Federalismo fiscale
farsa della destra
Il Mattino di Padova,
27 gennaio 2009
La destra non smette di
fare demagogia nemmeno di fronte
a un tema fondamentale come il
federalismo fiscale. Giovedì il
Senato ha approvato, con il voto
favorevole di Pdl e Lega,
l’astensione del Pd e il voto
contrario dell’Udc, un disegno
di legge che, di fatto, promette
di realizzare in futuro il
federalismo fiscale nel nostro
Paese.
Non è proprio quello che si può
definire come un risultato
concreto. Il motivo
dell’astensione del Partito
democratico al momento del voto
è proprio questo. Che senso ha
esprimersi a favore o contro un
provvedimento del tutto privo di
qualsiasi contenuto reale come
quello votato ieri al Senato? Il
testo predisposto dalla Lega,
infatti, è puramente
propagandistico. La riforma
federalista in versione leghista
è diluita nel tempo e si prevede
che andrà a regime addirittura
entro nove anni dall’entrata in
vigore. Questo è l’unico
risultato della scelta del
governo di rimandare
l’attuazione concreta del
federalismo fiscale a una serie
di decreti attuativi successivi,
senza, perdipiù, inserire nel
disegno di legge qualche cifra
utile a capire in cosa consiste
in concreto la riforma votata
ieri in Senato.
A cosa serve, quindi, questo
disegno di legge? Solo ad
affermare che la riforma verrà
fatta tra nove anni? Siamo di
fronte all’ennesima presa in
giro della destra e, in
particolare, della Lega Nord. Il
partito di Bossi dimostra ancora
una volta, come nel caso della
svendita di Alitalia a Air
France, di non sapere affatto
portare avanti gli interessi del
Nord. Il federalismo farsa di
Berlusconi e Bossi rischia di
portare più danni che vantaggi
ai cittadini italiani. I rischi
più concreti sono quelli di
aumentare la spesa pubblica e la
pressione fiscale, e di
appesantire ulteriormente la
macchina statale.
Per questo nel disegno di legge
non c’è alcuna cifra: non si
forniscono numeri per paura che
gli italiani comprendano
l’inganno. Una volta tanto, dopo
anni di promesse mancate sul
federalismo, bisogna essere seri
e smetterla di prendere in giro
i cittadini. E’ possibile
parlare di federalismo fiscale
senza alcun accenno alle risorse
economiche? Il testo approvato
dal Senato non c’entra niente
con il federalismo fiscale, è
soltanto l’ennesima promessa, un
ulteriore rinvio della
questione.
Inoltre, è curioso anche
sottolineare il fatto che gli
esponenti della Lega Nord
sembrano essersi dimenticati
che, secondo la loro propaganda,
per attuare un vero federalismo,
sarebbe necessario modificare la
Costituzione. Dove sono finiti
la tanto decantata «devolution»,
e i misteriosi modelli catalani
o scozzesi? Forse ora hanno
cambiato idea o, come è più
probabile, il loro federalismo
fiscale in realtà non esiste. E
allora si torna alla domanda di
partenza: su cosa si è votato
nell’aula del Senato? Il
provvedimento del Senato serve a
nascondere le politiche sprecone
e centraliste attuate dal
governo Berlusconi-Bossi: i
regali di 160 milioni al Comune
di Catania e di 500 milioni a
quello di Roma, la mancata
restituzione totale dell’Ici ai
Comuni, la deroga al patto di
stabilità per il solo Comune di
Roma, i tagli alle risorse dei
Comuni e delle Regioni per la
sanità e il sociale.
Il Partito democratico ha
avanzato delle proposte chiare e
concrete nella direzione di un
vero federalismo fiscale.
Abbiamo appoggiato con
convinzione la richiesta di
molti sindaci di una
compartecipazione dei Comuni al
20% del gettito Irpef. Si tratta
di una proposta semplice che
garantirebbe agli enti locali le
risorse necessarie per
assicurare il mantenimento dei
più importanti servizi pubblici.
Solo con risorse certe, infatti,
i territori possono far fronte
in modo efficace ai nuovi
compiti che un federalismo vero
attribuisce loro. Altrimenti,
come nel caso del
provvedimento-beffa approvato
ieri, gli effetti concreti
consistono solo in maggiore
confusione e conflitti di
competenze tra enti. Per questi
motivi, il Partito democratico
si impegnerà con determinazione
alla Camera per modificare a
fondo il testo uscito dal Senato
e promuovere davvero il
federalismo fiscale.
L'OPINIONE
Flavio Zanonato al convegno ANCI:
Federalismo fiscale
dalla parte dei Comuni
Roma, 11 novembre 2008
“Se
l’aspettativa sollevata
nell’opinione pubblica che il
federalismo fiscale significherà
una maggiore disponibilità di
risorse economiche per una parte
del Paese è fondata, credo che
il testo varato dal Governo sia
inadeguato allo scopo.” E’
quanto ha dichiarato Flavio
Zanonato, sindaco di Padova nel
suo intervento al convegno
“Federalismo fiscale: dalla
parte dei Comuni”, in corso di
svolgimento al Senato.
Zanonato
ha evidenziato che i tempi
delineati dal ddl in discussione
al Senato sono troppo lunghi:
“mi riferisco ai tempi della
partenza del processo
riformatore - ha aggiunto -
piuttosto che a quelli della sua
completa attuazione”.
Da
questo punto di vista il sindaco
di Padova ha ricordato la
vicenda del decentramento ai
Comuni delle funzioni catastali:
“un processo, prima concreta
attuazione del federalismo che
dopo 10 anni si è interrotto
bruscamente, tale vicenda - ha
affermato - dovrà pure insegnare
qualcosa”.
Per
quanto riguarda i contenuti del
ddl in discussione, Zanonato ha
parlato di una sorta di
‘zoomata’ dell’art. 119 della
Costituzione. “Il testo così
come si presenta non dà
indicazioni concrete di quelle
che sono le risorse disponibili
e di come vengono utilizzate”.
Secondo Zanonato, “la
definizione quantitativa delle
risorse è centrale” per la
riuscita del processo
federalista. “Se i dati
quantitativi rimangono vaghi- ha
concluso - corriamo il rischio
di portare avanti una
discussione inutile e
improduttiva”.
Dichiarazione di voto
di Anna Finocchiaro
Capogruppo PD al Senato
Roma, 22 gennaio 2009
Poche volte mi è accaduto, nella mia
ormai lunga esperienza parlamentare,
di avvertire così forte la
responsabilità di un voto. Certo
incide la qualità della questione.
Si dà attuazione all'articolo 119
della Costituzione e si sostituisce
all'attuale un altro impianto
istituzionale che riguarda, sotto il
profilo delle prerogative fiscali,
l'intero sistema delle autonomie.
Comuni, Province e Regioni.
Ma avvertiamo la consapevolezza
della parzialità di questa riforma,
visto che qui, insieme, non
discutiamo anche della Carta delle
Autonomie, e cioè del riordino dei
poteri, delle funzioni, e dunque
delle risorse che riguardano appunto
le autonomie. Lo faremo, ha
assicurato il ministro Calderoli,
presto. Noi attendiamo , ma - lo
sottolineo - non sarà un'attesa
paziente. Perché avvertiamo quanto
parziale sia, per questo motivo, il
nostro odierno ragionare.
Mi capita di pensare in chiave di
metafora, come capita a tutti, e mi
è successo in questi giorni di
pensare a questa riforma come a una
di quelle bandiere che lo scalatore
pianta sulla cima della vetta
conquistata. Dopo, quel luogo non è
più lo stesso, la presenza dell'uomo
lo cambia. Ma quella bandiera è
esposta a tutti i venti, e sorge in
un luogo inesplorato e non ha a
sorreggerla, intorno, niente. Sta,
direbbe il ministro Tremonti, in una
terra incognita. Appunto qui il
ministro ha riferito circa una
nostra pressante richiesta: quella
di conoscere l'impatto della riforma
in termini economici e finanziari.
Preoccupazione legittima ha detto
Calderoli, oggi più che legittima
aggiungo io, nell'incalzare degli
effetti di una crisi che, temiamo,
durerà qualche anno, come qualche
anno durerà l'emanazione dei decreti
legislativi e dunque l'inveramento
di questo riforma. Il ministro
Tremonti ci ha risposto, con
chiarezza, che non è possibile,
oggi, rispondere a questa domanda,
perché troppe sono le variabili in
gioco, ma che sarà possibile volta
per volta valutare l'impatto
economico di ogni singolo decreto
legislativo. La risposta non ci ha
soddisfatto, naturalmente, ma
soprattutto essa ha riproposto con
forza la questione che fin
dall'inizio abbiamo sollevato, e
cioè quella del ruolo del Parlamento
nell'attuazione del federalismo
fiscale. E' la questione, credo,
sulla quale abbiamo più insistito e
rispetto alla quale non abbiamo
avuto ancora risposte sufficienti e
rassicuranti. Perché a valutare e a
controllare i decreti legislativi e
a questo punto a valutare l'impatto
economico di ciascuno di essi, sarà
un organo, la commissione
bicamerale, che non ha un potere in
più rispetto alle commissioni
permanenti. Il Parlamento è
disarmato, dunque, di fronte alle
decisioni del governo. La nostra
preoccupazione è sana.
Qui il presidente Pisanu ha
affermato che 'prima vengono le
scelte, poi vengono i conti', e ha
aggiunto che 'l'approvazione del
provvedimento è un atto di fiducia
sul dialogo che si svilupperà in
Parlamento'. Appunto, ciò
richiederebbe che il Parlamento
avesse, con la commissione
bicamerale, una sua propria speciale
forza nei confronti dei governi. Non
di questo governo, ma anche dei
governi che verranno dopo. E così
non è con questo testo.
Mi auguro che così non sia ancora,
ma che il percorso successivo veda
un ripensamento serio su questo
punto. Un non conosciuto, dunque, e
il non conoscibile non è
governabile.
Peraltro quella bandiera è investita
dal vento impetuoso delle politiche
centralistiche del governo
Berlusconi. Non sono quelle dettate,
come pure accade in altri paesi
europei, dalla necessità di
fronteggiare la crisi con politiche
neo-centraliste. Mi riferisco a ben
altro: al taglio dell'Ici, che ha
privato di risorse essenziali i
Comuni per una scelta
straordinariamente demagogica,
socialmente inutile e dannosissima
per le municipalità e al decreto
legge che ha sostituito lo Stato
alle regioni in capitoli come
scuola. Potrei continuare, certo è
che il federalismo fiscale si
colloca in un quadro di
incompatibilità con le scelte
politiche centralistiche che solleva
dubbi seri e perplessità sulle sua
sorte finale.
Una contraddizione politica che la
coalizione di maggioranza è in grado
di reggere solo per la sapienza
distributiva con cui concede
qualcosa a ciascuno degli associati,
ma che non può rassicurare il Paese
e che mostrerà presto la corda.
Eppure qualcosa di davvero positivo
è accaduto in questo iter
parlamentare. Cose significative per
il nostro gruppo e per il nostro
partito, che è innanzitutto una
grande forza nazionale,
rappresentata e governante in tutte
le aree del Paese.
Siamo una forza che insieme alle
altre forze che componevano il
centrosinistra ha, nel 2001, voluto
la riforma del titolo V della
Costituzione nello stesso testo -
lo dico per fare giustizia di tanta
favolistica - che era stato
approvato in Commissione bicamerale
e poi a larghissima maggioranza in
aula. La stessa forza che contribuì
a sconfiggere, con il referendum, la
successiva riforma del centrodestra
e che oggi è stata a pieno titolo
nella discussione parlamentare e ha
capovolto l'impostazione di un
federalismo che partiva da un
impianto egoisticamente centrato
sulle regioni ricche, fondato sulla
suggestiva tentazione che veniva ad
esse offerta di trattenere sul
proprio territorio la ricchezza
prodotta, incurante di disparità
territoriali, infrastrutturali,
disuguaglianze nell'accesso ai
diritti sociali e politici. Non è
più così nel testo che abbiamo
discusso in Aula: ce lo riconoscono
gli osservatori e gli studiosi più
critici. Ciò che abbiamo, con la
nostra proposta e con la nostra
fatica, contribuito grandemente a
determinare è un modello potenziale
di federalismo che è in grado di
fondare - se lo vorremo - una nuova
unità nazionale, ispirato al
principio di sussidiarietà, che
prevede che verticale sia la
perequazione e dunque tuteli le aree
più deboli, che prescrive uguali
diritti e asseconda il processo per
attuarli con una gestione
affidabile e trasparente, e punta
sulla responsabilità degli
amministratori, principio tanto più
utile nel Mezzogiorno per
sconfiggere antichi mali e
promuovere e premiare le
amministrazioni virtuose.
Se lo vorremo, certo. Una forza
riformista non può indietreggiare
rispetto a questo. Ha il dovere
della responsabilità, di collaborare
perché questo sia. Ma soprattutto ha
il dovere di vigilare perché questo
sia.
Siamo all'inizio di un percorso
parlamentare e sarà il risultato
finale a determinare il nostro
atteggiamento definitivo. Niente è
scontato. Ma nel frattempo siamo
stati, per queste ragioni, a pieno
titolo, con la nostre proposte, nel
percorso parlamentare. E abbiamo
sbriciolato il cliché berlusconiano
dell'opposizione riottosa e incapace
di proposte. A dimostrazione che
quando c'è la disponibilità del
governo e della maggioranza noi ci
siamo.
Non so se si replicherà, per esempio
sulla giustizia, questo modello. Ma
quello che è chiaro è che questo
dipende dal governo e dalla
maggioranza. Cosa succederebbe se
il federalismo fiscale passasse con
il solo voto della maggioranza? Il
prossimo governo lo cambierebbe di
nuovo e l'Italia sarebbe sballottata
come una pallina da ping pong su un
tavolo deserto.
Voglio ringraziare a questo punto
tutti coloro che nel nostro gruppo
si sono impegnati, il relatore di
minoranza Vitali, i capigruppo nelle
commissioni interessate. Ringrazio
anche il ministro Calderoli per la
disponibilità dimostrata.
E ringrazio il presidente Napolitano,
e mi riferisco al suo discorso di
fine anno. Le sue parole ci hanno
sorretto e confortato nelle scelte.
Per tutte queste ragioni annuncio il
voto di astensione.
Per conoscere le proposte
del PD sul federalismo fiscale
collegati al link:
http://www.deputatipd.it/PDF/ProposteFederalismoFiscale.pdf
(le proposte sono anche
allegate a questa newsletter)
Considerazioni del gruppo PD
sul federalismo fiscale
Questioni di fondo ancora aperte
Tre questioni preliminari:
• il federalismo fiscale non può
essere fine a sé stesso, è una parte
di un più ampio disegno riformatore
delle istituzioni. A partire dalla
Carta delle autonomie locali che
comprende anche l'attuazione
dell'art 118 della Costituzione, con
la semplificazione e la
riattribuzione delle funzioni
amministrative al livello più vicino
possibile ai cittadini. E a questo
va necessariamente legata la riforma
del Parlamento, con la riduzione del
numero dei parlamentari e la
trasformazione del Senato in Senato
federale. Ciò richiede che gli
articoli della legge che hanno
contenuto ordinamentale (funzioni
degli enti locali, Roma capitale e
città metropolitane) siano o
collocati nella Carta delle
autonomie locali oppure
profondamente riformulati con
riferimento costante alla Carta
delle autonomie locali, la cui
discussione parlamentare deve
iniziare al più presto ed essere
contestuale a quella già avviata sul
federalismo fiscale;
• mancano ancora le simulazioni
sugli effetti quantitativi che il
ddl produce nelle fonti di
finanziamento della spesa pubblica
decentrata tra le varie regioni,
nonostante siano state
insistentemente chieste nel
dibattito nelle Commissioni. Non è
accettabile che il Parlamento
approvi una delega così importante
senza le indispensabili basi
informative;
• è incomprensibile che mentre si
parla di federalismo fiscale i
comuni non abbiano le risorse dovute
per effetto dell'abolizione completa
dell'ICI sull'abitazione principale.
Il governo deve attuare l'odg
approvato in Senato nel corso della
discussione sulla Legge Finanziaria
2009 con il quale ha assunto
l'impegno di compensare i comuni
attraverso un volume di
trasferimenti corrispondenti alle
risorse mancanti.
Oltre alla verifica sulle tre
questioni preliminari, riteniamo
indispensabile l'accoglimento delle
seguenti proposte:
1. l'inserimento
tra i principi della delega
all'articolo 2 del riferimento al
quarto comma dell'art. 119
concernente il finanziamento
integrale delle funzioni attribuite
agli enti territoriali, o comunque
di una loro adeguata perequazione
all'articolo 7 e all'articolo 11;
2. il ripristino
del termine di dodici mesi per
l'adozione del primo decreto,
all'articolo 2 comma 5;
3. la esatta
definizione dell'ambito di autonomia
tributaria degli enti territoriali,
escludendo all'articolo 5 la
possibilità di interventi delle
regioni sulle aliquote loro
riservate a valere sulle basi
imponibili di tributi erariali come
l'IRPEF e ampliando all'art. 10
l'autonomia impositiva comunale
sugli immobili. L'inserimento del
riferimento all'obiettivo di non
produrre aumenti di pressione
fiscale nel corso della fase
transitoria all'art. 21;
4. l'inserimento
del trasporto pubblico locale e
dell'edilizia scolastica tra i
livelli essenziali delle prestazioni
all'articolo 6;
5. il definitivo
chiarimento sul carattere verticale
del metodo di perequazione a favore
delle regioni, con le necessarie
modifiche all'articolo 7.
Chiarimento che all'articolo 5 la
regione a cui è riferito il
fabbisogno da finanziare per
stabilire le aliquote dei tributi e
delle compartecipazioni destinati al
finanziamento dei livelli essenziali
è la regione "a più alta capacità
fiscale";
6. la profonda
revisione degli articoli
ordinamentali (elenco delle funzioni
di comuni e province, città
metropolitane e Roma capitale) nella
logica della Carta delle autonomie
locali. In alternativa loro
collocazione nell'ambito della Carta
delle autonomie locali il cui iter
parlamentare deve comunque iniziare
ora.
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APPUNTAMENTI
VENERDI 6 FEBBRAIO ORE 21.00
PRESSO LA SALA ANZIANI DEL MUNICIPIO
DI PADOVA
ASSEMBLEA
PROVINCIALE DEL PARTITO DEMOCRATICO
LUNEDI 9
FEBBRAIO ORE 18.00 PRESSO LA SALA
ANZIANI DEL MUNICIPIO DI PADOVA
INIZIATIVA PUBBLICA: LE
PROPOSTE ANTI-CRISI DEL PD
Visita il sito internet:
www.alessandronaccarato.it
mail:
info@alessandronaccarato.it -
tel 049660544 - fax 0498753610
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