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La legge bavaglio uccide l’informazione
e impedisce le indagini
Il Mattino di Padova, 15 luglio 2010


Da mesi gli organi d’informazione denunciano i nefasti effetti della «legge Bavaglio» varata dal Senato.
Un allarme giustificato per un provvedimento che lede la libertà d’informazione sancita dalla Costituzione. Una protesta che ha avuto il merito di dare ampio risalto al pericolo di black-out delle notizie «scomode». Ma le insidie del disegno di legge travalicano il pericolo di silenzio stampa sulle vicende giudiziarie che, proprio in questi giorni, stanno portando alla luce i pericolosi rapporti tra criminalità organizzata e parti del centrodestra.
Il provvedimento non disciplina solo la pubblicazione delle intercettazioni ma -fatto ben più grave- priva magistrati e Forze dell’ordine di fondamentali strumenti d’indagine. Da questo punto di vista appare paradossale che il Governo predichi il rigore sulla sicurezza e allo stesso tempo indebolisca il lavoro di chi contrasta il crimine. Per comprendere bene la questione bisogna entrare nel merito del testo approvato al Senato. Solo così si può constatare che la legge limita, prima di tutto, l’acquisizione delle prove processuali: per i presupposti che prevede e nella durata.
Limita, e gravemente, per esempio, la possibilità di ricorrere alle intercettazioni ambientali, che saranno permesse solo per tre giorni e soltanto nei luoghi pubblici o aperti al pubblico per i reati comuni. La chiacchierata tra Omar ed Erika, che consentì di individuarli come autori degli omicidi di Novi Ligure, non sarebbe più captabile; così come non sarebbe registrabile ciò che si dicono due pregiudicati nella cella di un carcere. Inoltre, per intercettare, il giudice deve prevedere che ci saranno elementi fondamentali per l’accertamento del reato. Ogni intercettazione dovrà essere autorizzata da un collegio di tre giudici.
Per ogni singola utenza il Pm sarà obbligato a trasmettere (dal 75 giorno in poi e fin dall’inizio per le intercettazioni ambientali) ogni tre giorni tutti gli atti dell’indagine al tribunale del capoluogo di distretto. Chiunque conosca lo stato degli uffici giudiziari italiani, oberati dagli arretrati e privi di fondi, risorse e mezzi, si rende conto che tale obbligo provocherà la paralisi totale dell’azione inquirente. Senza contare che la continua duplicazione e il trasloco di decine di faldoni da una Procura all’altra moltiplicherà il rischio di fughe di notizie.
Non solo.
La «legge Bavaglio» impedisce ai magistrati di utilizzare i dati acquisiti con le intercettazioni in altri processi. Se durante le indagini emergono le prove di crimini diversi da quelli per i quali è stata autorizzata l’intercettazione, queste non potranno essere considerate. Ad esempio, se gli inquirenti sospettano che due criminali progettano un rapimento e poi si viene a scoprire che in realtà si tratta «solo» di una rapina, il magistrato deve limitarsi a raccogliere gli elementi probatori del reato per cui sono stati disposti i controlli telefonici. A questo si aggiunge il divieto di mettere sotto controllo il traffico transitato attraverso le celle telefoniche.
Pratica risultata fondamentale nel recente caso del neonato rapito all’ospedale di Nocera, in Campania, dove la colpevole è stata scoperta analizzando le chiamate in arrivo e partenza dal policlinico. Il divieto viene esteso anche per i reati di mafia e terrorismo. Dunque, nel caso di un attentato gli inquirenti non potranno analizzare le telefonate transitate nel luogo del delitto. Identico limite riguarda le cabine pubbliche, il cui controllo è servito a scoprire gli autori dell’omicidio D’Antona che utilizzavano schede telefoniche.
Il testo varato dal Senato vanifica anche l’utilizzo delle riprese video. Oggi i filmati con telecamere nascoste sono svincolati dall’autorizzazione del magistrato. Con la «legge Bavaglio» le registrazioni vengono limitate ai casi di flagranza di reato: con il risultato che diventerà impossibile scoprire, per esempio, gli autori dello spaccio di stupefacenti. Il provvedimento, inoltre, abolisce la possibilità di mettere sotto controllo le utenze delle vittime di reati e dei loro familiari. Di conseguenza, nei casi di sequestro di persona sarà molto più difficile scoprire eventuali richieste di riscatto o minacce: le registrazioni verranno autorizzate solo se i soggetti sono a conoscenza dei fatti, ma è un elemento impossibile da valutare a priori. La norma limita anche le intercettazioni ambientali impedendo di carpire conversazioni in ambienti privati se non c’è certezza del reato. Significa non poter ascoltare le conversazioni nelle auto, negli uffici e nelle abitazioni dei sospettati. Non va meglio sul fronte delle deroghe. Il decreto punta a circoscriverle unicamente ai casi di mafia o terrorismo. L’effetto collaterale è che tutti i reati commessi da appartenenti a organizzazioni criminali non mafiose sono implicitamente esclusi, così come i cosiddetti «reati spia». Vuol dire non poter intercettare autori e fiancheggiatori di prostituzione, pedo-pornografia, e usura: tutti reati che segnalano la presenza del crimine organizzato, come più volte sottolineato dalla Procura nazionale antimafia. Il disegno di legge, imposto al Senato con il voto di fiducia, priva magistrati e Forze dell’ordine di strumenti efficaci d’indagine e favorisce gli autori di gravi reati. Per questo è necessario fermare il provvedimento.

 

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LE DIMISSIONI DI COSENTINO
E' un governo in agonia:
Cosentino si dimette da sottosegretario
www.partitodemocratico.it


Dimissioni, per evitare il voto della mozione di sfiducia alla Camera presentata dal Pd e accolta dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini: si conclude così l’esperienza al governo di Nicola Cosentino che, coinvolto nello scandalo P3, lascia il posto di sottosegretario all’Economia. Fatale, all’esponente del Pdl, la scoperta di un affaire che vede tra i suoi protagonisti il faccendiere Flavio Carboni e gli imprenditori campani Lombardo e Martino (arrestati) e il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci (indagato). La “cupola” avrebbe avuto come interesse primario la gestione degli appalti sull'energia eolica in Sardegna ma si è anche occupata di politica in senso stretto, orchestrando una campagna diffamatoria ai danni di Stefano Caldoro, candidato del Pdl alle regionali campane, nel tentativo di rilanciare le azioni di Cosentino nella corsa a governatore, in netto ribasso dopo essere stato accusato di associazione camorristica.
Da Enrico Letta, vicesegretario del Partito Democratico, arriva un giudizio netto: “La maggioranza, con le dimissioni di Cosentino, dimostra di essere alle corde. Quella di oggi è la rivincita di due soggetti politici sull'arroganza del premier. È la rivincita del Pd che ottiene un altro risultato dopo le dimissioni di Brancher ed è la rivincita di Fini che dimostra di poter mettere sotto politicamente Berlusconi più di quanto i ragionamenti sui numeri dei mesi scorsi lasciavano intendere”.
Per Rosy Bindi, presidente dell’assemblea del Pd, l’esecutivo “è in agonia, travolto dagli scandali e dalle guerre intestine della maggioranza: il premier è costretto a usare tutta la sua moral suasion per evitare che la crisi politica esploda in Parlamento. Dopo Scajola e Brancher arrivano anche le dimissioni del sottosegretario Cosentino: quanto può durare questo gioco al massacro delle istituzioni? Prenda atto della fine di una stagione politica e prima che si dimetta il quarto, venga nelle aule parlamentari a spiegare agli italiani perché non è più in grado di andare avanti”.
Anche il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, rivendica “la vittoria del Pd e delle opposizioni unite che con la mozione di sfiducia hanno ottenuto, dopo Brancher, le dimissioni di Cosentino. Il governo ormai cade a pezzi e la nostra battaglia per la legalità e la trasparenza continuerà senza tregua”.
La capogruppo in Senato, Anna Finocchiaro, non ritiene ancora chiusa politicamente la vicenda: "Le doverose dimissioni di Cosentino sono una vittoria del Pd e dell'opposizione e consentiranno alla magistratura di svolgere, fino in fondo, il suo dovere. Tuttavia non risolvono la questione politica aperta dal quadro inquietante emerso dalle indagini in corso. Alla magistratura - spiega ancora Finocchiaro - spetta ora il compito di far emergere la verità per quel che riguarda gli aspetti penali della vicenda. Tuttavia è al Parlamento che compete ancora la necessità di fare piena chiarezza su un'evidente questione politica ancora tutta aperta, che non si esaurisce con le dimissioni di Cosentino. La gravità di quanto continua ad emergere coinvolge esponenti importanti delle nostre istituzioni che si sono mischiati con faccendieri e personaggi dai ruoli poco chiari e rischia di minare le fondamenta su cui si regge la nostra Repubblica e la democrazia di questo Paese. Per questo, a nome dei senatori del Pd, torno a chiedere al Presidente Schifani di aprire un dibattito parlamentare sulle eventuali responsabilità politiche, su quel che il governo intende fare per arginare fenomeni di corruzione apparentemente dilaganti e che non è possibile tollerare oltre. E chiediamo che a questo dibattito partecipi il Presidente del Consiglio Berlusconi. Non può sottrarsi - conclude la Capogruppo del Pd al Senato - alla responsabilità politica di chiarire al Parlamento e di fare luce su questa vicenda".

Cosentino:alla fine il PD ha vinto


Il Sottosegretario Cosentino si è dimesso di fronte all'evidente coinvolgimento in vicende gravi che, ancora una volta, portano alla luce grazie alle intercettazioni telefoniche i rapporti tra il parlamentare del PdL e la criminalità organizzata. E' giusto ricordare che nel dicembre del 2009 PdL e Lega respinsero l'autorizzazione a procedere richiesta dai magistrati antimafia di Napoli nei confronti di Cosentino. In quel documento era già chiaro i rapporti tra Cosentino e la camorra. Allora la destra salvò il sottosegretario. Questa volta è andata meglio.
 

Leggete il testo della richiesta di autorizzazione a procedere
allegato a questa newsletter 

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LA MANOVRA ECONOMICA VOTATA AL SENATO

Sì del Senato alla fiducia sul maxiemendamento
Dalle Regioni stop alla riconsegna delle deleghe
Con 170 favorevoli e 136 contrari licenziato il testo che ora passa alla Camera per essere convertito in legge entro fine luglio. Tremonti: "Andiamo avanti così". Comuni diranno no in conferenza unificata
La Repubblica, 14 luglio 2010


ROMA -
Con il voto del Senato che questa mattina ha detto sì alla fiducia chiesta dal governo si chiude il primo passaggio parlamentare del maxiemendamento alla manovra correttiva. Un intervento da circa 25 miliardi di euro riconosciuto da tutti come necessario per mettere al riparo l'Italia da ulteriori turbolenze finanziarie, ma contestatissimo fin dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri il 25 maggio scorso.
Nelle stesse ore la conferenza delle Regioni ha deciso di accantonare la decisione sulla riconsegna delle deleghe "fiduciosi che il percorso delineato di confronto con il governo abbia un esito pienamente positivo". In un documento comune, votato all'unanimità, sono state confermate "tutte le posizioni contenute nei documenti assunti in queste settimane sulla manovra finanziaria  - ha detto Vasco Errani, presidente della conferenza - che considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali". Dal canto loro, i Comuni hanno invece annunciato che in sede di Conferenza Unificata esprimeranno parere negativo.
Sì del Senato alla fiducia. A Palazzo Madama i sì sono stati 170, i no 136, nessun astenuto. Hanno votato a favore i senatori del Pdl, della Lega e dell'Mpa, contrari Pd, Idv, Udc e Api. I senatori a vita non hanno partecipato al voto. Il testo, che scade il 30 luglio, passa ora all'esame della Camera che avrà due settimane per la definitiva conversione in legge. A Montecitorio il testo arriva lunedì e si prevede un iter spedito oltre che blindato. Salvo imprevisti dell'ultima ora, i deputati dovrebbero limitarsi a confermare il provvedimento uscito da Palazzo Madama, senza modifiche e con un altro voto di fiducia entro fine mese.
I contenuti del testo. "La manovra è passata molto bene. Il Senato ha davvero migliorato il testo" ha commentato il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che mercoledì 21 luglio sarà in commissione Bilancio alla Camera per illustrare la manovra appena licenziata. Molte le novità introdotte nel passaggio in commissione che si sono andate ad aggiungere a un provvedimento già molto corposo. L'obiettivo è ridurre il deficit dal 5 per cento del Pil del 2010 al 3,9 per cento nel 2011 e al 2,7 per cento nel 2012. Tra le norme di maggior peso, ci sono il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, le novità sulle pensioni, i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica, la stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la libertà d'impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria di oltre due milioni di "case-fantasma".
Tremonti: "Andiamo avanti così". "Andiamo avanti così: le pensioni, la Fiat a Pomigliano, stabilità e naturalmente fiducia. Perché fiducia porta fiducia" ha detto Tremonti. "Dicono che la manovra non basta", ha aggiunto il ministro dell'Economia. Per poi sottolineare: "Io dico che nella manovra, ad esempio, ci sono le pensioni che stabilizzano il nostro sistema, il più sostenibile d'Europa". Ed il fatto che si sia fatto  "senza un giorno di sciopero", ha osservato, "è indicativo della coesione sociale". L'intervento sulle pensioni "dà sicurezza alle famiglie".
Il documento approvato dalle Regioni. Le Regioni hanno approvato un documento snello che, da un lato, fa dire a tutti che la manovra è "insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali" e dall'altro, accantona la questione della restituzione delle deleghe allo Stato. Questa la mediazione politica dopo che i governatori leghisti Roberto Cota (Piemonte) e Luca Zaia (Veneto) avevano sbarrato la strada alla riconsegna, ma anche alcuni presidenti del Pdl non apparivano molto convinti. Sul fronte più pratico dei tagli, la Conferenza di via Parigi, che ha tenuto sempre aggiornato il Quirinale, ha spostato l'attenzione sui decreti attuativi del federalismo e sulla finanziaria dell'autunno. I governatori chiedono "immediatamente" un tavolo che porti a un "riequilibrio" dei tagli che dovrà avvenire entro il primo gennaio 2011, quando cioè i mancati trasferimenti si faranno sentire sulle casse regionali. Nel documento si chiede all'esecutivo di "aprire immediatamente un tavolo per accelerare la piena applicazione del federalismo fiscale e costruire un percorso condiviso per riequilibrare la ricaduta dei tagli sotto il profilo quantitativo e qualitativo". La conferenza chiede, infine, di dare "immediato avvio ai lavori della commissione straordinaria per la verifica dei costi di funzionamento di tutte le pubbliche amministrazioni, come assicurato dal presidente del consiglio nell'incontro di venerdì 9 luglio scorso".
Parere negativo dei Comuni. I Comuni esprimono giudizio negativo sulla manovra. Questa la decisione del consiglio nazionale dell'associazione dei Comuni, come ha anticipato il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, riferendo un ordine del giorno approvato dall'assemblea con l'astensione di sei amministratori (Udc e Rifondazione comunista) in cui i sindaci esprimono parere negativo sulla manovra "da trasferire in conferenza unificata" e approvano l'accordo già firmato con il governo, sollecitandone la sua applicazione. "Proprio per questo - ha spiegato Chiamparino - abbiamo fatto un accordo che ci permetta di verificare entro ottobre se la manovra può essere cambiata". Sempre nell'ordine del giorno "in simmetria con quello che è stato approvato oggi dalla conferenza delle Regioni, i Comuni poi chiedono un tavolo con governo, regioni e province per governare la fase di attuazione - ha detto ancora Chiamparino - del federalismo fiscale". Entrando più nel merito della posizione elaborata oggi dalle Regioni, Chiamparino ha detto di ritenerla positiva, proprio perché è "uguale a quella assunta dai Comuni".

 
Per conoscere il testo originale della Manovra collegatevi al link
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00483764.pdf

Per conoscere il testo del maxiemendamento alla Manovra presentato dal Governo collegatevi al link
http://www.senato.it/leg/16/BGT/Testi/Allegati/00000031.pdf

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Interrogazione presentata dall'On. Naccarato
Preoccupazione per gli effetti negativi della crisi economica nel padovano
Camera dei Deputati, 14 luglio 2010
 
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico,
al Ministro dell'economia e delle finanze.
Per sapere - premesso che:

la provincia di Padova rappresenta, nel panorama economico italiano, una realtà molto importante. Secondo i dati dell'ufficio studi di Confindustria Padova, diffusi nel corso dell'assemblea annuale dell'organizzazione di categoria, il numero di imprese presenti nel territorio della provincia - relativo all'anno 2009 - è pari a 94.100 con una produzione complessiva di prodotto interno lordo pari a 26 milioni 320 mila euro e un totale occupati di 406.995 unità (di cui 113.517 unità nel settore manifatturiero);

rispetto all'anno 2008, il numero di imprese presenti nel territorio della provincia è diminuito di 582 unità, la produzione complessiva di prodotto interno lordo è calata di 1 milione 465 mila euro;

sempre secondo l'ufficio studi di Confindustria Padova, esaminando i dati relativi alla congiuntura economica nel corso del 2009, la produzione industriale è calata del 19,3 per cento, valore peggiore della media registrata nella regione Veneto (-14,9 per cento). Anche sul fronte del fatturato si è registrata nel 2009 una sensibile riduzione, pari al 18,6 per cento. Gli ordini dall'interno hanno subito un calo del 17,6 per centro, così come gli ordini dall'estero (-16,9 per cento), soprattutto per effetto della crisi economica globale che ha colpito i maggiori Paesi clienti dell'industria padovana;

la crisi economica colpisce in particolare le imprese manifatturiere padovane il cui prodotto lordo, nel 2009, è calato del 12,7 per cento, una contrazione in linea con quella media nella regione Veneto (- 12,4 per cento) e più contenuta rispetto al dato nazionale (-15,1 per cento). Si registra anche la flessione del valore aggiunto nel settore delle costruzioni (- 6,2 per cento), in linea con la variazione a livello regionale (- 6,1 per cento) e nazionale (- 6,7 per cento);

i dati sopra richiamati relativi alla provincia di Padova rispecchiano chiaramente la situazione di generale difficoltà della produzione industriale;

si moltiplica, da parte di molte aziende in crisi a causa del calo della produzione e dei consumi, il ricorso alla cassa integrazione o, peggio, al licenziamento, per un gran numero di lavoratori, creando così evidenti difficoltà per il sostentamento di numerose famiglie;

in particolare, sempre secondo i dati diffusi da Confindustria Padova, nel 2009 il ricorso alla cassa integrazione guadagni (di seguito CIG) nell'industria registra un preoccupante aumento del 399,9 per cento. Inoltre, nei primi cinque mesi del 2010, il numero complessivo delle ore di CIG nell'industria ha continuato a crescere rispetto allo stesso periodo del 2009, registrando un aumento del 157 per cento -:

se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;

quali concrete misure i Ministri interrogati intendano porre in essere per fronteggiare la crisi economica mondiale che sta investendo il nostro Paese anche in zone considerate tradizionalmente ricche come il Nord-est e per supportare la produzione industriale agevolando, per quanto di competenza, l'erogazione dei finanziamenti necessari alle imprese italiane per mantenere adeguati livelli di produzione;

quali iniziative i Ministri intendano promuovere per difendere i livelli di occupazione nel settore industriale, garantendo il funzionamento di un adeguato sistema di ammortizzatori sociali per coloro che perdono il lavoro mettendoli in condizione di trovare, nel più breve tempo possibile, una nuova occupazione.

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APPUNTAMENTI
LUNEDI 19 LUGLIO ALLE ORE 17.45 DAVANTI ALLA PREFETTURA DI PADOVA
PIAZZA ANTENORE
PRESIDIO UNITARIO DEL CENTROSINISTRA CONTRO LA MANOVRA ECONOMICA DEL GOVERNO

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mail: info@alessandronaccarato.it
 - tel 049660544 fax 0498753610