel corso
dell'operazione Old Bridge, che si è conclusa
nel febbraio di due anni fa ed è stata condotta dalla
polizia di Stato italiana insieme alla FBI americana,
così si esprimeva rispetto alla confisca dei beni: basta
essere incriminati per il 416-bis ed
automaticamente scatta il sequestro dei beni. Cosa più
brutta della confisca dei beni non c'è; quindi, la cosa
migliore è quella di andarsene.
Queste sono parole di un importante mafioso, che, in
qualche modo, evidenziano l'efficacia di alcune norme,
se queste riescono a colpire davvero i patrimoni. Del
resto, l'adeguamento della legislazione sul contrasto
alla criminalità organizzata di stampo mafioso è reso
necessario anche dalle recenti acquisizioni
investigative contenute nella relazione al Parlamento
sulla politica dell'informazione per la sicurezza per il
2009.
È un documento che è stato trasmesso di recente al
Parlamento e che credo sia, anche in questo caso, uno
strumento molto utile per capire l'oggetto della
discussione di oggi. In questa relazione si dice che il
livello di minaccia espresso dal fenomeno mafioso resta
elevato, soprattutto per la capacità dei sodalizi di
inquinare e condizionare l'economia non soltanto a
livello locale, ma anche a livello nazionale.
Per quel che concerne la geografia criminale, a conferma
di un trend in progressione, si è rilevato il
sempre più diffuso radicamento delle organizzazioni
mafiose in molte regioni centro-settentrionali, ove
hanno sviluppato modalità e strategie di infiltrazione
tipiche dell'area di origine.
Soprattutto in Lombardia il fenomeno ha assunto
proporzioni e profili a rischio affatto distinti dai
contesti di provenienza, con la riproposizione di
logiche di potere e conflittualità particolarmente
cruente; criticità sono emerse anche in Piemonte,
Liguria, Lazio ed Umbria.
Il profilo economico delle organizzazioni mafiose si è
ulteriormente consolidato, forte di un costante
esercizio intimidatorio e della disponibilità di ingenti
capitali illeciti da reimpiegare, nel rilevamento di
aziende in sofferenza, nonché nella gestione diretta di
impresa. Parallelamente, il coinvolgimento in termini
collusivi di circuiti professionali,
tecnico-amministrativi e imprenditoriali si è tradotto
in veri e propri comitati affaristici, finalizzati a
veicolare gli interessi mafiosi verso i settori di
intervento più remunerativi: significative, al riguardo,
le acquisizioni di intelligence relative
all'attenzione predatoria delle cosche verso i grandi
progetti riqualificativi e ricostruttivi in ambito
nazionale, dall'Expo 2015 alla TAV, dai lavori stradali
ed autostradali alla ricostruzione post-terremoto in
Abruzzo, dal settore energetico al Ponte sullo Stretto.
E da questo punto di vista, aggiungo che anche in Veneto
(prima l'onorevole Molteni parlava della Lombardia), la
regione da cui provengo, sono presenti infiltrazioni
delle organizzazioni mafiose, che si evidenziano in
particolare in questo momento di crisi attraverso
l'acquisto di ingenti patrimoni. Di recente, alla fine
del 2008, la procura distrettuale antimafia di Palermo,
durante un'operazione che ha portato all'arresto di
alcuni esponenti della famiglia mafiosa dei Lo Piccolo
di Palermo, ha evidenziato come questa organizzazione
mafiosa stava progettando di investire un'ingente somma
di denaro, circa 8 milioni di euro, nella costruzione di
complessi edilizi intervenendo nel piano di
riqualificazione urbanistica ed ambientale denominato ex
Area Adria Docks a Chioggia, in provincia di Venezia,
nella costruzione di appartamenti a Cantarana di Cona,
sempre in provincia di Venezia, e ad Abano Terme in
provincia di Padova, una delle località più note per le
cure termali di tutto il Paese. Lo ricordo perché a tali
vicende alle volte si guarda quando c'è la notizia, c'è
l'attenzione dell'opinione pubblica, poi ci si dimentica
di ciò e non si tiene conto di come i rischi di questo
tipo invece portano all'inquinamento effettivo della
nostra economia; e su ciò la possibilità di sequestrare
in modo efficace, confiscare, riutilizzare i beni
mafiosi è il deterrente più forte che si può mettere in
moto.
Alla luce di questa situazione, si tratta di proseguire
e di aggiornare il lavoro intrapreso tanti anni fa da
uno dei protagonisti della lotta contro la mafia, Pio La
Torre (è stato ricordato prima di me da altri colleghi),
la cui attività viene tradotta nella legge cosiddetta
Rognoni-La Torre, che ha introdotto la confisca dei beni
per coloro che sono riconosciuti mafiosi. Il settimo
comma dell'articolo 416-bis prevede che nei
confronti del condannato è sempre obbligatoria la
confisca delle cose che servirono o furono destinate a
commettere il reato, e delle cose che ne sono il prezzo,
il prodotto, il profitto, o che ne costituiscono
l'impiego. La direzione da intraprendere è proprio
questa: colpire la mafia non soltanto perseguendo i
singoli reati, bensì nella fase di accumulazione di
quegli ingenti capitali che sono il valore aggiunto
dell'organizzazione, che riesce sempre a ricostruire le
fila del proprio esercito grazie alla grande
disponibilità di denaro, elemento inquinante
dell'economia e della società, così come ho provato ad
illustrare con alcuni esempi prima.
All'Agenzia è conferita, per come è strutturata dal
decreto-legge, la duplice qualità di amministratore
giudiziario e di soggetto titolare del potere di
destinazione dei beni. In questo modo, in teoria, si
superano le attuali due distinte fasi di amministrazione
dei beni che non consentono né una gestione rapida e
ottimale, né una destinazione rapida ed efficace dei
beni sottoposti al sequestro e devoluti al patrimonio
dello Stato. Oggi la prima fase è affidata all'autorità
giudiziaria, che governa i beni fino alla confisca; la
seconda fase compete all'Agenzia del Demanio, che si
occupa della destinazione del bene per raggiungere
obiettivi di utilità sociale. Le due fasi, nel corso del
tempo, si sono rivelate inadatte ad amministrare e
destinare i beni sottratti alla disponibilità
dell'organizzazione criminale di stampo mafioso:
infatti, mentre la normativa contro i patrimoni della
criminalità organizzata afferma principi e stabilisce
misure che colpiscono la mafia, la camorra e la
'ndrangheta, le organizzazioni criminali hanno
imparato a difendersi, mettendo al riparo beni, imprese
ed affari con strumenti e tecniche sempre più
sofisticati. Anche per queste ragioni, lo strumento
normativo attualmente a disposizione della fase
successiva alla confisca dei beni mafiosi, quella che va
dalla sentenza di confisca all'assegnazione agli enti
pubblici, risulta complesso ed inadeguato: solo il 10
per cento dei beni conferiti viene con difficoltà
realmente utilizzato.
I tempi per arrivare ad una confisca definitiva sono
troppo lunghi, e ciò incide modo decisivo su tutti i
beni: sia su quelli non produttivi che spesso, potendo
essere rapidamente utilizzati, subiscono un
depauperamento e un danneggiamento a volte doloso, sia
sui beni produttivi come le quote sociali che, affidate
a professionisti non sempre dotati di doti manageriali
adeguate, non riescono a partecipare al mercato in modo
concorrenziale e, quando vengono confiscati, spesso
hanno perso parte del loro valore. Appare quindi
necessaria una gestione dei beni con criteri diversi già
nella fase del sequestro; inoltre, dopo la confisca, è
necessario un rapido affidamento ad un ente capace di
gestirli e di destinarli al riutilizzo in termini
imprenditoriali e sociali. La confisca ed il riutilizzo
di un bene sottratto con difficoltà alla criminalità è
un impegno etico: non può essere ridotto a una semplice
procedura burocratica. L'istituzione dell'Agenzia si
propone la finalità di superare tutte queste difficoltà
e di migliorare la gestione e l'allocazione dei beni
sequestrati attraverso l'unitarietà degli interventi e
la programmazione, a partire dalla fase
dell'amministrazione giudiziaria della destinazione
finale dei beni. Appare necessario, da questo punto di
vista, per rendere più incisiva la lotta alla
criminalità, ridurre al minimo il periodo intercorrente
tra il sequestro e la destinazione definitiva dei beni.
Per questo il decreto, con l'istituzione dell'Agenzia,
prova a determinare un rapporto immediato e indiretto
tra Agenzia stessa e autorità giudiziaria che ha
competenza sui procedimenti penali e di prevenzione.
Inoltre, l'istituzione dell'Agenzia e i compiti che il
decreto le assegna avrebbero l'obiettivo di liberare
l'autorità giudiziaria da una serie di incombenze
burocratiche, per assicurare maggiore funzionalità agli
uffici giudiziari. Queste sono le intenzioni, che
troviamo anche nella relazione del Governo al decreto.
La realtà e le caratteristiche dell'Agenzia però
rischiano di non essere idonee a raggiungere gli
obiettivi delineati, e questo è il motivo per cui
abbiamo presentato - non tanti, a dire la verità -
emendamenti precisi nel tentativo di correggere alcuni
punti del provvedimento che non ci convincono; in
particolare, per la complessità della materia, per
alcune difficoltà operative e organizzative valutate in
modo un po' sbrigativo, come il rilevante numero dei
beni sequestrati e le esigenze proprie della fase
giudiziaria, oltre che per l'eccessiva concentrazione
delle competenze, non accompagnata da adeguate misure
organizzative e finanziarie. In particolare,
l'accentramento dei compiti di amministrazione nella
sola Agenzia rischia di disperdere il contatto diretto
tra giudice e amministratore e non tiene conto delle
difficoltà operative derivanti dal consistente numero di
sequestri emessi in sede penale e di prevenzione.
L'attribuzione all'Agenzia dell'amministrazione dei beni
sequestrati e la conseguente riduzione dei poteri del
giudice rischia di creare criticità sia nella fase
dell'esecuzione del sequestro che in quella
dell'amministrazione, con il rischio che i beni vengano
dispersi e che sorgano difficoltà operative e costi
maggiori. Gli emendamenti presentati dal gruppo del
Partito Democratico portano a superare i limiti appena
evidenziati, attraverso l'attribuzione all'Agenzia di
funzioni di supporto all'Agenzia stessa nella fase
successiva al sequestro. I miglioramenti proposti con
gli emendamenti consentono all'Agenzia di ricevere
l'immediata comunicazione dei provvedimenti di sequestro
- al fine di monitorare i beni oggetto del provvedimento
-, di avanzare alla magistratura proposte sull'utilizzo
del bene in vista della destinazione finale, di fornire
un opportuno aiuto all'autorità giudiziaria e
all'amministratore, affiancandoli nella gestione con
peculiari competenze tecniche, di proporre all'autorità
giudiziaria gli interventi e i provvedimenti utili ad
una migliore funzionalità dell'amministrazione.
Infine, e concludo, Presidente, l'attività dell'Agenzia
può essere migliorata e resa più efficace con alcune
modifiche dei compiti e delle modalità di funzionamento
proposti che, in estrema sintesi, consistono:
nell'istituzione di articolazioni territoriali su base
regionale - e anche qui un elemento di curiosità: quando
si dice rischio di accentramento, fa un po' sorridere
che da una parte ci venga spiegata l'importanza del
decentramento, di una gestione federale in qualche modo
dello Stato e di tutto quello che è connesso
all'organizzazione dello Stato e, poi, quando si arriva
a individuare l'Agenzia, in tutto questo si perde
qualsiasi traccia, rischiando, secondo noi, di
disperdere patrimoni importanti acquisiti dalle
competenti autorità giudiziarie anche a livello
periferico e dalle prefetture nel potenziamento della
dotazione organica di personale - altro elemento molto
delicato -, nell'istituzione di un Fondo apposito per la
gestione dei beni e, infine, nell'attribuzione di un
maggior ruolo agli enti locali interessati. Questo punto
è di particolare importanza proprio per collaborare con
l'autorità giudiziaria, con l'istituenda Agenzia e con
le prefetture, per evitare che i beni sequestrati
rischino di rientrare in qualche modo in possesso della
criminalità organizzata.
Per tutte queste ragioni abbiamo presentato degli
emendamenti che mi auguro vengano valutati con la dovuta
attenzione, proprio nel tentativo di migliorare il
provvedimento in discussione.
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