Via
libera definitivo alla Camera
321 sì, 270 no e 4 astenuti
Per il voto finale in aula anche Berlusconi.
Il Pd: "Tra due mesi ne servirà un'altra". L'Idv:
"E' iniqua e illiberale". Bruxelles "delusa" dalla
proroga per le multe sulle quote latte, valuta
un'eventuale procedura di infrazione
La Repubblica, 29 luglio 2010
ROMA -
La Camera ha approvato in via definitiva alla
manovra economica. Il provvedimento, su cui ieri è
stata votata la fiducia, è passato con 321 voti
favorevoli, 270 contrari e quattro astenuti. Per il
voto finale si è visto a Montecitorio anche il
premier Silvio Berlusconi, che ha avuto un colloquio
con il ministro dell'Economia Giulio tremonti.
Tra le principali novità del testo, identico a
quello approvato dal Senato (dove pure aveva
incassato la fiducia), il blocco degli stipendi per
i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i
tagli per Regioni, Province e Comuni. Arriva inoltre
la riduzione delle retribuzioni dei manager, la
stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni, i
tagli ai ministeri e ai costi della politica.
Entrano anche le norme per la libertà d'impresa, i
rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per
oltre due milioni di 'case-fantasma'. Nel complesso
la manovra vale circa 25 miliardi di euro. Le opposizioni. Se per la
maggioranza il provvedimento era necessario per
evitare al Paese il rischio di crisi modello Grecia
ed è equo, le opposizioni e gli Enti locali la
pensano in modo completamente diverso. Nelle
dichiarazioni di voto finali, il Pd ha confermato il
suo giudizio negativo e ha messo in guardia dal
rischio che presto arrivi una nuova correzione: "Il
nostro è un parere negativo
- ha affermato il capogruppo del Pd in
commissione bilancio, Pier Paolo Baretta - temiamo
che non risolverà i problemi e ce ne aspettiamo
un'altra, non è equa e non aiuta la crescita. Tra
due mesi avremo un'altra manovra, fra due mesi
arriverà la finanziaria vera e allora dovremo vedere
la capacità del governo di saper imprimere una
svolta alla politica economica governo".
"Quella che la maggioranza si appresta a votare è
una manovra iniqua ed illegale, il secondo atto di
viltà politica dopo quello di aver nascosto ai
cittadini la crisi. E' un provvedimento che non
serve ai cittadini né tanto meno al nostro paese.
Non rimette i conti dello stato in ordine, taglia
risorse essenziali, aumenta le tasse, farà crescere
il debito pubblico e non sostiene in alcun modo lo
sviluppo - ha detto Renato Cambursano, capogruppo
Idv in commissione - Questo governo e questa
maggioranza hanno fallito su tutta la linea e a
pagare come sempre saranno i cittadini onesti che, a
causa dei tagli agli enti locali, si ritroveranno a
dover pagare più tasse per i servizi essenziali".
Le questioni irrisolte. Il voto
finale e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non
chiudono lo strascico delle questioni irrisolte
sulle quali già diversi ministri hanno assunto
impegni formali da adottare molto probabilmente in
autunno con la nuova legge di stabilità, la ex
finanziaria. Questi i nodi che andranno sciolti nei
prossimi mesi:
Diplomatici -Potrebbero arrivare modifiche al taglio lineare
del 10% alla Farnesina e il blocco degli stipendi,
misure contro cui hanno scioperato i diplomatici.
Berlusconi ha assicurato che il governo andrà
incontro alle loro richieste. Quote latte -
Sulla proroga del pagamento delle multe per le quote
latte pende il verdetto di Bruxelles che ha
avvertito sul rischio dell'apertura di una procedura
di infrazione nei confronti dell'Italia. Anche oggi,
dopo il voto finale, il commissario europeo
all'Agricoltura Dacian Ciolos ha fatto sapere che
"la Commissione Europea è delusa nell'apprendere che
l'Italia ha votato una misura che sembra essere
contraria alle regole dell'Ue sul rimborso delle
multe per il superamento delle quote latte. Ora
esaminerà sotto il profilo giuridico il testo votato
e non esiterà a intraprendere l'azione necessaria
contro l'Italia se la misura non è conforme alle
regole Ue". Tagli alle Regioni
- E' ancora aperta la partita
fra governo e Regioni sui tagli contenuti nella
manovra. Il governo intende risolvere la questione
con il federalismo fiscale, ma al momento non c'è
nessun accordo con i governatori. Parchi -
Anche il taglio del 50% agli enti vigilati potrebbe
essere rivisto con la legge di stabilità in autunno.
Oltre alla ricerca c'è anche il nodo parchi su cui
il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo,
ha assicurato che saranno ripristinati i fondi. La
Camera, inoltre, ha approvato un ordine del giorno
che impegna il governo a ricostituire un flusso di
finanziamenti adeguato agli enti parco nazionali. Sicurezza -
Il governo dovrebbe dare seguito all'ordine del
giorno che esclude dal congelamento degli stipendi
alcune indennità delle forze armate. Cultura -
Nel mirino il taglio del 50% delle risorse destinate
agli istituti culturali e le riduzioni ai
trasferimenti a Regioni ed Enti locali che si
ripercuoteranno sul settore. Il ministro per i Beni
Culturali, Sandro Bondi, ha assunto impegni sul
ripristino delle risorse per i musei. Università -
C'è l'impegno del governo a recuperare una parte del
taglio di 1,3 miliardi per l'università. In
particolare, ha assicurato il ministro maria stella
gelmini, ci saranno 40 milioni di euro per
ripristinare gli scatti di stipendio ai ricercatori.
Intervento in
Aula dell'On. Naccarato
sulla Manovra economica
Conversione in
legge del DDL recante:
"Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitività economica"
Camera dei Deputati, 27 luglio 2010
Signor
Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante
del Governo, intervengo per illustrare i contenuti di
alcuni emendamenti che abbiamo presentato come gruppo
del Partito Democratico. Purtroppo gli emendamenti non
verranno posti in votazione perché il Governo ha posto
la questione di fiducia dando l'ennesima prova di
disprezzo verso il Parlamento e per la dialettica
democratica. Abbiamo scelto di illustrare ugualmente gli
emendamenti per dimostrare che era, ed è possibile una
politica economica diversa da quella contenuta nel
decreto-legge in discussione. Mentre interveniamo, i
nostri colleghi, del gruppo del Partito Democratico,
sono a L'Aquila per testimoniare con la loro presenza la
solidarietà verso le popolazioni colpite dal terremoto,
popolazioni che aspettano una soluzione vera per la
ricostruzione e che non possono più accettare le bugie e
le promesse che questo Governo ha raccontato e che
avrebbe dovuto risolvere anche con questa manovra adesso
in discussione.
Il decreto-legge in esame è un provvedimento sbagliato,
inutile e ingiusto. È sbagliato perché non sostiene
l'economia e lo sviluppo, non favorisce la crescita, non
consente alle famiglie e alle imprese di affrontare la
crisi con strumenti adeguati. È inutile perché si basa
su previsioni ottimistiche e illusorie e sarà necessario
un decreto correttivo già in autunno. Sotto questo
aspetto il provvedimento conferma l'immobilismo e la
superficialità del Governo di fronte alla crisi. La
crisi è stata prima negata, poi si è aspettato che
passasse, si è perso tempo prezioso che ha fortemente
indebolito la nostra economia. È un provvedimento
ingiusto perché colpisce in modo selettivo e pesante
alcune categorie: i lavoratori dipendenti del pubblico
impiego, in particolare nei comparti scuola e sicurezza,
i giovani con contratto a tempo determinato, il sistema
delle autonomie locali. Questi soggetti pagheranno un
costo altissimo, mentre altri staranno a guardare.
L'ingiustizia del provvedimento è data anche dal fatto
che il Governo scarica su regioni, province e comuni i
tagli e obbligherà questi enti a ridurre i servizi
essenziali.
Il massimo dell'ingiustizia, e su questo abbiamo
presentato diversi emendamenti, si è raggiunto inserendo
l'articolo 40-bis, quello che riguarda la
questione delle quote latte. In questo caso si è
inserita una norma, che riguarda soltanto 109 allevatori
che vengono premiati dopo che non hanno pagato le multe,
i cosiddetti splafonatori, e che fanno pagare a tutta la
collettività, a tutto il Paese gli errori che hanno
commesso, le truffe che hanno commesso ai danni
dell'Unione europea. Il Ministro Galan aveva addirittura
annunciato le proprie dimissioni se si fosse presentato
questo emendamento, naturalmente le dimissioni non ci
sono state, e questa credo sia un'ulteriore presa in
giro che la dice lunga sulla credibilità di alcuni
ministri all'interno di questo Governo.
Nel decreto non ci sono interventi per lo sviluppo, per
sostenere la domanda e l'offerta, per aiutare famiglie
più colpite dalla crisi. I nostri emendamenti avanzano
delle proposte alternative che vanno in questa
direzione: in primo luogo rispetto all'evasione fiscale.
Dopo aver insultato le misure dei Governi di
centrosinistra - le uniche che hanno consentito di
ridurre l'evasione in tempi recenti, basta pensare che,
da quando siete tornati a governare il Paese, l'evasione
è cresciuta di nuovo e ha raggiunto la cifra di 124,5
miliardi di euro, pari all'8,2 per cento del PIL,
risorse che anche in piccola parte sarebbero state
indispensabili e fondamentali per alleviare le
situazioni di difficoltà della nostra economia - ora
riproponete alcune di quelle misure che avete criticato
per tanto tempo.
A parte la figuraccia che fate di fronte al Paese,
perché smentite anni di propaganda becera sulla
questione delle tasse, non siete credibili da questo
punto di vista. La vicenda dello scudo fiscale è
indicativa e la dice lunga su come intendete le
politiche fiscali del Paese. Avete
fatto un regalo
ai grandi evasori che hanno riportato in Italia, con
costi irrisori, grandi capitali. Là era possibile
recuperare risorse fondamentali per lo sviluppo del
Paese, e questo noi abbiamo chiesto in più occasioni.
In secondo luogo la questione della formazione, la
scuola, la ricerca, il riconoscimento del merito. Il
decreto pregiudica lo sviluppo futuro dell'Italia da
questo punto di vista; è questo, finora, l'unico dato
certo del decreto Tremonti.
Il provvedimento smantella l'unico settore che può
garantire la competitività del Paese in un mercato
globale sempre più tecnologico: la conoscenza. Il tutto
mentre gli altri Governi dell'Unione predispongono
massicci investimenti in questi settori strategici.
La Germania, ad esempio, sta varando una manovra
triennale di 86 miliardi di euro con un taglio di 15
mila dipendenti pubblici, senza ridurre i finanziamenti
alla scuola e alla ricerca. Là rigore sulla spesa
pubblica e la lotta alle inefficienze vanno di pari
passo con un piano di sviluppo senza precedenti, che fa
perno proprio sull'innovazione culturale, scientifica e
tecnologica.
Al contrario, l'azione del Governo Berlusconi si
contraddistingue unicamente per i tagli orizzontali
indiscriminati: dalle materie di studio alle ore di
insediamento, dagli stipendi dei ricercatori alla
fornitura di carta per fotocopie nelle università.
Nel mirino scuole e atenei tutti, senza distinzione fra
realtà virtuose e inefficienti.
A questo si aggiungono decisioni gravi assunte in
precedenza, a partire dall'abbassamento a 15 anni
dell'obbligo scolastico - limite che il Governo Prodi
aveva innalzato a 16 anni - e dall'introduzione
spregiudicata dell'apprendistato lavorativo.
Nella scuola le pesanti riduzioni di organico, decise
dal Ministro Tremonti del 2008, furono giustificate con
la promessa di aumenti di stipendio in base alle
competenze professionali. Oggi il blocco della
contrattazione per il personale scolastico vanifica
quell'impegno e smaschera le bugie del centrodestra
sulla valorizzazione del merito.
A queste pesanti riduzioni di organico avrebbe dovuto
far seguito la valorizzazione economica delle competenze
professionali attraverso la contrattazione integrativa;
oggi tutto questo non è più possibile perché nel decreto
avete determinato la disapplicazione del meccanismo che
prevedeva la riassegnazione alla contrattazione
collettiva di parte dei risparmi conseguiti dalla
riduzione degli organici.
Queste risorse, già destinate alla valorizzazione e allo
sviluppo professionale delle carriere, sono
definitivamente spostate dalla manovra verso impieghi di
carattere ordinario: il ripianamento dei debiti
pregressi nelle istituzioni scolastiche ed il
rifinanziamento delle spese per le supplenze brevi.
Per di più, allo stesso personale scolastico è applicata
la sospensione degli automatismi retributivi legati
all'anzianità di servizio, realizzando a loro spese un
risparmio aggiuntivo pari a 320 milioni di euro l'anno.
Tutto ciò testimonia il pesantissimo disinvestimento,
economico e motivazionale, operato sul personale della
scuola pubblica, al quale, non solo oggi è richiesto
dalla manovra un sacrificio economico maggiore rispetto
agli altri dipendenti pubblici, ma è addirittura negato
l'accesso alle risorse promesse dal Governo a
compensazione di sacrifici già imposti e già ottenuti.
L'istruzione, la formazione e la ricerca devono essere
considerate fondamentali per la crescita e lo sviluppo.
Bisogna rafforzare la scuola pubblica, finanziarie
l'autonomia scolastica, collegare l'offerta formativa al
territorio e al sistema produttivo, realizzare un patto
educativo tra scuola, famiglie e studenti.
Per invertire la tendenza bisogna investire di più nella
scuola e nelle università, e assegnare le risorse in
base ad una scrupolosa valutazione dei servizi offerti,
premiando le strutture migliori.
Per l'università deve essere eliminato il blocco del
turnover che non permette il ricambio generazionale
e l'accesso alla
professione dei più meritevoli. I problemi non si
risolvono con le trovate demagogiche, costose e dannose
alla didattica come il pensionamento a 65 anni dei
professori, contenute nel disegno di legge
all'attenzione adesso del Senato.
Va rafforzata l'autonomia dei singoli atenei e avviata
una seria discussione sull'accesso e la progressione
della carriera universitaria, l'unica misura che
permetterà di arginare la fuga di cervelli verso
l'estero. Una perdita doppia, per il know-how
del Paese e per le casse dello Stato, visto che i
ricercatori vengono formati in Italia prima di essere
impiegati dalle università straniere.
Per questo serve un contratto unico di formazione e
ricerca con durata quadriennale e l'istituzione del
ruolo unico di docenza, con la possibilità di chiamata
diretta dei ricercatori che svolgono l'attività da sei
anni. Infine, serve il superamento di un precariato
divenuto endemico, predisponendo un contratto unico per
i dottorandi, con diritti sociali e previdenziali.
Invece, sull'economia della conoscenza peseranno anche i
tagli delle risorse agli enti locali previsti in questo
decreto-legge, con un'ulteriore ricaduta sul sistema
educativo gestito dai comuni - gli asili e le scuole
elementari - e sul diritto allo studio a carico delle
regioni. Con il decreto-legge la maggioranza taglia
fondi vitali alla scuola, all'università e alla ricerca,
considerando l'educazione, la formazione e l'innovazione
come degli elementi di spreco della pubblica
amministrazione. Così il nostro Paese non avrà un futuro
e sarà destinato a un inesorabile declino economico e
culturale.
In terzo luogo la questione dell'innovazione e dello
sviluppo della banda larga. In questo settore non vi è
nessun investimento nonostante le promesse molte volte
sbandierate e a differenza del resto d'Europa dove la
banda larga è ormai divenuta l'infrastruttura base del
futuro, che produce un indotto enorme e consente al
Paese di stare al passo con i tempi.
In quarto luogo le opere pubbliche, in particolare
quelle negli enti locali che rappresentano il 60 per
cento delle opere pubbliche che si realizzano nel nostro
Paese. I vincoli del Patto di stabilità non
consentiranno ai comuni - e soprattutto a quelli
virtuosi - di investire risorse loro (ossia già dei
comuni e frutto anche dei risparmi che questi comuni
hanno messo in atto negli anni passati) per le opere
pubbliche. In questo modo l'economia locale avrà un
blocco consistente.
Il decreto-legge in esame smentisce le due principali
promesse che la maggioranza ha sbandierato in questi
anni: la questione del federalismo e quella della
sicurezza. Sul federalismo, al di là delle chiacchiere,
vi sono solo tagli pesantissimi alle autonomie locali.
Regioni, province e comuni che già svolgono con grande
difficoltà le proprie funzioni sono investite dalla più
totale confusione legislativa sul proprio assetto (basta
pensare alla vicenda della Carta delle autonomie locali)
e da una riduzione di risorse senza precedenti. Le
regioni si vedono sottrarre, per decreto-legge e con la
questione di fiducia posta oggi, un miliardo per il
trasporto pubblico locale, 670 milioni di incentivi alle
imprese, 500 milioni per la viabilità, 400 milioni per
il Fondo per i non autosufficienti, 350 milioni per il
Fondo per le politiche delle famiglie, 460 milioni per
le politiche della casa, 42 milioni per il lavoro dei
disabili.
È questa l'idea di autonomia che ha il Governo di
centrodestra e che ha la Lega Nord? Il federalismo, per
noi, significa che una parte sempre maggiore delle
risorse raccolte con la fiscalità generale deve essere
spesa nei territori dove viene prodotta. Voi fate
esattamente il contrario. Promettete il federalismo di
giorno e di notte togliete le risorse alle autonomie
locali, non consentendo loro di svolgere le loro
funzioni. Basta guardare il trattamento di assoluto
privilegio che avete regalato, anche questa volta, alla
città di Roma. Cari colleghi della Lega, altro che Roma
ladrona! Sono tre anni che Roma riceve, in maniera del
tutto ingiustificata e senza nessun tipo di motivazione
o di valutazione su ciò che accade, una quantità di
risorse consistenti e tutto questo viene accuratamente
taciuto per evitare di
andare dagli
elettori che hanno scelto la Lega anche perché ci si
aspettava una distribuzione diversa delle risorse. Del
resto, abbiamo sentito ieri l'onorevole Polledri
paventare una sorta di scambio: la Lega ha ottenuto la
questione delle quote latte, che ricordavo prima, e in
cambio altri settori della maggioranza hanno ottenuto i
finanziamenti per Roma capitale. Se questo è l'impianto
- e secondo noi è proprio questo - con cui la manovra è
costruita i risultati, purtroppo, non saranno raggiunti
e le finanze pubbliche del Paese avranno un andamento
sempre peggiore.
Nei Ministeri, al centro le spese crescono. Nei
territori, nelle regioni, nelle province e nei comuni le
risorse vengono tolte e sottratte. Oltre alle regioni
anche agli altri enti locali i trasferimenti correnti
vengono ridimensionati di 1,8 miliardi nel 2011 e di 2
miliardi e mezzo nel 2012. Questo lascia peraltro
prefigurare un ulteriore peggioramento della finanza
locale e dei conti pubblici. I tagli non sono
proporzionali agli enti in termini di popolazione e non
sono selettivi per qualità e tipologia della spesa. Non
vi è alcuna logica premiale. I tagli si basano sulla
spesa storica. Così i comuni virtuosi, che hanno ridotto
le spese negli ultimi anni, saranno più penalizzati
degli altri. Anche questo è un argomento che al nord
spiegheremo molto bene, perché la maggior parte di
questi comuni è collocata nelle regioni settentrionali
del Paese. Si tratta di regioni, province e comuni che
negli anni passati si sono rimboccati le maniche e a
fatica hanno rimesso in ordine i propri conti e adesso
vengono doppiamente penalizzati dal decreto-legge e
dalla manovra in corso, ancora una volta alla faccia
delle promesse e degli slogan che la Lega Nord ha
sbandierato nelle regioni settentrionali.
C'è, infine, per gli enti locali il dramma del trasporto
pubblico locale. L'ultima legge finanziaria del Governo
Prodi aveva introdotto un adeguamento delle misure della
compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per
autotrazione in sostituzione dei trasferimenti statali
per il trasporto pubblico locale.
Ora questa norma, di segno federalista e di
decentramento fiscale, viene abrogata e si tradurrà in
un ulteriore taglio generalizzato ai servizi di
trasporto, anche per i gestori con il bilancio in
pareggio. Quindi, anche in questo caso, si
penalizzeranno i più virtuosi e quelli che governano
meglio e si premieranno quelli che invece sprecano e
governano male.
La seconda promessa mancata, la seconda bugia
smascherata di cui parlavo prima, è il tema della
sicurezza e, anche in questo caso, le risorse subiscono
un ulteriore 10 per cento di tagli. Dopo 3 miliardi e
mezzo tagliati con la manovra del giugno 2008 la
missione «ordine pubblico e sicurezza» viene ridotta di
più di 230 milioni di euro. In tre anni questa missione
ha subìto tagli per un miliardo e 700 milioni.
Cosa significa? Significa meno mezzi e strumenti alle
forze di polizia, un ulteriore peggioramento del
trattamento economico degli operatori del comparto, il
blocco del contratto, la riduzione delle risorse per le
attività di missione e che scompaiono le risorse per il
riordino delle carriere.
Tutto ciò significa che i cittadini troveranno sempre
meno forze dell'ordine nei territori e che la sicurezza
dei cittadini diminuirà. Anche qui vi è un'ingiustizia
molto pesante: si taglia il trattamento economico e si
deludono le aspettative a lungo alimentate in modo
ipocrita di donne e uomini che svolgono una funzione
fondamentale e delicatissima e che sono un punto di
riferimento certo per i cittadini.
Il Governo umilia gli operatori delle forze di polizia
e, del resto, cosa c'era da aspettarsi da un Governo in
cui il Ministro Brunetta aveva definito i poliziotti dei
«panzoni chiusi negli uffici»? Sono parole del Ministro.
Dietro a questa propaganda, poi, seguono i tagli e i
fatti. Avete preso in giro i cittadini con provvedimenti
propagandistici quanto inutili, e penso all'attribuzione
di maggiori poteri ai sindaci, poiché, se da una parte
gli hanno dato maggiori poteri, dall'altra, hanno
tagliato le risorse e quindi quei poteri non possono
essere esercitati.
E poi vi è la vicenda delle ronde. Ho l'impressione che,
se andiamo avanti di questo passo, forse sarà utile
promuovere le ronde per controllare gli splafonatori
delle quote latte, visto che sono pochi, e in quel modo
potremo risolvere entrambi i problemi, visto quanto si
sta verificando nel Paese.
Credo che per avere maggiore sicurezza servano i
professionisti della sicurezza che sono le forze
dell'ordine e non le improvvisazioni alle quali ci avete
fin qui abituato e, siccome questi professionisti ci
sono, bisogna valorizzarli, pagarli meglio e metterli in
condizione di operare con strumenti efficaci.
Faccio un esempio: vi eravate impegnati a sopprimere la
Difesa Servizi SpA. Nel decreto-legge non c'è traccia di
tutto questo. Vorrei ricordare - concludo, signor
Presidente - che proprio in questi giorni tutte le
organizzazioni dei sindacati della Polizia di Stato,
della Polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello
Stato e il Cocer della Guardia di finanza e
dell'aeronautica militare si sono rivolti all'onorevole
Gianni Letta con una lettera di cui vorrei leggere
rapidamente un pezzo perché riprende alcuni degli
emendamenti e dei ragionamenti che abbiamo provato a
presentare e che non verranno discussi.
Scrivono i sindacati delle forze dell'ordine: «(...) le
scriventi organizzazioni sindacali e le rappresentanze
militari, pur non condividendo il merito e il metodo
seguito per l'elaborazione dei contenuti della manovra,
avendo avanzato per questo aspre, argomentate e fondate
critiche, tuttavia hanno mantenuto un rapporto di leale
e corretto confronto con il Governo, al fine di
evidenziare concretamente i profili di iniquità, le
sperequazioni e gli aspetti della manovra che minano la
stessa funzionalità del sistema sicurezza del Paese, ma
incide sul morale, la dignità del personale e
l'affezione all'istituzione degli uomini, l'effetto
combinato di alcune norme pone in discussione il sistema
gerarchico funzionale delle istituzioni di appartenenza
(...). La nostra politica di mediazione e propositivo
stimolo è stata condivisa da molti esponenti del
Governo, però soltanto a parole. Con sconcertante
sorpresa e in occasione del voto per la conversione in
legge in Aula della manovra, le scriventi organizzazioni
prendevano atto che il maxiemendamento governativo
presentato al Senato lasciava inalterati gli effetti di
alcune norme gravemente penalizzanti per il personale e
per la funzionalità del sistema previsto dalla manovra
in materia di blocco del trattamento economico
complessivo relativo alla massa salariale, blocco degli
avanzamenti stipendiali legati a funzioni e grave
penalizzazione del trattamento di fine rapporto per gli
operatori del comparto».
Queste sono parole usate con tono e stile di servitori
dello Stato, che non riescono a capire la logica delle
vostre scelte politiche e che non riescono a capire le
bugie che gli sono state propinate costantemente
nell'arco della discussione che c'è stata sulla manovra.
Si è arrivati al punto di promettere, da una parte, e,
dall'altra, con il testo del maxiemendamento - e non è
stato variato perché è lo stesso testo su cui questa
mattina il Governo ha posto la fiducia - si facevano
cose esattamente contrarie.
Ecco, in questo modo credo che non si possa governare un
Paese. La manovra segna il fallimento di due anni di
Governo del centrodestra, il Paese ha ormai bisogno di
un altro Governo e i nostri emendamenti vanno in questa
direzione.
Credo che, poiché i nodi alla fine vengono al pettine,
come dimostrano le proteste diffuse nel Paese alla luce
dei contenuti della manovra, avete ormai perso la
credibilità e la fiducia degli italiani. La propaganda e
le illusioni non bastano più, il Paese ha bisogno di un
altro Governo e di altre politiche.
I nostri emendamenti, che purtroppo non verranno votati,
avevano e hanno l'intenzione di dimostrare come sia
possibile una politica economica diversa, alternativa
alla vostra e in grado di portare il Paese fuori dalla
crisi
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LA
CRISI NEL PDL
Berlusconi rompe: "Finiani
fuori dal partito"
Gli uomini del cofondatore verso nuovi gruppi
Documento dell'ufficio di
Presidenza:deferimento contro tre fedelissimi dell'ex
leader di An: Granata, Bocchino e Briguglio. Il
Cavaliere durissimo con l'ex leader di An: "Non abbiamo
più fiducia in lui, iniziative perché lasci la
presidenza della Camera". La replica: "Non decidi tu".
In 34 pronti a nuova formazione parlamentare.
Firmano lettera di dimissioni dal gruppo e la affidano
al loro leader
La
Repubblica, 29 luglio 2010
ROMA
- Il Pdl non c'è più. O almeno, non c'è più per come lo
abbiamo conosciuto finora. E' durato meno di un'ora
l'ufficio di presidenza per decidere l'isolamento e, di
fatto, l'espulsione dei dissidenti. Le parole
pronunciate da Silvio Berlusconi non lasciano spazio a
equivoci: "Facciano pure i gruppi autonomi tanto sono
fuori". Non solo. Dal Cavaliere arriva un attacco
durissimo alla terza carica dello Stato: "Allo stato
viene meno la fiducia nei confronti del ruolo di
garanzia del presidente della Camera indicato dalla
maggioranza uscita vittoriosa dalle elezioni". E alla
domanda se il cofondatore debba lasciare il suo incarico
il capo del governo risponde: "Riteniamo che siano i
membri del Parlamento a dover assumere un'iniziativa al
riguardo". La replica dell'ex leader di An sul punto è
secca: "La presidenza della Camera non è nelle
disponibilità del presidente del Consiglio..."
Commentando il testo uscito dall'ufficio di presidenza,
nel quale si dice che "le posizioni dell'onorevole Fini
sono assolutamente incompatibili con i principi
ispiratori del Popolo della Libertà", Berlusconi ostenta
sicurezza: "Non c'è problema per il governo, la
maggioranza non è a rischio e i nostri elettori non
tollerano più che nei confronti del governo ci sia un
atteggiamento di opposizione permanente. Non sono più
disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel
partito. Vogliono fare il gruppo? Facciano quello che
vogliono, tanto sono fuori".
Per quanto riguarda i ministri vicini al presidente
della Camera, il Cavaliere dice di "non avere difficoltà
a continuare una collaborazione con validi ministri".
Intanto, sul piano formale, il verdetto dell'Ufficio di
Presidenza prevede anche una sanzione diretta contro tre
tra i deputati più vicini al Presidente della Camera.
Bocchino, Granata e Briguglio sono stati deferiti ai
probiviri. Anche se a questo punto pare difficile che il
meccanismo innescato non porti ad una scissione che
renderebbe di fatto inutile la decisione. Il documento. Italo Bocchino, Fabio
Granata e Carmelo Briguglio saranno deferiti al collegio
dei probiviri. Ma è il vero bersaglio del documento è il
presidente della Camera. Le sue posizioni sono ritenute
"incompatibili con i principi ispiratori del Pdl. E si
pone il problema della presidenza della Camera" perché
viene meno "anche la fiducia del Pdl nei confronti del
ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato
dalla maggioranza che ha vinto le elezioni".
Nel testo uscito da Palazzo Grazioli si fa riferimento
alla "volontà degli elettori" e si attacca duramente
"l'uso politico della giustizia" e "il ruolo politico
assunto da Fini". Che in sostanza viene accusato di
essersi ritagliato un profilo di opposizione
all'esecutivo, con uno "stillicidio continuo" e
sistematico, attraverso una "critica demolitoria alle
decisioni prese dal partito". I finiani pronti all'addio. Dopo
l'attacco durissimo della maggioranza Pdl i deputati
finiani hanno firmato una lettera di dimissioni dal
gruppo parlamentare della Camera. Le lettere sono ora
nelle mani del presidente che, spiegano alcuni dei
firmatari, le userà domani "a seconda di quello che
accadrà". Sarebbero almeno 34 i componenti di un nuovo
gruppo a Montecitorio. Per quanto riguarda la
possibilità di formare un gruppo di finiani anche a
Palazzo Madama sarebbero pronti ad entrare nelle 'file'
di Fini anche i senatori Adriana Poli Bortone e Giovanni
Pistorio.
I numeri in
Parlamento.
Attualmente la
maggioranza di governo nei due rami del Parlamento è di
342 deputati e 174 senatori, a fronte di una maggioranza
necessaria, rispettivamente, di 316 a Montecitorio e 162
a Palazzo Madama. A Montecitorio basterebbero quindi 27
voti in meno per portare il Governo a 315, sotto la
soglia minima di sopravvivenza. E stando ai numeri di
queste ore potrebbero essere addirittura 34 i deputati
finiani a sfilarsi. A Palazzo Madama, invece, per
perdere la maggioranza degli aventi diritto, dovrebbero
essere 16 i senatori ad abbandonare il Pdl. Le
reazioni.
A ufficio politico
del Pdl concluso, Bersani ha detto che è "un singolare
tribunale che processa gli innocenti". Bersani ha
salutato i deputati del Pd alla Camera, prima della
pausa estiva, brindando: "A un nuovo governo". Poi ha
chiesto al Cavaliere di andare in Parlamento, "perché
questa è una vera crisi". Domani mattina alle 9
assemblea del Pd per discutere della situazione.
Sul webmagazine di
Farefuturo si parla di "Operazione Baygon", vale a dire
di "disinfestazione del pluralismo, il Pdl sta adottando
metodi, linguaggi e liturgie che tradiscono l’essenza
stessa del suo progetto. Quel progetto che doveva
regalare all’Italia il tanto atteso partito liberale di
massa, maggioritario e plurale. Ma a furia di
disinfestare, si rischia l'avvelenamento". La giornata. Le ore della resa
dei conti nella maggioranza si era aperta con il rifiuto
dell'ultima mediazione. "L'offerta di tregua di
Gianfranco Fini è arrivata troppo tardi, fuori tempo
massimo". Così, nel vertice notturno di palazzo Grazioli,
Silvio Berlusconi e gli altri partecipanti alla riunione
(compreso Giuliano Ferrara) avevano declinato l'invito
del Presidente della Camera a "resettare tutto senza
risentimenti". La stesura del documento. Tutta la
giornata si era consumata nell'attesa dell'ufficio di
presidenza. E sulla formula dell'eventuale "scomunica" a
Gianfranco Fini e ai finiani. Non "più politicamente
vicini al partito", questo il passaggio chiave al centro
del documento alla cui stesura aevav lavorato per tutto
il pomeriggio lo stato maggiore del Pdl, riunitosi a
Palazzo Grazioli.
Le mosse dei finiani.
Mentre diventava chiaro che le due anime del Pdl erano
sempre più lontane anche i finiani si mettevano in moto.
Già dalla mattina si intensificavano i contatti tra il
Presidente della Camera e i suoi fedelissimi. Già il tam
tam del pomeriggio parlava di 34 deputati vicini all'ex
An pronti a firmare la richiesta di costituzione di un
nuovo gruppo parlamentare alla Camera.
Dopo
lo strappo con Fini e la scissione nel PDL il PD chiede
la parlamentarizzazione della crisi di governo.
E' lo stesso segretario dei democratici, Pier Luigi
Bersani a chiedere formalmente alla Camera ad avvio dei
lavori dell'Aula che il presidente del Consiglio venga
urgentemente in Parlamento, per ''restituire alle Camere
il loro ruolo di casa del confronto democratico. In
queste ore succedono fatti di assoluto rilievo politico
e istituzionale che meritano di esser valutati subito,
all'apertura dei lavori. Sono fatti evidenti e non
possono essere aggirati o elusi. Il Capo del Governo
certifica in modo solenne la frattura incomponibile nel
maggior partito di maggioranza".
"Si tratta - ha aggiunto il leader democratico - di un
dissidio insanabile che il Paese ha visto via via
motivarsi attorno a temi e grandi questioni sociali che
sono quelli su cui l'opposizione dal primo momento ha
indicato il limite di questo Governo. Il Presidente del
Consiglio ha sfiduciato il Presidente della Camera
arrogandosi un potere non suo. Il Presidente della
Camera è di tutti anche di quelli che non l'hanno
votato. Il Parlamento deve tornare ad esser la casa
della discussione democratica e dunque il Presidente del
Consiglio venga in Parlamento a spiegarci e consentire
di discutere".
Una richiesta decisa in un'assemblea con i due
capigruppo democratici alla Camera e al Senato questa
mattina.
E dello stesso parere anche il Presidente dei deputati
del Pd, Dario Franceschini: Gianfranco Fini non può
essere sfiduciato. Il premier Silvio Berlusconi "ha
detto che il presidente della Camera se ne deve andare",
ha ricordato il presidente dei deputati del Pd,
"immaginando che tra le sue proprietà rientri anche la
presidenza della Camera. Voglio ricordare che noi non
abbiamo votato il presidente, ma dal momento che viene
eletto è il presidente di questa Camera e in base alla
Costituzione non può essere nemmeno formalmente
sfiduciato".
Per leggere il testo integrale dell'intervento
in Aula di Bersani sulla crisi nel PDL collegatevi al
link
LA VITTORIA DELL'OPPOSIZIONE SUL DDL
INTERCETTAZIONI
Legge bavaglio,
deciso
il rinvio a settembre Problemi nella
maggioranza, le parole del premier
E continuano le manifestazioni di protesta
La Repubblica, 29 luglio 2010
ROMA
-
La Legge Bavaglio slitta,
tutto rinviato a settembre. L’esame del ddl dovrebbe
coincidere con la ripresa dei lavori, dopo la pausa
estiva. Lo ha deciso in serata la conferenza dei
capigruppo. I problemi interni alla maggioranza, i tempi
stretti prima della pausa estiva, le stesse parole del
premier: per tutta una serie di motivi, le discusse
norme sulla libertà di stampa e di indagine verranno
riesaminate dopo la chiusura estiva dei due rami del
Parlamento.
Si terra' domani, come ultimo punto all'ordine del
giorno dell'aula della Camera, la discussione generale
sul ddl. Poi tutto e' rinviato a data da destinarsi. La
nuova calendarizzazione sara' stabilita da una
successiva conferenza dei capigruppo alla ripresa dei
lavori dopo la pausa estiva. Del resto, per tutta la
giornata di ieri erano arrivati segnali in questa
direzione. Lo stesso presidente del Consiglio, durante
un incontro alla Farnesina, aveva dichiarato: “Quella
legge è stata massacrata e sono addirittura tentato di
ritirarla". E ancora: "Abbiamo mandato fuori un bel
cavallo e ci va bene se esce un ippopotamo. Questa legge
non ridà al cittadino
l'inviolabilità della comunicazione scritta e
orale, garantita dalla Costituzione come diritto alla
libertà". I blogger che
protestano contro il comma 29 del Ddl, hanno manifestato
per tutta la giornata. Dopo la veglia di ieri notte,
oggi un sit in Piazza Montecitorio. Tra i promotori
dell’iniziativa molti gruppi che negli ultimi mesi hanno
animato la campagna contro la Legge Bavaglio, tra cui
“Valigia Blu” (con la raccolta di firme), “Libertà e
Partecipazione” e il “Popolo Viola”.
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IL CONTRASTO
ALL'ABUSO DI ALCOL
Il ddl
approvato in via definitiva a Palazzo Madama Codice della
strada, la riforma è legge
Sarà in vigore già dal prossimo esodo Tolleranza zero contro
l'alcol, stretta su minicar e motorini
Corriere della Sera, 28 luglio 2010
MILANO - È legge il nuovo codice
della strada. Le nuove norme, che martedì hanno
avuto il via libera della commissione lavori
pubblici, sono state approvate dall'Aula del Senato,
con 145 voti a favore e 122 astenuti, giusto in
tempo per il grande esodo estivo, visto che quello
che comincia venerdì 30 luglio è considerato, per la
circolazione stradale, un fine settimana da «bollino
nero». In una nota diffusa prima del via libero
definitivo, il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi ha scritto che la riforma farà diminuire
«ulteriormente il numero degli incidenti e la
mortalità sulle strade». TOLLERANZA ZERO CONTRO L'ALCOL -
Gli italiani dovranno attenersi alle nuove regole
sulla sicurezza stradale già dal prossimo esodo
estivo. Le novità maggiori previste dalla riforma
del codice della strada riguardano l'alcol, la causa
numero uno, insieme alla stanchezza e alla
distrazione, degli incidenti mortali sulla strade
italiane. I destinatari delle nuove regole sono
soprattutto i giovani, ma il disegno di legge non
riguarda solo loro. Il divieto assoluto di bere
anche un solo goccio di alcol riguarda chi ha preso
la patente da meno di tre anni, ma anche tutti
coloro che lavorano al volante: autisti, tassisti,
camionisti. Per costoro è previsto il licenziamento
per giusta causa se subiscono la sospensione della
patente per guida in stato di ebbrezza. Per tutti è
previsto un aumento delle sanzioni se si è sorpresi
a guidare con un tasso alcolico superiore a quello
consentito dalla legge. Sempre con l'obiettivo di
limitare i danni del bere, il disegno di legge vieta
la vendita degli alcolici nei locali pubblici:
scatterà alle tre di notte e durerà fino alle sei di
mattina, con deroghe previste solo per Ferragosto e
Capodanno. La stretta sarà più severa per gli
autogrill, dove non potranno essere vendita
superalcolici a partire dalle dieci di sera. Per i
ristoranti sarà obbligatorio possedere un etilometro,
da mettere a disposizione dei clienti, per una prova
prima di mettersi al volante. Unica concessione agli
amanti della bottiglia, le tre ore al giorno di
guida per recarsi al lavoro o per assistere un
familiare disabile per coloro che hanno avuto la
patente sospesa. LE ALTRE MISURE - Tra le nuove
misure del codice della strada, i parlamentari hanno
voluto avuto modo di inserire la targa
personalizzata e hanno stabilito che per continuare
a guidare gli ultraottantenni dovranno sottoporsi a
una visita medica ogni due anni. Un'altra
mini-stretta riguarda minicar e motorini:
decuplicate le sanzioni per chi produce e
commercializza minicar che superano i 45 km/h (si
rischieranno fino a 4.000 euro di multa) e per le
officine che tuccano i motocicli (multe fino a 3.119
euro). Sulle minicar sarà obbligatorio l'uso delle
cinture. Infine, i limiti di velocità sulle
autostrade. Al termine di una lunga discussione il
Parlamento ha deciso di confermare la facoltà per le
società autostradali di portare i limiti a 150 km/h
nei tratti a tre corsie, a patto però che sia
presente il tutor.
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Partecipate
alle due
INIZIATIVE PUBBLICHE
Domenica 1 agosto Festa PD Abano Terme ore 21