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Il condono che
premia
i furbi
Il
Mattino di Padova, 1 ottobre 2009
Il
Governo Berlusconi ha posto per la venticinquesima volta
in un anno e mezzo la questione di fiducia, annullando
il dibattito parlamentare, per approvare l’emendamento
al decreto anticrisi che allarga lo scudo fiscale anche
ai capitali illeciti. Nella versione originale lo scudo
fiscale era già un provvedimento grave: un condono a
favore dei grandi evasori per sanare violazioni
tributarie e previdenziali pagando una ridicola imposta
del 5%. Ora, con l’emendamento correttivo, il testo
viene peggiorato e tra i reati finanziari sanabili con
lo scudo fiscale vengono inclusi: l’evasione fiscale
dovuta a false fatturazioni per operazioni inesistenti o
ad altri artifici contabili, l’occultamento o la
distruzione di documenti e il falso in bilancio. Per di
più l’emendamento correttivo cancella, in materia di
antiriciclaggio, l’obbligo di segnalazione delle
operazioni di rientro o regolarizzazione dei capitali
detenuti all’estero. In questo modo i proventi delle
attività illecite, nascosti nei paradisi fiscali,
torneranno in Italia, saranno legalizzati e «ripuliti» e
poi potranno tranquillamente tornare all’estero.
Il messaggio che il Governo manda ai cittadini è
devastante sul piano del rispetto delle regole e della
legalità: chi viola la legge viene premiato. Invece di
affrontare la crisi economica in atto con misure serie e
concrete la destra e la lega perseverano con la loro
scelta di favorire i furbi a danno della maggior parte
di cittadini cittadinionesti che pagano regolarmente le
tasse. E’ ridicolo che un Governo che si presenta
all’opinione pubblica come il paladino dell’ordine
pubblico e della sicurezza nel Paese chieda la fiducia
su un provvedimento che fa rientrare in Italia capitali
derivanti dal riciclaggio di denaro «sporco». Anche
altri Paesi, in Europa e nel mondo, hanno approvato
provvedimenti per favorire l’afflusso di capitali utili
a combattere la crisi economica e l’hanno fatto in
maniera completamente differente dall’Italia. Usa, Regno
Unito e Francia hanno adottato misure diverse dallo
scudo fiscale italiano, escludendo, in ogni caso,
l’anonimato e l’impunibilità e prevedendo il pagamento
integrale delle imposte evase, degli interessi legali e
delle sanzioni. Al contrario, lo scudo fiscale
dell’Italia offre tutta una serie di garanzie a prezzi
stracciati in materia di anonimato, ammontare
dell’imposta da pagare, sanzioni, impunibilità per una
serie di gravi reati. Per reperire le risorse non
servono condoni e amnistie mascherate. E’ necessario
contrastare seriamente l’evasione fiscale, facendo
versare a tutti le imposte dovute, senza privilegi o
scorciatoie, punendo severamente gli evasori, aumentando
i controlli, introducendo la tracciabilità dei
pagamenti. E’ un principio semplice che il Governo
dovrebbe perseguire con i fatti concreti e non con le
solite false promesse.
Ordine del Giorno presentato
dall'On. Naccarato sullo scudo fiscale
Camera dei Deputati, 30 settembre 2009
La Camera,
in sede di esame dell’A.C.2714,
premesso che:
l’articolo 13-bis del decreto legge 78/2009, convertito
con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102,
come modificato dal decreto in oggetto, ha ridefinito la
normativa, conosciuta con l’appellativo di scudo
fiscale, volta a consentire l’emersione delle attività
finanziarie e patrimoniali detenute illegalmente
all’estero da soggetti residenti in Italia che,
anteriormente al 31 dicembre 2008, hanno esportato o
detenuto all’estero capitali e attività in violazione
dei vincoli valutari e degli obblighi tributari sanciti
dall’ordinamento giuridico italiano;
in
sostanza, attraverso lo strumento del rimpatrio o della
regolarizzazione è consentito far emergere denaro e
attività di natura finanziaria e patrimoniale, detenuti
illegalmente all’estero da cittadini italiani, potendo
contare sulla protezione fornita dalle norme introdotte
dal citato articolo 13-bis che consentono di essere
“scudati” non solo per i reati di tipo amministrativo,
civile e tributario, ma anche per alcuni reati di
rilevanza penale, come il falso in bilancio;
dietro lo scudo fiscale troveranno copertura non solo i
reati tributari e le violazioni contabili, come il falso
in bilancio, ma una serie molto più ampia di reati fino
al riciclaggio ed alla corruzione in virtù di quella
garanzia di anonimato accordata a chi decide di
regolarizzare la propria posizione;
il
governo e la maggioranza continuano ad affermare che lo
“scudo” italiano è uguale a quello adottato in altri
paesi, come gli USA, la Francia, il Regno Unito, mentre
in realtà non è così: in quei paesi gli “scudi” non solo
costano di più ai contribuenti poco onesti, ma
soprattutto non sono coperti dall’anonimato e
l’amministrazione fiscale può accertare eventuali
evasioni o elusioni effettuate in passato, nel momento
in cui quei capitali si formarono, e su questi di
comminare il pagamento delle imposte dovute, con
sanzioni e interessi in generale ridotti e agevolati.
Gli scudi degli altri paesi consentono anche di
acquisire le informazioni sugli intermediari finanziari
ed i paesi presso cui le somme sono state collocate,
mentre queste informazioni non saranno mai disponibili
all’amministrazione fiscale in Italia;
considerato, infine, che il Governo si attende di veder
incrementate le entrate in applicazione delle suddette
misure
impegna il Governo
a
destinare un’adeguata quota del gettito che si produrrà
dall’applicazione dallo scudo fiscale all’incremento, in
via straordinaria per l’anno 2010, delle risorse
destinate al personale del Comparto Sicurezza.

Per conoscere il lavoro di opposizione del PD in Aula
sullo scudo fiscale
collegatevi al link
http://www.deputatipd.it/SelectDossier.asp?Section=Scudo
Ripresi i lavori che il presidente Fini
intende chiudere entro le 13
Bersani (Pd): "E' una vergogna". Di Pietro (Idv): "Napolitano
non firmare"
Scudo fiscale, voto
slitta a venerdì
L'opposizione: proteste e sit-in
La Repubblica, 1 ottobre 2009
ROMA - Il voto finale dell'Aula
della Camera sul decreto correttivo del
provvedimento anticrisi, e che comprende fra l'altro
la misura dello scudo fiscale, slitta dalle 15 di
oggi alle 13 di domani. Lo ha deciso la conferenza
dei capigruppo, nel corso della quale è stato lo
stesso presidente della Camera Gianfranco Fini a
proporre lo slittamento del provvedimento, sul quale
ieri in tarda serata il
governo ha incassato la fiducia.
Fini ha confermato di voler mettere in pratica la
ghigliottina parlamentare,
ossia l'imposizione del voto finale anche se il
dibattito e l'esame degli ordini del giorno non
saranno stati ultimati. Questo per dare tempo al
presidente della Repubblica di valutare il contenuto
del decreto che scade alla mezzanotte di sabato 3
ottobre.
E nel frattempo non si arrestano le critiche
dell'opposizione nei confronti del provvedimento.
"E' una vergogna, un luogo di menzogne a
ripetizione", ha detto Pierluigi Bersani, candidato
alla segreteria del Pd. "Ci guadagneranno i molto
ricchi e furbi, un certo numero di criminali e il
sistema bancario che maneggerà un bel po' di soldi",
ha spiegato. Non solo. "Chi paga le tasse ne pagherà
di più", ha assicurato, "perché le tasse si alzano
alla fine dei condoni". "Siamo ridotti a questo - ha
proseguito - ad abbonare i reati per tirar su un po'
di soldi e poi decidere a quali bisogni primari
destinarli. L'anno prossimo si metterà una tariffa
per i reati? Un tot per l'omicidio, un tot per il
furto o lo stupro, uno esce e così finanziamo la
sanità: è un discorso aberrante che dovrebbe
suscitare una reazione più netta e non solo da parte
dell'opposizione".
Antonio Di Pietro ha scelto di manifestare con un
sit-in di fronte a palazzo di Montecitorio.
"Lanciamo un estremo, ultimo appello al Capo dello
Stato perché fermi per tempo una norma che sancisce
definitivamente l'aiuto da questo governo e da
questo Parlamento alla criminalità". Il leader Idv,
con coppola in testa, sigaro in bocca e al collo un
cartello "La mafia ringrazia", se la prende anche
con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti:
"Dice che così rientrano 300 miliardi di euro? Non
ne beneficeranno gli italiani, ma i delinquenti
italiani, che se li terranno stretti per poi
riportarseli all'estero. E' riciclaggio di Stato"
accusa l'ex pm.
Le inchieste che non
vedremo più.
I magistrati lanciano l’allarme
Da Bell ai
diritti Mediaset, dalle evasioni dei vip al
riciclaggio.
Lo Scudo potrebbe cancellare anche le indagini sulle
esterovestizioni
di società italiane. Resta il dubbio sui
procedimenti penali in corso:
non si capisce da quando decorrono.
di Walter Galbiati
La Repubblica, 30
settembre 2009
MILANO - L’Italia,
un Paese offshore. Non per le belle spiagge o per le
sedi di avvocati, ma perché prima l’indulto e poi lo
scudo hanno di fatto reso non perseguibili i reati
economici. Una sorta di amnistia aggravata dal fatto che
gli intermediari, come le banche, non sono nemmeno
obbligate a segnalare le operazioni sospette, quelle in
odore di riciclaggio. Rimane anche il dubbio sui
procedimenti penali in corso, perché gli articoli dello
scudo non chiariscono bene cosa sia un "procedimento in
corso". Tra i magistrati si dibatte se basti una formale
conoscenza delle indagini (una notifica) oppure serva la
richiesta di rinvio a giudizio per definirlo "in corso".
«Una notifica dovrebbe essere sufficiente», ha chiosato
il sostituto procuratore Carlo Nocerino, membro del pool
reati finanziari di Milano, intervenendo a un convegno
sullo scudo fiscale.
A rischio per esempio potrebbe esserci l’inchiesta
penale sulla famigerata lista Pessina, oltre 500
"contribuenti" che avrebbero occultato qualcosa come un
miliardo di euro. La differenza non è di poco conto,
perché con lo scudo lo Stato recupererebbe solo il 5% di
quel miliardo, mentre con un procedimento penale e
tributario si incasserebbe il 44% più le sanzioni che
oscillano tra il 200 e il 400% dell’imposta evasa.
«Scandalosa» per i magistrati è la bandiera bianca
alzata sul riciclaggio. Senza le segnalazioni degli
intermediari, potranno tornare in Italia i soldi frutto
di qualsiasi reato. «C’è lo 0,1% di probabilità che le
procure scoprino come si siano costituite quelle
disponibilità», spiega un esperto.
Che lo scudo poi permetta ai magistrati che si occupano
di reati fiscali di entrare tranquillamente nella lista
dei fannulloni di Brunetta lo dimostra l’elenco di
indagini che non si sarebbero potute effettuare se
quegli indagati avessero potuto aderire per tempo allo
scudo. Nessun pm avrebbe potuto perseguire per esempio
le operazioni con le quali gruppi come Marcegaglia e
Fininvest/Mediaset hanno creato fondi neri all’estero. I
riferimenti sono alle inchieste Enipower e "diritti
Mediaset", nelle quali è emerso come grazie
all’interposizione di società e consulenti si siano
potuti gonfiare i costi, truccare i bilanci e creare
provviste per altri fini. L’avrebbero fatta franca anche
quei vip che hanno incassato parte dei propri compensi
all’estero, come Valentino Rossi o gli stilisti Dolce &
Gabbana e molti altri. Non sarebbe nemmeno iniziato
l’accertamento su Marella e Margherita Agnelli, madre e
figlia di Gianni, in lotta per l’eredità dell’avvocato.
Lo stesso vale per l’avvocato Emanuele Gamna, legale di
Margherita ed ex socio dello Studio Chiomenti, indagato
per aver sottratto al Fisco una parcella da 15 milioni
di euro. Lo scudo potrebbe anche cancellare le indagini
sulle esterovestizioni, ovvero su quelle società che
risiedono all’estero, ma le cui attività sono in Italia.
Il caso più celebre è quello della Bell, la scatola con
cui Emilio Gnutti realizzò la plusvalenza di quasi 2
miliardi di euro della vendita a Pirelli della Telecom.
Inizialmente la Bell non pagò un euro di tasse, ma poi
l’inchiesta penale e l’accertamento dell’Agenzia
portarono a un patteggiamento da 250 milioni. Tra i
consulenti di Bell, c’era lo studio Vitali, Romagnoli
Piccardi & Associati, più noto come l’ex Studio Tremonti.
A tanto ammontano, secondo
le Fiamme Gialle, i patrimoni degli italiani all'estero.
I "paradisi" in Svizzera, Lussemburgo e San Marino.
La protesta dell'opposizione
Scudo fiscale, le
stime della Finanza
"Potrebbero rientrare 300 miliardi"
La
Repubblica, 29 settembre 2009
ROMA
- Ammontano a quasi 300 miliardi di euro i
patrimoni degli italiani detenuti all'estero che
potrebbero essere rimpatriati aderendo allo scudo
fiscale. Sul totale di 278 miliardi, 125 si troverebbero
in Svizzera; 86 in Lussemburgo; il resto in altri Paesi
compresi oltre due miliardi nella Repubblica di San
Marino. Mentre lo
scudo fiscale è al
centro del confronto politico, la Guardia di Finanza e
l'Agenzia delle Entrate forniscono i dati sulla base di
stime Ocse
"Rimpatriare pagando il 5%". "I
contribuenti che sono in difetto - spiega il generale
della Gdf Giuseppe Vicanolo - possono scegliere di
avvalersi dello scudo pagando il 5% del valore delle
attività rimpatriate". La circolare definitiva
dell'Agenzia delle Entrate con i chiarimenti relativi
all'applicazione della nuova normativa, arriverà la
prossima settimana. "Terrà conto - spiegano alle Entrate
- dei contributi che addetti ai lavori e cittadini hanno
fornito online dopo la pubblicazione della bozza
pubblicata sul sito dell'Agenzia due settimane fa".
Presto 5.000 verifiche. Al momento i
reparti delle Fiamme gialle stanno effettuando 1.000
delle 5.000 verifiche decise per contrastare l'evasione
fiscale internazionale: residenze fittizie all'estero;
movimenti finanziari nei paradisi fiscali; imprese
estere non dichiarate. Da gennaio la Finanza ha
recuperato quasi quattro miliardi di euro nascosti oltre
confine.
Nel mirino sono finiti i big dello
sport, il ciclista Davide Rebellin e il
pilota di Formula 1 Vitantonio Liuzzi.
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Così Veneto Sviluppo va
al braccio
di ferro con la Banca d Italia
Il Mattino di Padova, 24 settembre
2009
VENEZIA. Per
la serie prove di buon governo del Veneto, abbiamo 25
milioni di euro destinati alle piccole e medie imprese
bloccati dal partito del presidente Giancarlo Galan, lo
stesso che - a sentir lui - pratica il buon governo del
Veneto da 15 anni a questa parte. E pensa di continuare
per altri cinque. O forse più, a quel punto. Questi 25
milioni sono nella cassaforte di Veneto Sviluppo spa,
braccio finanziario della giunta regionale. Fanno parte
del pacchetto anti-crisi, dunque dovrebbero essere già
stati spesi per salvare aziende e posti di lavoro.
Purtroppo è stato impossibile. La spa Veneto Sviluppo
(51% della Regione con 7 consiglieri e 49% di banche
varie con 6 consiglieri) ha un consiglio di
amministrazione scaduto dal 7 maggio scorso ed
incompleto dall’inizio dell’anno, da quando si è dimesso
uno dei consiglieri pubblici, Amedeo Gerolimetto. Oggi
nel CdA i consiglieri pubblici e quelli privati si
pareggiano: 6 a 6. Così non va. Lo ha messo per
iscritto non l’opposizione anti-italiana che tifa per la
crisi, come dice Papi, ma l’ufficio di vigilanza della
Banca d’Italia, cui Veneto Sviluppo è sottoposta. Tra
parentesi, ma mica tanto: il patrimonio vigilato della
Finanziaria veneta supera i 100 milioni di euro. Tutto
bloccato. Per rimettere in moto la macchina, basterebbe
che il Consiglio regionale indicasse i nomi dei nuovi
consiglieri pubblici. I soci privati l’hanno già fatto.
Cosa aspetta la Regione? Tra parentesi, ma mica tanto:
la sostituzione di Gerolimetto era all’odg del Consiglio
regionale dal 28 gennaio, la nomina dei nuovi componenti
del CdA dal 26 febbraio. E di odg in odg, questi
argomenti sono arrivati impavidi fino alla seduta di
ieri, iscritti ai punti 82, 84, 85. Ma il Consiglio
regionale l’ha data buca un’altra volta: rinvio per
mancanza del numero legale (ben 4 volte). La seduta
avrebbe dovuto riprendere oggi. Nossignori. Il
capogruppo del Pdl Remo Sernagiotto ha informato il
presidente Marino Finozzi che una decina dei suoi ha
altro da fare: meglio annullare la seduta, almeno si
evitano brutte figure. Dalla mancanza reiterata del
numero legale alla mancanza programmata. Tra parentesi,
ma mica tanto: il costo di un giorno di Consiglio, che
comunque funziona, è stimato tra 5.000 e 6.000 euro.
Pagati da chi? Indovinate. Mancanza programmata, si
diceva: non essendoci altre sedute di Consiglio prima
del 30 settembre, sarà impossibile trasmettere a Veneto
Sviluppo i nomi e consentire il rinnovo del CdA. Il 30
settembre è fissata l’assemblea dei soci della Spa.
Dovranno decidere: avanti con un’autoproroga, facendo
marameo alla Banca d’Italia? «A questa tesi - si scalda
Tiziano Zigiotto - dànno ragione il consulente
interpellato dalla Regione, Mario Bertolissi, e quello
interpellato da Veneto Sviluppo, Vittorio Domenichelli».
Interpellati si fa per dire: sono fior di
professionisti, con onorario adeguato. Peccato che il
direttore generale di Veneto Sviluppo, Paolo Giopp,
sentito martedì in 1ª commissione, abbia ammesso che la
Finanziaria è inchiodata: non può fare né attività
straordinaria, né ordinaria. «Non è vero - si scalda di
nuovo Zigiotto - sono andato a rileggermi la
trascrizione a verbale, Giopp dice che secondo la Banca
d’Italia l’operatività è bloccata. Ma la Banca d’Italia
cita a sproposito la legge 444794...» Certo che
Zigiotto la sa lunga. E ne ha ben donde: è lui, il più
galaniano degli amici di Galan, il papabile a subentrare
a Irene Gemmo nella presidenza di Veneto Sviluppo. Ma lo
farà solo tra 6 mesi, se Giancarlo non lo ricandiderà
per la quarta volta alle regionali nel listino bloccato.
Adesso gli toccherebbe dimettersi. Lui naturalmente nega
vigorosamente: «Non è vero, ho sempre fatto la domanda
ma senza un vero interesse, fin dal 1995». Già: per
diventare consiglieri della Veneto Sviluppo bisogna fare
domanda, secondo un bando già chiuso da tempo. Chi non
ha fatto la domanda è Irene Gemmo, l’attuale presidente.
E questo è un altro mistero: rimanere in carica, senza
averne nessuna voglia, rischiando le rivalse della Banca
d’Italia. In Consiglio regionale dicono che vuol essere
confermata senza passare per il via. Di certo il 30
settembre andrà al braccio di ferro con la Banca
d’Italia, trascinandosi dietro volenti e nolenti i
palazzi regionali, mentre la Lega resta a guardare le
dimostrazioni di buon governo del Pdl.
Veneto Sviluppo, appello
alla Banca d Italia
Il Mattino di Padova, 27 settembre
2009
VENEZIA.
«Apprendiamo dai mezzi d’informazione che giovedì 24
settembre 2009 il CdA di Veneto Sviluppo Spa ha
proceduto con voto unanime allo stanziamento complessivo
di 85 milioni di euro, con la deliberazione di 130
operazioni per un totale di 20 milioni di euro destinati
alle imprese e aziende venete. Una decisione che con
evidenza ignora quanto segnalato da Banca d’Italia in
merito alla legittimità a deliberare del CdA scaduto in
data 7 maggio 2009 e operante oltre il limite di 45
giorni di proroga, in violazione di quanto stabilito
dall’art. 3 del Decreto Legge 293/94 convertito in Legge
n.444/94». Comincia così una lettera spedita dai
capigruppo dell’opposizione in Consiglio regionale
all’Ufficio Vigilanza di Venezia e di Roma della Banca
d’Italia, in cui si chiede un intervento che ripristini
il corretto funzionamento della Finanziaria regionale.
E’ un atto che trasforma la crisi strisciante di Veneto
Sviluppo in un caso politico-finanziario, di cui ora
anche la maggioranza dovrà occuparsi. La lettera è
firmata da Gianni Gallo del Pd, Pietrangelo Pettenò di
Rc, Gianfranco Bettin dei Verdi, Marco Zabotti lista
Veneto con Carraro, Ivano Rossato di Idv, Nicola Atalmi
del Pdci. In allegato un dossier. Dopo aver ripercorso
i passaggi che hanno portato alla situazione attuale, i
firmatari scrivono: «Non abbiamo modo di conoscere ad
oggi i pareri dei consulenti di Veneto Sviluppo Spa
utilizzati per argomentare la risposta in merito alle
osservazioni sollevate da Bankitalia. Ma è certo che si
tratta di una forzatura che mina la credibilità
istituzionale del Consiglio regionale e nello stesso
tempo solleva motivati dubbi sulla legittimità degli
atti del CdA di Veneto Sviluppo (...) E’ nostro auspicio
che Bankitalia proceda sulla via della trasparenza e
della correttezza procedurale, intervenendo
ulteriormente nei confronti di Veneto Sviluppo con
determinazione affinché si ripristini il rispetto di
procedure corrette e conformi alla legge».
Interrogazione a
risposta scritta
presentata dall'On. Naccarato
Mancato rinnovo del CdA
di
Veneto Sviluppo
Camera dei Deputati, 29
settembre 2009
Al
Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro
dell'economia e delle finanze.
Per sapere - premesso che:
«Veneto Sviluppo Spa» è una società finanziaria che
esercita nei confronti del pubblico l'attività di
intermediazione finanziaria e di raccolta di risparmio,
e che la sua compagine sociale è composta dalla Regione
Veneto (51 per cento), Unicredit Corporate banking Spa
(15,3 per cento), Sinloc Spa (8,267 per cento), Intesa
San Paolo Spa (8 per cento), Banca Nazionale del Lavoro
Spa (6,5 per cento), Holding di partecipazioni
finanziarie Banco Popolare Spa (2,718 per cento), Banco
Popolare Società Cooperativa (2 per cento), Credito
Bergamasco Spa (0,550 per cento), Banca Antonveneta Spa
(4,223 per cento), Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a.
(1,201 per cento), Banca Popolare di Marostica,
S.c.p.a.r.l. (0,131 per cento), Veneto Banca Holding
S.c.p.a. (0,110 per cento);
«Veneto Sviluppo Spa», in base al decreto legislativo n.
385 del 1993 «Testo unico bancario», è soggetta alla
vigilanza del Comitato interministeriale per il credito
e il risparmio (CICR), che è presieduto dal Ministro
dell'economia e delle finanze;
«Veneto Sviluppo Spa» è soggetta anche alla vigilanza e
al controllo della Banca d'Italia e della Commissione
Nazionale per le Società e la Borsa (Consob);
il Consiglio di Amministrazione della «Veneto Sviluppo
Spa» è scaduto il 7 maggio 2009;
è decorso il periodo di 45 giorni, previsto
dall'articolo 3 del decreto-legge n. 293 del 1994 di
proroga degli organi amministrativi;
il Consiglio di Amministrazione non è stato ricostituito
e, pur essendo scaduto, continua a riunirsi ed operare;
l'articolo 6 del sopraccitato decreto-legge n. 293 del
1994 stabilisce che: «1. Decorso il termine massimo di
proroga senza che si sia provveduto alla loro
ricostruzione, gli Organi amministrativi decadono. 2.
Tutti gli atti adottati dagli Organi scaduti sono nulli.
3. I titolari della competenza alla ricostituzione e nei
casi di cui all'articolo 4, comma 2, i Presidenti degli
Organi collegiali sono responsabili dei danni
conseguenti alla decadenza determinata dalla loro
condotta, fatta in ogni caso salva la responsabilità
penale individuale nella condotta omissiva»;
la Banca d'Italia, in data 11 settembre 2009 ha
comunicato al presidente del consiglio di
amministrazione e al presidente del collegio sindacale
della Veneto Sviluppo Spa che gli organi sociali non
sono stati ricostituiti, e ha chiesto: «le valutazioni
svolte dai consessi rispettivamente presieduti sui
rischi strategici, operativi e legali derivanti dalla
mancata ricostituzione degli stessi, anche alla luce del
dettato dell'articolo 6 del citato decreto-legge n. 293
del 1994; le iniziative intraprese o programmate e
finalizzate a ricondurre Veneto Sviluppo Spa nell'alveo
del rispetto del dettato normativo»;
il decreto legislativo n. 58 del 1998, «Testo unico
delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria», stabilisce le norme per esercitare la
vigilanza e il controllo sulle società di
intermediazione finanziaria;
la situazione appena descritta ha paralizzato a lungo le
iniziative che «Veneto Sviluppo Spa» avrebbe potuto
intraprendere, in qualità di società finanziaria a
maggioranza di capitale pubblico, a sostegno delle
imprese colpite dalla grave crisi economica in corso;
la situazione appena descritta rischia di annullare
tutte le iniziative assunte da «Veneto Sviluppo Spa»
dopo la scadenza degli organi sociali:
se il Governo sia conoscenza dei fatti sopra esposti ai
sensi di quanto previsto dall'articolo 7 del
decreto-legge n. 293 del 1994.
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VERSO LE PRIMARIE DEL
25 OTTOBRE

Naccarato: «Sto con Bersani.
Il radicamento è fondamentale»
Il Mattino di
Padova, 23 luglio 2009
«Un
partito di iscritti, con un radicamento territoriale che
garantisca un dibattito democratico, anche superando la
pratica delle primarie». Alessandro Naccarato vede così
il futuro del Pd, e nella sua preferenza per Pierluigi
Bersani individua tre punti cardine: i punti
programmatici, il tema delle alleanze e, per l’appunto,
l’organizzazione.
Sul programma il deputato padovano è chiaro: «Ci sono
alcuni punti, già presentati da Bersani, che vanno
considerati cruciali. Il lavoro, per prima cosa, e
l’aiuto alle piccole e medie imprese attraverso
l’investimento in credito d’impresa delle risorse
recuperate dalla lotta all’evasione fiscale. E poi
scuola, ricerca e soprattutto il federalismo: «Non senso
di un modello di governo efficiente e vicino ai
cittadini, aumentando i poteri di Comuni e Province». Un
segnale di discontinuità rispetto all’era
Veltroni-Franceschini potrebbe arrivare anche dalla fine
dell’era del mito dell’autosufficienza: «Ho sempre
considerato strategiche le alleanze - riflette Naccarato
- Dobbiamo parlare alla sinistra e al centro,
soprattutto nell’ottica delle regionali del prossimo
anno, quando si profila un forte scontro tra Pdl e
Lega». E infine l’organizzazione: «Servono iscritti,
sedi, elaborazione politica e dibattiti - spiega il
deputato padovano - Le primarie? Vanno bene per la
scelta dei candidati, ma non per gli organi dirigenti
del partito, perché cancellano il confronto».
Come ne uscirà il Pd da questa fase congressuale?
«Rafforzato», conclude Naccarato.
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