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I BILANCI DI ATTIVA (EX COSECON)

E' NECESSARIO LIQUIDARE

LA SOCIETA'

 

Le notizie degli ultimio giorni confermano la necessità di mettere subito in liquidazione Attiva Spa, nata sulle ceneri del Cosecon. La sociètà, infatti, ha portato i libri contabili in tribunale, come prevede la legge fallimentare, perchè versa in una condizione disastrosa. Cosecon, ora Attiva Spa, ha accumulato negli ultimi anni debiti crescenti a causa di operazioni insostenibili che hanno col tempo snaturato le funzioni originarie di questa società, trasformandola in un centro di interessi speculativi per favorire alcuni soggetti privati a scapito del pubblico. Basti pensare, ad esempio, agli investimenti in zone produttive all’estero, all’ingresso nel settore rifiuti con l’acquisto della Trasporti Ecologici e del Centro Riciclo dalla famiglia Andolfo, allala creazione di una società per l’energia, la formazione, la compravendita e la trasformazione urbanistica di aree residenziali. Così un consorzio di Comuni nato per sviluppare e industrializzare un territorio è diventato una voragine che ha dilapidato ingenti risorse pubbliche, ha accumulato debiti che graveranno sui cittadini e gli enti locali e ha prodotto servizi di scarsa qualità a costi elevati.
Qualsiasi altra impresa privata, in una situazione simile, sarebbe già fallita e messa in liquidazione perchè nessuna banca avrebbe mai concesso i prestiti ingenti che, senza alcuna garanzia, ha ottenuto Cosecon.
Per questi motivi, soprattutto per tutelare l'interesse pubblico degli Enti locali ora azionisti di Attiva Spa e di tutti i loro cittadini, va fatta piena luce sulla gestione di questi anni e va messa subito in liquidazione la società, ormai ridotta ad un inutile carrozzone pieno di debiti.

Naccarato: «Un carrozzone.
Occorre liquidarlo in fretta»
Il Mattino di Padova, 29 giugno 2010

PADOVA. Netto, deciso, senza appello: «L’unica via per Attiva è la messa in liquidazione». Alessandro Naccarato, deputato del Partito democratico, commenta così le notizie pubblicate dal nostro giornale. «La situazione è gravissima ormai da tempo. La società è, di fatto, in uno stato fallimentare. Noi lo sosteniamo da due anni: si sarebbero almeno evitati i 26 milioni persi. E’ incomprensibile il maldestro tentativo di mantenere un carrozzone che produce solo deficit. E guardando i conti, la perdita 2009 sarebbe stata maggiore, senza l’introito dei 13,5 milioni del gas» spiega.
Proprio sulla vicenda della vendita della rete del gas, Naccarato aveva presentato il 16 gennaio 2009 un esposto all’Autorità per l’energia e all’Autorità garante della concorrenza. «Mi sembra che sia verificato il rischio grave che avevo denunciato allora. La fideiussione di Enerco Group ha finito con l’alterare le procedure di gara, che infatti non si sono mai concluse in modo positivo e compatibile con la concorrenza del mercato». Poi cita Luca Fiorentino, segretario generale dell’Autorità garante della concorrenza: «Nella sua risposta datata 28 aprile 2009, sottolineava che “Il mancato ricorso ad evidenza pubblica nella scelta del socio privato di Veneto Distribuzione produce inevitabilmente effetti anche nella vendita della società in fase di svolgimento. Posto che, come sembra, nel caso in cui dovesse andare deserta il socio privato di Veneto Distribuzione si trova oggi nella condizione di poter acquisire le quote di Attiva Spa arrivando così a detenere la totalità del capitale sociale”. Verifico che un privato, la famiglia Casellato, ottiene un servizio pubblico senza gara».
Conclusione: «Tutte le nostre critiche alla gestione sono confermate. Interesseremo tutte le autorità competenti per fare piena luce. Veri danneggiati sono i Comuni che in molti casi hanno costruito con loro risorse le reti del gas. E i cittadini: avranno un servizio peggiore a costi più alti».

Attiva Spa, verso i libri in tribunale
Il Mattino di Padova, 27 giugno 2010

 

PADOVA. Attiva (la società per azioni che ha rilevato il Consorzio per lo sviluppo del Conselvano) deve portare i libri in tribunale. Lo impone tanto la procedura di ristrutturazione dell’enorme debito, quanto la diminuzione del capitale sociale certificata dagli ultimi conti. La conferma arriva dal bilancio consuntivo 2009: si compone di una settantina di pagine con 56 tabelle allegate. E’ predisposto dal presidente Gian Michele Gambato, dal direttore generale Monica Manto e dal revisore contabile Alberto Dalla Libera. Manca ancora l’approvazione definitiva, prevista comunque entro il 10 luglio prossimo. Tuttavia, il quadro della situazione non lascia più margini di manovra né possibilità di sfuggire al tribunale.  
CERTIFICAZIONE. E’ Dalla Libera che scrive agli azionisti come responsabile della revisione contabile del bilancio che compete al Consiglio di amministrazione. «E’ stato redatto con chiarezza e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico al 31 dicembre 2009» afferma. Nel quarto paragrafo della sua relazione, evidenzia una decisione che rappresenta un punto senza ritorno: «Nel corso dell’esercizio 2009 il CdA ha predisposto un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182 bis L.Fall. al fine di superare la profonda crisi che ha colpito la società, tanto da comprometterne la continuità aziendale. Il piano è stato presentato all’assemblea ed è attualmente in fase di omologazione. Gli effetti dell’accordo si vedranno a partire dal secondo semestre dell’esercizio 2010».  Il riferimento esplicito è alla legge fallimentare nell’articolo che dispone l’intesa con almeno il 60% dei creditori. Si tratta di una domanda corredata dalla stessa documentazione del concordato preventivo: relazione aggiornata sulla situazione dell’impresa; stato analitico ed estimativo delle attività con elenco dei creditori; elenco dei titolari di diritti su beni di proprietà; valore dei beni e creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.  L’accordo sulla ristrutturazione del debito di Attiva Spa è stato definito. A pagina 21 della relazione ufficiale, il presidente Gambato non solo conferma il ricorso all’articolo 182 bis, ma aggiunge: «L’accordo, ad oggi deliberato dal 91,52% degli istituti bancari, è in fase di asseverazione e sarà sottoposto al giudizio di omologa del Tribunale presumibilmente entro la metà di giugno».  Dunque, la strada è obbligata con la pubblicazione nel registro delle imprese e 60 giorni di salvaguardia nei confronti dei «creditori per titolo e causa anteriore a tale data». In sostanza, Attiva fin all’anno scorso era già destinata a portare i libri in tribunale, mentre le banche ora guadagnano praticamente il controllo societario.   CAPITALE SOCIALE. Del resto, i numeri sono spietati. Sette pagine riassumono il bilancio 2009 compilato negli uffici di piazza Martiri d’Ungheria a Bagnoli di Sopra. Il capitale sociale di Attiva Spa ammonta a 21 milioni 580 mila 188 euro. Il totale dell’attivo è sceso dai 182 milioni del 2008 a 170 milioni dell’anno scorso. La perdita d’esercizio è più che raddoppiata, perché si passa da un “rosso” di 7 milioni 880 mila 993 fino ai dichiarati 18 milioni 377 mila 891 euro di deficit al 31 dicembre 2009.  Risulta sintomatico il debito accumulato nei confronti delle banche. Nel 2008, ammontava già a 95 milioni 190 mila 324 euro. L’ultimo bilancio denuncia addirittura 100 milioni 102 mila 778 euro.  Di conseguenza, il patrimonio netto a disposizione passa da 22 milioni 472 mila 373 a soli 4 milioni 94 mila 782 euro. E qui scatta inevitabilmente un altro cappio della legge. Si tratta dell’articolo 2446 del codice civile che recita: «Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti». Di nuovo, una strada a senso unico nel caso di Attiva. Verso il Tribunale con la procedura di riduzione del capitale sociale.
CONTO ECONOMICO. Sta in capo al CdA presieduto da Gambato. Le cifre ufficiali del bilancio indicano un impercettibile aumento del valore della produzione: da 9 milioni 344 mila 864 euro a 9 milioni 686 mila 30 euro. Tuttavia si realizza grazie ad un contributo di 5,4 milioni di euro che va a compensare il dimezzamento dei ricavi delle vendite e prestazioni (da 5,8 a 2,2 milioni). E soprattutto i costi di produzione di Attiva sono praticamente raddoppiati, perché nel bilancio 2008 risultavano pari a 9 milioni 493 mila 761 euro e nell’ultimo diventano 18 milioni 468 mila 617. Di qui anche la voragine della differenza fra valore e costi della produzione: il deficit era di 148 mila 897 euro; ora tocca gli 8 milioni 782 mila 587 euro.  Il bilancio contabilizza anche le imposte sul reddito d’esercizio di Attiva, che scendono da 66.364 a 61.432 euro.
PATRIMONIO IMMOBILIARE. Balza agli occhi, con tutta evidenza, l’assoluta «discrepanza» rispetto alle linee-guida amministrative. Il 23 marzo 2009 il CdA di Attiva aveva approvato gli obiettivi economico-finanziari del budget 2009 per altro dettati dagli azionisti che «rifocalizzano» il core business sull’immobiliare. Ebbene, veniva esplicitato un fatturato di 26,6 milioni da vendite immobiliari, di cui metà attraverso la cessione di terreni a destinazione residenziale.  A pagina 6 della relazione del presidente Gambato ora si legge una cifra drammaticamente diversa: 1.605.896 e 99 cent. Sono cinque i contratti che riguardano aree industriali: 4.594 metri quadri ad Arre; 8.554 a Boara Pisani; 6.824 a Salara; 18.139 a Bovolenta. Nel 2008 Attiva aveva realizzato ricavi per 4,3 milioni alienando 128.910 metri quadri industriali.  Non è andata meglio nel settore residenziale. Attiva ha dovuto riacquistare da Promocasa Service Srl (1,2 milioni di euro) l’area di 8.711 metri quadri pari a 15.460 metri cubi a Vescovana. Ha perfezionato solo la vendita di complessivi 6.120 metri cubi a Guarda Veneta, Vescovana, Vighizzolo d’Este, Pincara e Legnaro fatturando così 440.551 euro e 45 cent ovvero meno della metà del 2008.  Sono, infine, sei i fabbricati e i terreni in affitto a Cavarzere, Sospirolo, Conselve e Cartura per complessivi 24.237 metri quadri che rendono 522.287 euro. In particolare, ci sono 8.847 metri quadri del complesso Magazzini Generali di Conselve: «L’ampliamento, seppur già concessionato e finanziato attraverso un’operazione in leasing, sarà avviato solo previa sottoscrizione di un nuovo contratto di locazione o acquisto, adeguatamente garantiti» scrive Gambato. Per il momento, Attiva incassa 265.266 euro.   ENERGIA. Il cogeneratore di Conselve (realizzato con i finanziamenti dell’Unione europea che ne vincolano la gestione) è stato affittato per 15 anni a 600 mila euro di canone a Newco 56 Esco Srl, società che fa capo a Unipol e Lega Coop. E’ stata, invece, liquidata il 7 maggio Elios Service, la Srl controllata da Attiva che avrebbe dovuto dedicarsi all’installazione dei pannelli fotovoltaici.  La gara (firmata da Monica Manto) che riguarda la rete del gas è andata deserta il 25 giugno. «Si è quindi dato avvio ad una trattativa privata con i cinque soggetti che avevano manifestato interesse all’operazione. Tutte le offerte risultavano inferiori al prezzo posto a base di gara di 30 milioni 300 mila euro» afferma Gambato a pagina 9 identificando gli operatori: Italgas, Ascopiave, Amga, AcegasAps e Italcom Reti.
CONTRIBUTI PUBBLICI. Nell’esercizio 2009, Attiva dichiara gli interventi completati previsti dal Docup Obiettivo 2 con il collaudo della Regione. Eccoli: il recupero di un edificio nell’ex distilleria di Cavarzere (9 milioni di contributo regionale su 13,9 del progetto); risanamento ex zuccherificio a Cartura (1,7 di contributo su 2,6) con uno stralcio (un milione di contributo); Pip a Casale di Scodosia (664 mila di contributo su 2,6 milioni); infrastrutture a Boara Pisani (601 mila su un milione); cogeneratore di Conselve (2,6 milioni di contributo su 8,8); banda larga (455 mila su 840 mila). Collaudate le opere di urbanizzazione del piano particolareggiato D1 a Bagnoli e nel Peep di Guarda Veneta più la rotatoria sulla Sr 104 a Conselve.

 

Fin.Ser perde e si avvia alla chiusura
Il Mattino, 29 giugno 2010

 

Il destino di Fin.Ser, finanziaria della Provincia un tempo considerata un fiore all’occhiello, è segnato. Il crack di Attiva, in cui Finser aveva investito nel 2008 altri 2,8 milioni, ha dato il colpo di grazia. L’assemblea di Fin.Ser ieri ha deciso il rinvio dell’approvazione del bilancio.  Sono necessari altri quindici giorni per valutare la variazione di bilancio da apportare alla luce della prima bozza dei conti di Attiva che denunciano perdite per 18,3 milioni. La ripercussione su Fin.Ser (70% Provincia e 15% ciascuno Banca Antonveneta e Cassa di risparmio del Veneto) è stata fatale.  Il 2009 si è chiuso con un disavanzo complessivo di 3,866 milioni di euro che derivano dalla svalutazione della quota in Attiva, (valore oggi 900 mila euro) e in Infracom per complessivi 3,2 milioni. Ulteriori svalutazioni sono state contabilizzate per 563 mila euro, cifra sulla quale pesa la gestione del complesso immobiliare della Cittadella, alla Stanga. Il bilancio del settore immobiliare è infatti strutturalmente in perdita in quanto la rata del leasing pagata da Fin.Ser è molto più elevata rispetto ai canoni di affitto incassati. A questo punto ieri il Cda ha depositato un documento in assemblea che costituirà la base di accordi successivi tra i soci, Provincia e banche.  Il cda della finanziaria, presieduto da Luciano Salvò, ha suggerito ieri la vendita del complesso immobiliare previa una perizia di valore e del relativo debito del contratto di leasing pari a 13,551 milioni di euro. L’acquirente sarà la stessa Provincia attraverso una formula da definire: mutuo o nuovo leasing.  Il cda di Fin.Ser ieri ha indicato anche la necessità di separare gli investimenti che generano perdite, e quindi di sterilizzare le altre partecipazioni che producono o potrebbero produrre perdite. La società, a questo punto, secondo le indicazioni date dal cda o trova una sua nuova mission nel caso dovessero presentarsi opportunità o verrà posta in liquidazione.  L’impressione raccolta è che l’attuale corso in Provincia sia comunque di idee diametralmente opposte rispetto all’era Casarin. Fin.Ser era stata pensata come strumento di gestione finanziario e immobiliare, ma non è ritenuto oggi compito dell’amministrazione provinciale condurre operazioni di ordine finanziario come poteva essere il progetto sperato di trasferimento dell’area PP1 con costituzione di un fondo nel quale far entrare la stessa Fin.Ser. Non ha ragione d’essere, infine, una finanziaria che, alla luce delle operazioni deliberate ieri, diventerà una scatola sostanzialmente vuota. La decisione di chiudere Fin.Ser, comunque, spetta al Consiglio provinciale. In seguito alle dismissioni previste sarà convocata un’assemblea straordinaria per la riduzione del capitale sociale in esubero da 10 milioni a 100 mila euro dopo la predisposizione da parte del Cda di un piano di riparto tra i soci in proporzione alle rispettive quote. In calendario il 4 luglio c’è una riunione del Cda di Attiva che delineerà meglio i futuri passi mentre prima delle ferie di agosto verrà convocata la nuova assemblea che deciderà il destino di Fin.Ser.
 
«Liquidare Attiva e Fin.Ser subito»
Il Mattino di Padova, 2 luglio 2010
 

Piani di salvataggio? Basta. Per il Partito democratico, Attiva Spa e Fin.Ser vanno liquidate. E subito. «Sono due buchi neri che stanno inghiottendo i soldi dei cittadini»: la proposta sarà presentata il 15 luglio al consiglio provinciale. Fabio Rocco, Boris Sartori, Matteo Corbo e Luca Micalizzi anticipano: « Attiva ha un deficit di 18,3 milioni di euro, mentre Fin.Ser di quasi 4 milioni. L’anno scorso il presidente di Attiva Gian Michele Gambato venne a spiegare che il deficit sarebbe stato ripianato attraverso un piano di salvataggio. In realtà oggi la situazione è drammatica». In aula sarà discussa una mozione che impegnerebbe la giunta Degani. «Sarebbe l’inizio di un iter che porterebbe Fin.Ser davanti al consiglio provinciale: l’unico organo in grado di liquidare la finanziaria, che per il 70% è in mano a palazzo Santo Stefano». Il resto è diviso fra Antonveneta e Cassa di risparmio.
 

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Interrogazione presentata dall'On. Naccarato
Inchiesta Dirty Leather
sulla corruzione
Camera dei Deputati, 24 giugno 2010

Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno.
Per sapere - premesso che:

il 16 giugno 2010, in seguito all'inchiesta Dirty Leather disposta dalla procura della Repubblica di Vicenza, la Guardia di finanza ha arrestato otto persone (Angelo Fiaccabrino, Vittorio Bonadeo, Giandomenico Brando, Claudio Consolaro, Mario Pietrangelo, Graziano Dal Lago, Felice Floris e Alessandro Salvadori) con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Si tratta di commercialisti, consulenti fiscali e funzionari dell'Agenzia delle entrate di Arzignano e Vicenza;

nell'ambito della medesima indagine, condotta dal procuratore di Vicenza Ivano Nelson Salvarani e dal sostituto procuratore Marco Peraro, risultano complessivamente iscritte nel registro degli indagati 77 persone: 55 sono imprenditori, 13 commercialisti o consulenti fiscali e 9 dipendenti dell'Agenzia delle entrate. Attualmente, gli episodi di corruzione al vaglio degli inquirenti sono 68 e si concentrano nel periodo 2003-2009;

l'inchiesta Dirty Leather è stata avviata nel 2008, dopo la scoperta di numerose e ripetute frodi tributarie di aziende e società operanti nel distretto della concia della provincia di Vicenza. Nel corso del 2009 la Guardia di finanza aveva accertato evasioni dell'Iva per centinaia di milioni di euro e arrestato l'imprenditore Andrea Ghiotto, il consulente Marcello Sedda e l'ex comandante della Guardia di finanza di Arzignano Luigi Giovine;

dall'indagine in questione emerge un ampio e diffuso impiego di tangenti, utilizzate al fine di eludere o concordare controlli e verifiche fiscali dirette a una cinquantina di aziende del distretto della concia. Tali tangenti sarebbero quantificabili in circa 2 milioni di euro;

nel corso dell'inchiesta sono emersi tentativi di depistaggio delle indagini da parte di alcuni inquisiti. In particolare, secondo le dichiarazioni rese dalla Guardia di finanza, pubblicate sul Corriere del Veneto del 17 giugno 2010, in alcune intercettazioni telefoniche si faceva riferimento a «iniziative volte a intralciare le indagini della Guardia di finanza con interventi da effettuare nei confronti del maggiore Paolo Borrelli, comandante del Nucleo di polizia tributaria» che conduceva le indagini. Inoltre, nel corso di una conversazione intercettata si era fatto riferimento a contatti con parlamentari per la presentazione di interpellanze e di richieste al Ministro della giustizia di ispezioni all'ufficio di Procura di Vicenza, come riportato dal quotidiano sopra citato;

la scoperta delle frodi nel distretto della concia vicentino è stata possibile soprattutto grazie alle grandi capacità investigative dei magistrati inquirenti e della Guardia di finanza di Vicenza comandata dal colonello Antonio Morelli e dal tenente colonnello Paolo Borrelli;

il sistema illegale ricostruito nei fascicoli dell'inchiesta Dirty Leather è stato scardinato per merito dell'utilizzo delle intercettazioni telefoniche e grazie alla disposizione di innumerevoli e capillari controlli incrociati, mediante i quali è stato possibile mettere a confronto le denunce dei redditi degli indagati con il loro tenore di vita -:

se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti fin qui esposti;

quali iniziative intendano porre in essere per implementare le risorse necessarie al pieno ed effettivo esercizio dei controlli fiscali e delle conseguenti investigazioni;

in che modo intendano sostenere e potenziare le iniziative e le attività investigative nella provincia di Vicenza, per contrastare e reprimere l'illegalità e l'evasione fiscale.

Naccarato (Pd)
«Servono soldi per potenziare
le Fiamme Gialle»

Il Mattino di Padova, 27 giugno 2010

«Potenziare strutture e risorse della Guardia di Finanza a Padova e in tutto il Veneto». A chiederlo è il deputato del Pd Alessandro Naccarato che nei giorni scorsi ha presentato un’interrogazione parlamentare ai ministri Tremonti e Maroni. Merito delle tante operazioni svolte in questi mesi dalle Fiamme Gialle, ultima quella che ha scoperto il maxi-giro di evasione fiscale nel distretto della concia ad Arzignano, nel Vicentino: l’inchiesta «Dirty Leather». «Questa inchiesta, condotta dal procuratore Salvarani, ha scoperchiato un vero e proprio sistema per evadere le tasse- ricorda Naccarato - Non si tratta di casi isolati, ma di una settantina di episodi che coinvolgono funzionari pubblici e noti commercialisti veneti». Da qui la decisione di intervenire con un atto parlamentare, firmato anche dalla deputata democratica Daniela Sbrollini, con cui sollecitare il governo all’implementazione delle risorse da destinare alle forze dell’ordine. E in special modo a quelle preposte a combattere l’evasione fiscale. «Le ultime frodi del fisco sono venute a galla soprattutto grazie all’impegno e alle capacità investigative della Polizia tributaria - conclude Naccarato - Per questo è necessario aumentare i fondi per le Fiamme Gialle che in Veneto operano quotidianamente per garantire la legalità e il funzionamento di un sistema fiscale equo per i cittadini».

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IL CASO BRANCHER
Inaccettabile uso privato
delle istituzioni

Giovedì 8 giugno l'aula della Camera discuterà la mozione di sfiducia contro il neo ministro Aldo Brancher presentata dal Pd. Per il Partito Democratico,infatti, è stato subito chiaro che l'improvvisa nomina a Ministro "per l'attuazione del Federalismo" è stata dettata esclusivamente dalle esigenze processuali di Aldo Brancher, imputato nel processo per la scalata Antonveneta tentata nel 2005 da Giampiero Fiorani con l'accusa di appropriazione indebita. L'immediata richiesta dei legali di Brancher di applicare al proprio assistito la legge sul legittimo impedimento ha confermato i sospetti del PD. Il giallo sulle deleghe del neo ministro, che nessuno conosce, compreso il diretto interessato, ne sono la dimostrazione. Si tratta di un inaccettabile uso privato degli incarichi istituzionali e per questa ragione il Pd ha chiesto che il giorno prima della votazione della mozione di sfiducia il Premier Berlusconi spieghi in Parlamento le motivazioni della nomina.

 

IL TESTO PRESENTATO DAL PD

Mozione di sfiducia nei confronti
del ministro Aldo Brancher

Camera dei Deputati, 30 giugno 2010

 

La Camera,
premesso che:

il giorno 18 giugno 2010 l'onorevole Aldo Brancher è stato nominato ministro senza portafoglio;
il comunicato del consiglio dei ministri dello stesso giorno rende noto che «il Presidente Berlusconi ha informato il Consiglio delle sue intenzioni di conferire al neoministro Brancher la delega per tutti gli adempimenti relativi alla pratica e concreta attuazione del Federalismo amministrativo e fiscale. Il Consiglio ha condiviso l'iniziativa e gli ha espresso le più vive felicitazioni ed auguri»;
per lo svolgimento di questa delega sono già in carica il Ministro delle Riforme per il federalismo Bossi, il Ministro per la semplificazione normativa Calderoli, il Ministro per i rapporti con le Regioni Fitto;
sul sito internet del Governo italiano il Ministro Brancher è diventato Ministro della Sussidiarietà e del Decentramento ma a dieci giorni dalla nomina del ministro non è ancora noto il Dpcm con cui allo stesso sono attribuite funzioni specifiche;
pur in carenza di attribuzione specifica di deleghe, l'onorevole Brancher ha chiesto, salva successiva rinuncia, di far valere l'esercizio della sua attività di Ministro, ai sensi della legge n. 51 del 2010, come legittimo impedimento a comparire fino al mese di ottobre alle udienze di un processo che lo vede imputato, con l'esplicita motivazione di dover procedere ad organizzare un nuovo ministero;
pur avendo il Ministro rinunciato ad avvalersi del legittimo impedimento a partecipare al processo in cui è imputato resta intatto lo scandalo di una nomina che risulta in tutta evidenza inutile ed inopportuna;
a fronte della nomina di un ministro inutile desta stupore e preoccupazione il fatto che il Ministero dello Sviluppo Economico, a quasi due mesi dalle dimissioni dell'onorevole Scajola, sia ancora privo di un Ministro pienamente responsabile del dicastero,
per tali motivi:
visto l'articolo 94 della Costituzione;
visto l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati,


esprime


la propria sfiducia al Ministro senza portafoglio, onorevole Aldo Brancher, e lo impegna a rassegnare le proprie dimissioni.

 

Dario Franceschini, Capogruppo Pd

Cofirmatari:
Donadi, Agostini, Albonetti, Amici, Argentin, Bachelet, Barbato, Barbi, Baretta, Bellanova, Benamati, Berretta, Bersani, Bindi, Bobba, Bocci, Boccia, Boccuzzi, Boffa, Bonavitacola, Bordo, Borghesi, Bossa, Braga, Brandolini, Bratti, Bressa, Bucchino, Burtone, Calvisi, Cambursano, Capano, Capodicasa, Cardinale, Carella, Marco Carra, Castagnetti, Causi, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Cimadoro, Ciriello, Codurelli, Colaninno, Colombo, Concia, Corsini, Coscia, Cuomo, Cuperlo, Dal Moro, D'Alema, Damiano, D'Antona, D'Antoni, De Biasi, De Micheli, De Pasquale, De Torre, Di Giuseppe, Di Pietro, Di Stanislao, D'Incecco, Esposito, Evangelisti, Fadda, Gianni Farina, Farinone, Fassino, Favia, Fedi, Ferranti, Ferrari, Fiano, Fiorio, Fioroni, Fluvi, Fogliardi, Fontanelli, Aniello Formisano, Froner, Garavini, Garofani, Gasbarra, Gatti, Genovese, Gentiloni Silveri, Ghizzoni, Giachetti, Giacomelli, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Gnecchi, Gozi, Grassi, Graziano, Iannuzzi, La Forgia, Laganà Fortugno, Laratta, Lenzi, Letta, Levi, Lo Moro, Lolli, Losacco, Lovelli, Lucà, Lulli, Luongo, Madia, Maran, Marantelli, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Margiotta, Mariani, Cesare Marini, Marrocu, Martella, Pierdomenico Martino, Mastromauro, Mattesini, Mazzarella, Melandri, Melis, Giorgio Merlo, Merloni, Messina, Meta, Migliavacca, Miglioli, Minniti, Miotto, Misiani, Mogherini Rebesani, Monai, Morassut, Mosca, Motta, Mura, Murer, Naccarato, Nannicini, Narducci, Nicolais, Oliverio, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Arturo Mario Luigi Parisi, Pedoto, Peluffo, Mario Pepe (PD), Pes, Piccolo, Picierno, Piffari, Pistelli, Pizzetti, Pollastrini, Pompili, Porcino, Porta, Portas, Quartiani, Rampi, Razzi, Realacci, Recchia, Rigoni, Rosato, Rossa, Rossomando, Rota, Rubinato, Rugghia, Antonino Russo, Samperi, Sanga, Sani, Santagata, Sarubbi, Sbrollini, Scarpetti, Schirru, Scilipoti, Sereni, Servodio, Siragusa, Soro, Strizzolo, Tempestini, Tenaglia, Federico Testa, Tidei, Tocci, Touadi, Trappolino, Tullo, Livia Turco, Vaccaro, Vannucci, Vassallo, Velo, Veltroni, Ventura, Verini, Vico, Villecco Calipari, Viola, Zaccaria, Zampa, Zazzera, Zucchi, Zunino

 

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INTERCETTAZIONI

Prosegue la dura opposizione del Pd
 alla 'legge bavaglio'

 

Le audizioni dei giornalisti, degli editori, dei giuristi, del procuratore antimafia, dei magistrati e della consiglio nazionale forense si sono dimostrate molto utili. Tutti gli esperti hanno confermato l'inadeguatezza e l'inefficacia del ddl Alfano sulle intercettazioni di fronte alle esigenze di contemperare la tutela della privacy, il diritto di cronaca e il diritto alla sicurezza e alla legalità. Non tenerne conto sarebbe veramente un grave errore. Per il Partito Democratico la 'legge bavaglio' è profondamente sbagliata perché indebolisce la lotta alla criminalità e mina il diritto all'informazione. Dopo i richiami del presidente della Repubblica la maggioranza dovrebbe fare un passo indietro, modificando il provvedimento radicalmente visto che non c'è alcuna fretta né urgenza per calendarizzare il testo il 29 luglio.

 

Per leggere il comunicato congiunto di Pd, IdV e UdC sul ddl intercettazioni collegatevi al link

http://www.deputatipd.it/Select.asp?Section=Discussion&Table=Documents&LeftBar=DocumentType&Date
=01-07-2010&Period=d&Argument=&Document
Type=6&DocumentSubType=&Search=&ID=19991&Mode=
Edit&KeyName=ID&Page=3&Sort=&KeyValue=19991

 

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