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VITTORIA!


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L'evasione fiscale è
un'emergenza
Il Mattino di Padova, 25 giugno
2009
Una
delle vere emergenze nazionali è
l’evasione fiscale.
E’ un tema del quale, per
precisa scelta della maggioranza
di Governo, si parla molto poco
perché l’opinione pubblica viene
distratta ad arte dalla cortina
fumogena delle vicende personali
di Berlusconi che pure, tra
veline, accompagnatrici a
pagamento e feste in villa
stanno demolendo in queste
settimane l’immagine dell’Italia
nel mondo.
E intanto l’evasione fiscale
riprende a dilagare, anzi sembra
essere addirittura apertamente
tollerata e giustificata dalle
scelte irresponsabili della
destra.
Di fronte alla crisi economica
il Governo continua a restare
inerte, ad invitare i
consumatori a spendere di più.
Innanzitutto, come ha già fatto
tra il 2001 e il 2006 con la
politica dei condoni, la destra
contribuisce a diffondere una
pericolosa atmosfera di lassismo
e di ingiustificata tolleranza
sul tema dell’evasione fiscale.
In questo senso si deve leggere
la proposta avanzata dal
ministro dell’economia Tremonti
di varare un cosiddetto «scudo
fiscale» per il rientro dei
capitali dall’estero. In
sostanza, secondo Tremonti, le
imprese pagherebbero solo
un’aliquota del 7% per far
rientrare in Italia i capitali
che hanno portato all’estero,
magari in un paradiso fiscale,
evadendo perciò il fisco
italiano. Sarebbe
un’agevolazione ingiustificata e
vergognosa, un vero e proprio
regalo ai grandi evasori.
Inoltre gli evasori sono stati
favoriti dalla recente
abolizione di alcune importanti
norme varate dal precedente
governo Prodi che aveva iniziato
con determinazione una seria
politica di contrasto
all’evasione fiscale. Basti
pensare, ad esempio, alle norme
sulla tracciabilità dei
pagamenti dei professionisti e
all’istituzione del registro
clienti-fornitori, entrambe
abolite dal governo Berlusconi.
Lotta all’evasione, poi,
significa anche lotta alla
criminalità organizzata. Le
organizzazioni criminali,
infatti, evadendo il fisco,
muovono e riciclano enormi
quantità di denaro proveniente
da attività illecite: abbassare
la guardia in questo campo vuol
dire quindi arrendersi anche sul
fronte del contrasto
all’attività criminale. Secondo
l’ultimo rapporto della Guardia
di Finanza, ogni anno in Italia
viene evasa una somma imponente,
circa 230 miliardi di euro, pari
al 16% del Prodotto interno
lordo. Si tratta di una somma
che gli evasori scaricano sui
cittadini onesti. Infatti
l’evasione si traduce in un
aumento della pressione fiscale
nei confronti di coloro che
pagano interamente le tasse, in
particolare dei lavoratori
dipendenti ai quali le imposte
vengono trattenute alla fonte
dalla busta paga. L’evasione
fiscale, inoltre, influisce
direttamente sulla qualità dei
servizi pubblici: è logico che,
facendo equamente pagare le
tasse a tutti, si troverebbero
le risorse per garantire
maggiori servizi di qualità
migliore. In più, recuperando
anche solo una parte dell’enorme
somma evasa al fisco ogni anno,
si potrebbe intervenire per
alleggerire il pesante debito
pubblico che grava sul nostro
Paese, e che ha raggiunto la
somma record pari al 110 per
cento del Pil proprio con il
ritorno della destra al governo.
E’ un debito che costa allo
Stato, solo per la quota di
interessi da pagare, circa 75
miliardi di euro l’anno.
Con le sue decisioni la destra
colpisce il commercio e le
piccole imprese artigiane,
pesantemente investite dalla
crisi economica mondiale che in
Italia si sta aggravando proprio
a causa dell’assenza di seri
provvedimenti anticrisi da parte
dell’attuale governo che pare
molto più interessato, invece, a
favorire le grandi imprese con
capitali all’estero e a
diffondere una cultura
dell’illegalità e della
sanatoria ingiustificata in
campo fiscale.
Così, come ha giustamente
sottolineato anche il
governatore della Banca d’Italia
Draghi, si riduce nei fatti la
competitività di larga parte
delle imprese italiane,
determinando iniquità e
disarticolando il tessuto
sociale del nostro Paese.
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NUOVO SCANDALO RIFIUTI
NELL'ALTA PADOVANA
Sul
fronte del trattamento dei
rifiuti scoppia un altro
scandalo che questa volta
coinvolge la Levio Loris
srl. L'azienda, infatti,
trattava illegalmente rifiuti
pericolosi che, spediti in Cina,
venivano utilizzati per
costruire giocattoli e altri
oggetti da esportazione. In
questo modo la Levio srl ha
incassato illecitamente profitti
enormi (si parla di un giro
d'affari di circa 6 milioni di
euro) venendo pagata sia per
ritirare rifiuti pericolosi e
non riciclabili in Italia sia
per rivenderli ai "soci" cinesi
che li riutilizzavano senza
alcun vincolo.
Anche questa vicenda conferma
quanto sia importante, come i Ds
prima e il Pd poi hanno sempre
ripetuto, vigilare sulla
corretta e trasparente gestione
dei rifiuti, in particolare
quelli pericolosi e nocivi, per
salvaguardare la salute di tutti
i cittadini e la difesa
dell'ambiente.
Il trucco: miscelare i rifiuti e
pagare. Tradito dal telefono
Intercettazioni
fondamentali.
Il titolare: «In Cina
cento container al mese, non
hanno problemi... »
Il Mattino di Padova, 25 giugno
2009
PADOVA.
La Cina è vicina. Colosso che
minaccia le economie
occidentali. Pattumiera d’Europa
con una aria inquinatissima dai
fumi di fabbriche (spesso
finanziate da capitali
stranieri) che scaricano di
tutto e un sottosuolo foderato
di veleni. Veleni importati
anche da un’azienda con sedi
nella ricca provincia di Padova
(a Selvazzano, Grantorto e
Vigonza) e nel Rodigino (a Badia
Polesine), cuore di un Veneto
tanto determinato a cacciare il
clandestino, quanto privo di
remore di fronte alla
possibilità di seppellire in un
paese extracomunitario - a costo
quasi zero e in cambio di
profitti altissimi - rifiuti
pericolosi e a rischio per la
salute. La via per farlo erano
per lo più i porti di Venezia,
Trieste, Genova, Ravenna e
Livorno.
LE INTERCETTAZIONI. Per
gli investigatori, coordinati
dal pubblico ministero padovano
Silvia Scamurra, fondamentale è
stato lo strumento delle
intercettazioni che hanno
fornito inequivocabili riscontri
per ricostruire le strategie
criminali della «Levio Loris srl»
e le modalità illecite in base
alle quali erano gestiti i
rifiuti. Rifiuti accolti nei
quattro impianti veneti senza
alcun rispetto per le norme che
impongono differenti trattamenti
a seconda della tipologia dello
scarto. L’unica regola era
quella del profitto massimo e
del costo minimo: il listino
prezzi era commisurato alla
percentuale del contenuto
inquinante dei rifiuti.
Il trucco usato per confondere
i controlli? Miscelare gli
scarti, fare un «misto patate».
È l’1 marzo 2007 quando Sonia
Boschetto, impiegata
nell’impianto di Selvazzano con
poteri decisionali, in una
conversazione con Renzo Capuzzo
(responsabile del magazzino
presso l’impianto di Badia
Polesine) parla di rifiuti
costituenti «merda» e accettati
solo perché profumatamente
pagati.
DESTINAZIONE CINA. Alla
«Levio Loris» va bene tutto. Il
13 marzo 2007, conversando al
suo cellulare con l’ingegnere
D.A., il titolare dell’azienda
padovana Loris Levio ammette di
spedire senza problemi in Cina
materiale di cui l’interlocutore
evidenzia la non lavorabilità e
recuperabilità in Italia. «Noi
mandiamo 100 container al
mese... E loro utilizzano (il
materiale)» rileva. Chiede
l’ingegnere D.A.: «Cosa ne fanno
i cinesi?». Levio: «Lo lavorano
direttamente e non hanno alcuna
difficoltà... Anzi sono contenti
di questo... Chi lavora solo per
l’esportazione, cioè noi, non
abbiamo questo problema che c’è
in Italia». Levio spiega che
l’esportazione nel paese
asiatico, da parte sua e di
tutte le altre aziende, riguarda
rifiuti insuscettibili di essere
recuperati in Italia.
DOCUMENTI FALSI. Il
meccanismo di copertura
impiegato per nascondere la
provenienza e la reale
destinazione dei rifiuti, molti
dei quali classificati come
pericolosi, è affidato alla
cinese MingMing You. Falsi
risultano i formulari di
identificazione che accompagnano
i rifiuti in entrata e in uscita
attraverso i cancelli della
«Levio Loris» nonché i registri
di carico-scarico dell’impresa.
Il motivo è semplice: previo
aggiustamento del prezzo, la
ditta accetta qualsiasi
tipologia esistente nel catasto
rifiuti. Compreso il materiale
che non è autorizzata a
trattare.
Il 2 marzo 2007 un cliente
chiama l’impianto di Selvazzano
per chiedere se è possibile
conferire cartucce esauste.
Risponde Piergiorgio Soranzo,
dipendente de «La Rosa Trasporti
srl», sempre di Levio, spiegando
che «loro non le vedono e quindi
possono buttarle con il resto
dei rifiuti nel cassone». Il 23
marzo Loris Levio, al cellulare
con un cliente, accetta una
partita di rifiuti respinta da
un altro impianto. Tuttavia
ammonisce che il materiale, così
come preparato, non può andar
bene a nessuno. Insomma fa
capire che solo la sua azienda
tratta di tutto. Un gioco
pericoloso di cui è consapevole:
al cellulare con il responsabile
del magazzino di Badia, Renato
Capuzzo, l’imprenditore si
accorda per «scaricare» la merce
senza scrivere nulla.
Il 7 marzo 2007 è il direttore
tecnico Emilio Malfatti che
riceve la telefonata di un
autista: quest’ultimo lo informa
di aver lasciato sul piazzale
della ditta sacchi di cui ignora
il contenuto. Malfatti replica
di «non star a guardare quelle
cose» e di star tranquillo. Al
cellulare con un trasportatore,
il 9 marzo, sempre il direttore
confida che «siamo costretti a
prendere quella merda là» perché
«non portiamo più a casa nylon
bello...». È lo stesso Loris
Levio a impartire disposizioni
al responsabile del magazzino
dell’impianto di Vigonza,
Michele Ragazzo, affinché mischi
tutto («fa’ sempre un misto
patate» o «un bel mischiotto»)
tenendo fuori, all’esterno, il
materiale più bello. Effetto
miscelazione: far sparire i
rifiuti più scomodi e
dannosissimi per la salute che
la «Levio Loris srl» non
potrebbe nemmeno far entrare
nelle sue sedi. Con Capuzzo
insiste: «Mischia tutto... che
acchiappiamo 90 euro». Il 4
aprile, in una conversazione al
suo cellulare, Loris Levio parla
esplicitamente di materiale per
niente buono che dovrà essere
miscelato un po’.
SI TEMONO CONTROLLI. La
costante preoccupazione della
società è di evitare verifiche
da parte delle autorità preposte
alla vigilanza nei porti dai
quali partono i carichi per
l’Oriente. In particolare il
porto di Venezia, ritenuto
troppo controllato, è
considerato a rischio: ecco
perché dalla metà del 2006 la
ditta preferisce altre stazioni
marittime. Per lo stesso motivo
l’azienda fa figurare come
destinazione Hong Kong piuttosto
che la Cina. «Spedire i rifiuti
da Venezia è come scavarsi la
buca da soli», confessa un
indagato. «Questi cretini dei
doganieri - si sente in una
telefonata del 18 aprile 2007 -
non hanno ancora capito che
questo (materiale) non rimane a
Hong Kong ma va in Cina... È un
escamotage... Niente si fa più a
Hong Kong oggi».
Le ispezioni potrebbero
riguardare pure gli impianti.
C’è paura che siano chiusi,
«tempo che i carabinieri del Noe
leggano le carte» sottolinea un
altro indagato in una
conversazione intercettata il 19
marzo 2007.
Lo smaltimento rifiuti
si sviluppa attraverso circuiti
illegali:
164 infrazioni nel 2008
Ecomafia, business da tre
miliardi
Dati allarmanti
nell’ultimo rapporto di
Legambiente
Il Mattino di Padova, 25 giugno
2009
PADOVA.
Veneto centro dell’ecomafia. Nel
rapporto 2008 di Legambiente il
Veneto era al secondo posto
nella classifica dell’illegalità
del ciclo dei rifiuti. La
regione è altamente
industrializzata, ma parte
dell’imprenditoria preferisce
abbattere i costi di smaltimento
attraverso circuiti illegali,
come dimostrano varie inchieste
che portano, in un modo o
nell’altro alla nostra regione.
Nel Veneto lo scorso anno le
infrazioni alle norme penali
accertate in materia di rifiuti
sono state 164, le persone
denunciate 242, 8 gli arresti e
105 i sequestri effettuati di
beni materiali. «Oggi gli
inquirenti riescono a monitorare
di più il territorio, hanno
notevoli capacità investigative
e tecniche più sofisticate, per
cui riescono a scovare i
criminali», spiega Antonio
Pergolizzi, che ha coordinato il
rapporto Legambiente 2009 sulle
ecomafie. E il risultato di
questo lavoro si è visto in
quanto il Veneto quest’anno,
nonostante l’aumento delle rotte
dei traffici internazionali dei
rifiuti, è retrocesso all’11º
posto nella classifica dei reati
ambientali, un business stimato
a livello italiano in 20,5
miliardi di euro per 25.776
reati accertati (71 al giorno, 3
ogni ora). Se consideriamo che
il contributo veneto al Pil
nazionale è attorno al 13%, è
stimabile in 3 miliardi di euro
il peso di questo business a
livello regionale.
Precise richieste presentate dal
Partito democratico
«Controllo dello smaltimento
Più poteri alla
Provincia»
Il Mattino di Padova, 26 giugno
2009
L’indagine sullo smaltimento
illecito di rifiuti tossico
nocivi nel territorio della
provincia di Padova pone ancor
più l’urgenza di azioni incisive
da parte degli enti pubblici
preposti (Provincia, Arpav,
Guardia Forestale...)
finalizzate ad intensificare e
rendere più efficaci i sistemi
di autorizzazione e di controllo
dello smaltimento dei rifiuti,
al fine di prevenire eventuali
azioni illecite. In particolare
riteniamo prioritari alcuni
interventi precisi. In primo
luogo la Provincia, quale ente
autorizzatorio, dovrebbe farsi
carico di chiedere ed ottenere
maggiori controlli sullo
smaltimento dei rifiuti da parte
degli enti preposti, tra cui
figurano l’Arpav e la Forestale,
segnalando puntualmente ditte ed
operatori del settore dei
rifiuti nei confronti delle
quali vengono richiesti
controlli. L’autorizzazione
provinciale riguarda la gestione
del rifiuto ed il suo recupero,
con particolare attenzione nei
confronti dei rifiuti speciali
pericolosi.
I controlli che devono essere
fatti dagli enti sopra
menzionati vertono sull’analisi
del rifiuto, sul fatto che se un
rifiuto entra in una ditta con
un certo codice ed esce con un
altro oppure è stato
adeguatamente trasformato o, nel
caso peggiore che raffigura un
illecito, è stato miscelato;
questo meccanismo può essere
impedito solo con un sistema di
controlli efficace che prevede
l’analisi del rifiuto stesso. In
secondo luogo, riteniamo
opportuno che l’Ente Provincia
esca dal capitale sociale di
società che operano nel settore
dei rifiuti, per concentrarsi
esclusivamente sul terreno delle
autorizzazioni ed evitare
situazioni anomale in cui l’Ente
Pubblico si trovi nel doppio
ruolo di controllore e
controllato. Punto numero tre, è
infine necessario intensificare
i controlli nella realizzazione
dei lavori pubblici, in
particolare sull’utilizzo dei
materiali per la costruzione di
strade e di opere viarie, poiché
spesso i rifiuti smaltiti
illecitamente vengono miscelati
da persone senza scrupoli
proprio all’interno del
conglomerato cementizio
utilizzato allo scopo di
realizzare opere pubbliche,
mettendo così a repentaglio la
salute pubblica della
popolazione.
Boris
Sartori e Fabio Rocco
rispettivamente consigliere
provinciale Pd responsabile Pd
Enti Sovracomunali
e Segretario provinciale del
Pd
visita il sito
www.alessandronaccarato.it
mail:
info@alessandronaccarato.it
tel 049660544 - fax 0498753610
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