L’INTERVENTO DI NACCARATO (PD)
«E’ chiaro, il Governo vuole
affossare l’Università»
Il Mattino di Padova, 30
ottobre 2008
E’ chiaro: il Governo
vuole affossare l’Università. Dietro i
proclami demagogici sugli sprechi di
denaro pubblico la destra colpisce
gravemente un settore strategico per il
futuro del nostro Paese. L’Italia è già
il Paese in cui si investe meno
nell’Università e nella ricerca (l’1,1%
del Pil contro la media OCSE del 2,8%)
e, riducendo indistintamente le risorse
economiche a tutti gli atenei, non se ne
migliora la qualità. Il Partito
Democratico non vuole difendere il
sistema universitario così com’è ora ma
la strada non può essere quella di «fare
cassa» con i tagli indiscriminati, il
blocco del turn-over del personale
docente e tecnico-amministrativo o,
peggio, con la proposta di trasformare
le Università pubbliche in Fondazioni
che riceveranno ancora meno risorse
statali.
Su quest’insieme di misure è nata, in
tutta Italia, una protesta spontanea che
coinvolge i Rettori, i docenti, il
personale tecnico-amministrativo e,
naturalmente, gli studenti, accomunati
per la prima volta da una profonda
preoccupazione per il futuro dell’Italia
che rischia di diventare un Paese di
serie B, arretrato tecnologicamente e
culturalmente, incapace di dare un
futuro ai propri giovani.
Bene ha fatto il Rettore
dell’Università di Padova Vincenzo
Milanesi a denunciare pubblicamente con
forza il tentativo palese del Governo
Berlusconi di delegittimare il movimento
di protesta, minimizzare ed isolare
quelle migliaia di persone che
manifestano da giorni in modo pacifico,
con lezioni in piazza e facoltà aperte,
chiedendo semplicemente, tutti insieme,
di essere ascoltati e coinvolti nelle
scelte che riguardano l’Università,
avanzando le loro proposte per
affrontare i problemi che certamente
esistono nel sistema universitario
italiano e che, però, vanno risolti con
serietà e lungimiranza.
Il Partito Democratico, quindi, ha
avanzato delle proposte concrete per
migliorare e rendere più competitivo il
sistema universitario del nostro Paese,
investendo nella ricerca e
nell’innovazione. Anzitutto, per non
sprecare le risorse, è indispensabile
costruire un serio sistema di
valutazione degli Atenei incentrato
sull’Agenzia Nazionale di Valutazione
del sistema universitario e della
ricerca (Anvur) nella quale il comitato
direttivo deve essere formato da esperti
di sistemi universitari di alto profilo
e indipendenti dalle forze politiche.
Un sistema analogo deve valere anche
per la ricerca: i progetti di ricerca da
finanziare devono essere valutati in
modo indipendente, sulla base di bandi
pubblici e metodologie internazionali di
valutazione trasparenti e la
collaborazione di istituzioni
internazionali come, per esempio, lo
European Research Council.
Inoltre, i finanziamenti statali a
favore delle Università dovrebbero
essere riuniti in un’unica voce ed
erogati in base al merito. Almeno in
parte (circa il 20%), dovrebbero
costituire un premio dello Stato agli
Atenei che, nel corso dell’anno, si sono
distinti per la qualità della propria
offerta formativa e della ricerca.
Un’altra parte (il 10%), invece,
dovrebbe costituire il contributo
statale pluriennale versato in base ad
obiettivi specifici di sviluppo di un
singolo Ateneo, cioè legati, ad esempio,
alla costruzione di nuove infrastrutture
o alla promozione di nuove linee di
ricerca universitaria.
La parte restante (il 70%), infine,
dovrebbe essere garantita a tutti gli
Atenei per sostenere i costi standard
per la didattica e la ricerca, calcolati
in base a parametri oggettivi e stabili
nel tempo.
Il presupposto fondamentale per la
realizzazione di queste proposte è,
però, l’aumento dei finanziamenti
pubblici al sistema universitario per
adeguarli alla media europea.
Per spendere meglio è poi necessario
garantire un sistema trasparente di
governo degli Atenei incentrato
sull’efficace funzionamento dei suoi
organismi: il Rettore, il Consiglio di
Amministrazione, formato su proposta del
Rettore stesso, per deliberare sulle
principali scelte gestionali delle
Università ed il Senato Accademico,
totalmente elettivo, per svolgere le
funzioni di indirizzo culturale di
garanzia e di controllo sull’attività
didattica dell’Ateneo.
Si tratta di proposte serie e concrete
che hanno l’obiettivo di valorizzare
responsabilmente il sapere e la
conoscenza, le più importanti risorse di
cui l’Italia dispone.
Interrogazione a risposta
scritta
presentata dall'On. Naccarato
Tagli al sistema universitario italiano
28 ottobre 2008
Al Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca.
Per sapere - premesso che:
in queste ultime settimane, nei più
importanti Atenei italiani, sono in
corso azioni di protesta, che
comprendono anche il blocco della
didattica universitaria, promosse da
docenti, ricercatori, studenti
contro i tagli indiscriminati in
questo settore decisi dal Governo
con la cosiddetta manovra economica
estiva, ora legge n. 133 del 2008;
rispetto allo stanziamento dei Fondi
di Funzionamento Ordinario (ovvero i
trasferimenti statali, di seguito
FFO) del 2008 destinato agli Atenei
italiani, la manovra economica
estiva del Governo ha ridotto tali
FFO del 19,7 per cento in cinque
anni. Si tratta, quindi, di una
riduzione di ben 1.441,5 milioni di
euro e precisamente: 63,5 milioni
nel 2009, 190 milioni nel 2010, 316
milioni nel 2011, 417 milioni nel
2012, 455 milioni nel 2013;
secondo quanto previsto dal Governo
questi tagli di spesa graveranno
indistintamente su tutte le
Università italiane, senza alcun
criterio oggettivo e trasparente per
garantire le necessarie risorse
economiche agli Atenei con bilanci
in equilibrio che mantengono già
oggi un rapporto virtuoso tra spese
fisse ed erogazioni statali;
in particolare, la scelta del
Governo di obbligare le Università
ad assumere solo il 20 per cento del
personale docente e
tecnico-amministrativo rispetto alle
cessazioni dell'anno precedente (il
cosiddetto blocco del turn-over)
rischia di avere gravi conseguenze
sul funzionamento degli Atenei e
sulla loro capacità di promuovere
un'adeguata offerta formativa;
tale scelta ha come ulteriore
conseguenza negativa il fatto che,
in previsione dell'attuazione dei
tagli di spesa decisi dal Governo,
come forma di precauzione per poter
continuare a svolgere la propria
attività didattica e formativa, le
Università italiane, tra aprile e
giugno 2008, hanno bandito
complessivamente 685 posti per
professore ordinario e 1.093 posti
per professore ordinario. Nei
prossimi anni si prevede perciò
l'assunzione di circa 3.500
professori universitari che
renderanno più difficile per i
giovani accedere a ruoli
universitari;
la convertibilità degli Atenei in
Fondazioni di diritto privato
(articolo 16 della legge n. 133 del
2008) colpisce fortemente il
principio di autonomia
dell'Università italiana ed il suo
carattere di istituzione pubblica,
al servizio di tutti i cittadini;
la ferma opposizione a questi
provvedimenti del Governo in materia
di istruzione e università è stata
chiaramente affermata dai maggiori
Atenei italiani, tra i quali anche
l'Università degli Studi di Padova
che, con una mozione del proprio
Senato Accademico approvata
all'unanimità il 20 ottobre scorso,
ha esplicitamente chiesto al
Ministro dell'istruzione e
dell'università di reintrodurre,
attraverso la Legge Finanziaria del
2009, i finanziamenti pubblici
tagliati con la legge n. 133 del
2008 distribuendoli secondo
parametri di qualità tra gli Atenei
e - per le Università con bilanci
economici in equilibrio - di poter
assumere almeno un congruo numero di
ricercatori -:
se il Ministro sia al corrente dei
fatti sopra esposti;
cosa intenda fare il Ministro per
venire incontro alle richieste
formulate dagli Organi di governo
dei principali Atenei italiani tra
cui il Senato Accademico
dell'Università degli Studi di
Padova;
quali misure il Ministro voglia
porre in essere per garantire
adeguate risorse economiche al
sistema universitario nazionale al
fine di mantenere un alto livello di
formazione superiore per gli
studenti, nonché un'offerta
formativa ed una qualità della
ricerca universitaria pubblica
competitive con quelle promosse dai
più importanti Atenei esteri;
cosa intenda fare il Ministro per
salvaguardare il carattere pubblico
dell'intero sistema di formazione
universitaria italiana chiaramente
sancito nella Costituzione del
nostro Paese.
Interrogazione a risposta
scritta
presentata dall'On. Naccarato
Preoccupazione per i tagli al sistema
scolastico italiano, anche in Veneto
22
ottobre 2008
Al
Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca.
Per
sapere - premesso che:
la manovra economica estiva promossa dal
Governo (legge n. 133/2008 Conversione
in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
recante disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione,
la competitività, la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione
tributaria) prevede una riduzione di
circa 7 miliardi e 800 milioni di euro
delle risorse destinate al settore
dell'istruzione in tre anni. In
particolare, viene previsto un taglio
complessivo di 87.245 insegnanti (pari
al 13 per cento in meno) e di 42.500
addetti al personale
tecnico-amministrativo (pari al 17 per
cento in meno);
nel triennio 2009/2011 si stima che la
riduzione più consistente del personale
docente riguarderà gli insegnanti della
scuola primaria, con una contrazione di
circa 30.274 unità. In Veneto, secondo
fonti istituzionali, si stima che la
riduzione del corpo docente interesserà
circa 320 maestri nell'anno scolastico
2009/2010 e oltre 1.200 nel quinquennio;
tale situazione ha destato, in Veneto
come a livello nazionale, molta
preoccupazione tra gli insegnanti ed i
genitori degli alunni che frequentano la
scuola primaria;
numerosi insegnanti di scuola primaria -
appoggiati dagli stessi genitori -
manifestano grande preoccupazione per la
situazione di grave difficoltà in cui si
verrebbero a trovare se i tagli di
bilancio fossero confermati, denunciando
soprattutto la diminuzione del tempo
scuola che creerebbe non pochi problemi
alle famiglie degli alunni di scuola
primaria con entrambi i genitori
occupati in attività lavorative,
l'impossibilità per l'insegnante unico
di garantire un insegnamento uniforme
rispetto agli alunni in difficoltà,
l'accorpamento dei piccoli plessi
scolastici con il conseguente aumento di
alunni per classe, il possibile
impoverimento complessivo dell'offerta
formativa della scuola;
nella Regione Veneto è particolarmente
importante l'integrazione degli studenti
stranieri. Infatti, nel Veneto, secondo
i dati forniti dall'Ufficio Scolastico
Regionale, gli studenti stranieri
rappresentano il 10,8 per cento della
popolazione scolastica (mentre la media
nazionale è del 6,4 per cento) pari a
61.592 studenti su un totale di 568.747.
Tale situazione necessita di strutture,
mezzi, personale adeguati che rischiano
di venire meno a causa dei tagli di
bilancio nel comparto dell'istruzione
scolastica -:
se il Ministro interrogato sia a
conoscenza dei fatti sopra esposti e che
cosa intenda fare per assicurare
adeguate risorse economiche al settore
dell'istruzione scolastica in Italia;
quali misure il Ministro interrogato
voglia porre in essere per chiarire al
corpo docente ed ai genitori degli
alunni delle scuole del Veneto quali
conseguenze concrete avranno le
riduzioni di bilancio nell'ambito
dell'istruzione già decise dal governo
in carica sulle strutture, sui mezzi,
sul personale e sui servizi del sistema
scolastico della Regione Veneto.
IL GOVERNO BERLUSCONI
CONTRO LA SCUOLA
Il dl 112/08 che è stato
convertito in legge ad agosto (scarica
il testo della legge n. 133/08
http://www.camera.it/parlam/leggi/08133l.htm) contiene
tagli alla scuola per 8 miliardi
di euro in tre anni e per 130 mila tra
docenti e ATA (87.341 docenti e 42.500
ATA) secondo la relazione tecnica di
accompagnamento al decreto-legge, per
circa 150 mila secondo altri calcoli.
Sono tagli assolutamente irrealizzabili
attraverso processi di riorganizzazione,
di miglioramento di efficienza e di
riequilibrio nella spesa, politiche che
il governo Prodi aveva attivato e
programmato per un triennio.
Sono tagli che si possono attuare solo
attraverso interventi strutturali, che
scardinano parti essenziali
dell’ordinamento scolastico:
l’integrazione dei ragazzi disabili (140
mila docenti)? Il tempo pieno nella
scuola dell’infanzia ed elementare (55
mila docenti)? L’educazione degli adulti
(10 mila docenti)? L’istruzione
professionale? La chiusura delle scuole
nei piccoli comuni, in montagna o nelle
isole minori? Ho più volte sollecitato
il Ministro Gelmini ad esplicitare le
modalità con cui intende intervenire il
Ministero della pubblica istruzione,
peraltro commissariato dal Ministero
dell’economia. Non ho avuto alcuna
risposta.
Gli emendamenti approvati dalla Camera
al testo originario del dl 112/08 hanno
aggravato o forse iniziato ad
esplicitare gli intendimenti del
governo, con l’abolizione di fatto
dell’obbligo di istruzione a 16 anni,
attraverso la possibilità di realizzarlo
nei corsi triennali regionali di
istruzione e formazione professionale.
Con questo emendamento che fine farà
l’istruzione professionale nazionale che
il governo Prodi aveva riportato come
parte integrante dell’istruzione
superiore? Intende il Ministro
trasferirla alle Regioni, realizzando
così una parte consistente dei tagli di
personale della scuola?
Abrogazione di
fatto dell'obbligo di istruzione a 16
anni
Si
stabilisce che l'obbligo di istruzione
si attua anche nei corsi triennali
regionali di istruzione e formazione
professionale.
Il Ministro Gelmini ha sostenuto che
nulla cambia rispetto a quanto deciso
dal governo Prodi.
In realtà, nei fatti, viene
ripristinato il doppio canale
per la scuola superiore definito dalla
Legge Moratti, facendo scegliere
ai ragazzi precocemente,
in terza media, quale percorso intendono
realizzare, se quello scolastico o della
formazione professionale.
Il governo Prodi, con l’innalzamento
dell’obbligo di istruzione, aveva
definito i
livelli dei saperi e delle
competenze
che i ragazzi devono raggiungere dopo 10
anni di scuola: saperi linguistici,
matematici, storici, scientifici e
tecnologici. A questi risultati i
ragazzi potevano giungere non solo nella
scuola, ma anche in percorsi formativi
gestiti da diversi soggetti, tra cui
associazioni ed enti di formazione
professionale, a condizione che questi,
attraverso l’iscrizione in un albo
nazionale, garantissero requisiti di
qualità - in termini di docenti, di
strutture, di dotazioni laboratoriali -,
necessari per il raggiungimento dei
livelli essenziali dei saperi e delle
competenze.
Tutto ciò viene cancellato, con il
conseguente superamento, di fatto,
dell'obbligo di istruzione. Si
peggiora addirittura la Legge Moratti,
che aveva previsto il diritto-dovere
nell'istruzione e formazione
professionale fino a 17 anni.
LE PREMESSE DEL PIANO GELMINI E
DEI TAGLI DI TREMONTI SULLA SCUOLA SONO
INFONDATE*
(Tratto dal sito
www.bastico.it
dell'ex Sottosegretario all'istruzione
del Governo Prodi Mariangela BASTICO,
ora Senatrice del PD)
Le premesse del
Ministro Gelmini:
1) la spesa per l’istruzione è fuori
controllo;
2) negli ultimi 10 anni gli alunni sono
diminuiti e la spesa è cresciuta di
oltre 10 miliardi;
3) il 97% della spesa è destinata agli
stipendi;
4) la spesa per alunno è più alta della
media OCSE.
Le conclusioni di
Gelmini e Tremonti:
meno 87.400 docenti, meno 44.500 Ata,
meno 7,8 miliardi di euro in tre anni
per la scuola.
In realtà:
1) La spesa per l'istruzione non
è fuori controllo
Dal 1990 al 2007 la spesa dello Stato
per l'istruzione è passata dal 3,9% al
2,8% del PIL (-1,1% pari a 16,9 miliardi
di euro) Dal 1997 al 2007 la spesa è
passata dal 3% del PIL al 2,8% (-0,2%
pari a 3,07 miliardi di euro). Facendo
100 la quota del PIL per l'istruzione
nel 1997 nel 2007 tale quota è scesa a
93. Se questa tendenza avesse riguardato
tutti i settori della spesa dello Stato
il debito pubblico sarebbe diminuito
significativamente.
Per consultare i dati
spesa per la pubblica istruzione
1997-2007 scarica
http://www.bastico.it/files/barbieritab1.pdf
2) Il numero degli alunni
(1997-2007) è aumentato
Mentre cala la spesa per l'istruzione e
il numero degli insegnanti, il numero
degli alunni aumenta dal 1997 al 2007
del 2% (+ 152.246)
Per consultare i dati sulla variazione
alunni e docenti 1997-2007 scarica
http://www.bastico.it/files/barbieritab2.pdf
3) La spesa per il personale è
inferiore al 74% della spesa pubblica
per l'istruzione
Nell'attuale assetto istituzionale il
Ministero della Pubblica Istruzione non
è l'unico soggetto pubblico che spende
per la scuola. Regioni, Province
e Comuni hanno competenze
importanti in materia (edilizia
scolastica, manutenzione, arricchimento
delle dotazioni didattiche, mense,
trasporti e diritto allo studio) e
destinano a queste risorse pari al 18%
della spesa totale. Si tratta in via
prevalente di investimenti, anche se le
risorse a questo scopo sono
assolutamente insufficienti.
Il Ministero (dati 2007) ha speso 42,4
miliardi di euro per il funzionamento
corrente delle scuole e per il
personale, a cui ha destinato circa il
90% delle risorse. Infatti, 3,1 miliardi
di euro sono stati trasferiti alle
scuole per il funzionamento e il
miglioramento delle attività didattiche
(spesa corrrente, ma non di personale).
La spesa, quindi, per il personale
costituisce il 73,8% della spesa
pubblica complessiva per l'istruzione.**
3.1) L'incidenza della spesa per
l'istruzione sulla spesa pubblica totale
si è progressivamente ridotta
Mentre nel 1990 era pari al 10,3%, nel
2006 si è ridotta all'8,8%, con un calo
del 15%, il che evidenzia che in altri
settori si è speso maggiormente, a
discapito delle risorse per
l'istruzione.
4) La spesa per alunno non è più
alta della media OCSE perchè va
calcolata correttamente
4.1) Integrazione dei ragazzi
disabili
Il Governo e alcuni commentatori
evidenziano che il rapporto
docenti/alunni in Italia 1:9, contro ad
una media europea di 1:13, determina un
costo medio per alunno superiore a
quello di altri Paesi europei e
quantificano in circa 200 mila i docenti
in eccesso.
La ragione principale di questo presunto
numero di insegnanti eccedenti sta nella
scelta che l'Italia ha fatto dagli anni
'70 di inserire gli alunni disabili
nelle classi, mentre in molti Paesi
europei l'istruzione di tali alunni è
affidata a scuole speciali, non
afferenti al sistema dell'istruzione e
le cui spese vengono imputate alle
politiche sociali o sanitarie.
Gli insegnanti di sostegno sono
attualmente circa 93 mila; 37.400 sono
le classi che aumentano per effetto
della presenza degli alunni disabili
(meno 5 alunni per classe rispetto al
tetto massimo) corrispondente ad un
aumento di 74.800 docenti. Oltre
150.000 docenti sono dunque
utilizzati per l'integrazione dei
ragazzi disabili nella scuola. I soli
insegnanti di sostegno rappresentano il
12,5% dell'organico dei docenti, in
relazione a circa il 2% di ragazzi
disabili rispetto all'intera popolazione
scolastica. E' questo un grande
investimento e una scelta di civiltà
che, ad oggi, nessuno dichiara di voler
mettere in discussione.
4.2) Tempo pieno e tempo
prolungato
Il tempo pieno nella scuola
dell'infanzia (nel 90.4% delle
classi) comporta l'incremento di 38.215
docenti
Il tempo pieno nella scuola
elementare (nel 24.13% delle
classi) comporta l'incremento di 16.297
docenti.
Il tempo prolungato nella scuola
media (nel 28.64% delle classi)
comporta l'incremento di 26.116 docenti
Oltre 80.000 docenti
sono dedicati ai modelli educativi di
tempo pieno e di tempo prolungato, che
intendiamo salvaguardare e valorizzare,
in base alle scelte delle famiglie e
delle scuole autonome. In numerosi Paesi
europei le attività eccedenti l'orario
diurno vengono imputate non
all'ordinamento scolastico, ma ad altri
settori (sociale, del tempo libero,
culturale) delle amministrazioni
pubbliche.
* Dati e notizie tratte da un testo di
Emanuele Barbieri
** Dati tratti dal "Dossier per la
scuola (2008)" di Tuttoscuola
Per conoscere il c.d. "Piano
Gelmini" scarica:
http://www.bastico.it/files/pianoart64l133_08.pdf
IL GOVERNO BERLUSCONI
CONTRO L'UNIVERSITA'
Tagli al
fondo di funzionamento ordinario per
l'Università
E’ prevista una riduzione fortissima del
Fondo di funzionamento ordinario, pari a
1 miliardo e 443 milioni entro il 2013,
che comprometterà la didattica, la
ricerca e il diritto allo studio.
Blocco del turn over
Prevede il turn
over solo al 20%: in pratica, ogni dieci
dimissioni solo due saranno sostituite.
Questa scelta preclude nei fatti
l'accesso dei giovani, contraddicento a
un principio fondamentale per la qualità
della ricerca e della didattica, che
consiste nell'immettere accanto a
persone di maggiore esperienza giovani
docenti e ricercatori.
Traformazione delle Università in
Fondazioni di diritto privato
Il provvedimento prevede la possibilità
degli Atenei di trasformarsi in
Fondazioni di diritto privato. Una norma
che dà il via libera alla
privatizzazione delle Università, poco
chiara nei suoi contenuti, certamente in
grado di bloccare qualsiasi processo di
innovazione e riforma del sistema
universitario pubblico.
Molti Atenei italiani e la CRUI
(Conferenza dei Rettori delle Università
Italiane) si sono mobilitati contro
questi provvedimenti, chiedendone
l'abrogazione.
Il PD, concordando su queste
valutazioni, svolgerà un'azione forte di
contrasto di queste norme e di proposta
per costruire una prospettiva di
innovazione e di rafforzamento del
sistema universitario e della ricerca.
Per conoscere i giudizi della CRUI
scarica:
http://www.crui.it/HomePage.aspx?ref=1539
http://www.crui.it/Homepage.aspx?ref=1510
Scarica le dieci proposte del PD
sull'Università collegandoti a
http://download.repubblica.it/pdf/2008/PD-
proposte-universita.pdf
(le trovi anche in
allegato a questa newsletter)
IL TESTO.
Mozione approvata all'unanimità
dal Senato Accademico dell'Università
degli Studi di Padova
Contro i
tagli agli Atenei decisi dal Governo
Berlusconi
20 ottobre 2008
Già
nella seduta del 15.09.2008 il Senato
Accademico espresse una
valutazione fortemente critica nei
confronti delle misure assunte dalla
cosiddetta "manovra d'estate" e che
hanno ricevuto una definitiva
approvazione parlamentare con il D.L.
25.06.2008 n. 112, convertito in legge
6.08.2008 n. 133.
Sinteticamente si indicano qui le
principali linee di intervento di tali
provvedimenti di legge ed i loro effetti
negativi per il nostro sistema
universitario:
- La trasformazione in Fondazioni delle
Università determina la
privatizzazione degli Atenei, con la
conseguenza di privare il Paese della
risorsa rappresentata da una rete di
università pubbliche;
- La riduzione del Fondo per il
Finanziamento Ordinario con tagli ai
finanziamenti per gli Atenei di oltre
400 milioni di euro all'anno e
la riduzione
del turn over con assunzione di
personale docente e
tecnico-amministrativo
solo nella misura del 20% delle
cessazioni dell'anno precedente avranno
le
gravissime conseguenze di rendere
impossibile il funzionamento degli
Atenei,
di rendere ancor più difficile la
competitività internazionale delle
nostre
Università, di impedire il ricambio dei
giovani, perdendo un preziosissimo
capitale umano e accelerando la "fuga
dei cervelli" dal nostro Paese.
Il Senato Accademico dell'Università di
Padova è consapevole della
situazione di difficoltà dell'economia e
della finanza pubblica del Paese.
Tuttavia, ribadendo il giudizio
fortemente negativo già espresso,
ritiene
grave ed irresponsabile una politica che
proceda attraverso riduzioni così
massicce dei finanziamenti per le
Università pubbliche al solo scopo di
"fare cassa" a spese dei loro bilanci.
Per di più, una politica di tagli
indiscriminati penalizza doppiamente
proprio gli Atenei che hanno un rapporto
virtuoso tra spese fisse e FFO, e
non avvia quella politica, oggi invece
necessaria, di riqualificazione della
spesa.
L'Università di Padova non può accettare
in alcun modo che il Paese rinunci
alla formazione superiore del proprio
capitale umano e che si affossi il
sistema universitario - anche con
l'inaccettabile proposta di
trasformazione
delle Università in Fondazioni private -
così abdicando ad un suo
fondamentale dovere e ledendo una volta
di più il principio,
costituzionalmente sancito,
dell'autonomia universitaria. Non è più
possibile che si generalizzi la
situazione dell'intero sistema
universitario
italiano evitando di distinguere gli
Atenei che si sono comportati in modo
corretto in questi ultimi anni e gli
Atenei che hanno invece dimostrato di
gestire in modo disinvolto i loro
bilanci. L'Università di Padova, che ha
il
bilancio perfettamente a posto, è ai
primissimi posti nel ranking nazionale
e ha investito massicciamente nella
ricerca e nella formazione di giovani
ricercatori, promuoverà pertanto nel
prossimo periodo una vasta campagna
informativa per illustrare all'opinione
pubblica le motivazioni della
propria posizione contraria ai
provvedimenti governativi.
Per queste ragioni il Senato
Accademico
- chiede con forza al Ministro di
reimmettere nel sistema universitario
con
la Legge Finanziaria 2009 i
finanziamenti tagliati con la "manovra
d'estate", distribuendoli secondo
parametri di qualità tra gli Atenei e
che
le Università sotto il 90% nel rapporto
tra spese fisse e F.F.O. possano
almeno assumere ricercatori, uscendo in
questo senso dal blocco del turn
over previsto dalla manovra stessa;
- individua per le prossime settimane
una serie di iniziative che hanno come
principale obbiettivo quello di
promuovere un'ampia e partecipata
mobilitazione dei docenti, del personale
tecnico-amministrativo e degli
studenti e di coinvolgere le famiglie e
l'intera società civile del Paese
nella mobilitazione a difesa
dell'Università come bene pubblico e per
il
rinnovamento, secondo parametri di
qualità, del sistema universitario
italiano;
- auspica che i Presidi di Facoltà nella
giornata di giovedì 23 ottobre
p.v., nella mattinata, dalle ore 10.00
alle ore 13.00, promuovano assemblee
di Facoltà, con contemporanea
sospensione delle attività didattiche,
per
approfondire e dibattere i contenuti
della legge 6.08.2008 n. 133;
- chiede ai docenti dell'Ateneo di
ribadire agli studenti, nel corso della
loro attività didattica, gli aspetti
negativi dei provvedimenti previsti
dalla "manovra d'estate" e di
sviluppare, nelle forme e nei modi che
ciascuno riterrà più opportuni, azioni
come le "lezioni in piazza" che
abbiano quale diretto obiettivo la
sensibilizzazione dell'opinione pubblica
cittadina contro l'azione del governo
sull'Università, illustrando i motivi
dell'agitazione in corso ed esplicitando
le motivazioni della protesta;
- chiede al Magnifico Rettore:
. di inviare alle famiglie
degli studenti una lettera del Senato
Accademico
che illustri la posizione
dell'Università di Padova sulle
questioni di cui
sopra si è parlato;
. di richiedere ai Presidenti del
Consiglio Comunale di Padova, del
Consiglio Provinciale e del Consiglio
Regionale del Veneto un incontro
istituzionale che preveda la
partecipazione del Rettore dell'Ateneo,
per
promuovere l'approvazione di un o.d.g di
solidarietà nei confronti
dell'agitazione in atto e per sviluppare
un ampio dibattito, costruendo
proposte comuni con gli altri soggetti
istituzionali sulle prospettive del
sistema universitario regionale;
. di prendere contatto con i
responsabili istituzionali degli Enti e
delle
Associazioni i cui rappresentanti sono
stati chiamati a far parte della
Consulta del Territorio, per ulteriori
forme di sensibilizzazione e di
coinvolgimento.
Il Senato Accademico, nel ribadire la
propria ferma opposizione all'azione
in atto di attacco gravissimo
all'Università come istituzione pubblica
essenziale per il futuro del Paese e
delle generazioni più giovani,
sottolinea come l'obiettivo delle forme
di mobilitazione individuate sia
quello di esprimere tutta l'indignazione
del mondo universitario per tale
azione, aprendo gli Atenei al necessario
dialogo con le realtà istituzionali
e con la società civile del territorio,
senza peraltro compromettere la
formazione degli studenti, ledendo il
loro diritto ad un apprendimento
efficace attraverso un regolare
svolgimento delle attività didattiche in
corso.
LA RASSEGNA STAMPA
DELLA MOBILITAZIONE ALL'UNIVERSITA' DI
PADOVA
Il Rettore: «Se fossi uno
studente me ne andrei anch’io
all’estero»
Il
Mattino di Padova, 23 ottobre 2008
PADOVA.
L’Università invade la città
coinvolgendola. Questa mattina, alle
9.30, studenti di ogni età, docenti di
ogni ordine e grado e famiglie di ogni
classe sociale si ritrovano in Prato
della Valle per sfilare verso il centro
in un corteo sincrono allo sciopero
generale della scuola che i sindacati
organizzano sempre stamane di fronte al
Senato, nella capitale.
L’adesione è libera e dal rettore
dell’ateneo patavino arriva il massimo,
ideale, appoggio. «Sebbene il mio ruolo
istituzionale mi impedisca di scendere
in piazza, ribadisco il mio «no» alla
legge 133». Vincenzo Milanesi batte i
pugni sul tavolo. «E’ impensabile che lo
Stato speri di fare cassa a spese del
sistema scolastico e universitario. E’
inaccettabile che da una parte si
elimini l’Ici e dall’altra ci si ritorca
sugli studenti e le loro famiglie». Il
Magnifico snocciola la delicata
questione dei tagli all’istruzione punto
dopo punto. Sulla scuola si è già
deciso: ieri l’approvazione del testo
normativo. Ma gli atenei italiani vivono
in un’angosciosa incertezza. «Attendiamo
dal ministro Gelmini proposte specifiche
relative all’università, fiduciosi che
saranno condivisibili. Da parte mia e
dei colleghi dell’Aquis (associazione
per la qualità delle università italiane
statali), ribadisco la più totale
disponibilità al confronto».
TAGLI. «Dal 2010
cadranno piogge acide: perciò ci stiamo
muovendo per tempo». A paventarsi
all’orizzonte, meno assunzioni e più
tasse. «Questo - continua Milanesi - è
il quarto anno che non aumentiamo le
tasse; per il 2009 il nostro bilancio
reggerà e continueremo ad investire. Ma
poi?».
FALCE. «Becchi e
bastonati, cornuti e mazziati:
comportarsi nel rispetto delle norme,
non serve a nulla. Il nostro ateneo,
diversamente da altri, ha tenuto sotto
attento controllo la spesa per
assunzioni e promozioni di carriera. I
tagli però saranno indiscriminati;
chiediamo al ministro dell’economia di
redistribuire i quattrini dopo i tagli
secondo criteri che salvaguardino le
strutture migliori».
NO ALLE FONDAZIONI.
«Il bilancio annuo dell’università
patavina è di 560 milioni di euro: se
dovessi metterla in vendita, chi la
comprerebbe?». La sua è una domanda
retorica: la risposta è «nessuno».
«L’idea di trasformare le università in
fondazioni è una bufala. Uno dei
problemi maggiori del nostro Paese è
proprio il basso tasso di investimento
privato nella ricerca. Basso rispetto
all’Europa, addirittura fuori scala se
confrontato con il dato di Stati Uniti e
Giappone. Nessun ateneo, e sono pronto
ad accettare scommesse e ad offrire cene
se dovessi sbagliarmi, accetterebbe.
Questo è un provvedimento fetente, solo
un ateneo di pazzi lo farebbe». E
precisa:”Non sono contrario ai
finanziamenti da parte di privati ma
ritengo che questa volontà d’azione
possa comportare un forte sbilanciamento
di forze». Milanesi appoggia la fuga dei
cervelli. «Se fossi più giovane, anch’io
correrei all’estero. Il Paese sbaglia a
non investire sul capitale umano di
qualità, è autolesionismo».
UNIVERSITA’ APERTA.
«Bello lo striscione appeso all’ingresso
di Scienze politiche: finalmente non una
facoltà okkupata con la «k» ma «aperta».
E’ questo lo spirito che mi sento di
sostenere». Stasera, nei cortili di Bo e
Comune, l’ateneo incontra e invita la
cittadinanza. Un maxi schermo proietterà
un’intervista al rettore e seguiranno
dibattiti.
CONVEGNO. La parola
agli esperti. Oggi, alle 16.30, la
facoltà di Economia propone in via Bassi
un incontro-dibattito sul”finanziamento
del sistema universitario». A
pronunciarsi sulla finanziaria, saranno:
il preside Cesare Dosi, il presidente
della Commissione tecnica per la finanza
pubblica Gilberto Muraro e Francesco
Fagotto, ordinario di economia
aziendale. Intanto, su Facebook, la
comunità online più in voga del momento,
la causa «A favore dell’istruzione e
della ricerca-No alla legge 133/’08» sta
passando di contatto in contatto: fino a
ieri, gli iscritti erano 137 mila.
Cerimonia funebre organizzata dagli
studenti «senza etichette»,
non ci sono le autorità accademiche ma
partecipa Zanonato
Gran folla al funerale
dell’istruzione
In
cinquemila ieri sera alle «esequie» con
fiaccolata dal Bo al Prato
Il
Mattino di Padova, 29 ottobre 2008
Fra bare e crocefissi anche
Galileo Galilei nume tutelare di una
formazione e ricerca scientifica
sott’attacco.
PADOVA. Gusto
forse discutibile, impatto sicuramente
forte per le esequie più affollate che
Padova abbia visto da diverso tempo a
questa parte. Almeno 5 mila persone
hanno preso parte ieri sera al «funerale
dell’istruzione pubblica» organizzato
dagli studenti, con buona presenza anche
di docenti e ricercatori, che partito
dal Bo ha raggiunto Prato della Valle.
Una «prova generale» della dimostrazione
«in difesa del mondo della formazione,
contro la riforma Gelmini-Tremonti» che
questa mattina alle 9.30 prenderà il via
dallo stesso Prato per snodarsi
attraverso il centro cittadino. Con una
partecipazione che si annuncia ancora
più massiccia, nonostante molti giovani
e insegnanti abbiano scelto di recarsi a
Roma per la manifestazione nazionale nel
giorno di sciopero generale della scuola
indetto dai sindacati.
Intanto la «cerimonia funebre» padovana
di ieri sera ha marcato un successo di
adesione e di attenzione, da parte della
città, superiore a ogni previsione.
Organizzato da studenti rigorosamente
«senza etichette» politiche né
ideologiche (assenti, anzi, i leader più
noti del movimento universitario), il
corteo-fiaccolata «per commemorare la
scomparsa della nostra cara istruzione
pubblica», già ben grosso in partenza,
ha raccolto numerosissime altre persone
lungo il percorso per le vie Roma e
Umberto Primo (itinerario dunque
pedonale, com’è tipico delle iniziative
pubbliche di questa mobilitazione),
attratte dalla suggestività coreografica
del «rito» ma soprattutto interessate ai
concreti temi sollevati dalla
contestazione ai provvedimenti del
governo.
Sono le 17.45, con scrupoloso rispetto
del quarto d’ora accademico, quando il
funerale si muove. In testa, le bare
portate a spalle dell’Istruzione,
dell’Ateneo, della Scuola, c’è anche
un’Università crocefissa. Molti sono
vestiti di nero in segno di lutto, quasi
tutti recano in mano una luce, candele o
fiaccole, qualcuno porta lampadinette
addosso o attorno ai capelli. Non c’è il
rettore Vincenzo Milanesi, né si fanno
vedere autorità istituzionali del Bo,
che alla vigilia aveva espresso
«simpatia» ma non condivisione. Non
manca invece il sindaco Flavio Zanonato,
che all’uscita dal Comune di buon grado
si è lasciato «catturare» dagli studenti
e marcia in mezzo a loro, «da privato
cittadino che ha a cuore le sorti della
formazione e della ricerca», discutendo
con passione i problemi: «E’ un’idea
suicida questa dei tagli indiscriminati,
per “fare cassa” senza progettualità.
Non vale obiettare che all’università ci
sono sperperi e baronie, con corsi di
laurea per pochi intimi: risolviamole
queste contraddizioni, non ammazziamo il
malato». E offre il Palasport per
un’eventuale assemblea di ateneo. Tra
gli altri partecipanti «eccellenti»,
nientemeno che Galileo Galilei in
effigie a formato naturale, issato sulle
spalle come nume tutelare delle
difficili sorti della scienza.
Corteo funebre debitamente mesto, con
una tristezza accentuata dalla pioggia,
con le lucette a illuminare la scena
buia discretamente da sotto gli
ombrelli. Silenzioso fino in Prato, con
frequenti «shhh» ad ammonire chi alza la
voce. Le forze dell’ordine sorvegliano
quietamente, con malcelati accenni di
solidarietà da parte dei padri di
famiglia. Cerimonia non priva di qualche
accentuazione macabra nella messinscena,
a sottolineare il dolore per la perdita
dell’estinto. Ma i ragazzi sono giovani
e la vitalità, non sconfitta dai
provvedimenti contestati, ha la meglio e
si esprime anche con improvvisazioni
giocose.
Al centro del Pra’, davanti alla
fontana, i feretri vengono deposti a
terra e ha inizio il rito laico,
introdotto da musica dark-rock e più
tardi accompagnato dal Requiem di
Mozart. Studenti di diverse età svolgono
brevi commemorazioni, come i ragazzi
fanno ai funerali veri con «pensieri»
per ricordare il compagno morto.
L’orazione funebre «ufficiale» è svolta
da un precario di Lettere, che fa una
parodia seria del discorso di Marco
Antonio nel «Giulio Cesare» di
Shakespeare, con il capo dei congiurati
Bruto che diventa «Silvio uomo d’onore».
Infine tutti, con un grande applauso,
sono invitati a un minuto di
raccoglimento spegnendo i lumi, che poi
vengono riaccesi per continuare la
testimonianza dell’impegno.
Giovedì nei cortili di Bo e
Comune
serata aperta rivolta a tutta la città
Il Mattino di Padova, 28 ottobre 2008
Decise da rettore e présidi
nuove iniziative di protesta, sarà
illuminato anche il Salone Seminari di
ateneo e convegno nazionale.
Università aperta a tutta la
città, per incontrare la collettività,
spiegare e discutere le motivazioni del
«no» dell’ateneo alla riforma Gelmini e
ai provvedimenti finanziari del governo.
Accadrà giovedì sera nel cortile antico
di Palazzo del Bo, con «prolungamento»
nel dirimpettaio cortile di Palazzo
Moroni, creando una sinergia
comunicativa fra Ateneo e Comune. E’ la
decisione più «pubblica», rivolta
all’intera comunità padovana, presa ieri
dalla conferenza dei 13 présidi di
facoltà nel summit convocato dal rettore
Vincenzo Milanesi per concordare le
nuove iniziative da intraprendere nell’ámbito
della vertenza sulla legge 133. Dopo le
due ravvicinate prese di posizione del
Senato accademico, dopo le
affollatissime assemblee di facoltà
della settimana scorsa, il Bo a livello
istituzionale assume dunque un’ulteriore
iniziativa, questa volta di carattere
più direttamente «dimostrativo» nei
confronti dei cittadini tutti.
La serata di giovedì, alla fine della
giornata di sciopero generale nel mondo
della scuola indetto dai sindacati, e
d’arrivo della legge di riforma alla
discussione del Senato dopo
l’approvazione alla Camera, vedrà
illuminati il cortile universitario e
quello del municipio
(all’amministrazione verrà chiesto anche
di illuminare il palazzo della Ragione,
sempre per dare un segno anche
visivamente percepibile della
mobilitazione in corso) per consentire
un grande incontro di sensibilizzazione
sui temi sul tappeto. L’informazione,
oltre che attraverso gli interventi,
avverrà anche tramite video. I présidi
assieme al rettore hanno così ribadito
la volontà di mantenere l’università
aperta e dialogante, respingendo ipotesi
di chiusura con blocchi della didattica
e raccomandando di evitare occupazioni
di sedi.
La riunione di ieri ha avallato altre
decisioni. Oggi stesso l’Ateneo spedirà
alle famiglie degli studenti una lettera
per illustrare la situazione e le
ragioni della protesta. Alla solidarietà
verranno invitati i presidenti dei
Consigli comunale, provinciale e
regionale. In un pomeriggio della
settimana prossima, in collaborazione
con i rappresentanti studenteschi, si
svolgeranno in contemporanea in tutte le
facoltà seminari cui le massime autorità
dell’ateneo parteciperanno in
videoconferenza. Scartata invece l’idea
di un’assemblea plenaria di ateneo,
giudicata impraticabile. Più avanti, si
terrà a Padova un convegno nazionale,
sorta di «stati generali
dell’università», con il Bo referente di
tutte le sedi che vorranno aderire (non
solo nell’ámbito dell’associazione Aquis).
Quanto al «funerale dell’università» in
programma domani sera, organizzato dagli
studenti, il Bo esprime «simpatia» ma
non parteciperà ufficialmente.
ISTITUTI IN TRINCEA
«Alt alla riforma Gelmini
con barricate creative»
Oggi presídi alle entrate delle
superiori, alunne in nero vestite a
lutto Domani festa in piazza di genitori
e insegnanti
Il Mattino di Padova, 23 ottobre
2008
Al Senato è partito ieri l’esame del
decreto-legge sull’istruzione pubblica
già passato alla Camera, nel mondo della
scuola monta la protesta e da oggi si
prospetta un fine-settimana di fuoco
anche a Padova. «Occuperemo le entrate
degli istituti per sbarrare la strada
alla riforma Gelmini e ai relativi tagli
previsti al sistema scolastico»:
l’appello della Rete nazionale degli
studenti a ribellarsi con scioperi
«creativi», assemblee e sit-in è stato
immediatamente accolto dalla delegazione
locale, che oggi farà sbandierare grandi
striscioni dalle finestre di Tito Livio,
Cornaro, Duca D’Aosta, Scalcerle e
Galilei di Selvazzano.
«Al Livio e al
Fermi - annuncia Margherita Colonnello,
coordinatrice della Rete - faremo anche
volantinaggio. Al Ruzza le studentesse
vestiranno a lutto, indossando tutte
abiti neri». Ma non è finita qui: «Il
prossimo giovedì 30 ottobre marceremo
assieme ai sindacati su Roma per
prendere parte allo sciopero generale
della scuola indetto per bloccare la
riforma. Le adesioni da parte nostra
sono finora giunte a quota cinquanta».
Domani sarà invece la volta del
Comitato genitori-insegnati no-Gelmini:
da metà pomeriggio, piazza dei Signori
sarà teatro di un’iniziativa volta a
sensibilizzare tutta la cittadinanza a
sostegno della causa della scuola
pubblica. L’approccio non bellicoso
della creatività come chiave di lettura
prescelta per contrastare il decreto
legge 137 non cambia: «In programma -
spiega la portavoce Stefania Donegà -
una festa con spettacoli teatrali e
musicali, danze, laboratori e
maxi-merenda per i più piccoli». Gli
adulti saranno invitati a siglare con
una firma un «no» deciso alla «scure del
ministro che colpisce principalmente
l’istruzione elementare, stravolgendone
l’attuale organigramma e senza
esplicitare un nuovo, eventuale modello
pedagogico». A mobilitarsi con
astensioni dalle lezioni e occupazioni
sono anche Federazione giovanile veneta
dei Comunisti italiani, Psychology group
di Padova e Associazione patavina
studenti universitari. Il 17 novembre,
giornata mondiale per il diritto allo
studio, mobilitazione regionale di Cgil,
Cisl, Uil, Snals e Gilda. A destra, a
spalleggiare gli studenti anche Forza
Nuova: il coordinatore nazionale Paolo
Caratossidis dichiara che «se Berlusconi
minaccia gli studenti, noi li
fiancheggeremo».
UNIVERSITA’ FERMA
Stop di 3 ore alla didattica assemblee
nelle facoltà
Il
Senato accademico contro i provvedimenti
del governo
Lezioni in piazza per protesta
Il
Mattino di Padova, 23 ottobre 2008
L’università si ferma questa mattina tre
ore, dalle 10 alle 13, per dire no alla
riforma Gelmini sintetizzata nella legge
133, approvata dalla Camera e ora attesa
dal 30 ottobre al vaglio del Senato:
data per la quale è già stato proclamato
dai sindacati lo sciopero generale della
scuola. Uno «stop», quello odierno, che
trova uniti gli studenti e le massime
istituzioni accademiche. E’ venuto dal
Senato del Bo, che nei giorni scorsi ha
approvato all’unanimità una nuova dura
mozione contro i provvedimenti del
governo, l’invito ai présidi di tutte le
13 facoltà dell’ateneo a promuovere per
oggi assemblee con contemporanea
sospensione dell’attività didattica. E
questa mattina i dibattiti sono in
programma ovunque, con più di un
appuntamento per le facoltà maggiori
come Ingegneria, Scienze e Psicologia.
Il Senato ha lanciato anche diverse
altre iniziative per contrastare la
«manovra d’estate» (ispirata dai
ministri Tremonti e Brunetta) e la sua
successiva traduzione in legge: che
comprende pesanti tagli finanziari alle
università e alla ricerca, la
limitazione del turnover per il
personale sia docente che
tecnico-amministrativo, la possibilità
per gli atenei di trasformazione in
fondazioni private, il decurtamento
delle retribuzioni dei dipendenti.
L’organismo accademico ha invitato il
rettore Vincenzo Milanesi a inviare alle
famiglie degli studenti una lettera che
illustri le posizioni critiche del Bo, e
i docenti a discutere nelle aule gli
aspetti negativi dei provvedimenti,
considerando anche l’opportunità di
svolgere «lezioni in piazza» per
protesta.
Da parte loro gli studenti, che nei
giorni scorsi avevano più volte
pacificamente occupato il cortile del
palazzo centrale, anche ieri hanno
organizzato assemblee autogestite per
«prepararsi» agli odierni appuntamenti
ufficiali. L’incontro di Lettere e
Filosofia al Liviano ha dato luogo a una
breve manifestazione pubblica
nell’attigua piazzetta San Nicolò. Una
parte del movimento porterà oggi agli
incontri nelle facoltà la proposta di
bloccare la didattica fino al 30
ottobre, e di organizzare una
manifestazione di ateneo. Non sembra
invece trovare seguito, per ora,
l’ipotesi di procedere a occupazioni.
Un’eventualità contro la quale si sono
espressi i rettori e in particolare
quelli aderenti ad Aquis, l’associazione
delle università cui aderisce il Bo.
IL PRESIDE DI SCIENZE, CALIMANI
«Atenei privati, supertasse
per le famiglie»
Il
Mattino di Padova, 23 ottobre 2008
Il preside di Scienze, Eugenio Calimani,
è tra i capi delle 13 facoltà in primo
piano nella rivolta contro i
provvedimenti governativi: è stato lui,
assieme al prorettore vicario Giuseppe
Zaccaria, a rappresentare il Bo nella
manifestazione pubblica di mercoledì
della scorsa settimana sul listón,
promossa dai sindacati dell’università e
della ricerca.
«Contro la trasformazione degli atenei
pubblici in fondazioni di diritto
privato», rileva Calimani, «un ulteriore
rilevante argomento è collegato alla
profonda mutazione che ne potrà derivare
per quanto riguarda il sistema del
diritto allo studio. Non sarà più
assicurata ai “meritevoli anche se in
condizioni disagiate”, come recita la
Costituzione, la possibilità di
“accedere ai gradi più alti della
cultura” e della formazione. La
suddivisione in università di serie A e
di serie B, a seconda delle opportunità
di autofinanziamento, consentirà ad
alcuni atenei di sopravvivere e Padova
certo sarà tra questi: ma il ruolo nei
confronti dei giovani capaci e
meritevoli cambierà profondamente. In
uno Stato che rifugge dalle proprie
responsabilità e dal proprio ruolo,
all’insegna del passaggio al privato ad
ogni costo, si vuole spostare il
finanziamento del sistema universitario
dal contribuente all’utente. Così le
tasse universitarie, che oggi al Bo
vanno da poche centinaia di euro a un
massimo di 1.800 in dipendenza dalle
condizioni economiche delle famiglie
degli studenti, passaranno a 4.500 -
9.500 euro, come alla Bocconi. Si tratta
infatti di moltiplicare le tasse per un
fattore 10 per i meno abbienti e per un
fattore di più di 5 per gli studenti in
condizioni agiate».
«Quanto alla ricerca», rileva il
preside di Scienze, «i nostri ministri
partecipano alle dichiarazioni europee,
quali quelle di Lisbona e Berlino, sulla
“società della conoscenza”, ma
approvando la legge 133 il Parlamento li
ha smentiti nel modo più clamoroso.
L’Italia è il fanalino di coda nelle
risorse dedicate alla formazione e alla
ricerca nelle università (0,9% del Pil
rispetto alla media Ocse dell’1,5%). I
tagli previsti dalla “133” (più del 20%
del Fondo di finanziamento ordinario in
cinque anni) vengono quindi applicati
nel nostro paese a un sistema già
abbondantemente sottofinanziato».
«Il risultato», conclude Calimani,
«sarà fatalmente, se non verranno prese
contromisure, la morte dell’università
pubblica e la nascita di un numero
ridotto di atenei privati, ai quali gli
studenti accederanno solo con rette
molto elevate. Come potrà l’Italia,
chiuse le università e la loro ricerca
pubblica, in particolare quella di base
dalla quale sorge la conoscenza e
l’innovazione tecnologica, competere a
livello internazionale con paesi che
invece hanno scelto la via degli
investimenti?».
_________________________________________
ALTRE NOTIZIE.
Una legge-porcata
anche alle europee
Il Mattino di Padova, 19 ottobre
2008
Dopo
la «legge-porcata», che ha tolto le
preferenze alle elezioni politiche, il
governo vuole eliminare le preferenze
anche alle europee. Così i cittadini non
potranno scegliere i propri
rappresentanti.
La Commissione Affari Costituzionali
della Camera sta approvando in questi
giorni, con il voto contrario di Partito
Democratico, Italia dei valori e Udc, la
nuova legge elettorale per le elezioni
europee presentata dal Partito delle
Libertà. A fine ottobre la proposta
arriverà alla Camera e, mi auguro,
aumenterà anche l’attenzione
dell’opinione pubblica su questa
delicata vicenda. Si tratta infatti di
una legge che, se sarà votata dal
Parlamento, limiterà il potere di scelta
degli elettori, allontanerà i cittadini
dalla politica e, in sostanza,
indebolirà la democrazia. La proposta
della destra contiene due aspetti di
particolare gravità: elimina il voto di
preferenza e introduce una soglia di
sbarramento al 5 per cento.
In questo modo, dopo la
«legge-porcata», voluta da Berlusconi e
Calderoli nel 2005, che ha tolto le
preferenze per le elezioni politiche, le
preferenze saranno eliminate anche per
le Europee. Così i cittadini non
potranno scegliere i propri
rappresentanti che verranno indicati dai
partiti. Il fatto è di particolare
gravità soprattutto in previsione del
ruolo crescente e delle maggiori
responsabilità che l’Europa avrà nei
prossimi anni. Con la legge elettorale
proposta dalla destra si rischia di
allontanare ulteriormente i cittadini
dalle istituzioni europee e di
indebolire il processo di integrazione
in atto.
Abbiamo già sperimentato i danni
prodotti dalla legge in vigore per le
elezioni politiche che è stata una delle
cause del logoramento del rapporto tra
eletti ed elettori e del diffondersi di
insidiosi sentimenti di antipolitica e
qualunquismo. L’abolizione delle
preferenze ha accentuato la distanza tra
istituzioni e cittadini e ha radicato
l’idea che i «politici» sono una casta
chiusa di persone distanti dai problemi.
Adesso la destra vuole, per interessi
di parte, togliere le preferenze anche
per le elezioni europee indebolendo la
qualità della nostra democrazia. Infatti
le modifiche hanno due obiettivi:
favorire la nascita del Partito delle
Libertà e consolidare un sistema
politico formato da partiti centralisti
e leaderistici. Il voto di preferenza,
secondo gli strateghi berlusconiani,
romperebbe gli equilibri interni a Forza
Italia ed An nella fase fondativa del
Pdl e darebbe maggior peso ai gruppi
dirigenti locali radicati nel
territorio. La destra vuole costruire un
sistema politico modellato sul partito
azienda di Berlusconi: un capo assoluto
che possiede il partito e decide tutto
senza confrontarsi con nessuno. E’ un
modello che umilia il protagonismo e le
istanze dei territori, sopprime il
diritto degli elettori a scegliere gli
eletti, trasforma le forze politiche in
strumenti al servizio del consenso del
«capo» di turno.
Attenzione, perché le conseguenze di
questa logica autoritaria si stanno
diffondendo velocemente in tutti gli
schieramenti e nella società. In questo
modo il nostro sistema democratico si
indebolisce e la rappresentanza rischia
di perdere valore e qualità. Inoltre
l’introduzione dello sbarramento al 5
per cento escluderà i partiti minori
dalle istituzioni europee e ridurrà gli
spazi democratici.
Alcune forze minori rischiano, come in
parte è già accaduto dopo le ultime
elezioni politiche, di essere spinte su
posizioni estremiste. Così milioni di
cittadini non saranno rappresentati e
resteranno senza voce e senza tutele,
aprendo pericolose derive di antagonismo
contro le istituzioni. Il Pd si oppone
con forza alla nuova «legge-porcata» e
organizzerà nelle prossime settimane una
campagna di mobilitazione per informare
i cittadini e contrastare il
provvedimento.
Se la legge sarà approvata il Pd dovrà
reagire con coerenza scegliendo
candidati autorevoli e radicati nel
territorio con il metodo delle primarie.
Altrimenti, come è già successo in
passato, si perderà un’occasione per
evidenziare la nostra differenza
rispetto alla destra e si alimenterà
l’errato luogo comune che considera
uguali tutte le forze politiche.
Interrogazione a risposta
scritta
presentata dall'On. Naccarato
Esposizione all'amianto
lavoratori ex-INE spa di Cittadella (PD)
2 ottobre
2008
Al Ministro
del lavoro, della salute e delle
politiche sociali.
Per sapere - premesso che:
l'INAIL sulla base degli accertamenti
tecnici, ha riconosciuto in passato
l'esposizione all'amianto - ai fini del
riconoscimento dei benefici fiscali da
parte dell'INPS - ai soli addetti alla
manutenzione dei macchinari utilizzati
nell'azienda ex-INE spa di Cittadella
(Padova), negandola invece agli addetti
alle trafilatrici e bobinatrici della
stessa;
contro questa decisione da parte
dell'INAIL alcuni lavoratori addetti
alle trafilatrici e bobinatrici
dell'azienda si sono appellati al
Tribunale del lavoro di Padova che, con
sentenza di primo grado del 1998, ha
riconosciuto il loro diritto ad ottenere
i benefici previdenziali previsti dalla
legge in quanto esposti all'amianto;
dopo un ricorso da parte dell'INPS, nel
giudizio d'appello, è stata ribaltata
tale sentenza, con la conseguente
sospensione dei benefici previdenziali a
favore dei lavoratori dell'azienda;
successivamente, nel 2004, con la
sentenza n. 93 del 2004, altri sei
lavoratori della ex INE spa addetti alle
trafilatrici e bobinatrici sono stati
riconosciuti come esposti all'amianto.
Tale riconoscimento è stato possibile
grazie alla decisione del Tribunale del
lavoro di affidare ad un consulente
specialista in Medicina del Lavoro il
compito di predisporre una Consulenza
Tecnica d'Ufficio (in seguito denominata
solo CTU) volta ad accertare l'effettiva
esposizione alle fibre di amianto di
questi ricorrenti. Dal momento che la
CTU ha confermato l'esposizione
all'amianto, il successivo ricorso
dell'INPS è stato respinto con la
sentenza, diventata così definitiva, n.
622 del 2005 ed i sei ricorrenti sono
stati quindi riconosciuti, in via
definitiva, come lavoratori esposti
all'amianto e pertanto beneficiari delle
agevolazioni pensionistiche;
la sentenza n. 795/07 del 30 ottobre
2007 ha riconosciuto come esposti
all'amianto altri lavoratori della ex
INE spa addetti alle trafilatrici e
bobinatrici confermando così il giudizio
della sentenza del 2004 e accertando in
modo definitivo, sulla base di una CTU,
l'effettiva esposizione alle fibre di
amianto di numerosi lavoratori
dell'azienda in questione;
si è creata, quindi, un'evidente
situazione discriminatoria per la quale
mentre, come si è detto, nel 2004, i sei
dipendenti della ex-INE spa sono stati
riconosciuti come lavoratori esposti
all'amianto (ottenendo così i benefici
previdenziali previsti) a seguito della
CTU voluta dal Tribunale del lavoro di
Padova, i dipendenti della stessa
azienda e con medesime mansioni e
posizioni di lavoro che si sono
appellati al Tribunale contro l'INPS nel
1998, in mancanza di una analoga CTU
riferita al loro caso, sono stati prima
riconosciuti anch'essi come esposti
all'amianto, poi - in successivi gradi
di giudizio e a distanza di molti anni -
non più riconosciuti come tali, perdendo
in tal modo i benefici previdenziali
riconosciuti in seguito ai loro colleghi
-:
se il Ministro sia a conoscenza dei
fatti sopra esposti e quali
provvedimenti il Ministro intenda porre
in essere per garantire il pieno
riconoscimento dei benefici
previdenziali a favore di tutti i
lavoratori addetti alle trafilatrici e
bobinatrici dell'azienda ex-INE spa di
Cittadella che hanno svolto, per più di
un decennio, le loro mansioni con
pericolosa esposizione quotidiana alle
polveri di amianto.
APPUNTAMENTI
GIOVEDI 30 OTTOBRE
ORE 18.30 PRESSO IL CORTILE DEL BO
(UNIVERSITA' DI PADOVA), VIA VIII
FEBBRAIO - PADOVA
MANIFESTAZIONE
PUBBLICA "IL BO APERTO" CONTRO I
PROVVEDIMENTI DEL GOVERNO BERLUSCONI
SULL'UNIVERSITA'
LUNEDI 3 NOVEMBRE ORE
17.30 PRESSO LA SALA POLIVALENTE,
VIA D. VALERI - PADOVA
INCONTRO PUBBLICO "LEGGE ELETTORALE
EUROPEA: I CITTADINI
DEVONO POTER SCEGLIERE"
VENERDI 7 NOVEMBRE ORE
17.30 PRESSO LA FORNACE CAROTTA,
VIA SIRACUSA - PADOVA
ASSEMBLEA PUBBLICA
DEL CENTROSINISTRA CONTRO I
PROVVEDIMENTI DEL GOVERNO SU SCUOLA E
UNIVERSITA'
SABATO 8 NOVEMBRE, ORE 14.00 PRESSO IL
CENTRO CONGRESSI "PAPA LUCIANI"
VIA FORCELLINI - PADOVA
ASSEMBLEA COSTITUENTE REGIONALE
DEL PARTITO DEMOCRATICO
www.alessandronaccarato.it
mail:
info@alessandronaccarato.it - tel
049660544 - fax 0498753610
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