home pageBiografiaAgendaRassegna stampaIn ParlamentoContattaci

Stampa

Il condono che premia
i furbi

Il Mattino di Padova, 1 ottobre 2009

Il Governo Berlusconi ha posto per la venticinquesima volta in un anno e mezzo la questione di fiducia, annullando il dibattito parlamentare, per approvare l’emendamento al decreto anticrisi che allarga lo scudo fiscale anche ai capitali illeciti. Nella versione originale lo scudo fiscale era già un provvedimento grave: un condono a favore dei grandi evasori per sanare violazioni tributarie e previdenziali pagando una ridicola imposta del 5%. Ora, con l’emendamento correttivo, il testo viene peggiorato e tra i reati finanziari sanabili con lo scudo fiscale vengono inclusi: l’evasione fiscale dovuta a false fatturazioni per operazioni inesistenti o ad altri artifici contabili, l’occultamento o la distruzione di documenti e il falso in bilancio. Per di più l’emendamento correttivo cancella, in materia di antiriciclaggio, l’obbligo di segnalazione delle operazioni di rientro o regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero. In questo modo i proventi delle attività illecite, nascosti nei paradisi fiscali, torneranno in Italia, saranno legalizzati e «ripuliti» e poi potranno tranquillamente tornare all’estero.
 Il messaggio che il Governo manda ai cittadini è devastante sul piano del rispetto delle regole e della legalità: chi viola la legge viene premiato. Invece di affrontare la crisi economica in atto con misure serie e concrete la destra e la lega perseverano con la loro scelta di favorire i furbi a danno della maggior parte di cittadini cittadinionesti che pagano regolarmente le tasse. E’ ridicolo che un Governo che si presenta all’opinione pubblica come il paladino dell’ordine pubblico e della sicurezza nel Paese chieda la fiducia su un provvedimento che fa rientrare in Italia capitali derivanti dal riciclaggio di denaro «sporco». Anche altri Paesi, in Europa e nel mondo, hanno approvato provvedimenti per favorire l’afflusso di capitali utili a combattere la crisi economica e l’hanno fatto in maniera completamente differente dall’Italia. Usa, Regno Unito e Francia hanno adottato misure diverse dallo scudo fiscale italiano, escludendo, in ogni caso, l’anonimato e l’impunibilità e prevedendo il pagamento integrale delle imposte evase, degli interessi legali e delle sanzioni. Al contrario, lo scudo fiscale dell’Italia offre tutta una serie di garanzie a prezzi stracciati in materia di anonimato, ammontare dell’imposta da pagare, sanzioni, impunibilità per una serie di gravi reati. Per reperire le risorse non servono condoni e amnistie mascherate. E’ necessario contrastare seriamente l’evasione fiscale, facendo versare a tutti le imposte dovute, senza privilegi o scorciatoie, punendo severamente gli evasori, aumentando i controlli, introducendo la tracciabilità dei pagamenti. E’ un principio semplice che il Governo dovrebbe perseguire con i fatti concreti e non con le solite false promesse.

Ordine del Giorno presentato
dall'On. Naccarato sullo scudo fiscale
Camera dei Deputati, 30 settembre 2009

La Camera,        
in sede di esame dell’A.C.2714,
premesso che:

l’articolo 13-bis del decreto legge 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, come modificato dal decreto in oggetto, ha ridefinito la normativa, conosciuta con l’appellativo di scudo fiscale, volta a consentire l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute illegalmente all’estero da soggetti residenti in Italia che, anteriormente al 31 dicembre 2008, hanno esportato o detenuto all’estero capitali e attività in violazione dei vincoli valutari e degli obblighi tributari sanciti dall’ordinamento giuridico italiano;

in sostanza, attraverso lo strumento del rimpatrio o della regolarizzazione è consentito far emergere denaro e attività di natura finanziaria e patrimoniale, detenuti illegalmente all’estero da cittadini italiani, potendo contare sulla protezione fornita dalle norme introdotte dal citato articolo 13-bis che consentono di essere “scudati” non solo per i reati di tipo amministrativo, civile e tributario, ma anche per alcuni reati di rilevanza penale, come il falso in bilancio;

 

dietro lo scudo fiscale troveranno copertura non solo i reati tributari e le violazioni contabili, come il falso in bilancio, ma una serie molto più ampia di reati fino al riciclaggio ed alla corruzione in virtù di quella garanzia di anonimato accordata a chi decide di regolarizzare la propria posizione;

 

il governo e la maggioranza continuano ad affermare che lo “scudo” italiano è uguale a quello adottato in altri paesi, come gli USA, la Francia, il Regno Unito, mentre in realtà non è così: in quei paesi gli “scudi” non solo costano di più ai contribuenti poco onesti, ma soprattutto non sono coperti dall’anonimato e l’amministrazione fiscale può accertare eventuali evasioni o elusioni effettuate in passato, nel momento in cui quei capitali si formarono, e su questi di comminare il pagamento delle imposte dovute, con sanzioni e interessi in generale ridotti e agevolati. Gli scudi degli altri paesi consentono anche di acquisire le informazioni sugli intermediari finanziari ed i paesi presso cui le somme sono state collocate, mentre queste informazioni non saranno mai disponibili all’amministrazione fiscale in Italia;

 

considerato, infine, che il Governo si attende di veder incrementate le entrate in applicazione delle suddette misure

 

impegna il Governo

 

a destinare un’adeguata quota del gettito che si produrrà dall’applicazione dallo scudo fiscale all’incremento, in via straordinaria per l’anno 2010, delle risorse destinate al personale del Comparto Sicurezza.

 

                                                                 

             Per conoscere il lavoro di opposizione del PD in Aula

                         sullo scudo fiscale collegatevi al link

              http://www.deputatipd.it/SelectDossier.asp?Section=Scudo

 

Ripresi i lavori che il presidente Fini intende chiudere entro le 13
Bersani (Pd): "E' una vergogna". Di Pietro (Idv): "Napolitano non firmare"
Scudo fiscale, voto slitta a venerdì
L'opposizione: proteste e sit-in
La Repubblica, 1 ottobre 2009
 
ROMA - Il voto finale dell'Aula della Camera sul decreto correttivo del provvedimento anticrisi, e che comprende fra l'altro la misura dello scudo fiscale, slitta dalle 15 di oggi alle 13 di domani. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo, nel corso della quale è stato lo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini a proporre lo slittamento del provvedimento, sul quale ieri in tarda serata il governo ha incassato la fiducia.
Fini ha confermato di voler mettere in pratica la
ghigliottina parlamentare, ossia l'imposizione del voto finale anche se il dibattito e l'esame degli ordini del giorno non saranno stati ultimati. Questo per dare tempo al presidente della Repubblica di valutare il contenuto del decreto che scade alla mezzanotte di sabato 3 ottobre.
E nel frattempo non si arrestano le critiche dell'opposizione nei confronti del provvedimento. "E' una vergogna, un luogo di menzogne a ripetizione", ha detto Pierluigi Bersani, candidato alla segreteria del Pd. "Ci guadagneranno i molto ricchi e furbi, un certo numero di criminali e il sistema bancario che maneggerà un bel po' di soldi", ha spiegato. Non solo. "Chi paga le tasse ne pagherà di più", ha assicurato, "perché le tasse si alzano alla fine dei condoni". "Siamo ridotti a questo - ha proseguito - ad abbonare i reati per tirar su un po' di soldi e poi decidere a quali bisogni primari destinarli. L'anno prossimo si metterà una tariffa per i reati? Un tot per l'omicidio, un tot per il furto o lo stupro, uno esce e così finanziamo la sanità: è un discorso aberrante che dovrebbe suscitare una reazione più netta e non solo da parte dell'opposizione".
Antonio Di Pietro ha scelto di manifestare con un sit-in di fronte a palazzo di Montecitorio. "Lanciamo un estremo, ultimo appello al Capo dello Stato perché fermi per tempo una norma che sancisce definitivamente l'aiuto da questo governo e da questo Parlamento alla criminalità". Il leader Idv, con coppola in testa, sigaro in bocca e al collo un cartello "La mafia ringrazia", se la prende anche con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: "Dice che così rientrano 300 miliardi di euro? Non ne beneficeranno gli italiani, ma i delinquenti italiani, che se li terranno stretti per poi riportarseli all'estero. E' riciclaggio di Stato" accusa l'ex pm.
 
Le inchieste che non vedremo più.
I magistrati lanciano l’allarme
Da Bell ai diritti Mediaset, dalle evasioni dei vip al riciclaggio.
Lo Scudo potrebbe cancellare anche le indagini sulle esterovestizioni
di società italiane. Resta il dubbio sui procedimenti penali in corso:
non si capisce da quando decorrono.
di Walter Galbiati

La Repubblica, 30 settembre 2009

MILANO - L’Italia, un Paese offshore. Non per le belle spiagge o per le sedi di avvocati, ma perché prima l’indulto e poi lo scudo hanno di fatto reso non perseguibili i reati economici. Una sorta di amnistia aggravata dal fatto che gli intermediari, come le banche, non sono nemmeno obbligate a segnalare le operazioni sospette, quelle in odore di riciclaggio. Rimane anche il dubbio sui procedimenti penali in corso, perché gli articoli dello scudo non chiariscono bene cosa sia un "procedimento in corso". Tra i magistrati si dibatte se basti una formale conoscenza delle indagini (una notifica) oppure serva la richiesta di rinvio a giudizio per definirlo "in corso". «Una notifica dovrebbe essere sufficiente», ha chiosato il sostituto procuratore Carlo Nocerino, membro del pool reati finanziari di Milano, intervenendo a un convegno sullo scudo fiscale.
A rischio per esempio potrebbe esserci l’inchiesta penale sulla famigerata lista Pessina, oltre 500 "contribuenti" che avrebbero occultato qualcosa come un miliardo di euro. La differenza non è di poco conto, perché con lo scudo lo Stato recupererebbe solo il 5% di quel miliardo, mentre con un procedimento penale e tributario si incasserebbe il 44% più le sanzioni che oscillano tra il 200 e il 400% dell’imposta evasa. «Scandalosa» per i magistrati è la bandiera bianca alzata sul riciclaggio. Senza le segnalazioni degli intermediari, potranno tornare in Italia i soldi frutto di qualsiasi reato. «C’è lo 0,1% di probabilità che le procure scoprino come si siano costituite quelle disponibilità», spiega un esperto.
Che lo scudo poi permetta ai magistrati che si occupano di reati fiscali di entrare tranquillamente nella lista dei fannulloni di Brunetta lo dimostra l’elenco di indagini che non si sarebbero potute effettuare se quegli indagati avessero potuto aderire per tempo allo scudo. Nessun pm avrebbe potuto perseguire per esempio le operazioni con le quali gruppi come Marcegaglia e Fininvest/Mediaset hanno creato fondi neri all’estero. I riferimenti sono alle inchieste Enipower e "diritti Mediaset", nelle quali è emerso come grazie all’interposizione di società e consulenti si siano potuti gonfiare i costi, truccare i bilanci e creare provviste per altri fini. L’avrebbero fatta franca anche quei vip che hanno incassato parte dei propri compensi all’estero, come Valentino Rossi o gli stilisti Dolce & Gabbana e molti altri. Non sarebbe nemmeno iniziato l’accertamento su Marella e Margherita Agnelli, madre e figlia di Gianni, in lotta per l’eredità dell’avvocato. Lo stesso vale per l’avvocato Emanuele Gamna, legale di Margherita ed ex socio dello Studio Chiomenti, indagato per aver sottratto al Fisco una parcella da 15 milioni di euro. Lo scudo potrebbe anche cancellare le indagini sulle esterovestizioni, ovvero su quelle società che risiedono all’estero, ma le cui attività sono in Italia. Il caso più celebre è quello della Bell, la scatola con cui Emilio Gnutti realizzò la plusvalenza di quasi 2 miliardi di euro della vendita a Pirelli della Telecom. Inizialmente la Bell non pagò un euro di tasse, ma poi l’inchiesta penale e l’accertamento dell’Agenzia portarono a un patteggiamento da 250 milioni. Tra i consulenti di Bell, c’era lo studio Vitali, Romagnoli Piccardi & Associati, più noto come l’ex Studio Tremonti.

A tanto ammontano, secondo le Fiamme Gialle, i patrimoni degli italiani all'estero. I "paradisi" in Svizzera, Lussemburgo e San Marino.
La protesta dell'opposizione
Scudo fiscale, le stime della Finanza
"Potrebbero rientrare 300 miliardi"
La Repubblica, 29 settembre 2009

ROMA - Ammontano a quasi 300 miliardi di euro i patrimoni degli italiani detenuti all'estero che potrebbero essere rimpatriati aderendo allo scudo fiscale. Sul totale di 278 miliardi, 125 si troverebbero in Svizzera; 86 in Lussemburgo; il resto in altri Paesi compresi oltre due miliardi nella Repubblica di San Marino. Mentre lo scudo fiscale è al centro del confronto politico, la Guardia di Finanza e l'Agenzia delle Entrate forniscono i dati sulla base di stime Ocse
"Rimpatriare pagando il 5%". "I contribuenti che sono in difetto - spiega il generale della Gdf Giuseppe Vicanolo - possono scegliere di avvalersi dello scudo pagando il 5% del valore delle attività rimpatriate". La circolare definitiva dell'Agenzia delle Entrate con i chiarimenti relativi all'applicazione della nuova normativa, arriverà la prossima settimana. "Terrà conto - spiegano alle Entrate - dei contributi che addetti ai lavori e cittadini hanno fornito online dopo la pubblicazione della bozza pubblicata sul sito dell'Agenzia due settimane fa".
Presto 5.000 verifiche. Al momento i reparti delle Fiamme gialle stanno effettuando 1.000 delle 5.000 verifiche decise per contrastare l'evasione fiscale internazionale: residenze fittizie all'estero; movimenti finanziari nei paradisi fiscali; imprese estere non dichiarate. Da gennaio la Finanza ha recuperato quasi quattro miliardi di euro nascosti oltre confine. Nel mirino sono finiti i big dello sport, il ciclista Davide Rebellin e il pilota di Formula 1 Vitantonio Liuzzi.

___________________________________________

Così Veneto Sviluppo va al braccio
di ferro con la Banca d Italia
Il Mattino di Padova, 24 settembre 2009

VENEZIA. Per la serie prove di buon governo del Veneto, abbiamo 25 milioni di euro destinati alle piccole e medie imprese bloccati dal partito del presidente Giancarlo Galan, lo stesso che - a sentir lui - pratica il buon governo del Veneto da 15 anni a questa parte. E pensa di continuare per altri cinque. O forse più, a quel punto. Questi 25 milioni sono nella cassaforte di Veneto Sviluppo spa, braccio finanziario della giunta regionale. Fanno parte del pacchetto anti-crisi, dunque dovrebbero essere già stati spesi per salvare aziende e posti di lavoro. Purtroppo è stato impossibile. La spa Veneto Sviluppo (51% della Regione con 7 consiglieri e 49% di banche varie con 6 consiglieri) ha un consiglio di amministrazione scaduto dal 7 maggio scorso ed incompleto dall’inizio dell’anno, da quando si è dimesso uno dei consiglieri pubblici, Amedeo Gerolimetto. Oggi nel CdA i consiglieri pubblici e quelli privati si pareggiano: 6 a 6.  Così non va. Lo ha messo per iscritto non l’opposizione anti-italiana che tifa per la crisi, come dice Papi, ma l’ufficio di vigilanza della Banca d’Italia, cui Veneto Sviluppo è sottoposta. Tra parentesi, ma mica tanto: il patrimonio vigilato della Finanziaria veneta supera i 100 milioni di euro. Tutto bloccato.  Per rimettere in moto la macchina, basterebbe che il Consiglio regionale indicasse i nomi dei nuovi consiglieri pubblici. I soci privati l’hanno già fatto. Cosa aspetta la Regione? Tra parentesi, ma mica tanto: la sostituzione di Gerolimetto era all’odg del Consiglio regionale dal 28 gennaio, la nomina dei nuovi componenti del CdA dal 26 febbraio. E di odg in odg, questi argomenti sono arrivati impavidi fino alla seduta di ieri, iscritti ai punti 82, 84, 85. Ma il Consiglio regionale l’ha data buca un’altra volta: rinvio per mancanza del numero legale (ben 4 volte). La seduta avrebbe dovuto riprendere oggi. Nossignori. Il capogruppo del Pdl Remo Sernagiotto ha informato il presidente Marino Finozzi che una decina dei suoi ha altro da fare: meglio annullare la seduta, almeno si evitano brutte figure. Dalla mancanza reiterata del numero legale alla mancanza programmata. Tra parentesi, ma mica tanto: il costo di un giorno di Consiglio, che comunque funziona, è stimato tra 5.000 e 6.000 euro. Pagati da chi? Indovinate.  Mancanza programmata, si diceva: non essendoci altre sedute di Consiglio prima del 30 settembre, sarà impossibile trasmettere a Veneto Sviluppo i nomi e consentire il rinnovo del CdA. Il 30 settembre è fissata l’assemblea dei soci della Spa. Dovranno decidere: avanti con un’autoproroga, facendo marameo alla Banca d’Italia? «A questa tesi - si scalda Tiziano Zigiotto - dànno ragione il consulente interpellato dalla Regione, Mario Bertolissi, e quello interpellato da Veneto Sviluppo, Vittorio Domenichelli». Interpellati si fa per dire: sono fior di professionisti, con onorario adeguato. Peccato che il direttore generale di Veneto Sviluppo, Paolo Giopp, sentito martedì in 1ª commissione, abbia ammesso che la Finanziaria è inchiodata: non può fare né attività straordinaria, né ordinaria. «Non è vero - si scalda di nuovo Zigiotto - sono andato a rileggermi la trascrizione a verbale, Giopp dice che secondo la Banca d’Italia l’operatività è bloccata. Ma la Banca d’Italia cita a sproposito la legge 444794...»  Certo che Zigiotto la sa lunga. E ne ha ben donde: è lui, il più galaniano degli amici di Galan, il papabile a subentrare a Irene Gemmo nella presidenza di Veneto Sviluppo. Ma lo farà solo tra 6 mesi, se Giancarlo non lo ricandiderà per la quarta volta alle regionali nel listino bloccato. Adesso gli toccherebbe dimettersi. Lui naturalmente nega vigorosamente: «Non è vero, ho sempre fatto la domanda ma senza un vero interesse, fin dal 1995». Già: per diventare consiglieri della Veneto Sviluppo bisogna fare domanda, secondo un bando già chiuso da tempo. Chi non ha fatto la domanda è Irene Gemmo, l’attuale presidente. E questo è un altro mistero: rimanere in carica, senza averne nessuna voglia, rischiando le rivalse della Banca d’Italia. In Consiglio regionale dicono che vuol essere confermata senza passare per il via. Di certo il 30 settembre andrà al braccio di ferro con la Banca d’Italia, trascinandosi dietro volenti e nolenti i palazzi regionali, mentre la Lega resta a guardare le dimostrazioni di buon governo del Pdl.

Veneto Sviluppo, appello
alla Banca d Italia
Il Mattino di Padova, 27 settembre 2009

VENEZIA. «Apprendiamo dai mezzi d’informazione che giovedì 24 settembre 2009 il CdA di Veneto Sviluppo Spa ha proceduto con voto unanime allo stanziamento complessivo di 85 milioni di euro, con la deliberazione di 130 operazioni per un totale di 20 milioni di euro destinati alle imprese e aziende venete. Una decisione che con evidenza ignora quanto segnalato da Banca d’Italia in merito alla legittimità a deliberare del CdA scaduto in data 7 maggio 2009 e operante oltre il limite di 45 giorni di proroga, in violazione di quanto stabilito dall’art. 3 del Decreto Legge 293/94 convertito in Legge n.444/94».  Comincia così una lettera spedita dai capigruppo dell’opposizione in Consiglio regionale all’Ufficio Vigilanza di Venezia e di Roma della Banca d’Italia, in cui si chiede un intervento che ripristini il corretto funzionamento della Finanziaria regionale. E’ un atto che trasforma la crisi strisciante di Veneto Sviluppo in un caso politico-finanziario, di cui ora anche la maggioranza dovrà occuparsi. La lettera è firmata da Gianni Gallo del Pd, Pietrangelo Pettenò di Rc, Gianfranco Bettin dei Verdi, Marco Zabotti lista Veneto con Carraro, Ivano Rossato di Idv, Nicola Atalmi del Pdci. In allegato un dossier.  Dopo aver ripercorso i passaggi che hanno portato alla situazione attuale, i firmatari scrivono: «Non abbiamo modo di conoscere ad oggi i pareri dei consulenti di Veneto Sviluppo Spa utilizzati per argomentare la risposta in merito alle osservazioni sollevate da Bankitalia. Ma è certo che si tratta di una forzatura che mina la credibilità istituzionale del Consiglio regionale e nello stesso tempo solleva motivati dubbi sulla legittimità degli atti del CdA di Veneto Sviluppo (...) E’ nostro auspicio che Bankitalia proceda sulla via della trasparenza e della correttezza procedurale, intervenendo ulteriormente nei confronti di Veneto Sviluppo con determinazione affinché si ripristini il rispetto di procedure corrette e conformi alla legge».

Interrogazione a risposta scritta
presentata dall'On. Naccarato
Mancato rinnovo del CdA di
Veneto Sviluppo
Camera dei Deputati, 29 settembre 2009

Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze.
Per sapere - premesso che:

«Veneto Sviluppo Spa» è una società finanziaria che esercita nei confronti del pubblico l'attività di intermediazione finanziaria e di raccolta di risparmio, e che la sua compagine sociale è composta dalla Regione Veneto (51 per cento), Unicredit Corporate banking Spa (15,3 per cento), Sinloc Spa (8,267 per cento), Intesa San Paolo Spa (8 per cento), Banca Nazionale del Lavoro Spa (6,5 per cento), Holding di partecipazioni finanziarie Banco Popolare Spa (2,718 per cento), Banco Popolare Società Cooperativa (2 per cento), Credito Bergamasco Spa (0,550 per cento), Banca Antonveneta Spa (4,223 per cento), Banca Popolare di Vicenza S.c.p.a. (1,201 per cento), Banca Popolare di Marostica, S.c.p.a.r.l. (0,131 per cento), Veneto Banca Holding S.c.p.a. (0,110 per cento);

«Veneto Sviluppo Spa», in base al decreto legislativo n. 385 del 1993 «Testo unico bancario», è soggetta alla vigilanza del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), che è presieduto dal Ministro dell'economia e delle finanze;

«Veneto Sviluppo Spa» è soggetta anche alla vigilanza e al controllo della Banca d'Italia e della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob);

il Consiglio di Amministrazione della «Veneto Sviluppo Spa» è scaduto il 7 maggio 2009;

è decorso il periodo di 45 giorni, previsto dall'articolo 3 del decreto-legge n. 293 del 1994 di proroga degli organi amministrativi;

il Consiglio di Amministrazione non è stato ricostituito e, pur essendo scaduto, continua a riunirsi ed operare;

l'articolo 6 del sopraccitato decreto-legge n. 293 del 1994 stabilisce che: «1. Decorso il termine massimo di proroga senza che si sia provveduto alla loro ricostruzione, gli Organi amministrativi decadono. 2. Tutti gli atti adottati dagli Organi scaduti sono nulli. 3. I titolari della competenza alla ricostituzione e nei casi di cui all'articolo 4, comma 2, i Presidenti degli Organi collegiali sono responsabili dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro condotta, fatta in ogni caso salva la responsabilità penale individuale nella condotta omissiva»;

la Banca d'Italia, in data 11 settembre 2009 ha comunicato al presidente del consiglio di amministrazione e al presidente del collegio sindacale della Veneto Sviluppo Spa che gli organi sociali non sono stati ricostituiti, e ha chiesto: «le valutazioni svolte dai consessi rispettivamente presieduti sui rischi strategici, operativi e legali derivanti dalla mancata ricostituzione degli stessi, anche alla luce del dettato dell'articolo 6 del citato decreto-legge n. 293 del 1994; le iniziative intraprese o programmate e finalizzate a ricondurre Veneto Sviluppo Spa nell'alveo del rispetto del dettato normativo»;

il decreto legislativo n. 58 del 1998, «Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria», stabilisce le norme per esercitare la vigilanza e il controllo sulle società di intermediazione finanziaria;

la situazione appena descritta ha paralizzato a lungo le iniziative che «Veneto Sviluppo Spa» avrebbe potuto intraprendere, in qualità di società finanziaria a maggioranza di capitale pubblico, a sostegno delle imprese colpite dalla grave crisi economica in corso;

la situazione appena descritta rischia di annullare tutte le iniziative assunte da «Veneto Sviluppo Spa» dopo la scadenza degli organi sociali:

se il Governo sia conoscenza dei fatti sopra esposti ai sensi di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 293 del 1994.

___________________________________________

VERSO LE PRIMARIE DEL
25 OTTOBRE

Naccarato: «Sto con Bersani.
Il radicamento è fondamentale»
Il Mattino di Padova, 23 luglio 2009

«Un partito di iscritti, con un radicamento territoriale che garantisca un dibattito democratico, anche superando la pratica delle primarie». Alessandro Naccarato vede così il futuro del Pd, e nella sua preferenza per Pierluigi Bersani individua tre punti cardine: i punti programmatici, il tema delle alleanze e, per l’appunto, l’organizzazione.
 Sul programma il deputato padovano è chiaro: «Ci sono alcuni punti, già presentati da Bersani, che vanno considerati cruciali. Il lavoro, per prima cosa, e l’aiuto alle piccole e medie imprese attraverso l’investimento in credito d’impresa delle risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale. E poi scuola, ricerca e soprattutto il federalismo: «Non senso di un modello di governo efficiente e vicino ai cittadini, aumentando i poteri di Comuni e Province». Un segnale di discontinuità rispetto all’era Veltroni-Franceschini potrebbe arrivare anche dalla fine dell’era del mito dell’autosufficienza: «Ho sempre considerato strategiche le alleanze - riflette Naccarato - Dobbiamo parlare alla sinistra e al centro, soprattutto nell’ottica delle regionali del prossimo anno, quando si profila un forte scontro tra Pdl e Lega». E infine l’organizzazione: «Servono iscritti, sedi, elaborazione politica e dibattiti - spiega il deputato padovano - Le primarie? Vanno bene per la scelta dei candidati, ma non per gli organi dirigenti del partito, perché cancellano il confronto».
Come ne uscirà il Pd da questa fase congressuale? «Rafforzato», conclude Naccarato.

PARTECIPA ANCHE TU!

visita il sito
www.alessandronaccarato.it
mail: info@alessandronaccarato.it  - tel 049660544 fax 0498753610