Il
Partito Democratico candida come Presidente
Giuseppe Bortolussi;
in caso di vittoria saranno eletti anche i
candidati nel cosiddetto “listino”: 11
giovani, tra i quali due giovani padovani:
Giulia Camporese, 26 anni, medico e
Sebastiano Rizzardi, 31 anni, libero
professionista.
La campagna elettorale, finora, non si è
occupata molto di questioni regionali. Galan
è scomparso e nessuno traccia un bilancio
dei limiti e degli errori dei 15 anni del
suo indisturbato governo. Da una parte il
PdL difende l’eredità di Galan e le scelte
nazionali di Berlusconi; dall’altra la Lega
agita i problemi come se fosse stata
all’opposizione in Regione e se fosse
all’opposizione a Roma. Così non sembra
neppure che pdl e lega abbiano governato
insieme il Veneto per anni.
Nel corso della campagna elettorale, almeno
finora, si è parlato poco dei programmi per
la Regione Veneto e il ruolo predominante è
stato svolto dai singoli candidati
consiglieri. C’è il rischio che così si
perda di vista il confronto sulle idee e
sulle proposte concrete. Inoltre si corre il
rischio di togliere importanza ai contenuti
e di ridurre la politica a una superficiale
questione di immagine: spesso non si sceglie
sulla base delle competenze e delle
capacità, si cerca il candidato che appare
più simpatico e più brillante.
Per evitare questo pericolo negli ultimi
giorni dobbiamo impegnarci a fondo per
spiegare e diffondere i punti principali del
nostro programma. Riassumo in estrema
sintesi 5 questioni.
1. Sanità. La
sanità, che è la principale competenza della
Regione (assorbe circa l’80% delle risorse),
è assente dal dibattito. L’eccellenza del
modello Veneto, eredità delle scelte dei
primi anni ’80 e del ruolo straordinario
svolto dall’Università di Padova in termini
di formazione e di ricerca, è in grande
difficoltà: i conti sono in rosso e manca un
piano socio-sanitario per riorganizzare le
strutture e i servizi nel territorio.
Bisogna riprendere la proposta di legge,
presentata da Massimo Carraro nella campagna
elettorale del 2005, che prevede due
riforme: un maggior coinvolgimento dei
Comuni nelle politiche sanitarie e
dell’assistenza; la scelta dei dirigenti
deve avvenire con procedure concorsuali
trasparenti basate sul merito.
E’ emblematica la discussione che si è
riaccesa in questi giorni sul nuovo ospedale
di Padova. Padova è stata all’avanguardia e
un punto di riferimento nazionale per la
ricerca e per le cure mediche; in alcune
specialità è ancora a livelli eccellenti. La
realizzazione di una struttura moderna e
situata fuori dal centro cittadino,
sull’esempio seguito nei principali paesi
europei, è da tempo una necessità che, a
parole, convince tutti i soggetti chiamati a
decidere. Solo l’amministrazione comunale di
centrosinistra ha fatto con coerenza e
lungimiranza la sua parte: il Comune ha da
anni inserito negli strumenti urbanistici la
localizzazione dell’ospedale. La Regione non
ha trovato i finanziamenti pubblici
necessari e ipotizza, in forme più o meno
nascoste, il ricorso al progetto di finanza,
senza chiarire quali servizi saranno
affidati ai privati. Nei giorni scorsi è
comparso uno sconosciuto e misterioso
progetto promosso dalla Giunta regionale.
Facoltà di medicina e Università litigano
tra loro sul tipo di ospedale da realizzare.
La Lega dichiara che ogni decisione dovrà
essere rinviata a dopo le elezioni, quando,
forse, avrà la possibilità di decidere da
sola, come se si stesse affrontando un tema
privato di sua esclusiva competenza. Sembra
che a nessuno, se non al Comune, importi che
l’attuale ospedale abbia costi di gestione e
di manutenzione enormi: il suo spostamento
può consentire di ridisegnare una parte
importante della città e può diventare
l’occasione per potenziare i servizi ai
cittadini e le strutture universitarie di
ricerca. Naturalmente questo sarà possibile
se gli enti pubblici avranno la volontà e la
capacità di procedere in modo autonomo e
trasparente.
2. Formazione e
giovani. Altro grande tema regionale
è la formazione. I Paesi più avanzati e più
lungimiranti affrontano la crisi economica
investendo sulla conoscenza: più risorse
alla scuola e alla ricerca, contrasto
dell’abbandono scolastico, formazione
permanente, sistemi di valutazione basati
sul merito. Il Governo Berlusconi va nella
direzione opposta e ha tagliato i
finanziamenti alle scuole e all’università.
Molte competenze sono delle Regioni e in
Veneto si è fatto poco. Il riordino
dell’istruzione superiore rischia di
diventare l’ennesima occasione sprecata.
Infatti l’istruzione tecnica e la formazione
professionale devono essere riorganizzate
destinando risorse ai settori strategici:
turismo (quindi più inglese e più lingue
straniere, altro che il dialetto!!!),
informatica e manifatturiero. Ogni anno la
Regione spreca un sacco di soldi propri e
dell’Unione europea per corsi inutili,
spesso autogestiti da associazioni di
categoria o da cooperative vicine a qualche
forza politica, con risultati modesti. Così
la formazione serve a finanziare i formatori
e non forma nessuno. E’ intervenuta
addirittura la magistratura che ha messo
sotto inchiesta alcune società gestite da
persone collegate alla Compagnia delle Opere
per verificare l’utilizzo dei fondi
regionali ed europei per i corsi di
formazione. Serve una seria programmazione
regionale, in accordo con le istituzioni
scolastiche e con le imprese, per svolgere
interventi mirati da valutare in modo
rigoroso.
Con la stessa logica la Regione deve
superare la costosa frammentazione dei suoi
piccoli poli universitari e centri di
ricerca. Negli ultimi anni, con il ricorso a
ingenti risorse pubbliche, sono stati creati
e sostenuti vari poli universitari:
Conegliano,Castelfranco, Treviso, Vicenza,
Feltre, Belluno, Portogruaro, Chioggia,
Rovigo. Lo stesso fenomeno è accaduto per i
parchi scientifici e tecnologici: Vega,
Venezia Ricerche, Veneto Innovazione a
Venezia; Trastech e Galileo a Padova; Star a
Verona e il neonato distretto veneto per le
nanotecnlogie. Molte di queste iniziative
sono state realizzate in modo improvvisato e
superficiale per rispondere a esigenze
localistiche e clientelari; e i risultati in
molti dei casi citati sono stati scarsi. La
Regione deve superare questa frammentazione,
interrompere i finanziamenti ai centri
improduttivi e concentrare le risorse in
progetti di ricerca qualificati e
verificabili. Così, in collaborazione con le
università, è possibile promuovere la
realizzazione di un polo scientifico
regionale –il Politecnico veneto- per
sostenere la ricerca e l’innovazione
produttiva.
3. Sicurezza.
In questi anni la Regione non ha fatto
nulla, si è limitata a criticare le
amministrazioni di centrosinistra e a fare
proclami al vento. Altre Regioni hanno fatto
molto e bisogna prendere esempio da loro. In
particolare l’Emilia-Romagna si è dotata di
una legge regionale, la numero 24 del 2007,
che ha prodotto tre effetti: creare un
coordinamento regionale sulle politiche
della sicurezza; assegnare risorse certe ai
Comuni; istituire - molto prima e con
funzioni diverse delle «ronde» leghiste - i
volontari della sicurezza.
Queste persone agiscono agli ordini della
polizia locale dopo avere seguito corsi di
formazione organizzati dalla Regione e
lavorano per controllare il territorio e
prevenire le situazioni di disagio in
collaborazione con le istituzioni e le forze
dell’ordine. Al posto delle chiacchiere di
Galan e soci, sarebbe sufficiente copiare
dagli emiliani.
4. Statuto. Il
maggior fallimento di Galan e della Lega è
dimostrato dal fatto che il Veneto non ha
uno Statuto regionale. Tante chiacchiere sul
federalismo e l’autonomia ma nessun
risultato concreto. Da quando la lega è al
governo Roma, Palermo e Catania non hanno
mai ricevuto tante risorse. I Comuni del
Veneto dal 2003 al 2009 hanno subito il 21%
di tagli nei trasferimenti dal Governo. Lo
stesso vale per il patto di stabilità che
impedisce ai Comuni con i conti in ordine, e
la maggior parte è situata nel centro-nord,
di spendere le proprie risorse. Altro che
Roma ladrona: è la lega che toglie i soldi
ai Comuni veneti virtuosi per coprire i
disastri amministrativi dei Comuni spreconi.
Per la lega il federalismo è diventato come
il sol dell’avvenir o il mito della
rivoluzione di altre stagioni: si può fare
qualsiasi cosa e ingoiare bocconi amari
tanto poi arriverà il federalismo e
risolverà tutto.
Non si è fatto nulla per contrastare la
secessione strisciante dei Comuni veneti che
confinano con le regioni a statuto speciale.
La Provincia di Belluno ha bisogno di forme
di autonomia e di risorse speciali che le
consentano di non subire la concorrenza
sleale di Trentino Alto Adige e Friuli
Venezia Giulia. Si è affermato un modello di
governo regionale centralista. Mentre lo
Stato ha decentrato numerose funzioni alle
Regioni destra e lega in Veneto hanno
concentrato tutto a livello regionale senza
trasferire competenze a Province e Comuni.
Lo Statuto deve diventare lo strumento per
costruire il federalismo dal basso
assegnando maggiori risorse e poteri agli
enti locali, in particolare in materia
urbanistica per promuovere un governo
partecipato del territorio e per coinvolgere
e responsabilizzare le comunità locali.
5. Infrastrutture.
Galan si vanta della realizzazione del
passante di Mestre ma finge di dimenticare
che questa è l’unica opera realizzata in 15
anni di governo. Sul trasporto ferroviario e
sui sistemi di trasporto pubblico la Regione
non ha fatto nulla. Le priorità assolute
sono l’alta velocità ferroviaria, con il
contestuale potenziamento delle linee per i
pendolari, e una nuova linea (si tratta di
pochi chilometri) per unire l’aeroporto di
Venezia con la stazione di Mestre. In questo
modo il Veneto rimane collegato con le
principali linee di trasporto ferroviario e
può rafforzare il suo ruolo centrale nelle
relazioni con il resto d’Europa.
Per la lista proporzionale della provincia
di Padova il Pd ha presentato 9 candidati
autorevoli e rappresentativi delle diverse
realtà territoriali e sociali: Maria Luisa
Bezzegato, Mauro Bortoli, Roberto
Campagnolo, Martina Maraffon, Giulio
Pavanini, Piero Ruzzante, Silvia Salvagnin,
Claudio Sinigaglia e Germana Urbani.
Alcuni candidati hanno una lunga esperienza
politica e amministrativa nelle istituzioni
e negli organismi dirigenti di partito e
altri si candidano per la prima volta.
La lista è il risultato del paziente lavoro
svolto dal segretario provinciale e dagli
organismi dirigenti del PD di Padova che,
insieme ai circoli, hanno individuato in
modo unitario e condiviso candidature
autorevoli che dimostrano una grande
ricchezza di personalità in grado di
raccogliere consensi per i democratici e per
Giuseppe Bortolussi.
Chi ha partecipato alle molte iniziative
della campagna elettorale in corso ha
sicuramente apprezzato le capacità e la
passione di tutti i candidati e può
scegliere a chi dare il voto di preferenza
scrivendo il cognome sulla scheda.
Tra i candidati ho scelto di sostenere
Mauro Bortoli
per tre ragioni.
1) Le capacità
e le competenze che ha dimostrato come
amministratore. Bortoli è assessore in
Comune a Padova dal 2004 e si è occupato con
grande professionalità di questioni molto
importanti: patrimonio, lavoro, urbanistica,
manutenzioni. In questi anni ha ottenuto
risultati positivi nella valorizzazione del
patrimonio comunale e nella realizzazione di
interventi nei quartieri: illuminazione,
strade, marciapiedi. Ha reso efficienti ed
efficaci le risposte alle situazioni di
emergenza causate dalla neve e dagli
allagamenti. Inoltre è stato tra i
protagonisti della fusione tra la società di
gestione del servizio idrico integrato del
piovese (apga) e la società di Padova
(Acegas-Aps) migliorando la qualità del
servizio per i cittadini. Questa fusione
viene portata ad esempio a livello regionale
come modello di gestione.
2) La presenza
costante e la disponibilità ad ascoltare e
confrontarsi con i problemi quotidiani dei
cittadini. Bortoli è stato un punto di
riferimento insostituibile per i cittadini
che hanno avuto bisogno dell’amministrazione
ed ha affrontato con serietà tutte le
situazioni. Questa, a mio parere, è una
caratteristica fondamentale per chi ricopre
una carica pubblica: capire i problemi,
individuare le soluzioni e realizzarle.
3) La
conoscenza del territorio. Bortoli conosce
molto bene le caratteristiche e i problemi
del territorio della nostra provincia ed è
in grado di intervenire in modo concreto per
risolvere le diverse questioni da
affrontare: la programmazione urbanistica,
l’organizzazione sanitaria, le opere
pubbliche, i finanziamenti ai Comuni. Le
amministrazioni locali, i sindacati, le
associazioni di categoria e di volontariato
hanno bisogno di punti di riferimento in
Consiglio regionale che possano collaborare
con loro sui temi di competenza della
regione.
Per queste ragioni sono convinto che
Mauro Bortoli,
se sarà eletto, svolgerà con passione e
competenza il ruolo di consigliere
regionale.