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LA CRISI DELLA DESTRA
Verso le urne: ma prima del voto si cambi la legge elettorale

Il Mattino di Padova, 10 agosto 2010

L’espulsione di Fini dal Pdl, la nascita di un suo gruppo parlamentare e il voto sulle dimissioni del sottosegretario Caliendo sanciscono ufficialmente la crisi del Governo e l’inizio di una nuova fase politica.
La crisi è seria e profonda e non è dovuta - come sostengono alcuni commentatori superficiali - alla rottura dei rapporti tra Fini e Berlusconi, ma al fallimento dell’azione del governo. Questo è evidente in quattro punti fondamentali.
Economia: negli ultimi due anni il governo Berlusconi non si è dimostrato in grado di affrontare seriamente gli effetti della crisi. Prima ha negato con forza l’esistenza della recessione, poi ha varato provvedimenti iniqui basati sul taglio indiscriminato di risorse a tutti i settori della pubblica amministrazione e su un clamoroso regalo agli evasori: lo scudo fiscale. Gli interventi di Tremonti sono ingiusti perché scaricano il peso delle inefficienze sui lavoratori dipendenti, e inutili perché invece di alimentare lo sviluppo deprimono fatalmente consumi e investimenti. In particolare, in assoluta controtendenza con il resto dell’Unione europea, scuola, formazione e ricerca, settori strategici per il futuro, hanno subito tagli enormi.
Federalismo: nonostante gli annunci propagandistici e la nomina di ministri ad hoc, l’esecutivo non si è dimostrato capace di attuare il trasferimento di risorse e competenze agli enti locali avviata con la riforma del Titolo V della Costituzione. Al contrario, su Regioni e Comuni si sono abbattuti tagli ingenti che hanno creato malumori perfino tra i fedelissimi della Lega.
Finora, l’unico federalismo messo in campo dal Governo, quello dei beni demaniali, si è rivelato un autentico bluff: ai Comuni sono state “offerte” le proprietà di ruderi ampiamente inutilizzati o le spese di manutenzione di argini e opere idrauliche dismessi dallo Stato. Il federalismo fiscale e l’autonomia tributaria dei Comuni sono rinviati al 2014, dopo la fine della legislatura.
Sicurezza: le clamorose proteste del personale delle forze dell’ordine, sceso in piazza a manifestare contro i tagli di organico, mezzi ed equipaggiamento, sono il sintomo più evidente del disastro del programma securitario del governo Berlusconi.
 Anche qui, dopo tante chiacchere, non è stato assunto nessun provvedimento serio: le ronde non esistono, i militari sostituiscono le forze di polizia ormai prive di uomini e strumenti sufficienti. Il sistema giudiziario è sempre più in difficoltà per i tagli, e per scelte sciagurate come l’introduzione del reato di clandestinità, che producono un unico risultato: paralizzare i tribunali e rallentare i tempi dei processi.
Riforme: a distanza di due anni l’Italia è tornata indietro, appare sempre più bloccata e continua a perdere posizioni rispetto agli altri stati europei. Tanti proclami e altrettanti annunci ma le riforme che avrebbero dovuto modernizzare il Paese non si vedono. A questo si aggiungono i noti (e sempre più numerosi) episodi di malaffare che hanno visto il coinvolgimento di figure chiave del Governo. Dalla compravendita dell’appartamento dell’ex ministro Scajola, pagato - a suo dire - a sua insaputa, ai fatti di corruzione attualmente al vaglio della magistratura, come gli appalti per la sede del G8 alla Maddalena o la ricostruzione post-terremoto dell’Aquila.
Hanno pesato anche la nomina a ministro di Brancher, condannato in primo grado a due anni di reclusione per la “scalata” di banca Antonveneta, e il mandato di arresto che pende sull’ex sottosegretario Cosentino, oltre alle vicende della cosiddetta loggia P3, che vede il coinvolgimento di Caliendo e del triumviro Verdini.
Sarà compito dell’opposizione, nei prossimi mesi, affrontare il progressivo sgretolamento della maggioranza di centrodestra e la nuova fase politica che si è aperta. Il Partito democratico non ha paura delle elezioni anticipate, ma non vuole tornare a votare con questa legge elettorale, che non consente ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, non assicura stabilità, e rischia di consegnare il Paese - attraverso un pericolosissimo premio di maggioranza - a coalizioni che non hanno la maggioranza dei voti.
 Oggi la priorità del Pd deve restare quella di risolvere i gravi problemi dell’Italia: affrontare la crisi economica, fermare l’emorragia di posti di lavoro, riformare la legge elettorale e costruire le condizioni per un’alternativa al Governo Berlusconi.

 

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I DEBITI DI ATTIVA (EX COSECON)
Chiudere Attiva prima che il buco aumenti
Il Mattino di Padova, 24 luglio 2010
 
Ancora una volta balza alla cronaca la lunga agonia di Attiva Spa. Da anni l’ex Consorzio di sviluppo del Conselvano sopravvive in condizioni disastrose. Ora, a quanto si apprende dal mattino, finalmente gli amministratori della società sembrano intenzionati a ricorrere alla legge fallimentare, dichiarando lo stato di crisi, depositando i bilanci in tribunale e presentando un piano di ristrutturazione del debito finalizzato a pagare i creditori.
Trova così conferma il fallimento gestionale.
Attiva vanta debiti con le banche per oltre 100 milioni di euro e negli ultimi due esercizi ha prodotto un disavanzo di 7 milioni e 880 mila euro nel 2009, e di 18 milioni 468 mila nel 2010. Il patrimonio immobiliare è quasi tutto ipotecato. Un disastro, appunto. Conclamato al punto che Veneto Sviluppo la finanziaria della Regione, socio rilevante di Attiva, ha già svalutato la propria partecipazione. Di fronte a questi numeri per qualsiasi impresa privata c’è una sola strada: portare i libri in tribunale. Come dimostra il recente caso della Banca popolare di garanzia, l’istituto di credito degli industriali padovani messo in liquidazione nonostante un passivo molto minore di quello di Attiva.
L’accanimento terapeutico che sta prolungando l’agonia della società del Conselvano ha già prodotto ulteriori danni. Se i soci avessero provveduto per tempo a chiudere la società si sarebbe evitato di far lievitare negli ultimi due anni il buco di 26,3 milioni di euro. Se nei prossimi giorni il Tribunale accoglierà la richiesta dei soci di utilizzare la legge fallimentare si avvierà una sorta di liquidazione guidata per cedere le proprietà ipotecate, dismettere tutte le attività e pagare i debiti.
E’ l’epilogo di un Consorzio che ha smarrito i fini di sviluppo per i quali era stato creato. Con Cosecon, soci e amministratori hanno bruciato denaro pubblico per anni, investendo in quote azionarie che adesso si rivelano partecipazioni a un enorme debito. Ora Attiva necessita dell’accensione di nuovi mutui bancari, perché non ha la liquidità necessaria a far fronte agli impegni finanziari. In sostanza per ristrutturare il debito è costretta a ricorrere ad altro debito. E qui serve la massima attenzione dell’opinione pubblica perché nel disperato tentativo di reperire i liquidi necessari alla sopravvivenza i vertici di Attiva rischiano di trovarsi coinvolti in operazioni avventate e poco trasparenti. Come, ad esempio, la vendita di Veneto Distribuzione, società del gas. La procedura è insanabilmente viziata dalla presenza illegittima del socio Enerco Group, scelto senza gara pubblica, e dall’accordo, concretizzato in una fidejussione bancaria, tra Attiva e lo stesso socio privato. Su queste anomalie si è già pronunciata l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, evidenziando come “il mancato ricorso alle procedure di evidenza pubblica nella scelta del socio privato di Veneto Distribuzione produce inevitabilmente effetti anche nella vendita della società attualmente in fase di svolgimento”.
Il caso Attiva è emblematico del mondo della finanza, per le modalità con cui le banche continuano a erogare finanziamenti a soggetti malati mentre trascurano quelli sani. All’apice della crisi economia, con le imprese che chiudono perché le banche rifiutano il credito, perché si continuano a finanziare società inutili? Lo stesso vale per Veneto Sviluppo, nata per supportare le attività delle piccole e medie imprese. Quante aziende avrebbe potuto salvare con i capitali dirottati sull’ex Cosecon? Ma il caso Attiva è anche un pezzo di storia della politica, per il ruolo svolto negli scorsi anni dagli amministratori pubblici che hanno causato l’attuale disastro. Su questi aspetti saranno le inchieste e i processi penali e civili in corso a individuare i responsabili. Infine, esiste un enorme problema sulla credibilità del CdA di Attiva.
Ora è necessario mettere fine prima possibile a questa penosa vicenda, per evitare che qualcuno in futuro provi a ripetere un’ esperienza fallimentare.
 
Attiva, c è il rischio liquidazione
Il Mattino di Padova, 21 luglio 2010
 
CONSELVE. Colpi di scena a ripetizione sul destino di Attiva, prima la notizia bomba della battuta d’arresto del «piano di salvataggio» presentato nei giorni scorsi dopo mesi di preparativi. Ma poche ore dopo, dopo una giornata frenetica, di fronte al serio rischio di messa in liquidazione della società, il sistema bancario ha deciso di reagire e dare il via libera definitivo all’iniezione di capitali necessaria per pagare parte dei debiti. Il tempo stringe e i prossimi saranno giorni decisivi. La corsa contro il tempo era iniziata agli inizi di luglio, con la presentazione in tribunale della prima bozza del «piano di ristrutturazione del debito» messo a punto dalla spa con l’apporto e l’assenso delle banche, nella doppia veste di socie e creditrici, in testa Cassa di Risparmio, Antonveneta Monte Paschi e Unicredit.  Sembrava che tutto volgesse per il meglio perché il collegio giudicante, presieduto da Caterina Santinello, aveva accettato di prendere in esame la documentazione in tempi brevi. Giovedì scorso infatti si è tenuta l’udienza alla quale hanno preso parte il presidente di Attiva, Gian Michele Gambato, i legali della Spa e i rappresentanti dei creditori. Il piano di ristrutturazione è una novità introdotta dall’articolo 182 bis della legge fallimentare ed è previsto in caso di accordo fra almeno il 60 per cento degli azionisti. L’accordo per il «salvataggio» di Attiva, che deve fare i conti con un’esposizione finanziaria drammatica e un deficit di bilancio di 18 milioni di euro nel 2009, ha visto una lunga gestazione ed è stato più volte aggiustato prima della stesura definitiva. In Tribunale è stata presentata una bozza con l’intento di velocizzare i tempi, in attesa di ottenere le deliberazioni di tutte le banche. Ma la giudice Santinello ha rigettato il documento perché ritiene che non ci siano sufficienti garanzie nei confronti dei creditori privati. Per mettere la Spa sotto protezione e approvare il piano la Santinello chiede che i 13 milioni e 800 mila euro di «nuova finanza», la somma anticipata dalle banche, sia disponibile «pronta cassa». Attiva invece aveva chiesto di procedere con il piano in attesa della formalizzazione dell’accordo da parte degli istituti di credito. La notizia del diniego del Tribunale è piombata come un macigno lunedì sera, tanto che il presidente ha convocato d’urgenza un consiglio d’amministrazione straordinario.  Intanto sono partite le consultazioni con le banche e, dopo una giornata al cardiopalma, nel pomeriggio di ieri a sbloccare la situazione è arrivata la risposta definitiva attesa da Monte dei Paschi di Siena. L’istituto di credito infatti non aveva ancora sciolto la riserva mentre era già arrivato l’assenso delle altre banche. Mps avvalla l’anticipazione dei 13 milioni e 800 mila euro posti dal giudice come conditio sine qua non per procedere con il piano. Non solo: la banca ha dato l’assenso anche all’operazione di vendita di Veneto Distribuzione, la società che ha in concessione le reti del gas, che dovrebbe fruttare altri 13 milioni e mezzo di euro. Nei prossimi giorni l’operazione dovrebbe concludersi con l’Amga di Udine, quindi non sarebbe più necessario far valere la fidejussione del socio privato, la Enerco della famiglia Casellato. Adesso la parola torna al Tribunale.
 
IL CRACK DI PROGETTO SALVAGUARDIA AMBIENTE
(EX TRASPORTI ECOLOGICI)
Un fallimento annunciato
 
Il fallimento dell'ex Trasporti Ecologici, poi trasformata in Progetto Salvaguardia Ambiente, è la dimostrazione di quanto abbiamo ripetuto da tempo, prima come DS e adesso come PD. E' il risultato inevitabile della gestione disastrosa di questa società, improntata più agli interessi privati di pochi speculatori che alla fornitura efficiente di un servizio fondamentale come quello della gestione dei rifiuti, a vantaggio di tutti i cittadini dei Comuni soci. Saranno proprio i Comuni a pagare il prezzo più alto di questo fallimento. Ora sarà compito del Tribunale chiudere nell'unica maniera possibile - con il fallimento - l'ex Trasporti Ecologici, mettendo la parola fine ad una vicenda emblematica di come gli interessi privati possano causare gravi danni alla collettività, con il rischio che il disastro si ripeta nello stesso modo anche nel caso di Attiva Spa, l'ex Consorzio di Sviluppo del Conselvano ormai divorato dai debiti e completamente in mano alla banche creditrici.  
 
L’ex Trasporti Ecologici
non si salva dal fallimento
Vano cambio di proprietà
 
Per la società di servizi ambientali fondata da Andolfo e al centro di varie inchieste la fine era inevitabile 
Il 21 gennaio ci sarà l’udienza per stabilire l’ammontare esatto
del pesante passivo
  
Il Mattino di Padova, 7 agosto 2010
 
MONSELICE. Finisce nel peggiore dei modi la parabola dell’ex Trasporti Ecologici, la società di servizi ambientali che per un decennio ha fatto discutere ed è stata all’origine di clamorose inchieste, sfociate in un processo ancora in corso. Il tribunale ha decretato il fallimento della Progetto Salvaguardia Ambiente, questo il nuovo nome assunto dopo gli scandali ed il travagliato passaggio di proprietà.
 La sezione fallimentare del tribunale patavino ha nominato giudice delegato Caterina Zambotto e curatore il padovano Michele Pivotti.
 Fissato al 21 gennaio del prossimo anno l’esame dello stato passivo accumulato dalla società di servizi ecologici. Da oltre un paio d’anni la società era ormai in agonia, affossata dalle pesantissime perdite finanziarie e da una ingombrante eredità che nemmeno il cambio di nome era riuscito a far dimenticare. Del capitale sociale non era rimasto praticamente nulla e anche il ramo d’azienda che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti è stato ceduto in affitto alla De Vizia, che ha assorbito anche i dipendenti, non senza problemi.
 Da quattro anni la società, dopo la discussa compravendita firmata Cosecon e costata il rinvio a giudizio per un nutrito gruppo di amministratori ed ex sindaci, era passata sotto il controllo del gruppo vicentino Stabila, che aveva acquistato dalla famiglia Andolfo la metà delle quote. A Cosecon - Attiva era rimasto circa il 30 per cento, oltre alla partecipazione di alcuni comuni, fra cui la fetta più grossa era detenuta da Tribano. Quote di fatto azzerate dopo la pubblicazione del bilancio 2006, che aveva messo in evidenza una perdita societaria di oltre dieci milioni di euro.
 L’anno successivo, poi, Progetto Salvaguardia Ambiente ha chiuso i conti con altri quattro milioni di deficit e da allora la situazione è precipitata. La proprietà vicentina all’inizio del 2008 ha tentato di giocare la carta dell’aumento di capitale ma gli altri soci non ci sono stati, temendo di perdere altro denaro.
 Ora spetterà al Tribunale spartire quel che rimane della società. Nata nel 1993 per gestire i servizi ambientali e avviare la raccolta differenziata, la svolta di Trasporti Ecologici arriva fra il 2002 e il 2003 con la vendita della quota di maggioranza, detenuta dalla famiglia Andolfo - Bertin, alla Cosecon, guidata allora dal Natalino Zambolin, sindaco di Tribano e fondatore della società. Successivamente una perizia dimostrerà che il prezzo era stato gonfiato sovrastimando il valore della società. Scatta l’inchiesta della magistratura, con 33 iscritti nel registro degli indagati. E’ l’inizio della fine.
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L'ASCENSORE DELLA ROCCA DI MONSELICE
Soddisfazione per la decisione
della Sovrintendenza
 
Anche se è passato molto tempo da quando, nel 2007, sono iniziati i lavori per la costruzione dell'ascensore della Rocca di Monselice, è con soddisfazione che si deve accogliere la decisione della Sovrintendenza di stralciare dal progetto la costruzione della torre di accesso al Mastio federiciano. Inoltre, è bene ricordare che i lavori sono stati interrotti nel maggio del 2008 dall'intervento dell'autorità giudiziaria che ha aperto un'indagine per accertare la conformità tra l'intervento in questione e le norme sulla programmazione urbanistica. E' positivo, quindi, che dopo la Magistratura si sia pronunciata anche la Sovrintendenza per verificare l'impatto ambientale di questo progetto, dopo le forti preoccupazioni espresse a più riprese in questi anni da numerose associazioni ambientaliste, preoccupate per i danni che i lavori avrebbero potuto arrecare all'equilibrio idrogeologico del colle della Rocca, data l'estrema friabilità della roccia che ha causato più volte frane sul colle.
Questo progetto, ora modificato profondamente con la decisione della Sovrintendenza, è l'ennesimo esempio della cattiva abitudine di molte Amministrazioni di promuovere a tutti i costi la realizzazione di opere inutili, delle vere e proprie cattedrali nel deserto, pur di incassare dei finanziamenti europei (pari a 3 milioni di euro per la Rocca di Monselice) che, invece, andrebbero utilizzati per opere realmente utili alla collettività. Al contrario, per ricevere i fondi, molti Enti pubblici sono addirittura disposti a chiudere un occhio su autorizzazioni e permessi necessari alla realizzazione di progetti urbanistici, faraonici solo sulla carta ma per i quali - come è stato denunciato pubblicamente più volte nel caso dell'ascensore della Rocca - mancano i più elementari presupposti. 
 
La seconda torre non si farà più
Doveva assicurare l’accesso al torrione, per la Soprintendenza è invasiva

COLPO DI SCENA SULLA ROCCA
Il progetto che doveva ridisegnare la sommità del colle va modificato
Il Mattino di Padova, 11 agosto 2010
 
MONSELICE. La torre di accesso al mastio non si fa più. Mentre sulla Rocca proseguono i lavori per il cantiere di Casa Bernardini, trova conferma la voce per cui l’altro intervento compreso nel sesto e settimo lotto, ovvero la torre che doveva sorgere di fianco al mastio federiciano, è stato stralciato. Il motivo? La torre non ha passato il vaglio dell’esame sull’impatto paesaggistico. E’ stata giudicata troppo impattante dalla Soprintendenza. E per questo, stralciata. Concentrando tutte le risorse economiche sull’intervento all’ex Casa Bernardini. Lo conferma l’ingegner Stefano Talato, responsabile del progetto per i lavori in corso. «Attualmente si sta proseguendo solo con il cantiere di Casa Bernardini - spiega l’ingegnere -. Visto il diniego per la realizzazione della torre, pertanto le risorse sono state concentrate sulla locanda. Il progetto per l’accesso al mastio per il momento è congelato: si vedrà quali scelte adottare».
Rimane per ora la possibilità di arrivare al mastio per il sentiero. «La scala in tubi Innocenti verrà risistemata perché non ci siano problemi» assicura Talato. E questo è tutto. E’ anche la fine della parabola dell’imponente torre d’accesso, voluta e progettata dalla Società Rocca di Monselice e finanziata dalla Regione. Una struttura che avrebbe dovuto innalzarsi per dieci metri e sorgere di fianco al mastio, sui resti di un bastione crollato. La struttura in acciaio doveva essere ancorata a pilastri in calcestruzzo e rivestita con doghe di larice siberiano, per differenziarla dalle mura. A otto metri d’altezza, una passerella doveva permettere l’ingresso al mastio.
Un progetto che da subito aveva suscitato le rimostranze degli ambientalisti, perché giudicato troppo invasivo, lesivo della storia del sito, ma anche per ragioni procedurali ben precise, denunciate in un esposto. Resterà comunque la necessità di individuare una modalità di accesso al mastio diversa dall’attuale scala in tubi Innocenti, che sta macchiando di ruggine il torrione.
«So che la torre doveva essere trasformata in una struttura più agile, dato che per la Soprintendenza era troppo impattante. Credo che al momento il progetto sia fermo in attesa di nuove soluzioni - commenta il sindaco Francesco Lunghi - ma personalmente, credo che la priorità vada data a Casa Bernardini e all’ascensore, rispetto alla torre di accesso. Auspico che la locanda sia finita in tempi utili per la fine dell’ascensore, senza il quale non avrebbe senso. E quanto all’ascensore, stiamo valutando il percorso più giusto per sbloccare la situazione: io mi auguro che venga realizzato e che sia pronto per settembre 2011. Altro progetto da valutare sarà il recupero di Casa Cattin, proprietà della Società Rocca»
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Annunciata interrogazione dell'On.Naccarato
Grave episodio di insulti razzisti a Niang Boubacar, sindacalista Cgil

Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali,
Per sapere - premesso che:

Lo scorso martedì 8 agosto un funzionario sindacale della Fillea-Cgil, Niang Boubacar, di origine senegalese, è stato insultato e offeso da Claudio Rossi, responsabile del cantiere della ditta forlivese “R.C. snc” impegnata nel rifacimento della pavimentazione stradale di via Dante, una delle vie principali del centro cittadino di Padova;

Secondo le testimonianze messe a verbale dai vigili urbani presenti sul posto il responsabile del cantiere ha vietato al sindacalista, in compagnia di un suo collega, di visitare il cantiere, insultandolo con espressioni chiaramente offensive e razziste, quali “negro” e intimandogli di lasciare l’area dei lavori;

La visita dei sindacalisti della Fillea-Cgil di Padova rientrava nel progetto “Io lavoro sicuro” promosso di recente dalla Camera del Lavoro per verificare sul campo le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro all’interno dei cantieri edili;

Il responsabile del cantiere, intervistato dalla stampa locale il giorno successivo ai fatti, ha ribadito pubblicamente la propria contrarietà all’intervento dei sindacalisti all’interno del cantiere affermando anche che: “Un sindacalista negro è una barzelletta”;

In tal modo si conferma inequivocabilmente l’intento offensivo delle parole rivolte al sindacalista da parte del responsabile del cantiere della ditta “R.C. snc” a causa del colore della sua pelle;

Inoltre, già nel 2006, la stessa ditta non aveva rispettato le regole in materia di sicurezza e diritti dei lavoratori: tre lavoratori stranieri erano stati impiegati in nero dalla ditta “R.C. snc”, impegnata in sub-appalto nei lavori per la realizzazione del metrobus a Padova;

Per quanto riguarda le offese di stampo razzista rivolte al sindacalista Niang Boubacar la Fillea-Cgil di Padova, subito dopo l’accaduto, ha dato mandato ai propri legali di procedere contro i responsabili dell’impresa e la Procura della Repubblica di Padova ha aperto un’inchiesta con l’accusa di ingiurie aggravate dai motivi di discriminazione razziale;

Se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti, quali misure intenda porre in essere per promuovere le necessarie verifiche sulle condizioni di sicurezza sul lavoro dei cantieri aperti dalla ditta “R.C. snc” su tutto il territorio nazionale e, in particolare, a Padova; se il Ministro stia valutando la possibilità di modificare la normativa vigente al fine di garantire la piena agibilità da parte dei Sindacati e delle altre organizzazioni di categoria impegnate a verificare sul campo le condizioni di lavoro dei dipendenti dei cantieri edili; quali misure intenda porre in essere per sanzionare i titolari delle aziende che non rispettano i diritti dei lavoratori.   

 

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