home pageBiografiaAgendaRassegna stampaIn ParlamentoContattaci

Stampa

Tagli che penalizzano la scuola pubblica
Il Mattino di Padova, 2 agosto 2010
 
La manovra economica pregiudica lo sviluppo futuro dell’Italia. E’ questo, finora, l’unico dato certo del decreto Tremonti. Il provvedimento smantella l’unico settore che può garantire la competitività del Paese in un mercato globale sempre più tecnologico: la conoscenza. Il tutto mentre gli altri governi dell’Unione europea predispongono massicci investimenti in questi settori strategici. La Germania, ad esempio sta varando una manovra triennale di 86,3 miliardi di euro senza ridurre i finanziamenti a scuola e ricerca. Là il rigore sulla spesa pubblica e la lotta alle inefficienze vanno di pari passo con un piano di sviluppo senza precedenti, che fa perno proprio sull’innovazione culturale, scientifica e tecnologica.  Al contrario, l’azione del governo Berlusconi si contraddistingue unicamente per i tagli orizzontali e indiscriminati. Dalle materie di studio alle ore di insegnamento, dagli stipendi dei ricercatori alla fornitura di carta per le fotocopie nelle università. Nel mirino, scuole e atenei tutti, senza distinzione tra realtà virtuose e inefficienti. A questo si aggiungono decisioni gravi: a partire dall’abbassamento a 15 anni dell’obbligo scolastico (limite che il governo Prodi aveva innalzato a 16) e dall’introduzione spregiudicata dell’apprendistato lavorativo.  Nella scuola le pesanti riduzioni di organico decise dal ministro Tremonti nel 2008 furono giustificate con la promessa di aumenti di stipendio in base alle competenze professionali. Oggi il blocco della contrattazione per il personale scolastico vanifica quell’impegno e smaschera le bugie del centrodestra sulla valorizzazione del merito. L’istruzione, la formazione e la ricerca devono essere considerati fondamentali per la crescita e lo sviluppo. Bisogna rafforzare la scuola pubblica, finanziare l’autonomia scolastica, collegare l’offerta formativa al territorio e al sistema produttivo, realizzare un patto educativo fra scuole, famiglie e studenti.  Per invertire la tendenza bisogna investire di più nella scuola e nell’università e assegnare le risorse in base ad una scrupolosa valutazione dei servizi offerti premiando le strutture migliori. Per l’università deve essere eliminato il blocco del turn-over che non permette il ricambio generazionale e l’accesso alla professione dei più meritevoli. I problemi non si risolvono con trovate demagogiche, costose e dannose alla didattica come il pensionamento a 65 anni dei professori. Va rafforzata l’autonomia dei singoli Atenei e avviata una seria discussione sull’accesso e la progressione della carriera universitaria, l’unica misura che permetterà di arginare la”fuga” di cervelli verso l’estero. Una perdita doppia: per il know-how del Paese e per le casse dello Stato, visto che i ricercatori vengono formati in Italia prima di essere impiegati dalle università straniere. Per questo serve il Contratto unico di formazione e ricerca con durata quadriennale e l’istituzione del ruolo unico di docenza con la possibilità di chiamata diretta dei ricercatori che svolgono l’attività da 6 anni. Infine, deve essere superato un precariato divenuto endemico, predisponendo un contratto unificato per i dottorandi, con diritti sociali e previdenziali.  Invece, sull’economia della conoscenza peseranno anche i tagli delle risorse agli enti locali con un’ulteriore ricaduta sul sistema educativo gestito dai Comuni e sul diritto allo studio a carico delle Regioni. Con il decreto la maggioranza di centrodestra taglia fondi vitali a scuola, università e ricerca considerando l’educazione, la formazione e l’innovazione come degli elementi di spreco della pubblica amministrazione. Così il nostro Paese non ha futuro ed è destinato ad un inesorabile declino economico e culturale.
 
Interrogazione di Naccarato su Boubacar
 Sindacalista Cgil offeso il caso in Parlamento e in consiglio regionale
Il deputato Pd attende il rapporto dei vigili urbani
Il Mattino di Padova, 6 agosto 2010
 
 
L’episodio di razzismo che ha coinvolto il sindacalista senegalese Niang Boubacar approda in Parlamento. L’onorevole del Pd Alessandro Naccarato ha annunciato che a breve sarà presentata un’interrogazione al ministero dell’Interno: «Ho già espresso la mia solidarietà a Boubacar attraverso i vertici della Cgil - spiega il deputato - Ora attendo di leggere il verbale di polizia per sottoporre il caso al Ministro». Un’interrogazione sarà presentata anche in Regione da parte del collega di partito Piero Ruzzante. Dalla Cgil, infine, il segretario della Fillea Marco Benati chiarisce quanto avvenuto nel 2006, anno in cui la «R.C. snc» di Forlì (l’impresa il cui titolare avrebbe attaccato Boubacar) fu coinvolta in un’indagine della Finanza. Tre operai furono trovati a lavorare in nero nel cantiere dei Ponti Romani: «L’impresa rientrava in un’indagine per un’assegnazione di lavori in subappalto del subappalto, con impiego finale di lavoratori in nero. La “R.C. snc” non li aveva impiegati direttamente», dice Benati
_______________________________________________
 
LA CRISI NEL GOVERNO
La maggioranza non c'è
Solo in 299 si fidano di Caliendo
 
La Camera ha respinto la mozione di sfiducia contro il sottosegretario Giacomo Caliendo, sotto inchiesta per la loggia P3. 299 voti contrari da Pdl e Lega, 229 a favore da Pd e Idv, 75 astensioni da Fli, Udc e Api. Un banco di prova che dimostra come il governo non ha più la maggioranza uscita dalle elezioni, come nota il segretario del PD, Pier Luigi Bersani : “La maggioranza non c'è. I numeri confermano che il paese non è più governato. La minaccia di Berlusconi del voto anticipato è un'arma scarica, ora Berlusconi cercherà di tirare a campare. Tenteranno con la respirazione artificiale, ma certamente non è quello che serve al paese”.
La maggioranza si è quindi fermata a 299 voti, ben al di sotto dei 316 di cui dovrebbe disporre. “299 è meno di 316, parlano i numeri. La matematica è più forte della politica - commenta Dario Franceschini , capogruppo del Pd alla Camera - In Parlamento c'è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi i voti volta per volta”.
Oggi alla Camera di fronte alla mozione presentata dal PD e dall’IDV è andata in scena la crisi dell’ex PDL con urla tra i deputati rimasti con Berlusconi e quelli di Fli che hanno seguito Gianfranco Fini, il nervosismo dei leghisti e l‘inedita arringa di un ministro della Giustizia in favore del suo sottosegretario, alla faccia del garantismo che rispetta la separazione dei poteri tra esecutivo e magistratura, tutta all’insegna della contestazione alle indagini in corso.
Il Guardasigilli Angelino Alfano ha fatto lo scudo al sottosegretario indagato: “Noi difendiamo Caliendo, difendendo con lui un principio, quello della non colpevolezza, e un valore scritto nella Costituzione, quello della legalità. E consapevoli che oggi alcuni tra i colleghi, molti lo faranno per disciplina di partito, non voteranno secondo la propria coscienza ma piegheranno all’utilità parlamentare di un giorno, al tatticismo parlamentare di un giorno, un alto e nobile principio», dice il ministro della Giustizia.
Paradossalmente ha spiegato di non voler entrare nel merito ma poi ha smontato il lavoro delle toghe, derubricando la P3 a "costruzione di taluni pm" e stavolta rende chiaro il destinatario dell’ammonimento sulle conseguenze politiche del voto sulla sfiducia a Caliendo.
"E' incredibile che un ministro di grazia e giustizia dia le sentenze in Parlamento mettendo la propria voce sopra delle indagini in corso, indagini che vanno rispettate - dice al tg3 Pier Luigi Bersani - Ancora una volta c'è un governo che non conosce le regole basilari".
Separati in Aula, tra urla e risse. All’interno della maggioranza si è sfiorata la rissa, sia verbale sia fisica. Ha cominciato il premier Berlusconi a cena con le deputate del PDL: “L’astensione è una scelta senza senso, un grave errore politico. O si vota la sfiducia a Caliendo e non si capisce il motivo, oppure se si sostiene il governo si vota la fiducia e basta”.
Poi Marco Martinelli (Pdl) e Aldo Di Biagio (Fli) dopo un diverbio si danno appuntamento nei corridoi alle spalle dell’aula per proseguire il “chiarimento”. A sedare i duellanti alcuni commessi e alcuni colleghi dei due gruppi...
La separazione fa più male del previsto come ha indicato il capogruppo PD, Dario Franceschini, intervenendo per la dichiarazione di voto sulla mozione di sfiducia a Caliendo: "Presidente Berlusconi si chieda: nel 1994 e per molti anni sul palco eravate lei, Fini e Casini. Si chieda perché su quel palco è rimasto da solo. Si chieda perché chi ha in mente un centrodestra normale, un centrodestra europeo ad un certo punto per forza deve rinunciare a lavorare con lei. Si chieda, on. Berlusconi, che drammatica prova di debolezza, prova di fine corsa, non rispondere politicamente alle critiche come fanno i veri leader, ma rispondere soltanto con l'arroganza del padrone che caccia chi disubbidisce,mostrando dei muscoli che non ha più”.
Franceschini, nel suo intervento, ha delineato un governo al tramonto, con una situazione fallimentare sulle stesse riforme annunciate e non attuate.
Dopo avere definito la nascita di Fli "un dato politico rilevantissimo, come l'astensione di oggi - ha affermato - la maggioranza uscita dalle elezioni non c'è più. C'è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi la sopravvivenza volta per volta, con le astensioni sui singoli emendamenti. E' iniziata la seconda parte della legislatura e sarà tutta diversa. Non sappiamo quanto durerà. Ma, on.le Berlusconi, non pensi di spaventare tutti minacciando le elezioni: ridotti come siete a brandelli le perdereste! Si ricordi che lei può dare le dimissioni e il giorno che lei lo farà sarà il giorno della sua resa e della nostra vittoria. Ma un minuto dopo le dimissioni lei esce di scena e la parola passa al capo dello Stato e al Parlamento e noi che sappiamo che sarebbe folle tornare a votare per la terza volta con questa legge elettorale - questa porcata come l'avete chiamata - faremo ogni battaglia per tornare a votare con una legge diversa. Nostro obiettivo è riconsegnare l'Italia ad un confronto normale e civile".
Per quanto riguarda la mozione Franceschini ha respinto le letture "tattiche e dietrologiche" sottolineando che si tratta di una "battaglia di valori e legalità". Nessun giustizialismo, ha detto chiedendo se è possibile non presentare dimissioni quando un sottosegretario ha tra l'altro fatto pressioni sulla Corte Costituzionale.
Le reazioni nel PD.
Dopo la votazione con il Tg3 Bersani affronta la prospettiva di uno scenario politico che è cambiato: “Da oggi cambia il film perché ci troviamo di fronte a una situazione che presenta tutte le condizioni per una crisi di governo. E' curioso che a difendere strenuamente il governo, Berlusconi e anche la tetragona volontà di Caliendo di stare al suo posto e' rimasta solo la Lega, che aveva fatto della legalità il suo tema clou. La Lega si trova a reggere il moccolo a tutti quelli". E su un governo di transizione ribadisce: “Serve un governo a tempo per occuparsi della riforma elettorale, del lavoro e di bonificare le norme che hanno consentito un'autostrada alla corruzione. Non ho mai fatto nomi: né per includerli, né per escluderli. Tocca al presidente della Repubblica".
Meglio allearsi con il terzo polo che con Di Pietro? “Il meglio è accorciare le distanze tra tutte le forze dell'opposizione. Io lavoro per questo: per un'alleanza di governo solida con un cerchio più largo di difesa delle regole del gioco che il berlusconismo mette in discussione.
Con il terzo polo, aggiunge il segretario democratico, "c'e' una battaglia costituzionale e democratica da fare. Che poi questo sia un viatico per altre possibilità, lo vedremo", aggiunge il leader del Pd.
Intanto la Camera chiude i battenti fino all’8 settembre. Poi “noi dovremo fare l'opposizione, farla bene, anche se fare opposizione al tempo del berlusconismo non e' una partita semplice. Ci vuole piu' generosità da parte di tutti. Il nostro progetto- conclude- e' per l'alternativa. Non per il nulla”.
"E' un governo con l'acqua alla gola, minoranza alla Camera, che si rifiuta di prendere atto che la maggioranza non c'è più”.
Questo il commento di David Sassoli , presidente della delegazione del Pd al Parlamento europeo, dopo il voto sul sottosegretario Caliendo.
“Da Montecitorio rimbalza in Europa l'immagine di un governo ormai alla deriva, non in grado di affrontare la crisi economica, stordito dalla questione morale, intenzionato solo a emulare Sansone. Il voto della Camera dovrebbe spingere il presidente del Consiglio a prendere atto che la maggioranza uscita dalle elezioni non c'è più e che il governo non è in grado di assicurare stabilità al Paese. Occorre voltare pagina, anche se sappiamo che è difficile chiedere responsabilità a chi ha sempre anteposto i propri interessi a quelli del Paese. E' chiaro comunque - conclude Sassoli - che la crisi è ormai aperta. Speriamo solo che non pesi troppo su un Paese piegato da scelte irresponsabili”.
 
IL TESTO
mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo
Camera dei Deputati, 14 luglio 2010

La Camera, premesso che:
 
emerge dalle notizie di stampa di questi giorni una vicenda che riguarda l'esistenza di un gruppo di persone, tra le quali alcuni pregiudicati, che in modo sistematico sembra che costruiscano o cerchino di costruire relazioni e contatti allo scopo dichiarato di orientare decisioni di organi costituzionali e politici;
questo gruppo trova udienza in esponenti del Governo, tra i quali il Sottosegretario alla giustizia, senatore Giacomo Caliendo;
il Sottosegretario Caliendo ha confermato in questi giorni la sua presenza a convivi con tale gruppo di persone, ma ha negato che, in sua presenza, si sia parlato di come condizionare organi dello Stato;
al di là della responsabilità penale, non può non essere politicamente censurabile la partecipazione del Sottosegretario Caliendo, che al momento non risulta indagato, a riunioni, in compagnia del capo degli ispettori ministeriali dottor Miller, con un bancarottiere pregiudicato sospettato di essere implicato in alcune delle vicende più torbide del dopoguerra,
impegna il Governo

ad invitare il Sottosegretario Giacomo Caliendo a rassegnare le dimissioni da Sottosegretario di Stato alla giustizia.

Berlusconi venga con urgenza
in Parlamento

Bersani a Skytg24: "No a elezioni anticipate. Governo di transizione per cambiare la legge elettorale e occuparsi di lavoro"

"Le elezioni sarebbero un fallimento della maggioranza, nessuno ha paura di un confronto su questo punto, il problema e' un altro. Al paese adesso servono le elezioni?". No, Bersani ne è sicuro e spiega perché in unìintervista a Skytg24: "C'è una situazione di rissa tutti contro tutti, i mercati stranieri ci guardano, c'è un distacco micidiale dei cittadini nei confronti delle istituzioni e una legge elettorale che fa nominare i parlamentari dai partiti. Io credo che ci siano altre proposte più concrete. Ho avanzato la proposta di un governo di transizione, a tempo limitato, per fare la nuova legge elettorale e rimettere lo scettro nelle mani dei cittadini, per occuparsi dei problemi legati all'economia e al lavoro, e per bonificare le norme che stanno consentendo un'autostrada verso la corruzione. Il sistema politico nel frattempo si dà una regolata, il paese tira il fiato e dopo ciascuno fa la propria proposta".
"Anche la Lega deve sapere che in questo quadro un federalismo vero, serio, non si fa" ha detto il segretario del PD, commentando le turbolenze nel centrodestra. L'intervista serve anche a rispondere alla lettera aperta di Antonio Di Pietro che chiede di unificare subito IDV e PD in un nuovo partito: "Bisogna accorciare le distanze tra le forze di opposizione, ma non si può un giorno darsi i calci negli stinchi e il giorno dopo fare il partito unico, i partiti non si fanno col predellino. Io voglio lavorare per avvicinare tutte le forze di opposizione. Certamente con Di Pietro ci incontreremo e anche con le altre forze".
Dopo lo strappo con Fini e la scissione nel PDL il PD ha chiesto la parlamentarizzazione della crisi di governo.
E' lo stesso segretario dei democratici, Pier Luigi Bersani a chiedere formalmente alla Camera ad avvio dei lavori dell'Aula che il presidente del Consiglio venga urgentemente in Parlamento, per "restituire alle Camere il loro ruolo di casa del confronto democratico. In queste ore succedono fatti di assoluto rilievo politico e istituzionale che meritano di esser valutati subito, all'apertura dei lavori. Sono fatti evidenti e non possono essere aggirati o elusi. Il Capo del Governo certifica in modo solenne la frattura incomponibile nel maggior partito di maggioranza".
Una richiesta che nel pomeriggio sarà ribadita anche in Senato con una lettera a Schifani dei capigruppo di PD, IDV e UDC. 
_______________________________________________
 
APPUNTAMENTI
LUNEDI 9 AGOSTO ALLE ORE 21.30 PRESSO LA FESTA DEMOCRATICA DI CAMIN (PD)
IMPIANTI SPORTIVI DI VIA LISBONA

INTERVENTO ALLA FESTA DEMOCRATICA
 

visita il sito

mail: info@alessandronaccarato.it  - tel 049660544 fax 0498753610