Il governo colpisce
i Comuni
Il Decreto
Legge sui Servizi pubblici locali danneggia i Comuni e i
cittadini
Roma, 19
novembre 2009
La Camera, dopo che il Governo ha posto per la
ventiseiesima volta in diciotto mesi la questione di
fiducia, ha convertito in legge il decreto n.
135/2009 sui servizi pubblici locali. Il Partito
Democratico ha contrastato duramente il provvedimento
perchè è sbagliato nella forma e nella sostanza.
In particolare l’articolo 15 contiene
disposizioni sui servizi pubblici locali che
costituiscono un vero e proprio colpo di mano contro le
autonomie locali e contro l’organizzazione federale
dello Stato.
Tre sono le principali ragioni della nostra opposizione
e del nostro voto contrario.
1. L’articolo 15
stabilisce di privatizzare la gestione del servizio
idrico integrato attraverso procedure che favoriranno
gli interessi degli operatori privati a scapito degli
interessi pubblici. Vengono penalizzati interessi
pubblici precisi: l’universalità del servizio, la
trasparenza e l’equità delle tariffe; l'erogazione senza
interruzioni, senza sprechi e con efficienza. Gli
interessi pubblici si tutelano con un’Autorità di
regolazione indipendente. Invece il decreto va nella
direzione opposta ed elimina le competenze della
Commissione nazionale per la vigilanza delle risorse
idriche sul parere preventivo per le concessioni e gli
affidamenti in house. Gli interessi pubblici si tutelano
assegnando un ruolo importante di programmazione di
controllo agli enti locali che hanno dimostrato, in
larga parte del Paese, di avere capacità e competenze.
Il decreto, in modo immotivato, sceglie la
strada della gestione privata del sistema idrico
integrato. La realtà e l’esperienza di questi anni ci
dicono che le gestioni pubbliche del servizio idrico
hanno conseguito risultati molto positivi. 58 Ambiti
Acquedottistici Territoriali Ottimali – gli AATO
introdotti dalla legge Galli nel 1994 - su 114 hanno
gestioni pubbliche (cioè il 51% del totale); 47 di
queste 58 gestioni riguardano l’Italia settentrionale,
e la stragrande maggioranza di queste sono esempi di
buona gestione con livelli di efficienza elevatissimi di
gran lunga superiori a molti AATO che hanno gestioni con
soci privati: hanno bilanci attivi, investimenti e
interventi di manutenzione costanti, impianti di
depurazione che funzionano, qualità ottima del prodotto
e tariffe contenute.
Questi fatti incontestabili dimostrano che non è
la gestione privata di per sé a risolvere
l’inefficienza, e dimostrano anche che le gestioni
pubbliche, se amministrate bene, possono raggiungere
ottimi risultati.
2. Il decreto
contiene delle deroghe ed esclude dalla privatizzazione
alcuni settori: la distribuzione del gas e il trasporto
regionale. In pratica il Governo salva le aziende
statali pubbliche – Eni, Italgas, Trenitalia – e impone
la privatizzazione alle aziende dei Comuni. Dopo la
presa in giro dell’ICI sulle abitazioni principali che,
è bene ricordarlo sempre, non è stata restituita ai
Comuni, i Comuni, soprattutto quelli virtuosi, quelli
amministrati meglio, perdono un’altra funzione e vedono
una riduzione del loro ruolo.
3. Il decreto
prevede la privatizzazione delle società quotate in
borsa derogando all’obbligo della gara. Infatti la
partecipazione pubblica nelle società quotate dovrà
ridursi progressivamente fino ad una quota non superiore
al 30% anche attraverso forme di collocamento privato
presso investitori qualificati e operatori industriali.
In pratica si privatizza senza concorrenza, senza prima
liberalizzare, senza aprire il mercato. I privati
potranno comprare quote di società che hanno concessioni
di servizi pubblici locali e, in questo modo, le
concessioni non verranno messe in gara e verranno
trasferite ai nuovi acquirenti privati. La
privatizzazione così si svolge senza gara e senza
l’autorità di garanzia per i cittadini. La norma è
evidentemente a vantaggio dei privati che vogliono
comprare e a danno dei Comuni che devono vendere senza
utilizzare strumenti di concorrenza e di controllo, e a
danno dei cittadini che pagheranno tariffe più alte.
Esistono infine due questioni di forma che rendono
inaccettabile il provvedimento.
1. Il decreto si
occupa di questioni che non c’entrano nulla con il
titolo e con l’oggetto della norma -obblighi
comunitari- e che non hanno alcun presupposto di
straordinaria necessità e di urgenza. E’ il caso delle
disposizioni sulle concessioni autostradali, sull’expo
2015 a Milano, sull’etichettatura dei prodotti made in
Italy, sul commercio di medicinali e sui servizi
pubblici locali. Queste materie non hanno i requisiti né
per essere contenute in un provvedimento sugli obblighi
comunitari né per essere normate con lo strumento del
decreto legge. Basta pensare, ad esempio, che il
ministro Fitto per giustificare l’inserimento delle
disposizioni sui servizi pubblici locali nel decreto ha
citato una sentenza della corte Europea del 15 ottobre
2009. Ora, come è noto, il decreto è del 25 settembre. A
parte il fatto che gli ordinamenti giuridici non si
adeguano alle sentenze ma alle direttive comunitarie, le
date degli atti dimostrano che gli argomenti del
ministro sono infondati e che il decreto non c’entra
nulla con la sentenza.
2. Il governo ha
aggravato la situazione decidendo di porre la questione
di fiducia, impedendo così, di fatto, alla Camera di
svolgere la propria funzione.
Per scaricare il testo del decreto del Governo
collegatevi al link
http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/D09135_0.htm
IL DOSSIER
Ancora 2,5 milioni di persone
senz'acqua,
9 senza fogne e 20 senza depuratori.
La prima mini-liberalizzazione degli anni '90 ha fatto
lievitare le bollette del 61%
Condotte
colabrodo,
dispersione al 34% e con
la riforma allarme malavita
di Ettore Livini
La Repubblica, 19 novembre 2009
MILANO
- La privatizzazione della rete idrica
tricolore regalerà agli italiani un'unica certezza:
l'acqua che sgorga dai loro rubinetti sarà sempre più
salata. Oggi, è vero, nel Belpaese si pagano tariffe tra
le più basse d'Europa: in media 1,29 euro al metro cubo
(19,7 euro al mese a famiglia) destinati secondo i piani
stabiliti a salire a 1,57 euro nel 2020. La prima
mini-liberalizzazione avviata con le legge Galli a metà
degli anni '90 ha però fatto lievitare in dieci anni le
bollette del 61% contro il +25% del resto del
continente. E la legge approvata ieri - visto che buona
parte delle gare per gli acquedotti andranno rifatte da
zero - rischia di farle decollare ben oltre i tetti
previsti.
Non solo: affidare il servizio ai privati non significa
avere la certezza che i 60 miliardi di investimenti
necessari per risistemare tubature e fogne di casa
nostra (su 100 litri captati alla sorgente solo 63
arrivano nelle case italiane) siano davvero fatti: prima
della legge Galli stato ed enti locali spendevano 2
miliardi l'anno per la manutenzione dei 327mila
chilometri di acquedotti. Oggi i 91 Ambiti territoriali
ottimali (i consorzi idrici nazionali) - sei gestiti da
privati, 21 da società miste e 65 pubblici - viaggiano a
una media di 700 milioni. E riescono a realizzare solo
il 56% dei lavori promessi. Pochissimi. Anche perché in
Italia ci sono ancora 2,5 milioni di persone senz'acqua,
9 milioni senza fogne e 20 senza depuratori. E in fondo
- come ha calcolato la Althesys - basterebbero 20
miliardi di investimenti per risparmiarne nell'arco di
un ventennio ben 130.
L'aumento delle bollette - oggi gli italiani pagano per
l'acqua 6 miliardi circa l'anno - è dato per pacifico
anche dai prossimi protagonisti "privati" del settore. E
da Piazza Affari che ieri ha regalato rimbalzi da
brivido alle società già presenti nel comparto. "Ai
prezzi attuali nessuno è disposto a investire - ammette
Roberto Bazzano, presidente di Federutility - Certo c'è
un ritorno garantito del 7% l'anno sul capitale. Ma c'è
pure un tetto agli aumenti del 5% ogni dodici mesi che
ingessa i progetti ambiziosi". Quantificare la stangata
in arrivo per le famiglie è impossibile: il movimento
per la difesa dei cittadini stima un balzo del 40% delle
bollette, l'Adusbef il raddoppio, il Forum Italiano per
l'acqua parla solo di "prezzi alle stelle". Numeri, per
ora, un po' in libertà.
Di sicuro oggi le tariffe (come la qualità del servizio)
sono a macchia di leopardo: a Milano si pagano poco più
di 50 centesimi a metro cubo, a Roma 98, a Terni oltre
due euro. Le gestioni con i privati hanno ritoccato
all'insù del 12% le bollette rispetto ai rialzi
pianificati, pur tagliando del 13% gli investimenti
previsti. Quelle pubbliche hanno alzato dell'1% i costi
ma hanno dimezzato i lavori. "La rete è in condizioni
vergognose - conclude Bazzano - . Se si vuole che
arrivino i capitali, bisogna varare un'Authority in
grado di vigilare sui prezzi per evitare abusi, ma che
consenta pure di sforare i tetti degli aumenti in caso
di investimenti importanti". E che accenda magari un
faro sull'intero processo di privatizzazione visto le
forte infiltrazioni della criminalità in diverse aree
del paese emerse proprio in questi giorni nell'ambito
della privatizzazione della gestione del ciclo dei
rifiuti.
Il decreto Ronchi prevede
liberalizzazioni nel settore dei servizi pubblici. Tra
le più importanti quella dell'erogazione idrica
Privatizzazione
dell'acqua
Il governo ottiene la fiducia
Cittadinanzattiva
punta al referendum. Le Associazioni dei consumatori:
aumenti del 30-40%. Errani: valuteremo la
costituzionalità
La Repubblica, 18 novembre 2009
ROMA - Con 320 voti
a favore il governo ha ottenuto la fiducia alla
Camera sul decreto legge Ronchi che prevede una
serie di liberalizzazioni nel settore dei servizi
pubblici, tra cui l'erogazione dell'acqua. Contro il
governo hanno votato 270 deputati.
La mossa del governo ha suscitato la reazione
immediata di Cittadinanzattiva, che ha promesso
l'inizio di una raccolta firme per chiedere un
referendum. "Il governo si è bevuto la fiducia dei
cittadini", ha dichiarato Teresa Petrangolini,
segretario generale di Cittadinanzattiva. "Blindando
l'acqua nel decreto Ronchi, l'esecutivo ha
dimostrato di essere più preoccupato di assecondare
gli interessi dei gruppi industriali privati che di
regolamentare un settore vitale per la società con
la costituzione di una Autorità", ha proseguito.
Secondo le associazioni dei consumatori, la
liberalizzazione dell'acqua prevista dal decreto
peserà sulle tasche degli italiani con aumenti a due
cifre, compresi tra il 30 e il 40 per cento.
Per il Codacons, ad esempio, "si profila una vera e
propria stangata". "Se consideriamo in 3 anni il
tempo necessario perchè il nuovo sistema vada a
regime, alla fine di questo processo il rischio
concreto è quello di un aumento medio del 30 per
cento delle tariffe dell'acqua".
Ancora più drastico il parere del responsabile dei
servizi a rete del Movimento Difesa del Cittadino (Mdc),
secondo il quale "gli aumenti in bolletta
supereranno il 40 per cento", visto che "si
aggiungerà la necessità dei profitto delle Spa con
inevitabili conseguenze sulle tariffe".
Parole di amarezza arrivano anche dal presidente
della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani.
"Ancora una volta, viene meno la collaborazione e il
rispetto delle competenze regionali", ha detto
Errani a proposito del dl Ronchi, aggiungendo:
"Appena il decreto verrà approvato, la Regione
Emilia Romagna valuterà tutti i profili
costituzionali per decidere quale iniziativa
assumere". Secondo il governatore dell'Emilia
Romagna, infatti, "siamo di fronte a una forzatura
che non convince nel metodo. La prossima settimana
assumeremo una posizione nell'ambito della
Conferenza delle Regioni".
Il governo blinda il decreto
Ronchi. Ronchi: "Vogliamo velocizzare"
Stabilita la liberalizzazione dei servizi pubblici
locali,
il pubblico sotto il 30%
Acqua privatizzata,
via alla fiducia
L'opposizione: "Saliranno i prezzi"
La Lega in difficoltà: "Votiamo ma non ci
piace"
La Repubblica, 17 novembre 2009
ROMA - Via libera alla privatizzazione
dell'acqua. Il governo, per la 28esima volta, pone
la fiducia sul decreto salva-infrazioni che contiene
anche la riforma dei servizi pubblici locali,
compresa l'acqua. E scatena l'ennesima bagarre con
l'opposizione. A cui le motivazioni del ministro per
i rapporti con il Parlamento Elio Vito ("scelta per
velocizzare i tempi") non bastano. Anche perché di
tempo per l'esame della Camera ce n'era: il decreto,
che l'esecutivo considera blindato, scade fra una
settimana.
Tema del contendere è il cosidetto 'decreto Ronchi'
che stabilisce la liberalizzazione dei servizi
pubblici locali, prevedendo tra le altre cose che la
quota di capitale in mano pubblica scenda sotto il
30%, lasciando spazio ai privati. Il provvedimento
rende di fatto obbligatorie le gare per
l'affidamento dei servizi da parte degli enti locali
e vieta, quindi, salvo per casi eccezionali,
l'assegnazione diretta a società prevalentemente
pubbliche e controllate in maniera stringente
dall'ente locale affidatario. A partire dal 31
dicembre 2010 quindi, le concessioni frutto di una
assegnazione diretta cessano.
La liberalizzazione, inoltre, riguarda tutti i
servizi pubblici locali, escluso il gas, il
trasporto ferroviario regionale e la gestione delle
farmacie comunali. Prevedendo tempi 'piu' dilatati
per quanto riguarda i rifiuti.
Durissima la reazione dell'opposizione. Angelo
Bonelli dei Verdi lancia l'idea di un "referendum"
per dire no all'acqua in mano ai privati. "Pochi
grandi gruppi faranno affari d'oro a discapito dei
cittadini che subiranno l'aumento delle tariffe
dell'acqua" spiega Marina Sereni del Pd. Per Massimo
Donadi dell'Idv quella attuale è una maggioranza "appecoronata
felice di non lavorare per un giorno". Mentre
Michele Vietti (Udc) ricorda come il testo sia stato
per troppo all'esame del Senato. Una circostanza
condivisa anche da Simone Baldelli del Pdl, secondo
cui "servono regole certe sui tempi certi per
l'esame dei provvedimenti". Ma anche la lega non
nasconde le perplessità. "Voteremo la fiducia - dice
il vicepresidente dei deputati del
Carroccio, Marco Reguzzoni - ma avremmo voluto
migliorare il testo per farlo corrispondere con la
sua posizione storica a favore dell'acqua pubblica".
Ora il Carroccio preannuncia la presentazione di un
ordine del giorno al decreto, e non esclude la
presentazione di modifiche già in finanziaria.
Il voto di fiducia ci sarà domani alle ore 15,
mentre quello finale è previsto per le ore 13 di
giovedì, dopo le dichiarazioni di voto in diretta
tv.
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Partecipate all'incontro pubblico

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Interrogazione
a risposta scritta
presentata dagli On. Naccarato e Miotto
Preoccupazione per i
licenziamenti
alla Carraro Spa
Camera dei Deputati, 19 ottobre
2009
Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali.
Per sapere - premesso che:
martedì 3 novembre 2009 i lavoratori degli otto
stabilimenti italiani del Gruppo Carraro Spa hanno
effettuato a Campodarsego, in provincia di Padova, una
manifestazione nazionale, promossa dai sindacati
confederali, per protestare contro i licenziamenti
preannunciati dall'azienda;
il gruppo Carraro Spa, nelle scorse settimane ha
informato le organizzazioni sindacali di voler avviare
in tutti i suoi stabilimenti in Italia le procedure per
la messa in mobilità, attraverso il ricorso diretto alla
legge n. 233 del 1991, per 442 lavoratori su 990
occupati nelle diverse società operanti in provincia di
Padova. A queste richieste di licenziamento si
aggiungono quelle relative agli stabilimenti di Maniago,
in provincia di Pordenone (167 licenziamenti) e di
Gorizia (80 licenziamenti);
come hanno rilevato le organizzazioni sindacali che, per
la prima volta, hanno costituito un coordinamento
nazionale unitario per affrontare la vertenza relativa
al Gruppo Carraro, l'azienda ha già licenziato circa 650
dipendenti negli stabilimenti in Cina, India, Germania,
Argentina, Polonia e USA. La perdita del posto di lavoro
interesserebbe, secondo i sindacati, almeno altri mille
lavoratori oggi occupati nelle aziende dell'indotto che
fanno riferimento alla produzione del gruppo Carraro Spa;
dal mese di gennaio 2009 la Carraro Spa ha fatto ricorso
alla cassa integrazione guadagni (CIG) per 265
lavoratori. Il presidente dell'azienda ha motivato la
decisione di mettere in mobilità i lavoratori spiegando
che il fatturato dell'azienda - a causa della crisi
economica - non può tornare ai livelli del 2006 e 2007
prima del 2014;
se le intenzioni dell'azienda saranno confermate, i
licenziamenti annunciati metteranno in serie difficoltà
economiche tutte le famiglie dei dipendenti posti in
mobilità. Inoltre le procedure di mobilità potranno
rallentare e interrompere le attività produttive di
molti stabilimenti del gruppo con il rischio che alcune
di queste cesseranno definitivamente con un'enorme
perdita per l'economia locale;
le organizzazioni sindacali riunite nel coordinamento
nazionale dei lavoratori del Gruppo Carraro chiedono di
predisporre un piano industriale per affrontare la
situazione di crisi e di utilizzare gli ammortizzatori
sociali per evitare il pericolo di perdere occupazione e
di impoverire la capacità produttiva dell'azienda -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali misure il Ministro intenda porre in essere per
salvaguardare gli attuali livelli occupazionali delle
aziende che fanno capo al Gruppo Carraro Spa;
cosa intenda fare il Ministro per promuovere l'accesso a
tutte le forme di ammortizzatori sociali necessarie per
salvaguardare i dipendenti che rischiano di perdere il
posto di lavoro e le loro famiglie, in attesa del
superamento della grave crisi economica in atto che sta
investendo anche le aziende del gruppo Carraro Spa.
Alessandro Naccarato
Margherita Miotto
Gruppo Partito Democratico
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Interrogazione a risposta
scritta
presentata dagli On. Naccarato e Rubinato
Organizzazione
paramilitare eversiva denominata "Polisia Veneta"
Camera dei Deputati, 12 novembre
2009
Al Ministro dell'interno
Per sapere - premesso che:
il 7 novembre 2009 la Questura di Treviso ha comunicato,
nell'ambito di un'inchiesta condotta dalle procure della
Repubblica di Venezia, Treviso e Belluno, i primi
risultati dell'indagine nei confronti di alcuni
esponenti dell'associazione «Veneto Serenissimo governo»
accusati di aver costituito un'organizzazione
paramilitare denominata «Polisia Veneta»;
nell'inchiesta sono indagate tredici persone, tra cui
quattro promotori del gruppo paramilitare: Paolo
Gallina, comandante dei vigili urbani di Cornuda
(Treviso), Sergio Bortotto, ex poliziotto di Treviso,
Daniele Quaglia, artigiano di Spresiano (Treviso) e Dino
Zorzi, disoccupato di Trevignano (Treviso);
nel corso delle perquisizioni della Digos di Treviso
nelle case e negli uffici degli indagati, e nella sede
del comando dei vigili urbani di Cornuda (Treviso) e
nella sede della «Life» gli investigatori hanno
rinvenuto armi e munizioni. In particolare
nell'abitazione di Paolo Gallina, comandate dei vigili
urbani di Cornuda, sono state trovate nove pistole, due
fucili a pompa e un migliaio di proiettili di vario
calibro, dal 357 magnum a quelli per il tiro sportivo;
l'inchiesta e i primi elementi raccolti dalla digos e
dalla questura di Treviso hanno consentito di portare
alla luce una pericolosa struttura paramilitare e di
sventare un disegno eversivo;
secondo gli inquirenti gli indagati stavano organizzando
delle esercitazioni di tiro con armi da fuoco in alcune
località della zona della Pedemontana veneta dove erano
già stati fatti dei sopralluoghi;
sempre secondo gli inquirenti, gli indagati avevano
programmato un «atto dimostrativo» contro i Carabinieri
e, più in generale, le Forze dell'ordine che, in quanto
rappresentati dello Stato italiano sul territorio, erano
considerati nell'ideologia del gruppo paramilitare come
«nemici dell'autogoverno del popolo veneto»;
gli indagati avevano coinvolto nell'organizzazione
paramilitare «Polisia Veneta» circa ottanta persone,
prevalentemente giovani disoccupati che, dietro la
promessa di uno stipendio mensile di tremila euro,
avevano dato la loro disponibilità a partecipare alle
azioni del gruppo:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se il Ministro sia a conoscenza dell'esistenza di altri
gruppi paramilitari «autonomisti» con finalità
secessioniste; quali misure il Ministro intenda porre in
essere per prevenire in modo efficace l'attuazione dei
propositi dei diversi gruppi cosiddetti «autonomisti»
che operano sul territorio italiano con palesi finalità
eversive e secessioniste; cosa intenda fare il Ministro
per monitorare costantemente l'azione di questi gruppi
paramilitari e per prevenire e contrastare il loro
disegno eversivo.
Alessandro Naccarato
Simonetta Rubinato
Gruppo Partito Democratico
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APPUNTAMENTI
SABATO 21 NOVEMBRE
ORE 10.30 PRESSO PIAZZA DEI SIGNORI (LATO PALAZZO DELLA
GRAN GUARDIA)
MOBILITAZIONE PROVINCIALE DEL PD
SULLA GIUSTIZIA
ORE 16.30 PRESSO IL CENTRO SOCIALE DI VIA VARESE
- PADOVA
INIZIATIVA PUBBLICA DEL PD PER IL LAVORO CONTRO LA CRISI
DOMENICA 22 NOVEMBRE ALLE ORE
12.00 PRESSO PIAZZETTA FORCELLINI
CASTAGNATA IN PIAZZA PROMOSSA DAL
PD
LUNEDI 23 NOVEMBRE
ORE 10.00 PRESSO IL MERCATO DI MONSELICE
BANCHETTO INFORMATIVO DEL PD SU
LAVORO E GIUSTIZIA
ORE 18.00 PRESSO LA SALA ANZIANI DEL MUNICIPIO DI
PADOVA
INIZIATIVA PUBBLICA CONTRO IL C.D.
"PROCESSO BREVE"
VENERDI 27
NOVEMBRE ALLE ORE 21.00 PRESSO LA CASA LEONARDO
VIA DEI COLLI 108 - PADOVA
INIZIATIVA PUBBLICA SUL LAVORO
visita il sito
www.alessandronaccarato.it
mail:
info@alessandronaccarato.it - tel 049660544 fax
0498753610
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